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Le prospettive del Midtjylland

Nato nel 1999 dalla fusione tra Ikast FS e Herning Fremad, il Football Club Midtjylland deve il nome alla propria localizzazione geografica, dato che la cittadina di Herning si trova più o meno al centro della penisola dello Jutland (Jylland in danese). Partendo dalla seconda divisione, dove militavano entrambi i club originari, il Midtjylland stravinse subito il campionato e nelle stagioni successive riuscì a collocarsi piuttosto stabilmente nelle prime posizioni della Superliga, conquistando due secondi e tre terzi posti tra il 2000 e il 2014.

Una ulteriore svolta giunse con l’acquisto della società da parte di Matthew Benham: già (e tuttora) proprietario del Brentford. L’imprenditore inglese ha costruito la propria fortuna con la fondazione di Smartodds, azienda che fornisce servizi di ricerca e consulenza per scommettitori, il cui grande successo gli ha poi permesso di rilevare il controllo di Matchbook, un portale di betting exchange.

La sua storia si lega a doppio filo a quella di Rasmus Ankersen, ex calciatore danese all’epoca membro dello staff tecnico del club di cui, dopo l’incontro con Benham, divenne presidente. Autore di numerosi libri sul miglioramento delle prestazioni in diversi ambiti, Ankersen è stato una figura-chiave nell’implementazione del celebre “metodo Moneyball” che, attraverso un pionieristico utilizzo dei big data, ha contribuito alla scalata del Brentford fino alla Premier League e ai successi dello stesso Midtjylland, che ha poi vinto il campionato nel 2015, nel 2018 e nel 2020.

Pochi mesi fa Ankersen ha deciso di separarsi da Benham – per fondare Sport Republic, società di investimento che ha acquisito le quote di maggioranza del Southampton e del Göztepe, club di Smirne attualmente in seconda divisione turca – ma il Midtjylland non intende ridimensionare le proprie ambizioni.

Concorrenza interna e mercato

Il vantaggio competitivo di un approccio data-driven è tuttavia sempre più marginale – tutte le squadre di un certo livello si sono attrezzate, o lo stanno facendo – e sono lontani i tempi in cui era sufficiente analizzare a fondo i calci piazzati per “rompere” il campionato nazionale.

Così diventa ancora più difficile compensare la superiorità economica dell’FC Copenaghen, che gode di un bacino di tifosi molto più ampio e in questa stagione ha una capacità di spesa – tra ingaggi e ammortamenti dei cartellini, al netto delle cessioni – di quasi 200 milioni di corone (circa 23 milioni di euro) contro i 130 del Midtjylland.

La buona notizia è che in questa classifica le altre connazionali sono lontane – il Brøndby, terzo, si ferma a 65 – ma non sarà facile stare al passo con la squadra della capitale che, dopo un po’ di alti e bassi, a fine 2020 si è decisa ad avviare un nuovo ciclo cambiando buona parte della dirigenza e dello staff tecnico, dopo la lunga era Solbakken; una società in grado di attrarre calciatori di livello internazionale come Viktor Claesson e Andreas Cornelius, mentre il mercato in entrata del Midtjylland si compone in genere di giovani promesse o gente in cerca di riscatto.

La società negli anni è stata comunque maestra nello scovare i giovani talenti e fornire loro il contesto giusto per valorizzarsi, per poi cederli a caro prezzo. Alcuni esempi sono il centrale difensivo gambiano Bubacarr Sanneh, acquistato per 200mila euro dall’Horsens e ceduto pochi mesi dopo per 8 milioni all’Anderlecht; il centravanti norvegese Alexander Sörloth, che fu preso dal Groningen per 450mila e ceduto al Crystal Palace per 9 milioni; o ancora il centrocampista svedese Jens Lys Cajuste, arrivato dall’Örgryte per 50mila euro e venduto per 10 milioni allo Stade de Reims lo scorso gennaio.

Merita un discorso a parte la partnership con l’FC Ebedei, piccolo club nigeriano da cui sono arrivati, appena maggiorenni, calciatori del calibro del centravanti Paul Onuachu – ceduto per 6 milioni al Genk nel 2020 – e dei centrocampisti Frank Onyeka e Raphael Onyedika, ceduti rispettivamente al Brentford e al Club Brugge per 10 milioni ciascuno.

In cambio, il Midtjylland finanzia la costruzione di infrastrutture all’avanguardia rispetto al contesto, oltre al supporto di alcuni professionisti danesi: “l’obiettivo – ha dichiarato il direttore sportivo Svend Gravesen – è riuscire sempre di più ad attrarre i migliori talenti nigeriani”.

Le ultime stagioni

Nel documento programmatico Vision 2025, il club ha dichiarato di ambire a entrare stabilmente nella top-50 delle squadre europee; per riuscirci, evidentemente, sarà necessario qualificarsi regolarmente alle coppe. L’istituzione della Conference League è stata d’aiuto – aumentando da 3 a 4 i posti a disposizione delle squadre danesi – ma è chiaro che per riuscirci gli Ulvene (“i Lupi”) debbano anzitutto puntare a vincere con continuità il campionato, dove invece ultimamente le cose non stanno andando benissimo.

Nel 2020 il netto trionfo in Superligaen – seguito dalla prima storica qualificazione ai gironi di Champions – sembrava aver tracciato la strada giusta, ma le ultime due amare stagioni hanno lasciato più dubbi che certezze.

Nel 2021 il titolo sfumato per un punto dietro al sorprendente Brøndby, poi il ritorno al vertice di un rinnovato FC Copenaghen, e ora il peggior inizio di stagione degli ultimi anni, con soli 10 punti in 9 partite e ben 16 gol subiti, tantissimi per una squadra che aveva costruito i propri recenti successi anche sulla solidità difensiva.

La scelta più discussa è stata puntare, all’inizio della scorsa stagione, su Bo Henriksen per sostituire Brian Priske, trasferitosi all’Anversa e attuale tecnico dello Sparta Praga. Henriksen, a differenza di molti suoi predecessori, non si è formato come allenatore all’interno del club, ed è stato criticato per una proposta calcistica troppo diretta e reattiva per una squadra che ormai si trova spesso davanti al problema di scardinare difese chiuse.

Se la scorsa primavera la vittoria della coppa nazionale gli è comunque valsa la riconferma, il pessimo inizio della nuova stagione ha portato la dirigenza a esonerarlo dopo sole quattro partite: un pareggio e una sconfitta in campionato e due pareggi (con vittoria ai rigori) contro i modesti ciprioti dell’AEK Larnaca nel secondo turno dei playoff di Champions, dove il Midtjylland è stato poi eliminato dal Benfica con un netto 2-7 complessivo.

Bo Henriksen sulla panchina del Midtjylland durante i preliminari di Champions
Bo Henriksen durante la sfida coi ciprioti (Foto: AFP via Getty Images – OneFootball)

Un nuovo inizio per il Midtjylland

Dopo un mese con l’interino Henrik Jensen, il 24 agosto l’incarico è stato affidato al catalano Albert Capellas, già noto in Danimarca per aver allenato la nazionale under 21 tra il 2019 e il 2021, ben figurando agli Europei di categoria.

A quasi cinquantacinque anni, per Capellas si tratta della prima esperienza da allenatore di una prima squadra. Formatosi nel Barcellona – inizialmente come preparatore atletico, poi come coordinatore del vivaio -, in seguito ha sempre lavorato come vice-allenatore o con squadre giovanili.

Dal punto di vista tattico, il cambio di rotta rispetto alla gestione precedente è netto, dato che Capellas è un vero e proprio evangelista del gioco di posizione, che secondo la sua definizione poggia su tre pilastri – le tre “P”: posizione, possesso e pressione.

Capellas ha inoltre fondato la piattaforma Possession Football che, in collaborazione con Cruyff Football, ambisce a “creare, sviluppare e aggiornare contenuti relativi al modo di allenarsi e giocare a calcio ispirandosi alla filosofia di Johan Cruyff”.

Albert Capellas ai tempi della Danimarca U21 (Foto: Ferenc Isza/AFP fia Getty Images – OneFootball)

L’inizio non è stato facile – una vittoria, un pareggio e due sconfitte – ed è chiaro che servirà del tempo ai giocatori per assimilare i nuovi dettami e all’allenatore stesso per trovare l’assetto migliore. Abbandonata per il momento la difesa a 3, Capellas sta puntando su un 4-3-3 molto spregiudicato, con due mezz’ali dalla vocazione offensiva come il dieci brasiliano Evander e Anders Dreyer, abituato a giocare da ala o addirittura da falso nove.

Finora però non ha pagato la scommessa di provare a schierare contemporaneamente tutti i giocatori più creativi – Evander, Dreyer, Sisto e Isaksen – senza rinunciare alla presenza fisica del centravanti guineano Sory Kaba, esponendo i limiti dei centrali Sviatchenko e Juninho nel difendere le transizioni in campo aperto.

Nella prima del girone di Europa League, contro lo Sturm Graz, solo l’imprecisione degli avversari ha evitato un passivo più pesante dell’1-0 finale, a fronte di 4.37 expected goals generati dagli austriaci.

Il successo del nuovo corso dipenderà molto dall’adattamento dei leader tecnici a uno stile di gioco che non sembra particolarmente tagliato per le loro caratteristiche: Pione Sisto ed Evander, in particolare, amano muoversi per il campo con una certa libertà; la costruzione dal basso, inoltre, è complicata dal fatto che l’esperto portiere Lössl e i difensori in rosa siano abili nei duelli fisici ma senza eccellere nella gestione del pallone.

Dal punto di vista della società, sarà importante sostenere l’allenatore nonostante le inevitabili difficoltà iniziali, anche perché la storia di Capellas lascia intendere che non sia disposto a scendere a troppi compromessi con le proprie idee.

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