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Greta Magazzini

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Durante i festeggiamenti della sera del 15 luglio 2018, nello stadio olimpico Lužniki di Mosca, c’è un ragazzo che si distingue dagli altri. Non smania per prendere in mano la coppa e alzarla al cielo. Ma piuttosto aspetta in silenzio il suo turno, quasi cercando di evitare i riflettori mondiali che inevitabilmente quella sera sono anche su di lui. Si tratta di N’Golo Kanté, giocatore chiave nella formazione della Francia vittoriosa della Coppa del Mondo, e uno dei centrocampisti in assoluto più in forma di tutto il torneo.

Questa sera a Udine la Lazio cercherà tre punti preziosi per concretizzare la sua posizione nella zona-Europa della classifica. I biancocelesti dovranno però fare a meno del loro capitano nonché macchina da gol, l’inamovibile Ciro Immobile. Oggi, l’attaccante partenopeo festeggia il suo trentaduesimo compleanno, ma a causa di una febbre che persiste da qualche giorno sarà costretto a guardare la partita da lontano. Lo stop potrebbe terminare già in settimana, e l’attaccante potrebbe dunque presenziare contro il Porto giovedì. Tuttavia, nello scacchiere di Maurizio Sarri, l’assenza di Ciro Immobile pesa molto.

Di solito questa rubrica parla di momenti che hanno fatto svoltare la carriera di un giocatore in maniera positiva. Può capitare di descrivere alcune azioni da gol che hanno proiettato un attaccante nell’ottica da supereroe del calcio. O ancora si possono contare i km corsi sulla fascia da un terzino quando questo trova finalmente l’allenatore, la squadra o i compagni giusti. E poi ci sono anche tutti quei casi curiosi in cui lo Sliding Doors fa pure un po’ sorridere, come nel caso di Maldini, che trova per strane coincidenze l’esordio dopo l’infortunio del titolare Battistini, e poi diventa uno dei migliori giocatori italiani di tutti i tempi. Per Christian Eriksen, invece, è tutto diverso.

Ognuno si porta dentro certe immagini che hanno segnato la sua vita. Ricordi di quando si è piccini, a scuola con gli amici, a casa con i cugini o con i nonni. Ci sono giornate, momenti o gesti che fanno la differenza: si tratta di quelle cose che fanno prendere coscienza di una propria passione, di un’indole, di un gusto. La prima bicicletta che ci ha fatto capire quanto fosse bello sfrecciare tra i viali alberati. Il primo album di figurine che ci ha fatto capire quando fosse bella l’attesa per qualcosa di importante.  E poi c’è chi, come quelli che erano bambini o ragazzi nei primi anni Duemila, ha capito che il calcio avrebbe fatto parte della sua vita. Se abbiamo visto con la nostra famiglia i Mondiali del 2006, la corsa felicemente disperata dei giocatori in campo che impazziti festeggiano la vittoria ci ha fatto capire le emozioni che con questo sport si possono provare. Il bilico tra il dirupo di una sconfitta e la gloria per una vittoria che ci rende ancora orgogliosi dopo più di dieci anni, stava tutto nei rigoristi. Soprattutto uno, l’ultimo: Fabio Grosso.

Olivier Giroud ha sette anni quando la Francia non riesce a qualificarsi per un soffio ai mondiali a causa di un gol sullo scadere della Bulgaria. È il 1993 e anche la prima volta di un piccolo Olivier allo stadio di Parigi. Per fortuna la rabbia quella sera non è stata abbastanza forte da annebbiarlo e il rammarico non ha avuto la meglio sulla voglia di giocare. Olivier continuerà a farlo, con il sogno, anche lui, di arrivare a vincere. Dopo quasi due decenni riuscirà ad alzare il suo primo – grande – trofeo, e incarnare così il sogno che accomuna tanti altri piccoli calciatori.

Quando parliamo del passato a volte confessiamo che certi periodi-no erano soltanto “fasi della vita”. Come riti di passaggio che dall’adolescenza portano alla maturità, e da questa alla vita adulta. Si tratta di svolte necessarie, come step obbligati per la crescita della propria personalità. La carriera di Philippe Coutinho assomiglia in questo senso un po’ alla vita di tutte le persone normali. Ha avuto “fasi” meno fortunate e periodi di passaggio, fino a delinearsi nella sua natura fino a quel momento rimasta celata.

Alcuni studi di psicologia inglesi hanno dimostrato che esiste una sindrome che si potrebbe chiamare “dell’ultimo minuto”. Essa descrive tutte quelle azioni che vengono svolte allo scadere del tempo, il giorno prima della data di scadenza, una volta che l’ora X è già passata. Lo studio dimostra anche che ci sono delle personalità-tipo che sono tipiche dell’atteggiamento di rimandare fino all’estremo. Fanno così gli adrenalinici – lavoro bene se sono sotto stress – , i perfezionisti – faccio le cose alla fine perché devo curare tutto al dettaglio – , oppure ancora il multitasker – svolgo mille cose insieme e le completo tutte al tempo limite.

Chissà se i dirigenti del Milan rientravano in una di queste macro categorie quando acquistarono il nuovo centrocampista nell’estate del 2011 appena l’ultimo giorno di calciomercato. A giudizio dei tifosi rossoneri però la società non fu né adrenalinica né perfezionista, anzi, si accontentò di un Antonio Nocerino qualunque in mancanza di alternative.

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