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SLIDING DOORS

L’anno zero di Christian Eriksen

Di solito questa rubrica parla di momenti che hanno fatto svoltare la carriera di un giocatore in maniera positiva. Può capitare di descrivere alcune azioni da gol che hanno proiettato un attaccante nell’ottica da supereroe del calcio. O ancora si possono contare i km corsi sulla fascia da un terzino quando questo trova finalmente l’allenatore, la squadra o i compagni giusti. E poi ci sono anche tutti quei casi curiosi in cui lo Sliding Doors fa pure un po’ sorridere, come nel caso di Maldini, che trova per strane coincidenze l’esordio dopo l’infortunio del titolare Battistini, e poi diventa uno dei migliori giocatori italiani di tutti i tempi. Per Christian Eriksen, invece, è tutto diverso.

Non nascondo un po’ di difficoltà nel trovare le parole più corrette per raccontare la carriera di uno dei giocatori danesi più forti di sempre. Tutti sappiamo infatti in che modo la sua carriera è cambiata, e sprofondata, purtroppo, come si dice, per “causa di forza maggiore”. Tutti sappiamo anche bene quando questo è successo. Sia perché non è ancora passato un anno da quel 12 giugno 2021; sia perché le immagini di quel giorno sono impresse con un marchio indelebile sulle vicende di Euro2020.

Oltre però allo Sliding Doors di Eriksen legato al malore durante la partita Danimarca-Finlandia, si sta forse avvicinando una nuova possibilità di svolta per lui, come un secondo momento Sliding Doors. Considerando il giorno del suo malore come giorno zero, da allora ci sono stati continui aggiornamenti sulla sua salute e sulle sue condizioni. Da pochi mesi Christian è tornato ad allenarsi, e ormai, dopo nemmeno un anno solare, tutto sembra prospettarsi verso un suo nuovo, secondo, aspettatissimo, esordio.

Hygge, una definizione

Era il 14 febbraio 1992 quando in una piccola cittadina danese, Middelfart, nacque Christian Dannemann Eriksen, oggi 30enne. Siamo in un contesto particolare e a vederlo dalla mappa, il luogo di nascita del calciatore danese è un puntino fra le coste frastagliate del paese, una nazione tra mare, isole e arcipelaghi, dove l’acqua è una via di passaggio e un canale di comunicazione tra le varie zone altrimenti difficili da raggiungere. Middelfart conta oggi quasi 20 mila abitanti, ed erano ancora meno tre decenni fa. Eriksen lì cresce con la passione del calcio, che pratica fin da piccolissimo, proprio nel suo paesino, vicino a casa. E come dargli torto, se si nasce in Danimarca proprio nel 1992, l’anno più importante in assoluto per la loro nazionale?

Dopo pochi mesi dalla sua nascita infatti, il paese assiste a uno dei miracoli calcistici più incredibili del secolo scorso. Uno Sliding Doors vero e proprio, forse il più esemplare: la nazionale danese infatti non si era qualificata per il Campionato d’Europa, ma fu ripescata perché l’ONU sanzionò la Jugoslavia liberando un posto preziosissimo. La Danimarca, arrivata per caso e per fortuna a disputare il torneo in Svezia, poi, quel torneo, lo vinse. Fu una sorpresa, un’emozionante avventura che sembrava dar retta a una storia già scritta, segno del destino. La Germania sconfitta in finale infatti, fu l’apice di una cavalcata che nessuno si aspettava. Ma che si realizzò. E che donò a tante famiglie e bambini cresciuti in quegli anni il sogno del riscatto attraverso il prato verde e un pallone tra i piedi.

Eriksen quindi ha un modello da seguire. Può calcare le stesse orme lasciate dai suoi antenati calcistici, nel suo paese, che certo non è famoso in primis per i talenti cresciuti nello sport più popolare al mondo. Ma che comunque ha i suoi grandi Tomasson, Nielsen, o Schmeichel, tra i pali. Il piccolo Eriksen che gioca nell’isola di Fiona ancora non sa che un giorno diventerà anche lui uno degli eletti del calcio danese. Per ora, nella sua testa, ci sono allenamenti tra le squadre locali e in famiglia, anche con la sorella Louise. Dopo qualche anno al Middelfart, allenato dal padre Thomas, a tredici anni Christian Eriksen passa all’Odense. Qui cresce e pian piano dimostra di essere uno dei giocatori più forti della sua generazione, e inizia ad essere adocchiato da club più importanti.

Finora quindi, Eriksen è rimasto nei paraggi di casa, attorno ai luoghi natali. E c’è una parola danese intraducibile, un po’ come la Wanderlust tedesca, che è Hygge. Si legge “ügghe”, e si riferisce al clima di benessere che si ritrova nei salotti casalinghi, di sicurezza e tranquillità, che aiuta a raggiungere non tanto la felicità assoluta, se mai questa esista, ma la felicità quotidiana. Come la serenità giornaliera, che solo la “familiarità” dei contesti può donare. Eriksen in quegli anni si trova in una situazione tranquilla, e vive sulla sua pelle l’Hygge.

L’affermazione tra Olanda e Inghilterra

La prima grande opportunità si chiama Ajax, che per assicurarsi Eriksen sborsa un milione di euro all’Odense e lo ingaggia nel settore giovanile. In quell’anno, nel 2008, il giocatore viene nominato miglior talento danese Under-17, e qui si inizia a capire finalmente la pasta di cui è fatto il biondo di Middelfart.

Eriksen con la maglia dell'Ajax
Christian Eriksen dopo una vittoria dell’Ajax sul PSV Eindhoven (Foto: Dean Mouhtaropoulos/Getty Images-OneFootball)

In questi anni infatti, Eriksen macina successi e si afferma di fatto con la sua squadra nell’Eredevisie. Dopo due anni dal suo arrivo viene convocato in prima squadra e nello stesso 2010 conosce per la prima volta un campionato europeo, esordendo in Europa League nei sedicesimi di finale contro la Juventus. Dalla stagione successiva poi, Eriksen viene inglobato totalmente in prima squadra, indossa la numero 8 e segna i primi importanti gol. Finché nel febbraio 2012, ad appena venti anni, trionferà giocando la sua centesima partita con l’Ajax. E dopo la sua migliore stagione, la 2012-2013, lascia l’Olanda con 162 presenze, 32 gol, 66 assist e tre campionati vinti. Nel frattempo il suo valore si è alzato a 18 milioni di euro, ma tra qualche anno esso quintuplicherà.

Eriksen è un centrocampista offensivo con i piedi precisi, ottimo fornitore di assist e presente nella creazione delle azioni da gol. La sua figura attendeva di essere illuminata dai riflettori di un campionato che suscitasse attenzione mondiale. E infatti arriva il Tottenham, dove Eriksen ha la possibilità di diventare uno dei trequartisti più forti di tutta Europa.

Nei sette anni in casa degli Spurs, Christian Eriksen vive praticamente un crescendo continuo, che stagione dopo stagione lo fa migliorare nel campionato più tecnico e intenso d’Europa. Soprattutto con Pochettino e con la complicità di Dele Alli e un Harry Kane goleador, Eriksen all’apice della sua carriera è diventato il fantasista di cui il Tottenham non poteva più fare a meno. Dopo infatti alcune critiche di scarsa incisività, l’ultimo suo rinnovo, che lo legava agli inglesi fino al 2020, lo vedeva protagonista di un ingaggio a 70mila sterline a settimana. Momento in cui il suo valore di mercato è arrivato a toccare anche i 100 milioni di euro.

Eriksen in un'esultanza dopo un gol con gli Spurs
Liverpool-Everton e l’esultanza di Christian Eriksen dopo il suo gol, 23 dicembre 2018 (Foto: Gareth Copley/Getty Images-OneFootball)

Complice però il difficile inizio di stagione 2019-2020 di tutto il club, il Tottenham non aveva intenzione di rinnovare di nuovo l’ex Ajax, in evidente difficoltà e spento, rispetto alle stagioni precedenti. Ed è così che anche la parabola inglese arriva ai titoli di coda, anche se nuova linfa lo attenderà in Serie A.

La Scala di Milano

Classe ed eleganza. Sono questi i valori che in casa Inter vengono esaltati quando Eriksen sarà acquistato per 27 milioni di euro. L’annuncio alla Scala di Milano, in grande stile, conferirà all’ambiente nerazzurro la sicurezza di aver concluso un affare di grandissima importanza, grazie al trasferimento in casa propria di un top player degno dei migliori palcoscenici. Come la “prima” di una tournée, che svela le qualità e i segreti dello spettacolo a venire, l’annuncio del trequartista danese al teatro più importante di Milano crea inevitabilmente aspettative altissime.

Con Antonio Conte in panchina e il suo gioco, Eriksen non sempre partecipa ai successi dei nerazzurri come ci si poteva aspettare. Ma si dimostra comunque decisivo quando serve, come nel caso di alcuni assist e qualche gol preziosi.

E c’è forse un momento che gli interisti porteranno sempre nel cuore, perché chi segna in un derby, acquisisce automaticamente un’importanza unica per la squadra. Chi poi un derby lo risolve pure, per di più portando la squadra alle semifinali di Coppa Italia, diventa come un santino portato in tasca nei momenti di bisogno, dotato di un’aura quasi divina.

Nei minuti di recupero della partita Inter-Milan del 26 gennaio 2021 infatti, valida per i quarti di finale di Coppa, si sta per andare ai supplementari sull’1-1, ma al 97′ Eriksen calcia una punizione precisa che si insacca alle spalle di Tatarusanu. Oltre alla festa, la gioia e la felicità della Milano nerazzurra, per Christian Eriksen quel gol è come un riscatto, un ritorno al passato e ai tempi migliori di Londra, dopo giorni difficili in un contesto in cui faceva fatica ad affermarsi a pieno. In quel contesto però, troverà anche il trionfo dello scudetto, il suo sesto titolo, dopo gli anni in Olanda.

Quello sarà anche uno degli ultimi momenti di gloria – calcisticamente parlando – prima degli Europei dell’estate.

Lo Sliding Doors di Christian Eriksen

La Danimarca nel girone di Euro2020 si ritrova insieme a Belgio (favoritissimo per la vittoria del titolo), Finlandia e Danimarca. Nella prima giornata della fase a gironi, la nazionale di Eriksen incontra la Finlandia. Tutto si svolge senza particolari iniziative fino al 43′, quando il numero 10 danese si accascia a terra improvvisamente.

Nell’epoca dell’informazione in mondovisione e della ricerca del dettaglio più particolare a ogni costo, il volto di Christian Eriksen è stato inquadrato da vicino, e mostrato, almeno in quelle televisioni in cui le immagini non sono state interrotte. Un giocatore giovane, forte e in salute, si era trasformato in un corpo assente. E tutto in quegli attimi è andato velocemente. Il soccorso immediato del capitano Simon Kjær, l’arrivo dei medici, il capannello dei compagni intorno a proteggerlo da quella “pornografia del dolore” che cercava di riprendere il suo corpo e mostrarlo a tutti.

Mentre lì in campo si cercava di salvarlo, nell’opinione comune di chi assisteva a quelle azioni la domanda era soltanto una: “Riusciranno a salvarlo?“.

Quando si è visto Eriksen accasciarsi in quel modo, completamente assente, sul prato, la paura che non potesse farcela era reale. Passavano i minuti e niente si smuoveva. Passava il tempo e non c’erano aggiornamenti. Soprattutto non si capiva cosa stesse succedendo, ma si capiva benissimo che quella situazione era gravissima.

Poi Christian è stato spostato su una barella e allontanato. Dopo un po’ di tempo è iniziata a circolare sui social l’immagine di lui, scosso ma vigile, sdraiato sul lettino dell’ambulanza. Ancora non si capiva però l’entità del suo malore, la gravità, e soprattutto quali conseguenze ci sarebbero state per la sua carriera. Nel frattempo, in attesa della comunicazione della UEFA della ripresa della partita, poi avvenuta alle 20.30, il pubblico finlandese e danese si è unito in un tifo unico.

E così, come nello stadio, fuori da esso si tifava per lui allo stesso modo. Il mondo dello sport e del calcio in particolar modo, era teso in attesa di sapere qualche informazione che lo riguardasse. Ma soprattutto, a telecamere spente, rimaneva in me, in noi spettatori, la sensazione di vulnerabilità, che in quel giorno aveva riguardato uno sportivo, un calciatore, nel torneo più importante di quel momento. Una sensazione che metteva ognuno di noi sull’orlo di un burrone immaginario, con l’ansia di non sapere cosa sarebbe successo al passo successivo.

Hygge, un’altra definizione

Buio, silenzio, assenza. Mi piacerebbe però dare la parola a Christian Eriksen per descrivere quei momenti. Pochi giorni fa il calciatore ha infatti raccontato in un’intervista alla BBC gli attimi del 12 giugno 2021 che lo hanno portato un passo dalla morte.

Mi è stato detto che erano passati cinque minuti, altrimenti ricordo tutto: la rimessa in gioco, la palla che mi ha colpito il ginocchio e poi non so cosa sia successo dopo. Poi mi sono svegliato con le persone intorno a me e ho sentito la pressione sul mio petto.

Cinque minuti di totale assenza. La causa, si è poi capito, era un arresto cardiaco. Il suo cuore ha quindi smesso di battere per quegli interminabili minuti. E il massaggio cardiaco svolto dai soccorritori in campo è stata la pratica che di fatto gli ha salvato la vita. Per un po’ di tempo però, Christian non c’era più. Ma ora, dopo esami, analisi, e un defibrillatore che terrà sotto controllo gli sbalzi del suo cuore, Eriksen è tornato a vivere.

Anche se restava difficile immaginarlo giocare e correre ai ritmi di un calciatore professionista, dopo 173 giorni dopo il suo malore, arriva la notizia del suo ritorno ad allenarsi. Proprio nei campi dell’Odense, la squadra dove giocava da ragazzo in Danimarca prima di passare all’Ajax.

Sarebbe allora il caso di approfondire il significato di quella parola danese intraducibile, Hygge. Questo termine infatti può assumere un significato molto esteso, e riferirsi non tanto a un contesto ristretto, a un tè con amici in casa di inverno con camino acceso e biscotti fatti in casa. Ma può riferirsi anche a un’atmosfera precisa, un clima o un ambiente. Per Christian Eriksen è l’anno zero. È il ripartire da capo, di nuovo, ed è la nuova ricerca di una situazione che lo faccia stare bene, nel suo paese d’origine, la Danimarca, che da anni per altro si classifica sul podio dei paesi più felici del mondo.

Bentornato, Christian

Si potrebbe gridare letteralmente al miracolo. Ma la storia di Christian Eriksen ha un epilogo ancora migliore. Dopo l’Odense sono arrivati anche i primi allenamenti con il settore giovanile dell’Ajax. E, dopo questi, è giunta l’offerta ufficiale da un club di Premier League. Il Brentford, squadra dell’omonimo distretto di Londra, ha ingaggiato il 31 gennaio 2022 il giocatore danese. Neopromosso nella massima serie inglese, il Brentford ha contato su Eriksen, che non esclude di poter tornare ai livelli di Tottenham.

La presentazione di Christian Eriksen al Brentford
La presentazione di Christian Eriksen al Brentford (Foto: Ryan Pierse/Getty Images-OneFootball)

Oggi, giorno del suo compleanno, resta soltanto da aspettare la data del suo ritorno in campo. Dopo tutto quello che è successo, dopo l’arresto cardiaco durante una partita, un match importante per lui quanto per la Danimarca, Eriksen è stato fermo soltanto sette mesi. Il tempo di recupero è pari più o meno a chi si rompe il crociato. Ma ad essersi “rotto”, in Christian Eriksen, per cinque minuti, era il suo cuore. In quei momenti di tensione e nei giorni successivi al malore, quello che tutti speravano era che lui sopravvivesse, e che potesse continuare ad avere tutto sommato una vita normale. Il ritorno a giocare in uno dei massimi campionati mondiali era un regalo che nessuno osava chiedere.

Ma Christian non si ferma, e adesso ha ragione a non farlo. Il suo nuovo grande obiettivo è giocare il Mondiale in Qatar. E già questa voglia vale più di qualsiasi gol: bentornato, Christian.

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