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Io sono ineluttabile

Con le sei gemme, mi basterebbe schioccare le dita”. Non c’è probabilmente un villain più iconico di Thanos nell’intera produzione cinematografica del secondo decennio degli anni Duemila. Nessuna missione è tanto inquietante quanto coinvolgente come quella intrapresa dal titano del Marvel Cinematic Universe per perseguire il suo folle piano di sterminare metà della popolazione dell’universo. Una marcia incessante e inesorabile, il cui successo è praticamente annunciato sin dall’inizio. Non c’è un momento, durante quello che è l’atto conclusivo del percorso di Thanos, ovvero Avengers: Infinity War, in cui si ha realmente l’impressione che il titano possa fallire. Nonostante debba fronteggiare i più grandi eroi della terra e non solo, la speranza che il suo piano naufraghi non si eleva mai a ottimistica previsione, ma rimane appunto una speranza, destinata inesorabilmente a restare tale e venire delusa.ù

Questo fa capire l’enorme portata del personaggio di Thanos, uno dei villain più riusciti dell’intera storia del cinema. Sorvolando però un attimo sui suoi fini, che lo connotano inevitabilmente in maniera negativa, ad affascinare è la persistenza con cui il titano persegue il proprio cammino. La velocità con cui costituisce il suo incedere. L’inesorabilità con qui lo compie. Thanos riesce, con estrema facilità, nel compito di raccogliere le sei gemme dell’infinito, pietre capaci di manipolare un certo aspetto dell’esistenza, necessarie per assemblare il guanto dell’infinito e, con un semplice schiocco delle dite, realizzare il suo piano. Un’impresa titanica, ai limiti dell’irrealizzabile, che Thanos non solo porta a termine, ma lo fa con una convinzione che appunto non fai mai dubitare del buon esito della missione. Con l’ineluttabilità che egli stesso si adduce.

Un percorso del genere possiamo delinearlo per un titano della storia del calcio, un allenatore capace di collezionare le proprie gemme dell’infinito, che in gergo calcistico corrispondono alla vittoria dei cinque massimi campionati europei e della Champions League. Un Thanos del calcio, privato di quella caratterizzazione negativa, ma di cui rimane solo l’enorme convinzione nei propri mezzi e la forza di credere in un disegno che per il resto del mondo sembra difficile anche solo da concepire. Si parla chiaramente di Carlo Ancelotti, il primo allenatore al mondo capace di vincere tutti i cinque top campionati in Europa. Un’impresa assimilabile a quella di Thanos, dove ogni campionato è una gemma e la sesta pietra mancante è la Champions League, che Carletto ha vinto ben tre volte e in circostanze incredibili.

Al pari di quello di Thanos, il cammino di Ancelotti verso il completamento del suo personale guanto dell’infinito è estasiante e strabiliante. Un’impresa sovrumana, titanica per l’appunto, degna dei più potenti personaggi dei fumetti.

Gemma del tempo

Il cammino di Carlo Ancelotti ha radici lontane e non può non partire dall’Italia, la sua patria. Precisamente dal Milan, squadra di cui ha vestito la maglia da calciatore e che torna ad allenare nel 2001 dopo la parentesi non felicissima alla Juventus. In rossonero conquista il suo primo grande successo, la Champions League vinta proprio in finale contro i bianconeri nel 2003. Un anno dopo, arriva anche il primo titolo nazionale.

Prima del 2004, l’ultimo scudetto del Milan risaliva al 1999. Da quel momento, i rossoneri hanno faticato molto anche solo a essere protagonisti in Serie A, lasciando la scena prima alle romane, poi al doppio successo della Juventus e, tranne che nella stagione 1999-2000, guardando sempre da lontano la lotta scudetto.

Il campionato 2003-2004 è però tutta un’altra storia. Il copione iniziale sembra quello degli anni precedenti, con la Juventus lanciata verso la vetta. Prende poi piede la rediviva Roma di Capello, che al giro di boa si piazza in cima al campionato. Il punto di svolta della stagione arriva il 6 gennaio 2004, quando il Milan riesce a espugnare l’Olimpico con una doppietta di Shevchenko. Inutile il gol del momentaneo pareggio di Cassano per i capitolini.

Gennaio è il mese della svolta per il Milan, che prima batte la Roma, poi effettua il sorpasso ai giallorossi in vetta alla classifica. Piazzatasi davanti, la squadra di Ancelotti non si lascia più superare e, a tre giornate falla fine del campionato, chiude i conti. Il 2 maggio 2004 il Milan ospita la Roma e basta un gol di Shevchenko dopo 80 secondi ad archiviare la partica e consegnare ai rossoneri lo scudetto.

Il Milan di Ancelotti vince un campionato meritatissimo, con i 24 gol del capocannoniere Shevchenko decisivi per la conquista di quel titolo. Il primo campionato della carriera del mister, che in quel momento forse nemmeno immagina quante importanti pagine della propria storia abbia ancora da scrivere.

Ancelotti
Ancelotti portato in trionfo dai giocatori del Milan
(Photo credit should read PATRICK HERTZOG/AFP via Getty Images)

Gemma dello spazio

L’avventura di Ancelotti al Milan si esaurisce al termine della stagione 2008-2009 e l’anno successivo il tecnico tenta l’avventura all’estero, accettando la panchina del Chelsea. I Blues vengono da una stagione complessa, che ha visto l’avvicendamento in panchina tra Scolari e Hiddink, e con Ancelotti cercano stabilità.

Il tecnico italiano parte fortissimo: vince il Community Shield e le prime sei partite di campionato. Fino a dicembre la marcia del Chelsea è serrata, poi gli inglesi incappano in una serie di risultati deludenti, tra la sconfitta sul campo del Manchester City e i pareggi contro Everton, West Ham e Birmingham.

Come col Milan, gennaio e l’inizio del girone di ritorno riportano il sereno per Carlo Ancelotti, col suo Chelsea che si riprende e inanella una serie di risultati importanti, come il 7-2 rifilato al Sunderland. La quiete però viene ancora una volta disturbata, stavolta da fattori extra-campo. Scoppia lo scandalo legato a John Terry, capitano della squadra, finito al centro del gossip e delle critiche per la sua storia extra-coniugale con la fidanzata del suo ex compagno Wayne Bridge.

Prende il via così una violenta campagna mediatica contro Terry e di riflesso contro il Chelsea, che intanto viene eliminato dalla Champions League per mano dell’Inter del grande ex Mourinho e viene superato in classifica dal Manchester United. Dopo questa grossa sbandata, la squadra di Ancelotti però si rimette in carreggiata, segna valanghe di gol ed effettua il controsorpasso sui Red Devils alla trentatreesima giornata, vincendo 1-2 all’Old Trafford. Joe Cole apre le danze dopo 20 minuti, poi Drogba raddoppia all’80’. Macheda riapre tutto due minuti dopo il gol dell’ivoriano, ma è inutile.

Il Chelsea riconquista la vetta e non la molla più, tornando a vincere la Premier League dopo quattro anni. Eccezionale il rendimento offensivo della squadra di Ancelotti, capace di segnare ben 103 gol e di siglare quindi un nuovo record nella storia della Premier League. Guidato dai 37 gol di Drogba e dai 27 di Lampard, il Chelsea abbina al campionato anche la vittoria della FA Cup. Per Ancelotti è il successo che gli fa conquistare spazio anche fuori dall’Italia, ma la ricerca di nuovi lidi dove imporsi è ancora agli albori.

Gemma del potere

Dopo l’addio al Chelsea nel 2011, nel 2012 Carlo Ancelotti approda al PSG. L’estate precedente, i parigini avevano inaugurato la loro era qatariota, il principio di nuova fase di splendore e spese folli. A gennaio gli sceicchi, nello spirito ambizioso del loro progetto, esonerano l’allenatore Kombouarè, che intanto era primo in classifica con la squadra, e affidano la panchina dei parigini ad Ancelotti, che però fallisce clamorosamente la vittoria del campionato, facendosi beffare dal Montpellier.

In estate dunque gli sceicchi mettono pesantemente mano al portafogli, portando sotto l’ombra della Tour Eiffel Zlatan Ibrahimovic, Thiago Silva, Marco Verratti, Ezequiel Lavezzi e Gregory van der Wiel. Per la stagione 2012-2013 le intenzioni del PSG sono decisamente combattive. A gennaio, come se non bastasse, arrivano anche Lucas Moura e David Beckham.

Stavolta il campionato è completamente senza storia: il PSG, troppo più forte delle altre squadre, vince agevolmente il titolo, tornando a laurearsi campione di Francia per la prima volta dal 1994 e, in generale, appena per la terza volta nella sua storia. È la vittoria che inaugura il dominio totale del PSG in Francia, la prima manifestazione di quel potere incredibile che finirà per monopolizzare nel decennio a seguire il calcio francese.

Sulla scia di Shevchenko e Drogba, Zlatan Ibrahimovic è il leader di quella squadra, segnando ben 30 gol in campionato. Conquistata anche la Francia, Ancelotti decide ancora di cambiare aria, per tentare stavolta l’avventura sulla panchina del Real Madrid.

Ancelotti
Ancelotti e Ibrahimovic nella loro esperienza al PSG (Photo credit should read DAMIEN MEYER/AFP via Getty Images – OneFootball)

Gemma della mente

Terminata l’esperienza al Real Madrid, che non ha portato il titolo nazionale ad Ancelotti, ma che è valsa la conquista della famosa decima di cui parleremo più avanti, Carletto vola nell’unico dei top paesi dell’Europa del calcio in cui non ha mai allenato. Per la stagione 2016-2017 succede a Pep Guardiola sulla panchina del Bayern Monaco e, per certi versi, questa sua esperienza è molto simile a quella parigina.

Ancelotti vince la Bundesliga quasi per inerzia, chiudendo la pratica con tre giornate di anticipo. L’inizio è scoppiettante, con cinque vittorie nelle prime giornate e una striscia di dieci risultati utili consecutivi, interrotta solo dalla sconfitta contro il Borussia Dortmund. Il primo dei due soli ko in cui incappa il Bayern, che dopo la debacle coi gialloneri non perde fino al 5 aprile, quando si arrende all’Hoffenheim.

Il 29 aprile 2017 il Bayern Monaco conquista il Meisterschale rifilando un rotondo 6-0 al Wolfsburg. Il trionfo è tanto netto quanto noioso, preannunciato dall’inizio. Poche emozioni, ma vale per Ancelotti il quarto titolo nazionale in altrettanti campionati e un passo sostanziale in avanti verso il completamento del suo personalissimo guanto dell’infinito.

Gemma della realtà

Dopo il titolo vinto con il Bayern Monaco, Carlo Ancelotti incappa in alcune annate difficili. Il settembre successivo viene esonerato dai bavaresi, poi alla guida di Napoli ed Everton non riesce a ottenere risultati degni di nota, complice anche la caratura inferiore delle squadre allenate. Nella stagione 2021-2022 dunque Carletto fa ritorno al Real Madrid, nell’unico campionato che non ha vinto.

Inutile sottolineare che uno come Ancelotti può fallire una volta, ma alla seconda otterrà sempre il risultato prefissato. Che in questo caso significa la vittoria della Liga. Dopo aver visto trionfare i rivali cittadini dell’Atletico Madrid l’anno prima, il Real torna a vincere il campionato col ritorno di Ancelotti, che in questo modo completa la cinquina di vittorie in tutti i massimi tornei nazionali d’Europa.

Dalla Serie A nel 2004 al Real Madrid nel 2022: in 18 anni Ancelotti riesce a vincere ovunque, realizzando un’impresa mai riuscita prima nella storia del calcio. La Liga 2021-2022 è un cammino trionfale per i Blancos che, complici anche le stagioni negative di Barcellona e Atletico Madrid, presto prendono il largo e conquistano il campionato numero 35 della loro storia.

Quel sogno vagheggiato di vincere ovunque diventa realtà, inesorabile e trionfale. La quinta gemma della carriera di Carletto porta la firma di Benzema e Vinicius, i due grandi leader della squadra. Porta però soprattutto il nome proprio del mister, che si conferma il migliore nel gestire rose dall’enorme potenziale e il numero uno quando si tratta di vincere.

Con la vittoria della Liga Ancelotti completa dunque la personalissima impresa di trionfare in tutti i top campionati europei. Ma questi sono cinque e per il nostro Thanos manca ancora qualcosa. Per attivare il guanto dell’infinito, a questa cinquina di successi vanno aggiunti gli altri grandi trionfi della carriera di Ancelotti. Quelli europei. Quelli che costituiscono l’anima vincente di Carletto.

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Ancelotti festeggia con il Real Madrid (Photo by JAVIER SORIANO/AFP via Getty Images – OneFootball)

Gemma dell’anima

La vittoria dei cinque grandi campionati europei è un’impresa incredibile, ma è arricchita dai risultati eccezionali che Ancelotti ha ottenuto nelle competizioni europee. Il tecnico italiano ha vinto ben tre Champions League, tra cui la memorabile decima della storia del Real Madrid. La sesta gemma da aggiungere al guanto è la combinazione di questi grandissimi trionfi, di un percorso che inizia nel 2003 e che si nutre di vendetta e ambizione, per ascendere alla consacrazione definitiva.

Il primo grande trionfo di Ancelotti in Europa precede l’inizio della campagna alla conquista di tutti i campionati nazionali. Ne costituisce anzi il presupposto. Il 28 maggio 2003 il suo Milan supera la Juventus ai rigori e si laurea campione d’Europa. Dopo aver superato le due fasi a gironi, i rossoneri battono l’Ajax e poi fanno fuori i due rivali di sempre: prima l’Inter in semifinale, con un doppio pareggio 0-0 e 1-1 che favorisce il diavolo grazie alla regola dei gol in trasferta. Poi appunto la Juventus in finale, ai rigori dopo uno scialbo 0-0, col rigore decisivo di Shevchenko.

Un anno dopo Ancelotti vince lo scudetto col Milan e comincia il percorso verso la sua straordinaria impresa, ma prima di aggiungere la seconda gemma al proprio guanto trionfa ancora una volta in Europa. La seconda Champions League di Carletto arriva nel 2007 ed è una vittoria dal sapore speciale, perché sa di dolce vendetta. Il 23 maggio 2007 il Milan supera il Liverpool nella finalissima di Atene grazie a una doppietta di Filippo Inzaghi, mettendosi alle spalle l’incubo di Istanbul di due anni prima, quando il diavolo perse la finale di Champions League proprio contro i Reds in maniera tremendamente beffarda.

3-0 nel primo tempo, nella ripresa gli inglesi recuperano fino al 3-3 e poi vincono ai rigori, con l’errore decisivo proprio di Shevchenko. Una sorta di contrappasso rispetto al 2003. Contrappasso che poi, come in un’esaltazione ciclica del concetto dantesco, si ripete nel 2007, quando il Milan trova di nuovo il Liverpool in finale e stavolta vince.

La vera perla però della carriera europea di Carlo Ancelotti è la vittoria della Champions League col Real Madrid nel 2014. La conquista della tanto agognata decima, attesa per ben dodici anni dagli spagnoli. Una vittoria pazzesca, con le Merengues che nell’atto conclusivo di Lisbona superano i rivali cittadini dell’Atletico Madrid in maniera rocambolesca. I Colchoneros aprono le danze con Godin e resistono fino al 93’, quando Sergio Ramos con un’incornata rimette tutto in equilibrio. Nei supplementari poi il Real dilaga, vincendo 4-1 con le firme di Bale, Marcelo e Ronaldo.

Dopo la vittoria della decima, come detto Ancelotti fa ritorno a Madrid nel 2022 e completa la propria opera, riuscendo finalmente nell’obiettivo di vincere il campionato e completando il suo personalissimo guanto dell’infinito. In attesa poi di altre pagine di storia del calcio da scrivere e di affermarsi ulteriormente come uno dei migliori allenatori di sempre. Uno per cui la vittoria è ineluttabile.

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Autore

Romano, follemente innamorato della città eterna. Cresciuto col pallone in testa, da che ho memoria ho cercato di raccontarlo in tutte le sue sfaccettature.

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