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CALCIO ESTERO

Quanti Karim Benzema esistono?

Karim Benzema è, a 34 anni, ancora un attaccante di categoria superiore. Si faceva seguire e apprezzare già ai tempi dell’Olympique Lione, anche se qualche telecronista non sapeva ancora pronunciare il suo nome…

CHE BELLA LA TELECRONACA

Ho come l’impressione che, con l’avanzare del tempo, fare il telecronista sia diventato un mestiere sempre più difficile. È un ruolo che, anche solo per gioco, togliendo per qualche minuto l’audio, in tanti abbiamo provato a interpretare perché intrigante e stimolante. Nei suoi minimi termini, altro non è che una voce fuori campo che descrive ciò che piuttosto palesemente sta già succedendo in video. Eppure, la responsabilità nei confronti del telespettatore è curiosamente grande: la qualità della telecronaca può davvero orientare la percezione di un’intera partita.

Anzi, ancor più significativamente, può plasmare la percezione di singoli gesti o eventi. Poniamoci una semplice domanda: il “gol del secolo” di Maradona all’Inghilterra sarebbe lo stesso senza Victor Hugo Morales che ne accompagna i 44 passi e i 12 tocchi, che viene colto da Sindrome di Stendhal, che grida al barrilete cósmico? Ok, sarebbe la stessa identica rete, ma non sarebbe la stessa cosa.

CHE FATICA LA TELECRONACA

 A partire dagli anni duemila, anche grazie ai videogiochi, il telecronista diventa parte integrante dell’esperienza-partita, permettendo ad alcuni interpreti del mestiere di assurgere al rango di vere e proprie star, crescendo generazioni di tifosi che li citano a distanza di anni. Tutto questo nel bene o nel male: ho un amico (ciao Tommaso <3) che ha investito del tempo che non tornerà più per criticare su Facebook un famoso telecronista, tacciandolo non velatamente di eccesso di faziosità. Questo per dire che è un ruolo investito di un carico di responsabilità quasi didattico, per certi versi. Quante volte una telecronaca diffonde statistiche, dati, aneddoti? Ci vuole studio e scrupolo per non essere smentiti, soprattutto in tempi dove il fact-checking è volentieri usato come Spada di Damocle.

Uno degli errori più comuni del mestiere e al contempo ricercati dal pubblico – non serve a nulla nascondersi, siamo esseri meschini – sono gli errori di pronuncia dei nomi degli atleti. Ovviamente è un fatto che dipende da lingua a lingua, che ne penalizza alcune al cospetto di altre, e viceversa. Chissà quanti telecronisti hanno pronunciato, per esempio Piątek e Drągowski senza tener conto di quella piccola coda sotto la a, finché qualcuno non ha deciso di indagare un po’ più a fondo nei segni diacritici polacchi, stravolgendoci il paradigma uditivo.

Benzema esulta con la maglia del Real Madrid
Ah già, ecco il protagonista del racconto (Foto: Angel Martinez/Getty Images)

Come mi capitava già dalle medie – dai reperti che ho trovato buttando all’aria la libreria – probabilmente sto deviando dal tema. Ho attaccato questo pippone sulla telecronaca per dire che la prima volta che ho sentito parlare di Karim Benzema è stata in una partita in cui veniva chiamato Benzèma, un errore piuttosto marchiano poi corretto da telecronache successive e dimenticato dalla massa, ma evidentemente non da me.

IRRINUNCIABILE KARIM

Oggi tutti i tifosi sanno chi è Karim Benzema, cosa aspettarsi da lui, come si pronuncia il suo cognome. Ogni anno che passa ce lo ritroviamo nell’11-tipo del Real Madrid, a galleggiare tra le linee e ad occupare l’area, a farci capire quanto ancora sia importante il suo apporto al calcio di altissimo livello.

Suona 34 anni Karim Benzema, a suo agio sia col destro che col sinistro, nel ruolo di stella che in quello di partner, nel ruolo da finalizzatore come in quello di rifinitore. Uno di quei calciatori che meraviglia ogni anno, e ogni anno fa già pensare a quanto mancherà quando per cause di forza maggiore sarà meno “forte”. Ma ecco, non è che son qui a seminare nostalgia precoce, soprattutto parlando di uno che afferma che più passa il tempo, meglio si sente

Ma come detto prima, ci sono svariati Karim Benzema. Tanti almeno quanti i modi diversi in cui ha dimostrato perché è da anni tra i migliori attaccanti del mondo e del perché nessuno lo schioda dal suo ruolo in una delle squadre più vincenti della storia. Ho raccolto un po’ di video e inserito dei link (sì, quelli sottolineati e viola!)  ad alcuni frangenti della sua carriera, ad alcuni petali del suo fiore, per provare a illustrare il suo multiforme ingegno calcistico.
Abbiamo ad esempio il…

BENZEMA DI POTENZA

È quello che non ci aspettavamo potesse diventare quando ancora, asciutto ed elettrico, giocava per l’Olympique Lione, ma che in parte già era. Ma è anche quello che, data la struttura fisica e la capacità di adattare il suo calcio ad essa nel tempo, ha imparato a diventare.

Ad esempio questa rete contro il Sochaux, quando Benzema è ancora con la maglia del Lione, dove vince quattro campionati consecutivi. Una situazione in cui il buonsenso non suggerirebbe il tiro, ma la fiducia di Benzema nel suo destro si rivela maggiore. La palla parte come a me, in tanti anni di calcio, non è partita mai. Si schianta sotto la traversa in piena parabola ascendente, e io mi ritrovo a fantasticare su quanto in là sarebbe andato questo missile se avessero tolto la porta.

Benzema con la maglia del Lione
Un giovine Benzema ai suoi esordi in Champions (Foto: Pascal Le Segretain/Getty Images)

Qui, invece, è nelle vesti in cui meglio lo riconosciamo. Camiseta blanca col 9 sulle spalle, a combinare con Cristiano Ronaldo. Nelle 342 partite giocate assieme in nove stagioni, Benzema e il portoghese riescono ad affinare un’intesa magnifica e spaventosa allo stesso tempo. Incrociando un paio di dati e di statistiche (ma ho fatto il Classico, prendete questa operazione con le pinze), viene fuori che i due si sono scambiati assist per 73 volte, diventando l’uno la musa ispiratrice dell’altro. In questo caso, dopo la combinazione tra i due appare semplice tanto è metabolizzata, tanto per gradire c’è una sassata mancina che bacia il montante. 

BENZEMA LEGGIADRO 

Alle dimostrazioni di potenza succedono quelle di classe, di fine ricercatezza. Sempre a proprio agio col pallone fra i piedi, elegante e coordinato, con la sensibilità tecnica di chi appartiene all’élite.

Ricezione spalle alla porta, assestamento col corpo, destro a giro. In 1 secondo Benzema confeziona tutto questo, ancheggiando e giocando di perno con le caviglie. Sul secondo tocco, il Magic! della telecronaca (oops I did it again) di Ray Hudson ha già pronosticato l’esito della giocata. Che bello capire tutto prima che accada.

Nella telecronaca italiana Adani impazzisce, arrivando a prendere questo gol come epitome del Calcio intero. Estetica aumentata dal tocco coi polpastrelli del portiere spagnolo, che c’è, l’ha praticamente smanacciata, l’ha quasi tolta dall’incrocio, e invece no.

Certo se non segna, abbiamo già capito che esiste anche il…

BENZEMA CHE FA SEGNARE

Capace di mettere a disposizione giocate funzionali e decisive, in più in grande stile, il che fa sempre piacere.

Nella carriera di un calciatore vai a guardare le statistiche, e ovviamente ti devi concentrare su alcune. Traviati da Fantacalcio e dallo spirito stesso del gioco, i dati più interessanti sono i gol e gli assist. Uno quindi va a leggersi proprio quelle due per farsi un’idea di quello che Benzema ha combinato e non ritrova una delle azioni tra le più importanti della sua carriera. 

Ritorno della semifinale della Champions League 2016/17, avversario l’Atletico Madrid. In svantaggio di due gol, Benzema si ritrova accerchiato da Godín, Giménez e Savic, tre difensori morbidi, simpatici, vestiti con una delle maglie dei club che più adorano il Real.
È praticamente sulla linea di fondo, e per superare tutti quanti mette in scena due croquetas che fanno tutti fessi, Savic in particolar modo – che poi la croqueta è uno degli esercizi che ti fanno fare sin da piccolo quando ti alleni a calcio, ma vallo a fare come e quando serve. Oblak para il tiro di Kroos, Isco è lì ad appoggiare. Benzema può festeggiare, al diavolo le statistiche: lui è ancor più grande da quel momento.

Sapeste quante volte ho provato a fare il Casemiro della situazione, sperando in doti meno normali dei compagni con cui mi associavo. Mi fosse mai arrivato una volta il pallone. Zero, òvo, nisba.
Poi dal niente Benzema mi fa vedere che sarebbe stato tutto così semplice: bastava essere a giocare con lui.

Abbiamo quindi visto il Benzema con l’anima del 9, del 10, forse anche dell’11, memore di quando agli inizi della sua scalinata verso il paradiso partiva da esterno. Lo abbiamo visto segnare in tutte le maniere, vergare passaggi decisivi in tante altre, dominare il gioco sotto una moltitudine di sfumature.

C’è però un particolare momento che per me ha rivelato quanto Benzema sia un giocatore complesso, anzi profondo. Ci sono alcune doti che sono sottese e propedeutiche ad altre, che possono ottimizzare l’efficacia o l’esecuzione di un gesto, ma che è difficile ritrovare in manifestazioni a sé stanti. E allora ecco il momento del…

BENZEMA FURBO

Ripeto, sicuro sono io quello stronzo, quello insensibile alle sofferenze e disgrazie altrui, che danza da iena sul cadavere del leone, ma che ci posso fare io se la bellezza si manifesta in così tante forme? Chi sono io per resisterle?

E quindi eccoci riuniti a puntare il dito sul portiere danese, artefice del proprio destino nella serata professionale più importante della sua vita. Hai visto cos’ha fatto Karius? ci siamo detti tutti. Ma piuttosto mi chiedo: non è finalmente il momento di apprezzare la scaltrezza di volpe di Benzema? La sua corsa è a vuoto come chissà quante ne ha dovute fare, il ritmo va verso quello del surplace. Lancia un’occhiata sfuggente in direzione del guardalinee, non si capisce se sbuffa o sorride.

Le occasioni in cui si sarà trovato di fronte a una scena del genere saranno state boh, centinaia? Quante volte si sarà semplicemente girato e ripreso la corsetta, incurante della sfera? Quante volte lo stesso Karius avrà fatto sfilare un pallone vicino a un avversario, che tanto quando mai quello interviene? Invece, proprio quella volta, mette il gambone e segna un gol discretamente pesante. Quella è la sera della finale di Champions 2018 e quello è il gol che apre le danze di una partita che si sveglierà proprio grazie a quell’errore. Anzi, grazie a quella furbata. 

L’ultima chicca che ho deciso di inserire è una giocata non vincente. È un colpo di tacco quasi no sense, pensato e realizzato in una frazione di secondo, andando a colpire la palla all’altezza dell’anca. È un gesto di un…

BENZEMA UN PO’ MATTO

Così de botto, senza senso. Di uno che aggrega lampo d’estro e pulizia tecnica, un’eleganza e una naturalezza quasi snervante nel movimento. Di uno che ha scelto la 9, ma che potrebbe giocare con la 10. Di uno che un po’ se la sente, ma che può permetterselo

1/205 di esultanze con la maglia del Real. (Photo by Angel Martinez/Getty Images)

Karim Benzema è uno dell’alta borghesia che ha imparato e si è divertito a sporcarsi le mani, e al tempo stesso un giocatore dallo spiccato senso pratico che è riuscito a declinare il suo raffinatissimo talento nelle forme più disparate. I progetti vincenti che l’hanno visto protagonista rimarcano l’importanza del suo apporto in termini di sostanza, rendendolo uno degli interpreti contemporanei più importanti del gioco.

L’altra faccia della medaglia è che, assuefatti dal suo contributo, non riusciamo a godercelo pienamente. Karim Benzema potrebbe essere uno di quei calciatori che ci obbliga a rimpiangere, facendoci ricordare del suo passo felpato quando sui campi ne resteranno solamente le orme.

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