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VIE DEL CALCIO

Vie del Calcio: Torino

Poco meno di una settimana fa, il mondo del calcio veniva stravolto dall’annuncio di una fantomatica Super League. Un progetto rivoluzionario e divisivo, che si è incamminato sul viale del tramonto a poche ore dalla sua nascita. Un’iniziativa che, a detta delle partecipanti, voleva includere le compagini più blasonate d’Europa. Mettiamo le diatribe ai piani alti del calcio europeo da parte, restringendo il cerchio: “blasone” e “calcio italiano” accompagnano benissimo Torino nella stessa frase.

Nell’Italia calciofila, il capoluogo piemontese non è la prima né l’unica città a cui batte il cuore ogni domenica allo stadio. Potremmo iniziare una lista infinita per tutti i weekend dell’anno, da Napoli a Roma, passando per Milano e Genova. Ma ad un certo punto, presumibilmente all’inizio di quest’elenco variopinto, troveremmo il granata ed il bianconero. Ma Torino non è solo calcio.

Museo del Cinema e Museo Egizio

Domenica. Il meteo della vigilia non ha allarmato con temporali improvvisi o la classica nebbia che da queste parti fa da vicina di casa. Il sole splende sulla città e c’è tutto il tempo di godersela prima della gara serale, magari proprio tra le due anime della Torino calcistica.

Alzando gli occhi al cielo, non ancora immersi nel tumulto cittadino, non si può che ammirare la Mole Antonelliana, che sovrasta gli edifici a qualche minuto di camminata dai Giardini Reali e da Palazzo Madama. È importante, però, non essere ancora entrati nel labirinto delle vie torinesi. A differenza degli altri grandi monumenti sparsi per la Penisola, infatti, la Mole c’è e non c’è, a seconda della posizione da dove la si osserva. Ma quando la si può ammirare, è un sentito ringraziamento all’architetto da cui prende il nome.

La prima tappa del nostro percorso odierno, riporta gli occhi dal cielo ad altezza uomo. C’entra sempre la Mole, ma dopo averne osservato la grandezza, espressa dalla grande cupola e dall’antenna che fa da capolino alla struttura da 167,50 metri, l’attenzione si riserva al primo piano dell’edificio, dove si entra nel Museo del Cinema.

Il Museo del Cinema di
Il Museo Nazionale del Cinema di Torino (Foto: Piemonte Italia)

Senza dover pigiare alcun tasto nell’ascensore interno alla Mole, a meno che siate stanchi fin dall’inizio di questa domenica (non un ottimo inizio), il Museo Nazionale del Cinema, nato da un’idea di Maria Adriana Prolo sulla creazione di un luogo consacrato alla raccolta dei documenti dell’industria cinematografica torinese, vi permette di spaziare da genere in genere, da una pellicola all’altra, man mano che si sale lungo l’esposizione delle varie sale.

Il patrimonio del Museo è inestimabile. Forse i numeri aiutano a capire l’ordine di grandezza:

  • 1.000.000 fotografie;
  • 535.000 manifesti e materiali pubblicitari;
  • 104.000 fascicoli di riviste;
  • 30.000 film su pellicola;
  • 41.000 film su altri supporti;
  • 46.500 libri;
  • 15.000 documenti e fascicoli archivistici;
  • 10.000 oggetti d’arte e stampe;
  • 9.500 apparecchi;
  • 6.000 memorabilia del cinema;
  • 3.000 dischi.

A poco meno di un chilometro di distanza, nella seconda tappa della giornata, si entra nuovamente in un archivio della conoscenza unico nel nostro Paese, secondo al mondo per importanza dopo quello de Il Cairo. Il focus si sposta dalla cinepresa, ma neanche troppo, se pensiamo agli innumerevoli film realizzati per descrivere l’immensa civiltà che ha dominato il globo conosciuto millenni di anni fa. Ovviamente, si tratta del Museo Egizio.

Anche in questo caso, le opere esposte hanno un valore indescrivibile, non solo da un punto di vista storico-culturale, ma anche economico: secondo uno studio condotto a cavallo tra il 2016 ed il 2017, infatti, è stato calcolato un impatto economico pari a 187 milioni di euro l’anno che il Museo Egizio  genera sul territorio torinese, raggiungendo circa 850 mila visitatori. E poi, la valenza didattica e culturale di questa riproduzione ai giorni nostri della civiltà egizia; Jean-François Champollion, padre dell’egittologia, ha scritto:

La strada per Menfi e Tebe passa da Torino.

Ci sarà un motivo, no?

Il Museo Egizio di Torino
Il Museo Egizio di Torino (Foto: Fidelity Viaggi)

Corso Re Umberto

Conclusa la visita mattutina ai due Musei di cui sopra, è tempo di esplorare Torino prima del fischio d’inizio della stracittadina. Si potrebbe optare per un salto alla Palazzina di Caccia di Stupidiggi, ad una decina di minuti dallo Stadio Olimpico ed al confine con Vinovo, dove ogni settimana si allenano i campioni bianconeri. Magari assaporando un bicerin, in piena tradizione torinese.

A proposito di bicerin, un’altra sosta ricca di infusioni storico-culturali è proprio il Caffè Al Bicerin, dal 1763 un simbolo della città. Non si tratta solamente del luogo dove ha preso vita la bevanda a base di caffè, cioccolata e crema di latte, ma di un vero e proprio ritrovo per personalità illustri. Qualche nome che ha degustato la specialità della casa da queste parti? Camillo Benso Conte di Cavour, Alexandre Dumas, Friedrich Nietzsche. E poi Italo Calvino, Umberto Eco, Gianni Agnelli.

L’Avvocato ci serve un assist a porta sguarnita per passare al prossimo luogo in cui incamminarci. Si tratta di uno dei viali più nobili della città, che presenta due passaggi chiave per la storia di Juventus e Torino, atrio e ventricolo del capoluogo piemontese.

Il primo riguarda una panchina, una semplice panchina passa alla storia per il calcio italiano e mondiale. Su questa panchina, lungo Corso Re Umberto, nasce l’idea, nell’autunno 1897, di fondare una società civile “per gioco, per divertimento, per voglia di novità”. Gli studenti del Liceo D’Azeglio, terminate le lezioni, si rilassavano su quella panchina, parlando di questo calcio che stava spopolando nel Regno Unito. E perché non farcelo anche noi, questo calcio?

Boniperti e Del Piero
Boniperti, Del Piero e la panchina (Foto: Gribaudi Image/Imago Images – OneFootball)

Se oggi quella panchina non vede più degli studenti del Liceo dopo la conclusione delle lezioni, poiché custodita nel museo del club dal 2012, c’è un altro luogo simbolo per la storia calcistica della città, ma questa volta senza il bianconero ereditato dal Notts County. Coinvolge un’icona granata, ma invece che rappresentare l’inizio di una grande storia, ne segna tragicamente la fine.

Il 15 ottobre 1967, al termine di un posticipo di campionato tra il Torino allenato da Edmondo Fabbri (e con un certo Enzo Bearzot a fargli da vice) e la Sampdoria, vinto 4-2 dai padroni di casa, la stella della squadra Gigi Meroni rincasò assieme al compagno Fabrizio Poletti. Una volta accortosi di aver perso le chiavi di casa, andò a chiamare la compagni al bar Zambon, proprio su Corso Re Umberto. Sarebbe stato meglio non uscirci, da quel bar.

Una volta riattraversata la carreggiata, infatti, i due vennero investiti da una Fiat 124 Coupé. Poletti rimase illeso, mentre il numero 7 che tanto ricordava George Best morì sul colpo. E siccome il destino manovra le pedine nel più beffardo dei modi, l’autista colpevole dall’incidente, costituitosi successivamente, era Attilio Romero, tifoso sfegatato e proprietario del Torino a partire dal giugno 2000. Oggi, all’altezza di Corso Re Umberto 46, viene ricordata quell’ala destra imprevedibile e fuggiasca, che in quella sera di metà ottobre non riuscì a dribblare la morte.

Il monumento alla memoria di Gigi Meroni
Il monumento alla memoria di Gigi Meroni (Foto: LaPresse/Giordan Ambrico/Imago Images – OneFootball)

Allianz StadiumStadio Olimpico Grande Torino

Torino è Piazza Castello, Piazza San Carlo, Piazza Carignano. Luoghi di riunioni pre-pandemiche in una città che, fondamentalmente, non si ferma mai. La sua è una via di mezzo tra la frenesia meneghina ed il rimanere ancorati allo scorrere lento ed inesorabile del tempo. Un compromesso che le dà unicità.

Lo stesso dualismo si presenta nelle case di Juventus e Torino. La prima, nata sulle ceneri dell’ex Stadio Delle Alpi, simbolo di una società al passo con i tempi e che ha anticipato il futuro entro i confini italiani: l’Allianz Stadium, nato nel 2011 e bacheca architettonica di un’incetta continua di trofei, è il cuore pulsante della passione bianconera.

Tramonto all'Allianz Stadium
Tramonto all’Allianz Stadium (Foto: Jonathan Moscrop/Imago Images – OneFootball)

Per uno stadio che vive il presente guardando al futuro, ce n’è un altro che richiama il passato vivendo il presente, nel più ordinario dei compromessi propri di Torino. E così per una Juventus c’è un Torino (e viceversa), e per un Allianz Stadium c’è uno Stadio Olimpico Grande Torino.

Non si tratta dell’unica casa granata in città, vista la presenza a poco meno di un quarto d’ora di camminata dello Stadio Filadelfia, a cui è stata ridata vita nel 2017 dopo anni di abbandono. Entrambi hanno un ricordo in comune: quello del mitico Grande Torino, che viene ricordato dove la città si può ammirare in ogni sua latitudine.

Stadio Olimpico Grande Torino
Una prospettiva dell’Olimpico Grande Torino (Foto: Daniele Buffa/Imago Images – OneFootball)

Superga e la Tomba del Grande Torino

La partita è finita, e non importa che negli annali venga ricordata come una sconfitta, un pareggio o una vittoria per il tifoso in visita a Torino. Mentre il buio incombe e la notte si affaccia sulla città, inizia un nuovo pellegrinaggio, e mi piace immaginare che il traguardo non venga tagliato esclusivamente dai tifosi granata.

Il 4 maggio 1949, alle ore 17:03, un aereo si schiantò sulla collina dove sorge la Basilica di Superga. Una tragedia immane, con le ore immediatamente successive colme di fede e speranza, proprio a pochi metri dal simbolo della fede. Da quel momento, non solo religiosamente sacra, ma con una strana paganità che faceva elevare le vittime di quell’incidente ad una dimensione ultraterrena.

31 passeggeri, nessun sopravvissuto. L’intero Grande Torino, padrone incontrastato della scena calcistica mondiale negli anni ’40, spazzato via dal forte libeccio che soffiava nei pressi della città. Muoiono tutti, ma sopravvivono nel ricordo degli amanti del pallone, non solo tinto di granata. Laddove si può ammirare Torino, con le sue due anime calcistiche ed un patrimonio artistico con pochi eguali. Laddove il pellegrinaggio finisce, qualunque sia il colore della maglia.

Forse era troppo meravigliosa questa squadra perché invecchiasse; forse il destino voleva arrestarla nel culmine della sua bellezza.

Una bandiera del Torino a Superga
Anima granata (Foto: LaPresse/Imago Images – OneFootball)

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Un ringraziamento speciale ad Enrico Zambruno

Autore

Classe 2000, scrive di calcio e basket, in attesa degli straordinari di aprile. Dall'estate 2020 dirige la redazione di Riserva di Lusso. È l'autore de "Il pipistrello sulla retina".

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