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Vorrei ballare come Laurie Cunningham

Il pullman che ha portato in trasferta la squadra riserve del Leyton Orient completa il suo tragitto arrestandosi nell’ampio spiazzo davanti al campo di gioco del Southend; i ragazzi della squadra di casa sono già arrivati quasi tutti, e sono radunati poco più avanti, all’ombra della tribuna. Più di qualcuno tra gli shrimpers alza la testa, pronto a vedere le facce di città che si troverà davanti in campo poco meno di due ore dopo. Nulla di rilevante da notare, finché tocca scendere i gradini del bus, nell’ordine, a Tony Grealish, Bobby Fisher e Laurie Cunningham.

Esce dal pullman il primo: praticamente uno dei Bee Gees, con tanto di barba lunga e pantaloni a zampa. Scende il secondo: acconciatura afro e pantaloni di seta, le paillettes della giacca riflettono il sole abbagliando i presenti. I ragazzi del Southend si guardano perplessi, qualcuno ridacchia. L’ultimo a lasciare il pullman è Cunningham, con in dosso la seguente tenuta: completo da gangster, camicia e cravatta con tanto di fermacravatta, scarpe bicolore; in mano un bastone da passeggio. I giocatori del Southend sono ancora più spiazzati di prima, altri giocatori si uniscono alle risate, più di qualcuno fissa il bus degli avversari come se fosse un’astronave appena atterrata.

In campo però poi gli avversari non ridono più. E succede così ogni sabato. Grealish e Fisher sono forti, ma in campo Cunningham è travolgente. In realtà lo è anche fuori, sulla pista da ballo, sua grande passione fin da piccolo assieme alla musica, all’arte e alla moda. Il diciassettenne Laurie è lo specchio della Londra che scopre il soul, esprime la sua essenza attraverso l’abbigliamento e si riversa a ballare nei locali, ma può farlo solo nei quartieri giusti, dove non si rischiano le botte per il colore della propria pelle o per la propria provenienza. Ed è proprio da uno di questi quartieri che inizia il viaggio di Laurie Cunningham, “il più grande talento naturale che la Gran Bretagna abbia prodotto dai tempi di George Best“.

Finsbury Park (Londra)

I colori, la musica, la gente radunata fuori dai bar, i richiami in creolo delle madri ai figli. Ma anche gli appartamenti condivisi, la povertà, spesso estrema, e i segni inequivocabili di una progressiva segregazione razziale. Questo è Finsbury Park negli anni ’60, e qui si è appena trasferita la famiglia Cunningham: lei lavandaia, lui operaio e due figli piccoli. Hanno raggiunto l’Inghilterra a metà anni ’50 partendo dalla Giamaica, prima Mavis, incinta del secondogenito, poi Elias e Keith, che così al loro arrivo hanno potuto conoscere il nuovo nato: Laurence, detto Laurie.

Il più piccolo di casa Cunningham cresce tranquillo e introverso, appassionato dal pianoforte e dalla pittura, ma anche dall’attività fisica, per la quale è molto portato. Sul campo da gioco e sulla pista da ballo si trasforma e accetta volentieri di essere il centro dell’attenzione; se lo merita, perché spicca per bravura in entrambi i campi. A 16 anni arriva il momento di scegliere tra le due discipline, perché dopo due anni passati nelle giovanili dell’Arsenal, che mal sopportava il suo “calcio appariscente”, si trova davanti la proposta del Leyton Orient, per continuare a giocare sfrecciando sull’ala sinistra, e quella di una scuola di ballo, per imboccare seriamente la strada della danza.

E calcio sia. Il ballo può comunque diventare il passatempo notturno di Laurie, che ormai sta crescendo e inizia a frequentare locali come il Tottenham Royal e il Crackers, dove si suona musica soul e dove si radunano grandi folle di giovani neri. Le serate durano spesso tutta la notte e spesso e volentieri Cunningham non fa in tempo a svegliarsi per arrivare in orario all’allenamento. La multa stabilita dal club per il ritardo è di 1 £, che raddoppia ad ogni ritardo successivo. Cunningham trova rapidamente il modo per risolvere la situazione: la sera, vestito di tutto punto, si reca alla dancehall per partecipare alle gare di ballo; il giorno successivo, altrettanto elegante, compare all’allenamento con in mano i soldi della vincita, con cui paga le multe. Così ogni volta che è necessario.

Al Leyton Orient viene preso sotto la sua ala protettiva dall’allenatore George Petchey, che lo rende più ordinato e disciplinato in campo. Fuori dal campo non ce n’è bisogno, se non fosse per la sua tendenza ormai radicata ad arrivare in ritardo. Petchey stesso fa esordire Laurie in prima squadra nel 1974, dopo averlo definitivamente convinto a rimanere un calciatore e a non accettare le avances di una prestigiosa compagnia di ballo d’oltreoceano. Con la maglia degli O’s Cunningham mette assieme 75 presenze e 15 gol, spalmati su due campionati e mezzo di Second Division, che gli valgono la chiamata del West Bromwich Albion e un cartellino del prezzo che recita 110.000 £.

West Bromwich

Il 1977 è un anno di esordi per Cunningham, quello in Premier League con il West Bromwich appunto, ma anche quello con la Nazionale inglese under-21, che lo rende il primo convocato nero di una qualsiasi Nazionale inglese. Una rivoluzione. In quell’occasione realizza oltretutto il gol vittoria contro la Scozia e il Guardian titola:

Qualcuno di speciale è arrivato tra noi.

Per la Nazionale maggiore invece toccherà attendere ancora due anni, quando Ron Greenwood lo schiererà titolare in un’amichevole primaverile contro il Galles. Anche in questo caso un’apparizione a suo modo storica, che lo rende il secondo giocatore nero a indossare la maglia dei Tre Leoni, dietro al solo Viv Anderson che aveva rotto il ghiaccio l’anno precedente.

Cunningham e Greenwood sul campo di allenamento
Greenwood è stato l’unico c.t. a convocare Cunningham in nazionale. (Foto: Duncan Raban/Hulton Archive/Getty Images – OneFootball)

West Bromwich decisamente non è Londra, mancano locali come il Tottenham Royal e mancano luoghi come Camden Passage, dove fare compre di nuovi vestiti ai mercatini dell’usato con l’amico Bobby Fisher, che è rimasto all’Orient. Nelle Midlands, però, Cunningham ha trovato due amici e compagni di squadra di tutto rispetto. Il primo, nato a Grenada, si chiama Brendon Batson e fa il terzino; il secondo viene invece dalla Guyana Francese, è un attaccante e risponde al nome di Cyrille Regis. I due, assieme a Cunningham compongono The Three Degrees, soprannome datogli dal loro allenatore Ron Atkinson, mutuando nome da un trio soul molto in voga negli anni ’70. La popolarità di entrambi i terzetti porterà ad un curioso incontro tra di loro sul campo del The Hawthorns. Come finirà la serata poi? Ovviamente su una pista da ballo in città.

Sul campo The Three Degrees sono fondamentali per le fortune del West Bromwich Albion, che sotto la guida di Atkinson gioca un grande calcio e finisce il campionato 1977-78 al sesto posto. In particolare Laurie Cunningham contribuisce con 6 gol. Tre giocatori neri in campo contemporaneamente, per di più in una squadra di questo livello, sono fonte di ispirazione per centinaia di ragazzini neri, che si trovano ogni giorno a che fare con il razzismo che pervade la società inglese. Non ne sono esenti naturalmente anche gli stadi, fuori dai quali si vende la rivista del National Front e dentro ai quali i giocatori neri vengono ricoperti di sputi, banane e insulti del più vario tipo.

A Cunningham, come a Batson e Regis, arrivano regolarmente lettere di insulti e di minacce; una volta sulla porta di casa di Laurie si infrange pure una molotov. Un tifoso dell’Everton indirizza una lettera a Ron Atkinson prima di ogni sfida tra la sua squadra e il West Bromwich, chiedendogli di non mettere in campo le sue “scimmie“. Una delle tifoserie più polarizzata verso queste posizioni è quella del Chelsea, i cui ululati vengono però spenti dai gol di Regis e Cunningham durante il match del settembre 1978. Laurie si trova così a zittire un’intera curva inferocita ancora una volta, come quando, dopo un gol con la maglia del Leyton Orient, si trovò ad alzare il pugno chiuso al cielo davanti agli hooligans del Millwall.

La stagione 1978-79 va ancora meglio della precedente: Cunningham segna 9 reti in campionato e il West Bromwich finisce terzo, dopo aver accarezzato per un momento anche il sogno del titolo. Ma è in Coppa UEFA che la squadra di Ron Atkinson ha l’exploit maggiore, raggiungendo i quarti di finale dopo aver eliminato il Valencia di Kempes. Proprio quella partita, trasmessa in diretta dalla tv spagnola, farà le fortune di Cunningham, autore di una prestazione maiuscola. Ne restano infatti folgorati i dirigenti del Real Madrid, che spediscono subito un emissario nelle Midlands a trattare. Nel giugno del 1979 Laurie Cunningham è un nuovo giocatore delle merengues, al West Bromwich, in cambio, vanno 950.000 £.

Madrid

Francisco Franco è morto da ormai quattro anni e l’intera Spagna si sta scrollando di dosso le catene di quasi quarant’anni di dittatura. In particolare, nella capitale Madrid sta fiorendo un movimento socio-culturale che prende il nome di “Movida madrileña“. Ѐ il trionfo della libertà sessuale, degli eccessi con le sostanze, ma anche della cultura underground, della musica e dell’arte. I giovani si riappropriano delle strade e delle piazze al grido di “Madrid nunca duerme“. Madrid non dorme mai. Questo è lo scenario in cui si trova Laurie Cunningham quando scende la scaletta dell’aereo che l’ha portato a Madrid. Non beve quasi mai, non fa uso di droghe e ha una compagna, ma al richiamo del ballo, della musica, dell’arte non può resistere. Madrid è decisamente la sua città.

In campo l’inizio è sfolgorante. Segna alla prima amichevole con il Milan, poi altri due all’esordio in Liga contro il Valencia, di nuovo il Valencia. Il primo calciatore britannico del Real Madrid sembra atterrato da un altro pianeta; come dicono i compagni di allora:

Corre talmente forte che fa sembrare che gli altri calciatori vadano all’indietro.

Due settimane dopo segna anche nel suo primo Clasico, anche se poi il risultato sarà di 3-1 in favore del Barcellona. In campionato il Real Madrid si trova presto coinvolto in una lotta a due per il titolo con la Real Sociedad, mentre in Coppa dei Campioni si spinge fino alla semifinale contro l’Amburgo di Keegan. Cunningham mette spesso in scena prestazioni di ottimo livello, ma l’ambiente madrileño si pone più di una volta qualche interrogativo sulla sua costanza e sul suo effettivo valore economico.

Il 10 febbraio 1980 si gioca la partita di ritorno tra Real Madrid e Barcellona, al Camp Nou. A marcare Cunningham c’è Rafael Zuviria. Che però non lo prende mai. Per 90 minuti vede solo il numero 11 sulle spalle dell’inglese; a un certo punto, dalla panchina del Real, addirittura gli urlano:

Rafa! Ti faremo avere una sua fotografia se vuoi! Così forse vedrai la sua faccia finalmente!

Al 63′ Cunningham trova spazio davanti a se e scatta allungandosi il pallone, Zuviria, ovviamente, qualche metro indietro. Si trova quindi davanti a Migueli, che tenta l’intervento in scivolata, ma riesce a spostare la palla un attimo prima dell’intervento, che evita a sua volta. A quel punto arriva sul fondo e fa partire un pallone d’esterno destro diretto sui piedi di Santillana, che lo deve solo spingere in rete. Ѐ l’apoteosi. A fine partita il Camp Nou gli renderà perfino omaggio con una standing ovation, fatto più unico che raro.

La stagione si concluderà poi con la doppietta Liga – Copa del Rey da parte del Real e con la fiducia che Cunningham possa fare ancora meglio, diminuendo il numero di infortuni e sfoderando certe prestazioni con maggiore costanza. Tuttavia, la stagione 1980-81 inizia nel peggiore dei modi quando, nelle prime giornate di campionato, un difensore del Betis gli assesta un pestone a palla lontana, rompendogli un piede. Cunningham è costretto così a indossare il gesso e ad osservare un periodo di riposo.

Il giorno stesso in cui viene dimesso dall’ospedale Cunningham viene però pizzicato in un club notturno di Madrid: non è ubriaco, non ha fatto uso di droghe, non è in compagnia di donne. Ha solamente le stampelle e il gesso, praticamente ancora fresco, al piede. Era lì per ascoltare la musica e vedere la gente ballare. Il Real Madrid, però, non accetta questa motivazione e sanziona Cunningham con una multa da 1 milione di Pesetas. La più alta nella storia della Liga spagnola. Questo episodio, assieme ai continui guai fisici, derivanti da una gestione non proprio perfetta dell’infortunio al piede da parte dei medici, lo rendono inevitabilmente il bersaglio dei giornali.

Cunningham rientra dall’infortunio in tempo per giocare la finale di Coppa dei Campioni contro il Liverpool, ma la sua prestazione è ectoplasmatica e il Real perde 1-0. La stagione successiva va perfino peggio, con sole 3 presenze in Liga racimolate tra un infortunio e l’altro, e ormai il faro puntato su di lui da media e dirigenti blancos, che lo dipingono molto più indisciplinato e incostante di quanto effettivamente sia. Nel molto tempo libero a cui lo condannano gli infortuni trova il tempo per posare come modello, disegnare abiti, aprire boutique di moda; insomma, riesce a rispolverare una sua vecchia passione.

A fine stagione 1981-82 si congeda con un ultimo gol al Kaiserslautern, poi inizia il suo giro per l’Europa. Prima in prestito, al Manchester United – dove ritrova Ron Atkinson – e allo Sporting Gijon, poi, senza più essere di proprietà del Real Madrid, al Leicester City e all’Olympique Marsiglia. Nell’estate del 1986 fa però ritorno a Madrid, decidendo di indossare la maglia di una piccola squadra di culto: il Rayo Vallecano. Lontano dai riflettori e dalle pressioni, e vicino alla moglie Silvia, proprietaria di una boutique, può tornare a esprimersi con costanza, anche se lo smalto non è più quello di un tempo. Nella sua prima stagione al Rayo totalizza 37 presenze e 3 gol, mentre nella seconda 19 con 1 gol, quello decisivo per la promozione del Rayo Vallecano nella Liga. Nel mezzo, uno strano anno passato tra Charleroi e Wimbledon, dove vince contro tutti i pronostici una FA Cup.

Laurie Cunningham con la maglia del Wimbledon
Cunningham ha disputato anche otto partite con la maglia del Wimbledon. (Foto: Allsport UK /Getty Images – OneFootball)

Epilogo

L’ultimo gol con il Rayo è, purtroppo, l’ultimo in assoluto della carriera di Cunningham. Infatti, il 15 luglio 1989, di ritorno da una serata finisce coinvolto in un incidente stradale che non gli lascia scampo. Laurie Cunningham non indossava la cintura di sicurezza e sì, quella volta aveva bevuto. Lascia così la moglie, un figlio piccolo, e un vuoto nella grande famiglia del Rayo Vallecano, una squadra che per tradizione poteva formare una coppia perfetta con l’anticonformista ala inglese.

La statua dedicata a Laurie Cunningham
Nel 2017 a Cunningham è stata dedicata una statua vicino al suo primo stadio. (Foto: Nigel French/Getty Images – OneFootball)

In molti, soprattutto in Inghilterra si sono interessati nel corso degli anni alla storia di Cunningham e a quello che ha significato come figura per il calcio inglese e per la comunità nera che abita il Regno Unito. In particolare, nel 2017 è uscita una biografia, scritta da Dermot Kavanagh, che, per caso o per destino, condivide il titolo con un album dei Pulp datato 1995: Different Class. Sul retro del booklet allegato al cd della band inglese si può leggere una frase, che tradotta recita così:

Non vogliamo avere problemi, vogliamo soltanto il diritto di essere diversi. Questo è tutto.

Forse allora, più che caso, è decisamente destino.

Autore

Classe '99, fervente calciofilo e tifoso dell'Udinese, alla sua prima partita allo stadio vede un gol di Cesare Natali e ne resta irrimediabilmente segnato. Laureato in scienze politiche a Padova, ora studia a Bologna e scrive di calcio e Formula 1.

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