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CALCIO ESTERO UCL

Sampaoli ed uno storico ritorno

Divisivo, sui generis, ossessivo e sempre chiacchierato: Jorge Sampaoli non è un allenatore qualunque né possiede una personalità banale. Dagli aneddoti cileni sino alle sfuriate marsigliesi, l’ormai neo allenatore del Siviglia torna in Andalusia dopo una parentesi positiva nella stagione 2016-2017, conclusasi però con un brusco addio per dire si alla nazionale argentina. Quasi sei anni dopo, e con un club che rivede gli spettri della retrocessione del ventennio passato, a Sampaoli viene chiesto per la prima volta in carriera di ritornare in una squadra. Riuscirà nell’impresa o sarà affossato da quel mix di estrosità e pressione da cui a volte non è riuscito a liberarsi?

La situazione del Siviglia

Cercando di situare il contesto, Jorge Sampaoli è stato nominato allenatore del Siviglia giovedì 6 ottobre, il giorno dopo la cocente sconfitta in Champions patita contro il Borussia Dortmund (1-4, ndr) con ancora Julen Lopetegui in panchina. In città le critiche verso la società aumentavano da tempo: da una parte non si comprendeva come la dirigenza continuasse a credere in Lopetegui nonostante le difficoltà finali della scorsa stagione che hanno lasciato il basco alla deriva in un nocivo “partido a partido” durato un mese. Dall’altra, vista la caparbietà del direttore sportivo Ramon Monchi nel confermare l’ex Real Madrid, sono emerse le difficoltà a organizzare un mercato solido per sostituire gli uomini fondamentali dell’ultimo biennio, i due difensori centrali Jules Koundé e Diego Carlos e l’attaccante Lucas Ocampos. Sta di fatto che per la prima volta dopo molti anni, il Re Mida Monchi ha avuto più difficoltà del solito. Nel ritiro estivo lo stesso gaditano raccontava delle difficoltà economiche che la pandemia aveva lasciato su un club che grazie ai trionfi aveva potuto aumentare la massa salariale attraendo grandi campioni ma che, dopo il tonfo in Champions League dello scorso anno e senza trofei in bacheca, avrebbe affrontato un momento di stallo. Si tratta anche della prima storica volta in cui l’ex direttore sportivo della Roma riceve critiche dalle sue parti, per un mercato giudicato di basso profilo e poco risolutivo e per una rosa fondamentalmente ricca di giocatori dello stesso profilo, a cui manca un vero numero 9 (il miglior marcatore è il fantasista Oliver Torres, con 4 reti) e un centrocampista capace di rompere le linee avversarie. A Monchi va dato atto di aver capito il momento della squadra nel decidere di ripuntare su un allenatore come Sampaoli che, nel bene o nel male, sa rivoluzionare sempre le cose con il suo carisma.

Le esperienze post nazionale

Dopo una traumatica esperienza con la nazionale argentina, iniziata con l’entusiasmo e il favore della critica per la ricerca di un gioco “spumeggiante”, salvo poi essere ammutinato durante i mondiali 2018 e successivamente triturato mediaticamente al ritorno in patria, Sampaoli ha concluso due esperienze in Brasile, alla volta di Santos e Atletico Mineiro, e una in Francia, all’Olympique Marsiglia. Nel primo caso le divergenze con la dirigenza sul mercato sono state tali da spingerlo a lasciare l’incarico dopo neanche un anno. Va dato atto all’argentino di aver trovato il club di San Paolo in uno dei peggiori momenti economici degli ultimi anni, in piena fase di smantellamento dopo il secondo posto ottenuto in campionato nel 2019 e con un valoroso 4-0 al galattico Flamengo all’ultima giornata.

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L’ultimo grande campionato del Santos porta la firma di Jorge Sampaoli (Foto: Miguel Schincariol/Getty Images – One Football)

D’altronde Sampaoli ha sempre odiato le ingerenze nella sua personalissima idea di lavoro, ed ha sempre sbattuto la porta senza troppi ringraziamenti quando capiva che non sarebbe stato accontentato per far progredire le sue squadre. Un po’ come quando a Casilda, nel piccolo club della sua città natale, decise di bucare tutti i palloni della squadra per obbligare la società a comprarne dei nuovi. L’anno successivo al Santos, percorrendo i 592 che da San Paolo portano a Belo Horizonte, Sampaoli resta in Brasile trovando un Atletico Mineiro ben più solido ben più solido e pronto a mettergli a disposizione una batteria di giocatori di primissimo livello.

4-3-3, 3-4-3, 4-2-3-1 o addirittura un insolito 4-1-4-1, comprendendo prima di tanti le caratteristiche del centrocampista Jair come frangiflutti, la squadra di Sampaoli diverte, pressa alto, gioca un calcio propositivo e dando vita a quella ricostruzione societaria che O Galo stava attuando in quegli anni. Con rinforzi che arrivano, nuovi investitori ma una pandemia in mezzo che non fa decollare il rapporto con la “torcida” di tifosi bianconeri. L’annata dell’argentino sarà breve ma intensa, condita da un altro gran risultato in campionato, un terzo posto a sole tre lunghezze dal Flamengo vincitore, a cui Sampaoli infliggerà un 4-0 a dir poco sontuoso.

Il caos calmo marsigliese

Quando l’europa richiama, Sampaoli chiude un’altra porta alle sue spalle e fa le valigie alla volta di Marsiglia: è il marzo 2021, la squadra francese è reduce da una campagna di Champions League com André Vilas-Boas a dir poco deludente (0 punti nel girone). L’ex Mineiro arriva con un OM in piena crisi e a rischio europa, ma con un filotto di buoni risultati riesce a qualificarsi per l’Europa League. Si tratta della prima volta in cui Sampaoli si ritrova in mano una squadra nel tramo finale della stagione: pochi fronzoli e poche richieste alla dirigenza, bensì tanto lavoro per mettersi in mostra e provare a cambiare marcia l’anno successivo. Vi avevamo parlato di come il calcio professato dal portoghese fosse all’opposto di quello dell’argentino e di come al pragmatismo di AVB Sampaoli abbia portato la sua carica emotiva, le sue reazioni e chiaramente le sue idee di gioco.

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Sampaoli strattona di gioia il portiere Mandanda dopo il 4-0 contro lo Strasburgo che varrà la qualificazione in Champions League. (Foto: Sylvain Thomas/AFP via Getty Images – One Football)

Dopo un anno e mezzo, quali conclusioni possiamo trarne dalla sua esperienza francese? Sampa, come lo chiamavano affettuosamente nell’esagono, è riuscito a conquistare il pubblico sin da subito per implicazione e follia. Un mix letale capace di reazioni come quella in Nizza-OM – quando voleva battersi con i tifosi nizzardi che lanciavano oggetti in campo facendo sospendere la partita – sino al sontuoso 4-0 contro lo Strasburgo del 21 maggio 2022 che riporterà l’Olympique in Champions League con un sorpasso sul Monaco al foto finish. Sul campo, nonostante un caos tattico di difficile comprensione, la squadra ha divertito e ottenuto buoni risultati: Sampaoli ha ridato centralità a un Dimitri Payet difficilmente così in palla, ha risollevato le sorti calcistiche di Cengiz Under e Mattéo Guendouzi, due giovani che sembravano essersi persi, ha reso Valentin Rongier un centrocampista vicino alla convocazione con la Francia e dato finalmente un’identità calcistica a Gerson, un enigma tattico da noi diventato trequartista con gol in Ligue 1. E se gli si recrimina il fatto di non esser stato competitivo in Europa League e di non aver mai creduto profondamente in Arek Milik, ha sicuramente ottenuto il massimo con una rosa di livello ma incompleta. Il secondo posto e la semifinale di UEFA Conference League ne sono la dimostrazione. Dopo poco più di un anno però, lo scenario si ripete e Sampaoli abbandona l’OM a cavallo tra giugno e luglio 2022, a un mese dall’inizio della Ligue 1 e in piena campagna acquisti. Le divergenze diventano incolmabili: come consuetudine, quello che chiede l’argentino sembra andare al di là di quello che Pablo Longoria e Franck McCourt hanno in mente. E come consuetudine, in Sampaoli sembra scatenarsi l’atavico bisogno di fuggire via quando la lotta con i colossi sembra impossibile. Nell’Atletico Mineiro Golia era rappresentato dal rampante Flamengo, squadra dai mezzi economici quasi superiore a tante compagini europee, in Francia invece l’ostacolo era rappresentato dal PSG e da una campagna di Champions League tutta da scrivere per un Marsiglia che sembrava maledetto da un decennio. Au revoir.

Il primo grande ritorno

Dopo tre mesi di pausa non forzata, Sampaoli riattraversa l’oceano per tornare al Siviglia: si tratta del primo comeback della sua storia, m una panchina su cui si è seduto per ben 53 incontri dal luglio 2016 al maggio 2017. Cosa rimase del Sampaoli I e perché l’argentino ha tutti i connotati per essere considerato un salvatore della patria? Nell’unica annata in Liga, il suo Siviglia aveva davvero stupito in campionato. Una squadra aggressiva, alta, verticale in cui Vitolo e Pablo Sarabia erano due scheggie e Wissam Ben Yedder assicurava gol con continuità, con la guardia di Steven N’Zonzi e Vicente Iborra che assicuravano fisicità e geometrie.

La mia idea di gioco è molto semplice: recuperare la palla alta per essere il più velocemente possibile nella metà campo avversaria, vicini alla porta e lontani dalla nostra.

Il suo primo Siviglia assomigliò ad un concetto tanto semplice quanto complicatissimo espresso qualche mese fa in un’intervista a Sport TV, un canale brasiliano. Dopo qualche mese e una cocente sconfitta negli ottavi di finale di Champions League contro la favola Leicester, la squadra biancorossa iniziò a venir meno per intensità e gioco. Quello di Sampaoli è un calcio bello ma estremamente complicato da mantenere nel tempo, fattore che lo accomuna indissolubilmente, assieme alla sua ossessione nell’analizzare la sua squadra e quella avversaria, al suo maestro ispiratore Marcelo Bielsa. Eppure il matrimonio tra le due parti, senza l’interferenza della nazionale, era destinato a continuare. 

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Nel 2016 l’arrivo di Sampaoli al Siviglia fu una vera ventata di novità per tutta la Liga.(Foto: Cristina Quicler/AFP via Getty Images – One Football)

Riprendere il filo logico dopo 5 anni è compito arduo, soprattutto nell’attuale situazione del Siviglia. Si tratta di una delle sfide più complicate della carriera di Sampaoli. E come a Marsiglia, l’hombrecito dovrà prendere il posto di un allenatore altrettanto pragmatico come Lopetegui, con la squadra che al momento non sembra per nulla adatta alle sue idee di gioco. La rosa è ricca di giocatori di qualità, brevilinei bravi nello stretto e nei fraseggi ma poco avvezzi all’aggressività e al pressing alto. Ecco perché Sampaoli ha messo le mani avanti dicendo di volersi adattare agli uomini a disposizione per poter capire la natura dell’organico. Ha chiarito che giocatori come il Papu Gómez o Isco non possono agire a centrocampo come nella precedente gestione, pur lasciandosi ancora del tempo prima di una vera e propria diagnosi per eventuali mosse mercato.

Il bilancio iniziale

Resta il fatto che Sampaoli al momento è imbattuto: in 3 sfide ha raccolto 2 pareggi e 1 vittoria, giunta a Maiorca questo sabato con un eurogol di Nemanja Gudelj. Il centrocampista serbo è diventato nell’ultimo anno un giocatore chiave per la forza ed il cuore con cui sta traghettando la squadra dopo stagioni di forti critiche. Assieme a lui, anche Ivan Rakitić sembra essere rinato. Nel pareggio di Champions League contro il Borussia Dortmund (1-1 al Signal Iduna Park, ndr), il Siviglia ha sfoderato la migliore prestazione della stagione sfiorando una vittoria di prestigio. Non a caso, grazie anche ad un cambio di schema: dalla trasferta tedesca in poi, il nuovo tecnico è tornato al suo cavallo di battaglia, il 3-4-3.

La formazione del Siviglia contro il Borussia Dortmund. (Fonte: Sofascore)

Sampaoli punterà sull’asse centrale Yassine Bounou in porta, sul difensore centrale Tanguy Nianzou in difesa e su questa mediana Gudelj-Rakitić. Sugli esterni, classico pallino sampaoliano, si alternano spesso: Alex Telles/Marcos Acuña (convocato per la prima volta da Sampaoli con l’Argentina) a sinistra, Jésus Navas/Gonzalo Montiel a destra. Con un attacco pieno di qualità ma preso dal rebus punta. Perché i vari Alejandro Gómez, Erik Lamela, Suso, Isco, Oliver Torres, Adnan Januzaj avranno il compito di agire ai lati di uno tra Youssef En-Nesyri, Rafa Mir o Kasper Dolberg, attaccanti alla ricerca del gol che li sblocchi definitivamente. Che la vittoria non inganni, è il messaggio che Sampaoli lascia trasparire a qualche ora dal match contro il Valencia: la squadra continua ad avere un atteggiamento diverso da quello che vorrebbe e solo il tempo ci dirà se e come l’ex Marsiglia proverà a dare il suo imprinting. Oppure ci sarà un’altra prima volta in cui l’hombrecito dovrà snaturarsi per adattarsi ad una rosa diametralmente opposta dai suoi concetti?

I tifosi sevillisti sperano di non trovarsi in mezzo ad una crisi d’identità ma piuttosto di raccogliere punti importanti e perché no, provare a salvare anche la stagione europea con al timone un uomo che seppe farli sognare già in passato. D’altronde, del Siviglia dicen que nunca se rinde, che non si arrenda mai.

Autore

Nato in Italia, girovago per studi tra Francia e Spagna, poi Argentina per passione: scrivo per amore innato verso questo sport e per la necessità di esprimermi condividendo le mie idee. Amo raccontare storie particolari e poco conosciute, da quelle legate al calcio francese o agli angoli più remoti dei confini argentini.

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