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CALCIO ITALIANO

Bernardeschi, Djuricici, Romagnoli: risalire la china

Arrivare a scadenza di contratto, nel calcio attuale, è ormai una pratica diffusa. Questo può avvenire per diversi motivi: mancato accordo con la società detentrice del cartellino, voglia (e agilità) di spostarsi a prescindere dall’offerta o, ancora, mancanza di volontà di entrambe le parti nel rinnovare il contratto in essere. Così si rientra poi nella categoria dei “parametro-zero” dicitura ormai super abusata, che citando l’Enciclopedia Treccani, indica l’acquisizione a titolo gratuito del cartellino di un atleta (da parte di una società sportiva).

La storia recente è ricchissima di veri e propri colpi ad effetto finalizzati con questa formula in grado di pagare dividendi altissimi per la società che riesce ad accaparrarsi il calciatore in questione; solo per citare esempi famosissimi in ambito italiano, la Juventus ha costruito un centrocampo formidabile a metà degli anni 10 fondandolo su due parametri-zero come Pirlo e Pogba, presi rispettivamente da Milan e Manchester United. Il primo per quella mancanza di volontà di entrambe le parti; il secondo perché grazie al suo procuratore (il compianto Mino Raiola) aveva trovato il giusto trampolino di lancio a Torino e solo l’agilità del fine-contratto sopra descritta avrebbe permesso quel trasferimento.

L’estate italiana 2022 porta con sé pochi parametri zero di altissimo profilo, ma ci sono almeno tre calciatori che attraverso questa formula potrebbero trovare la giusta squadra per rilanciarsi dopo stagioni di alti e bassi, dovute a cause anche molto diverse tra loro.

Pirlo e Pogba in maglia bianconera, esempi di parametri zero che hanno inciso molto nel secondo lustro degli anni 10
Pirlo e Pogba in maglia bianconera. Quando due parametri zero ti cambiano la vita. (Foto: Giuseppe Cacace – AFP via Getty Images-OneFootball)

Federico Bernardeschi

L’esperienza di Bernardeschi alla Juventus è intrisa fin dal primo momento di una strana mistica. Strappato alla Fiorentina per più di 30 milioni di euro il calciatore della Nazionale italiana è entrato subito nelle rotazioni dei titolari e alla sua prima stagione in bianconero (2017-2018) arricchì le 30 presenze con ben cinque gol. Il sistema impiegato da Allegri era un ibrido tra il 4-2-3-1 che l’anno precedente lo aveva portato in finale di Champions ed un 4-3-3 più coperto. Grazie alla grande facilità di corsa per Bernardeschi essere il primissimo dei ricambi su entrambe le fasce era la naturalità delle cose. D’altronde, nonostante un passato da trequartista esterno (in B a Crotone) l’esplosione in Serie A del calciatore toscano era avvenuta come esterno di fascia “tuttocampo” nel 3-4-2-1 piuttosto asimmetrico di Paulo Sousa.

La stagione successiva per la Juventus ha rappresentato un vero e proprio crocevia: l’arrivo di Cristiano Ronaldo, era la dichiarazione d’intenti più netta e palese di quanto i bianconeri volessero tornare non solo ad essere competitivi ma a vincere in Europa. Per Bernardeschi il ruolo designato rimaneva comunque quello di primissimo tra i sostituti, la sue funzioni di equilibratore, la cosiddetta ala tattica con l’arrivo del portoghese furono considerate ancora più irrinunciabili. Le prestazioni non sempre rimasero in linea con quelle della prima stagione; eccezion fatta per l’incredibile Ottavo di Finale di Champions League, vinto ribaltando il 2-0 di Madrid, contro l’Atletico di Simeone. Per molti quella partita poteva essere un inizio, la gemma che impreziosiva una carriera luminosa. In realtà è stato un picco (quasi isolato) che non è mai più stato raggiunto.

Anche in quella magica serata, Bernardeschi ha dimostrato una volta di più come la sua esuberanza atletica, le sue possibilità infinite di ripetere lo scatto fossero la sua caratteristica migliore. Insieme a Spinazzola, e grazie alla straordinaria capacità realizzativa di Ronaldo, firmò un clamoroso passaggio del turno.

Da lì in poi, un vortice di negatività lo ha attratto in maniera irresistibile. La stagione 2018-2019 si è chiusa con uno scudetto ormai reputato banale, dalle parti della Torino bianconera ma senza altri acuti, senza la desiderata Champions League. Al mancare delle prestazioni, è coinciso anche una certa confusione tattica che ha pervaso la Juventus nell’annata successiva. Passare dal calcio di Allegri a quello di Sarri è sicuramente qualcosa di impegnativo, specie per una squadra che ha fondato le sue vittorie e le sue certezze su un modo di giocare univoco, praticandolo per più di un lustro.

A questi fattori esogeni va aggiunto l’incredibile equivoco di fondo vissuto da Bernardeschi. Causa della sua nominale posizione in campo l’opinione pubblica e, probabilmente anche le richieste di Sarri, hanno mostrato gli evidenti limiti in fase di gestione del pallone. Il numero 33 bianconero non è mai stato un creativo, né un calciatore dalle spiccate capacità tecniche. Il suo ruolo di equilibratore, specie in squadre che contano su calciatori come Ronaldo, non proprio propensi a gestire bene la fase di non-possesso possono essere importanti, se non gli si richiede poi di usare il pallone per qualcosa in più. Le ultime due annate (Pirlo e Allegri-bis), hanno continuato a far precipitare l’autostima di Bernardeschi, intrappolato nella visione pubblica del trequartista di fascia e intristito da una Juventus sempre più nel caos tattico (e forse anche tecnico). Paradigmatica la celebre intervista in cui parlava del potersi permettere il “rischio della giocata” solo in nazionale.

Eppure ora che è arrivato a parametro zero, è difficile dire su due piedi che non farebbe la fortuna di diverse squadre. La sua capacità di giocare in ampiezza, la facilità di coprire grandissimi porzioni di campo farebbero comodo a diversi contesti tattici, anche piuttosto in alto nell’ultima classifica del campionato italiano. Si può pensare alla Roma di Mourinho, dove potrebbe prendere il posto di uno tra Zalewski o Karsdorp; al Milan fresco campione d’Italia, dove sarebbe un perfetto ricambio dell’ala tattica per eccellenza, Saelemakers; o ancora potrebbe essere una soluzione low-cost per sostituire Perisic (un parametro zero ancora più nobile dei citati in questo pezzo) nell’Inter. Basterà affidargli una porzione di campo molto lunga e dargli le giuste responsabilità per avere un calciatore di sicuro affidamento.

Bernardeschi in azzurro
Bernardeschi in azione con l’Italia contro l’Argentina nella recente “Finalissima” (Foto by Mike Hewitt/Getty Images-OneFootball)

Alessio Romagnoli

La storia di Romagnoli al Milan non si può dire negativa. Arrivato e presentato come pilastro e futuro della difesa rossonera, in uno degli ultimissimi colpi della dirigenza Galliani, Romagnoli è stato per anni quasi l’unica nota lieta del club oggi Campione d’Italia. In particolare l’annata di Vincenzo Montella e le due di Gennaro Gattuso in sella alla panchina del Milan sono quelle più foriere di ottimi ricordi per il classe 1995. La Supercoppa Italiana conquistata a Doha – con una grande marcatura su Mandzukic –  e il quarto posto sfiorato nel 2019, sono state la massima espressione dell’attuale capitano del Milan. Un po’ poco, considerando chi sono i suoi predecessori con la fascia al braccio.

Realisticamente parlando, il calo delle prestazioni di Romagnoli, che verosimilmente lo hanno portato a essere un parametro zero dell’estate 2022, è più da ricercarsi in una questione sistemica che in altro. Il centrale ex Roma è un eccellente marcatore: difficile da saltare in spazi stretti, molto pronto nel gioco aereo e nella difesa dell’area. Sia Montella che Gattuso, anche se in maniera molto diversa, prevedevano una difesa non troppo alta, con poco spazio alle spalle e questo metteva a proprio agio il numero 13. Non solo: anche le capacità tecniche di Romagnoli erano esaltate da quei sistemi che prevedevano una fase di possesso che partiva dal basso, in cui il suo sinistro educatissimo nel gioco corto tornava molto utile a tutta la squadra. Al contrario, esclusa la tragicomica esperienza con Giampaolo, il Milan venuto dopo ha optato per tutt’altra impostazione, sia con che senza il pallone.

Il cosiddetto piolismo è un gioco molto più diretto che aggredisce molto in alto gli avversari in fase di non-possesso. Questo espone i difensori centrali a cercare duelli molto in alto lasciandosi tantissimo spazio alle spalle. La non-eccellente velocità di Romagnoli viene così esposta molto più facilmente, prestando il fianco, specie in presenza di attaccanti molto veloci, a prestazioni non all’altezza di una squadra arrivata nelle prime due posizioni nelle ultime due stagioni.

Per questo, arrivato un velocista puro come Tomori, a gennaio 2021 il ruolo di Romagnoli si è molto ridimensionato, scivolando indietro nelle preferenze di Pioli. Ma anche la fase di possesso, ha molto influenzato le scelte del tecnico veneto. In uscita dal basso, il Milan utilizza molto poco la pulizia tecnica dei centrali: preferisce far retrocedere un centrocampista sull’ultima linea o affidarsi ai lanci lunghi di Maignan, per allungare ulteriormente il campo. Nonostante questo arretramento nelle gerarchie di preferenza, va però notato (e lodato) come Romagnoli sia sempre rimasto molto composto. Mai una parola fuori posto, mai un “mal di pancia”. Probabilmente l’essere una persona così per bene, così attaccato alla maglia è il motivo per cui tra i tre analizzati in questo pezzo è l’unico con (seppur pochissime) chance di rimanere dov’è.

Altrimenti? Altrimenti ci sono diverse squadre che gioverebbero molto del suo ingaggio. Basti pensare alla Lazio di Sarri, che è solito affiancare ad un centrale esuberante fisicamente uno leggermente più compassato ma bravo nella difesa dell’area. Oppure alla Juventus, che perso Chiellini avrebbe bisogno di un centrale mancino in grado di essere sempre qualche passo indietro al resto della difesa. Un parametro zero fresco Campione d’Italia ha sicuramente un appeal che difficilmente passerà inosservato.

Romagnoli in Champions League contro l'Atletico Madrid
Romagnoli contro l’Atletico Madrid in Champions League. (Foto by Marco Luzzani/Getty Images-OneFootball)

Filip Đuričić

La storia nel calcio italiano di Đuričić  potrebbe essere divisa in due atti. Nel primo atto, il serbo viene acquistato dalla Sampdoria come uno dei tanti ragazzi di cui si parlava bene in giro per l’Europa. A Genova Đuričić  non sembra mai essere in grado di lasciare il segno, lascia intravedere dei colpi importanti ma perlopiù viene etichettato come un vero e proprio oggetto misterioso. A fine 2017 è ormai ai margini della squadra e solo il folle mercato invernale del Benevento sembra possa credere in lui. Ma è in Campania che inizia il secondo atto della sua carriera italiana. Con i sanniti, il serbo incrocia la sua strada con quella di Roberto De ZerbiIl tecnico italiano lo rende subito parte importante del suo 4-3-3 estremamente propenso al palleggio e alla proattività.

In giallorosso Đuričić  gioca un girone di ritorno di livello assoluto, mostrando a tutti che doti tecniche ha e, suggellato dal sistema di De Zerbi, come può incidere tecnicamente su ogni partita. Assolutamente convinto da questa mezz’ala iper-tecnica e un po’ compassata, l’allenatore bresciano lo ha portato con sé anche a Sassuolo grazie, neanche a dirlo, alla prima estate da parametro zero del serbo. Nella stagione 2018-2019 il classe ’92 si presenta come l’acquisto voluto dal mister, gioca un campionato altalenante (come tutto il Sassuolo a dire la verità), e conquista un undicesimo posto che basta per concedergli un altro anno al Mapei Stadium. La stagione 2019-2020, nonostante l’interruzione dovuta alla pandemia di Covid-19, si può definire a tutti gli effetti quella della consacrazione di Đuričić  come uno dei migliori calciatori creativi del campionato italiano.

Djuricic dopo un gol allo Spezia
Djuricic dopo un gol allo Spezia nel febbraio 2021. (Foto by Alessandro Sabattini/Getty Images-OneFootball)

Chiude la stagione con 5 gol e 5 assist, all’ottavo posto a pochi millimetri dall’Europa e non contento si ripete l’anno successivo, influendo nella stagione dei neroverdi sempre con 5 reti (e 4 assist). A motivare questa sua estate 2022 da parametro zero sono una serie di fattori; alcuni imprevedibili, come i continui acciacchi fisici dell’annata appena terminata; altri leggermente più endogeni, dovuti ad una mancata affinità con Dionisi, nuovo allenatore del Sassuolo, dopo la partenza di De Zerbi in direzione Donetsk. Nonostante diversi principi siano rimasti invariati, il calcio dell’ex tecnico dell’Empoli è proattivo, ma più diretto rispetto al suo predecessore. Un calciatore come Đuričić  che invece ha bisogno di prendere diversi tempi di gioco per riuscire nella giocata giusta, è normale abbia riscontrato qualche difficoltà di adattamento.

Tuttavia, le sue qualità tecniche e di intelligenza nel comprendere il gioco rimangono in grado di decidere diverse partite e in Italia le squadre che potrebbero giovarne sono diverse. Probabilmente questa stagione è stata la pietra tombale sulle ambizioni di tornare a giocare competizioni europee di spessore: la macchia di non esser riuscito a integrarsi con un allenatore leggermente diverso dalla sua comfort zone, potrebbe giocare un ruolo decisivo. Ma non è difficile immaginarlo comunque in ambiti competitivi. Il suo terzo atto italiano, grazie al parametro zero, farebbe comodo a tante squadre ambiziose. Nella Fiorentina di Vincenzo Italiano, dove calciatori come Bonaventura e Saponara, con pregi e difetti molto simili a quelli del serbo, continuano a giocare e incidere, uno come Đuričić  potrebbe fare molto comodo. Oppure sposare quello che sembra il prossimo progetto ambizioso in Serie A, col Monza di Giovanni Stroppa. Uno che di fantasisti bizzosi e non-decatleti, sicuramente se ne intende.

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