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VIE DEL CALCIO

Vie del Calcio: Roma

A Roma, le persone sembrano amare con più entusiasmo, uccidere con più fantasia, sottomettersi ai bisogni creatori più spesso, e perdere il senso della logica più facilmente che altrove.

Quando hai sulle spalle tremila anni di storia, il peso del tempo che passa hai imparato a gestirlo. Roma vive nel riflesso di quello che hanno scritto sui libri, cantato nelle canzoni e narrato i poeti. Roma non è retorica. È l’osteria a Trastevere che serve vino dei castelli, è l’odore di cornetti caldi in piena notte e gruppi di ragazzi che tornano dai locali.

Roma è il pranzo della domenica. Come una madre che ti culla e ti perdona ogni errore. Roma non porta rancore e accoglie a braccia aperte ogni forestiero che si trova per caso o per fortuna all’ombra del Cupolone. Roma è la domenica allo stadio indipendentemente dal colore della sciarpa che il romano porta al collo. È il lunedì dopo il derby con i caffè equamente divisi tra amari come la sconfitta e dolci come il miele.

Sarebbe semplice parlare della magnificenza dell’Impero o pescare a caso tra uno degli eventi che hanno caratterizzato la storia della città probabilmente più emblematica del mondo. Mescolare tifo ed epica in un connubio vincente ma forse scontato. Oggi invece vi portiamo in Vespa con noi, a veder la nostra dolce vita. La vita di un tifoso di calcio.

Testaccio

Il viaggio nella Roma giallorossa non può non partire dallo storico Campo Testaccio. Situato nel cuore dell’omonimo quartiere, lo stadio è la culla della prima Roma, lo scenario delle prime storiche battaglie e della nascita della Roma testaccina.

Il quartiere di Testaccio è uno dei più veraci e popolari della Capitale. Deve il proprio nome al Mons Testaccius, una collina artificiale alta 35 metri formata dai cocci (in latino, appunto, testae), accumulatisi nel corso dei secoli come residui dei trasporti che giungevano al Porto di Ripa Grande.

L’emporium, com’era chiamato in antichità questo porto, era sin dall’epoca romana il principale punto d’approdo delle merci e delle materie prime che provenivano dal mare e giungevano a Roma risalendo il Tevere da Ostia. Nei secoli, i cocci delle anfore che contenevano liquidi e primizie volti a sostenere la popolazione romana si sono accumulati e hanno formato appunto il monte Testaccio.

In età moderna e contemporanea il quartiere è stato più volte riorganizzato e destinato all’espansione dell’area industriale della Capitale. Prima i contadini e poi gli operai hanno rappresentato il nucleo pulsante del quartiere, contribuendo alla connotazione “popolare” di Testaccio, che sarà poi per associazione estesa alla Roma. Qui, infatti, la squadra giallorossa muove i suoi primi passi e sviluppa un rapporto simbiotico col quartiere.

Testaccio, il quartiere in cui la Roma ha mosso i suoi primi passi (Foto: Filippo Monteforte/AFP via Getty Images – OneFootball)

Il 3 novembre 1929 viene inaugurato campo Testaccio, lo stadio della Roma. Il progetto fu ideato da Silvio Sensi, padre di Franco, presidente dello storico terzo Scudetto giallorosso. L’impianto aveva una capienza di 20.000 spettatori e contava quasi sempre il tutto esaurito. Chi non riusciva a procurarsi un biglietto seguiva la Roma appostandosi sulla collina dei cocci, da cui si vedeva però solo metà campo, visto che l’altra era coperta da una tettoia. 

Campo Testaccio ospitò le partite della Roma fino al 30 giugno 1940 e assunse dei contorni leggendari, perché fu scenario delle prime vittorie giallorosse, tra cui il fragoroso 5-0 alla Juventus del 15 marzo 1931. Quando il campo fu dismesso, il bilancio delle partite aveva del clamoroso: 103 vittorie su 161 partite giocate, 32 pareggi e solo 26 sconfitte. Niente male per una squadra nata appena qualche anno prima.

I tifosi della Roma sono tutt’oggi molto legati allo storico campo Testaccio, che rimane il filo nostalgico con quel calcio di una volta, familiare e popolare. La storica Roma testaccina rimane una delle squadre più amate dalla Curva Sud e rievocata prima ogni partita all’Olimpico, quando risuona la canzone “Campo Testaccio“, melodia che racconta di undici atleti che “cor core accesso da la passione“, con “astuzia e core” trasformavano ogni partita in una vittoria.

Oggi campo Testaccio non esiste praticamente più, nonostante alcuni progetti di riqualifica, tra cui uno importante del 2000 patrocinato da Franco Sensi; la storica casa della Roma è un campo incolto di erbacce. Ma passando per le vie di Testaccio è impossibile non sentire gli echi di quello “storico squadrone che tremare il mondo fa“.

Piazza della Libertà

Concordia parvae res crescunt, discordia maximae dilabuntur.

Nell’armonia anche le piccole cose crescono, nel contrasto anche le più grandi svaniscono. Ed è con questo spirito che in una piazza al centro della zona bene di Roma, all’alba del 9 gennaio 1900, viene fondata la Lazio.

Roma
Piazza della Libertà, luogo di nascita della Lazio

Piazza della Libertà è il fulcro di Rione Prati, che per i non avvezzi alla geografia capitolina si trova nella parte nord della città, e da dove parte via Cola di Rienzo e finisce il Ponte Regina Margherita. La piazza ha una forma rettangolare e si riflette nei piani di urbanizzazione risalenti al 1873. Al suo interno un’edicola sacra del XX secolo raffigurante la Madonna con bambino, Casa De’ Salvi, una palazzina del 1930 ad opera dell’architetto Pietro Aschieri e un monumento memoriale del 1800 dedicato al drammaturgo Pietro Cossa.

Piazza Libertà, come già detto, è il luogo in cui venne fondata storicamente la Lazio ed è importante nella geografia del tifo biancoceleste perché annualmente, nel giorno del compleanno della società, diventa un punto di ritrovo per centinaia e centinaia di tifosi. Una ricorrenza che oramai si ripete da anni e che è diventato un appuntamento imprescindibile per tutti i più accesi sostenitori della squadra con sede a Formello.

Piazza della Libertà è ad oggi un simbolo del radicamento del tifo sul territorio, emblema di una tifoseria che fa del vissuto all’interno della città un punto nevralgico della propria storia. Roma è una città che vive di rapporti indissolubili tra persone e luoghi, rapporti che vanno ben oltre il gioco del calcio ma che nel pallone si riflettono in maniera vivida. A ricordare prepotentemente che nel periodo di massima globalità anche del tifo, la città di appartenenza è ancora un valore da proteggere ed esaltare ogni qualvolta se ne palesi l’occasione.

Porta Metronia

La Roma, si sa, ha la fortuna di essere incarnata da un singolo individuo, un giocatore che ha dedicato tutto sé stesso alla propria squadra. Stiamo parlando naturalmente di Francesco Totti, l’essenza perfetta della romanità giallorossa.

Impossibile dunque non fare una tappa nei luoghi che hanno visto muovere i primi passi del capitano giallorosso nel quartiere Appio Latino. Porta Metronia era una delle porte che, aperte lungo il perimetro delle grandi Mura Aureliane, permetteva l’accesso alla città di Roma. In antichità non era importante, lo diventa in età contemporanea quando figurativamente permette l’accesso al mondo di una vera e propria divinità del calcio.

A una decina di minuti a piedi dallo slargo che si apre sulla porta antica, in un palazzo di via Vetulonia, il numero 18, cresce Francesco Totti. Sempre col pallone tra i piedi sin da ragazzino, tra la sua biografia ed il film uscito di recente conosciamo ormai a memoria i primi passi del Totti bambino e ragazzo, dai giochi con gli amici nel cortile di scuola, alla Lodigiani, fino alla chiamata della Roma e all’esordio in Serie A a Brescia.

Proprio contro le Rondinelle la Roma giocò, quel famoso 3 novembre 1929, la sua prima partita a campo Testaccio. Vittoria per 2-1, la prima di tante. 64 anni dopo, sempre contro il Brescia, esordisce quel ragazzino biondo che sembra già un prodigio. Come se il destino avesse messo in chiaro fin da subito che sarebbe stato impossibile scindere Totti e la Roma, che la squadra e il suo capitano sono una cosa sola e lo saranno per sempre.

L’amore che i tifosi hanno dato Totti poi ha ripagato la scelta di vita del capitano, che ha deciso, come la più santa delle vergini, di consacrare tutto se stesso alla sua squadra. Il legame con le proprie radici è sempre rimasto ed è per questo che nelle zone d’infanzia di Totti si respira, un po’ come a Testaccio, quell’aria di romanità giallorossa inconfondibile.

Roma
Piazzale Metronio, a due passi da casa di Totti in via Vetulonia

Tra i tantissimi omaggi dei tifosi della Roma a Totti, girando per le vie dell’Appio Latino si può notare in Via Licia un murale, purtroppo ora barbaramente imbrattato, del capitano di spalle, con la scritta “A difesa di un amore eterno“. Questa frase esemplifica al meglio ciò che è stato Totti per la Roma, quella sensazione di eternità cristallizzatasi nell’amore incondizionato che il numero 10 ha dato alla sua gente, e che i tifosi hanno riservato sempre al proprio capitano.

Quella tra Totti e la Roma è una storia d’amore in cui i due amanti si sono fusi a tal punto che è impossibile discernerli. Il nostro viaggio nei luoghi della squadra giallorossa deve passare per forza da qui, dalle vie e le piazze che costituiscono le radici solide il vero simbolo della Roma.

Ponte Milvio

Il romano vive perennemente in bilico, in equilibrio su una sponda del Tevere pronto a respirare a pieni polmoni l’aria di una città che si specchia in statue di marmo e chiese.  Asciuga le lacrime nei sottobicchieri di serate estive e rinfresca i pensieri sorseggiando birre in plastica.

Soltanto in quel luogo consacrato dai millenni tutto ciò che c’è stato e ci sarà può convivere con tutto: l’alto e il basso, il vecchio e il nuovo, la religione e l’empietà, il fasto e la miseria, persino Dio e il Diavolo sembravano aver trovato un equilibrio stabile e duraturo in quella città, dove tutto è già accaduto. E mica una sola volta! Mille volte.

Ponte Milvio per il tifoso laziale è questo e tanto altro. Punto di ritrovo di una tifoseria che ha pianto (tanto) e che ha avuto la fortuna di urlare di gioia per una squadra che, come la città che rappresenta, ha saputo illuminare il mondo. Non importa a che ora si giochi, l’unica certezza sulla sponda biancoazzurra del Tevere è che almeno un’ora prima dell’inizio della partita orde di bandiere e sciarpe si ritrovino su quel lembo di terra nato storicamente per collegare la zona antica di Roma, all’Adriatico tramite la via Flaminia, e la Toscana attraverso la Cassia.

Roma
Una vista dell’accesso a Ponte Milvio

Ponte Milvio è testimone di amori sbocciati, di amicizie consolidate, di abbracci e brindisi tra sconosciuti accomunati solitamente dalla passione per una palla che rotola su un prato verde. E poi ancora, a pochi minuti dal fischio d’inizio, il corteo simbolo di un calcio che forse sta scomparendo. Padri con i figli sulle spalle, fidanzati mano nella mano e ragazzotti che cantano a squarciagola la propria passione. 

Un percorso che attraversa una delle zone più di ricche di Roma, che si affaccia sul piazzale della Farnesina e sul Ministero degli Affari Esteri, e che si apre poi, dopo aver strizzato l’occhio allo Stadio dei Marmi, sulla Tribuna Tevere in un tripudio di architettura che probabilmente, nonostante non rappresenti lo stadio dei sogni, rimane iconica.

Ed è qui che, dopo aver vissuto una realtà che pian piano sta scomparendo nell’immaginario collettivo delle tifoserie italiane, il prepartita, la folta coltre di gente pian piano si dirama nei vari settori dello Stadio Olimpico pronta a sostenere la propria squadra.

Stadio Olimpico

Lo Stadio Olimpico, ciò che fonde insieme Lazio e Roma, le due sponde della Capitale. Ideato nel 1927, quando la nascita della squadra giallorossa segnò l’inizio dell’eterna rivalità tra le due squadre della Capitale, lo stadio fu inaugurato solo nel 1953, dopo aver passato le turbolenze della guerra.

Originariamente il suo nome era “Stadio dei Cipressi” e rientrava nel più ampio progetto di città dello sport che prendeva il nome “Foro Mussolini“, divenuta poi Foro Italico dopo il secondo conflitto mondiale. I lavori iniziarono effettivamente nel 1927 e una parte dello stadio fu inaugurata nel 1932. Nel 1937 poi ripresero i lavori, interrotti dallo scoppio della guerra nel 1940. Finalmente nel 1950 si decise di procedere a ultimare lo stadio che fu inaugurato il 17 maggio 1953, con l’arrivo della tappa Napoli-Roma del Giro d’Italia e con la partita tra Italia e Ungheria, finita col risultato di 3-0 per gli ospiti.

Lo stadio fu poi sottoposto a un corposo restyling in occasione dei Mondiali del 1990, tanto che Roma e Lazio dovettero spostarsi al Flaminio. Nell’estate ’90 l’Olimpico divenne dunque il teatro di quelle notti magiche, che illusero e non poco i tifosi azzurri.

Lo Stadio Olimpico si consacrò ovviamente come la nuova casa di Roma e Lazio sin dal 1953 e iniziò subito a caratterizzarsi come l’arena in cui, almeno due volte l’anno, va in scena lo scontro decisivo per la supremazia capitolina. Il derby è ciò che naturalmente caratterizza maggiormente il calcio a Roma, catalizza l’attenzione ed è in grado di indirizzare intere stagioni. Il fascino dello Stadio Olimpico sta proprio nel suo essere cornice di quello che è probabilmente il derby più bello e sentito d’Italia e uno dei più speciali al mondo.

La lotta per Roma passa da qui, da Romolo contro Remo a Lazio contro Roma. Una sfida che ha sempre affascinato per la sua potenza e per la sua spietatezza. Un confronto che si vivifica all’interno dello Stadio Olimpico, il punto d’arrivo obbligato del viaggio nella Roma calcistica.

Lo Stadio Olimpico, la casa di Roma e Lazio (Foto: Paolo Bruno/Getty Images – OneFootball)

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Articolo a cura di Danilo Budite e Tommaso Calascibetta

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