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Capire l’ordine di grandezza di qualcosa che ci è estremamente vicino, è complesso. Siamo spesso portati a sottovalutare quello che diamo per scontato; la stranezza sarebbe se ciò a cui siamo abituati venisse clamorosamente meno. Marek Hamsik è stato per più di un decennio uno degli uomini cardine di una squadra di media-alta classifica in Italia. Una squadra che prima di lui, solo con Maradona e Careca aveva accarezzato (e in quel caso anche conquistato) il sogno di essere Campione d’Italia. Una squadra che – anche per questioni prettamente geografiche, in una nazione che tende sempre a considerare poco o nulla ciò che avviene sotto Roma – per anni è stata a bazzicare tra la C e la B. Per noi italiani insomma, Hamsik era banale. Solo una volta andato a svernare tra la Cina, la Svezia e la Turchia, con le giuste distanze fisiche e cronologiche, si è avuta (forse?) la percezione completa del giocatore devastante che è stato lo slovacco.

Dallo scorso marzo, ossia dal momento in cui il goal di Trajkovski ci ha estromesso per la seconda volta consecutiva dai Mondiali, si è tornato a parlare di come il movimento calcistico italiano sia arretrato e non più in grado di generare giocatori di prima fascia. Oltre alle lamentele non si sono viste grande soluzioni all’orizzonte, e, dato che non siamo un paese adatto a delle rivoluzioni in qualsiasi campo, allora forse converrebbe cercare nel breve periodo soluzioni ragionevoli che possano quanto meno ridare una certa credibilità tecnica al nostro calcio.

In questo particolare periodo storico, ricco di stranezze e paradossi, l’Italia calcistica può vantare la sua personalissima tragedia sportiva anche nel 2022: il mancato approdo ai mondiali della nazionale. Da buoni italiani abbiamo fatto un bel processo sul perché, anche se probabilmente è più semplice di quanto non vogliamo accettare. I problemi sistemici del nostro calcio sono un argomento da affrontare tutti i giorni, al posto delle polemiche arbitrali, anziché una volta ogni quattro anni. Comunque sia, perché non parlare di un ragazzo di chiaro talento, che ha fatto la trafila delle nazionali giovanili italiane ed è riuscito a rompere quella strana barriera invisibile che impedisce ai cosiddetti under di giocare in A?

Arrivare a scadenza di contratto, nel calcio attuale, è ormai una pratica diffusa. Questo può avvenire per diversi motivi: mancato accordo con la società detentrice del cartellino, voglia (e agilità) di spostarsi a prescindere dall’offerta o, ancora, mancanza di volontà di entrambe le parti nel rinnovare il contratto in essere. Così si rientra poi nella categoria dei “parametro-zero” dicitura ormai super abusata, che citando l’Enciclopedia Treccani, indica l’acquisizione a titolo gratuito del cartellino di un atleta (da parte di una società sportiva).

Come ogni anno, in questo periodo inizia ad esserci grande fermento attorno al campionato di Serie C. Tra società che falliscono, squadre che non si iscrivono e altre che rinunciano alla promozione dalla Serie D, decine e decine di dirigenti e tifosi si prodigano in calcoli per capire a chi toccherà riempire gli spazi rimasti vuoti. Scorrendo il regolamento che norma il completamento dell’organico della prossima Serie C, si nota come la priorità venga data alle seconde squadre dei club di Serie A. Sì, proprio loro, la creatura nata tra le macerie di una FIGC commissariata all’indomani della mancata qualificazione al Mondiale 2018.

Nella sua prima stagione alla Roma José Mourinho ha riportato a Trigoria un trofeo per la prima volta dopo 14 anni. Nel post-gara a Tirana tutti, a partire dal capitano Lorenzo Pellegrini, hanno sottolineato come la finale di Conference League appena conquistata dovesse rappresentare non un punto d’arrivo, ma l’inizio di un progetto. Sin dal suo arrivo il tecnico di Setubal ha ribadito di volersi mettere a capo di un piano triennale. In questo senso il secondo anno risulta decisivo per capire le reali ambizioni della squadra. Sia i tifosi che l’allenatore stesso si aspettano molto dal calciomercato.

Tra le città più incantevoli e ricce di suggestione dell’Italia, un posto speciale è occupato sicuramente da Palermo. Capoluogo e simbolo di un’isola come la Sicilia che ha sempre costituito una sorta di microcosmo rispetto al resto del paese, come se finisse per costituirsi in uno spazio e in un tempo diverso rispetto al “continente”. Non a caso, la Sicilia ha una storia peculiare che spesso differisce da quella del resto dell’Italia e anche dopo il raggiungimento dell’Unità, l’isola ha continuato a viaggiare sui propri binari. A scrivere le pagine del proprio diario. La Sicilia rappresenta un capitolo a parte nella narrazione italiana, ha i suoi tempi, i suoi modi, le sue tradizioni e tutto un bagaglio emotivo e culturale che differisce in maniera importante dalle altre regioni d’Italia. Palermo si fa simbolo di tutta questa diversità, batte bandiera del retaggio culturale della Sicilia e, all’interno della tradizione stessa dell’isola, assume un ruolo speciale e particolare.

Sono passati dieci anni dal 9 giugno 2012, un giorno in cui ogni tifoso della Sampdoria ricorda dov’era, cosa faceva ed anche che tempo c’era: sì, perché quel giorno di fine primavera il Nord Italia fu investito da un gigantesco temporale che dettava il passaggio definitivo dalla primavera all’estate e che, quindi, decise di fare da sfondo a quel Varese-Sampdoria che, in una notte, doveva stabilire chi tra varesini e blucerchiati avrebbe potuto festeggiare il ritorno in serie A.

Estate 2009. Il sole, il mare, il calciomercato. Le notizie come in ogni sessione estiva si moltiplicano, si diffondono a macchia d’olio e creano degli intrighi che spesso si risolvono in nulla di fatto. A volte ispirano sogni, suscitano ambizioni, ma provocano anche cocenti delusioni. Quasi sempre permettono di fantasticare, di immaginare scenari incredibili. Alcune volte, finiscono anche per realizzarli. È l’estate del 2009 e la notizia forse più sorprendente che circola in quelle settimane riguarda l’interessamento del Real Madrid per un centrocampista della Serie A, reduce da una stagione pazzesca. Gli spagnoli, stando a quasi l’unanimità delle fonti, hanno messo gli occhi su Gaetano D’Agostino, centrocampista in forza all’Udinese.

La stagione sportiva appena conclusasi ha regalato molte belle storie di calcio, sia a livello internazionale che rimanendo nel Belpaese. Le vicende che si sono sviluppate nel corso degli ultimi dieci mesi sono state sicuramente arricchite dal definitivo ritorno sugli spalti del pubblico, che si è riappropriato dei suoi spazi tornando a sublimare il contatto diretto con le proprie squadre, riassegnando al calcio il suo valore sociale. In questo scenario, ci sono due situazioni sportive e soprattutto umane meritevoli di approfondimento, con diversi punti di contatto, ma che differiscono principalmente per il diverso finale: si tratta dei percorsi intrapresi da Davide Nicola, da metà febbraio alla guida della Salernitana, e da Francesco Baldini, da inizio stagione fino ad aprile tecnico del Catania, per poi passare dopo pochi giorni al Lanerossi Vicenza.

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