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CALCIO ITALIANO

“Sognando il Milan che verrà”

Come De Niro sognante e stordito dall’oppio nel finale ambiguo di ‘C’era una volta in America’, così, in piena lotta scudetto, i tifosi del Milan possono distrarsi dalla cruda realtà di un campionato che gli sta sfuggendo di mano, fantasticando su quello che sarà. Come dice Rosella O’Hara in Via col Vento: “Domani è un altro giorno“.

In un articolo uscito mesi fa, ho analizzato le tre evoluzioni che hanno portato il Milan di Pioli al suo picco di gioco in Atalanta-Milan. Oggi, a sei mesi di distanza, l’impressione è che la crescita del Milan – complici varie concause tra infortuni e cali di rendimento – si sia arenata. Se prima il diavolo era una squadra iper-aggressiva nel pressing, corta nelle spaziature e imprevedibile nei continui scambi di posizione sulla trequarti, nelle ultime settimane i ragazzi guidati da Pioli sono apparsi a corto di idee e prevedibili.

A conferma di una stagione comunque più che positiva, il Milan è ancora in corsa per due trofei, ma la sensazione è che il progetto tecnico si trovi davanti a un bivio importante: l’estate 2022-23, dopo due (probabilmente) qualificazioni consecutive alla Champions League, può essere quella dell’ulteriore salto qualitativo. In questi due anni il Milan ha continuamente alzato l’asticella, ma la sensazione è che alcuni giocatori non siano più all’altezza della struttura che li ha finora sorretti. Pioli e l’area tecnica si troveranno costretti a fare scelte decisive per le ambizioni future dei rossoneri, sia dal punto di vista tattico che nella scelta dei singoli su cui puntare. La base su cui costruire è più che mai solida, il bilancio è in continua crescita, ora si tratta di aumentare i cavalli del motore. 

Il milan festeggia il gol all'Atalanta
I giocatori del Milan festeggiano durante Atalanta-Milan 2-3 (Foto: Miguel Medna/Getty Images – OneFootball)

In cinque punti, ho provato ad analizzare quelli che saranno gli snodi cruciali per determinare il Milan che si presenterà in campo nella stagione 2022-23. 

1. O muori da eroe… 

Zlatan Ibrahimović è il padre putativo di questo Milan. Se non fosse stato per lo scossone che lo svedese ha dato col suo arrivo a Gennaio 2020, oggi probabilmente parleremmo di un’altra storia. Con la sua impareggiabile mentalità, Zlatan ha preso sotto la sua ala un gruppo giovane, ha dato sicurezze a giocatori fino a quel momento privi di una guida, e ha restituito dignità sportiva ai rossoneri. Quest’anno, però, Ibra ha saltato tredici partite di Serie A, e da Milan-Juve del 23 Gennaio, quando uscì dopo appena venti minuti, non è mai stato titolare. I dolori lo perseguitano, il ginocchio scricchiola: Zlatan ormai è in guerra contro il suo stesso fisico, che non riesce più a stare al passo con la sua ambizione. Nel frattempo, i ragazzi di Pioli, che già l’anno scorso avevano dimostrato di essere più che autonomi, sembrano ormai maturati.

Maldini e Pioli assicurano che a fine stagione la scelta spetterà solo ed esclusivamente a Zlatan, e che le porte del Milan, per lui, saranno sempre aperte. È pur vero, però, che le ultime apparizioni di Ibra trasmettono una tenera malinconia. Zlatan è davanti a un bivio, espresso in modo efficace da una splendida citazione del Cavaliere Oscuro, il secondo Batman della trilogia firmata Nolan: “O muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo“. Ovviamente si tratta di un’iperbole: Zlatan, a Milanello, non sarà mai il cattivo. Ma visti i risultati che i rossoneri stanno ottenendo in assenza della loro star, e vista la sua tenuta fisica ormai inaffidabile, è giusto chiedersi se in questo momento sia più il Milan ad aver bisogno di Ibra, o il contrario. Superata l’età della maturità, è opportuno che i padri, seppur a malincuore, si mettano da parte, e lascino volare i figli lontani dai loro giudizi severi. Se sarà scudetto, Ibra avrà la possibilità di concedersi un’uscita di scena trionfale (la meriterebbe); in caso contrario, la scelta sarà ben più difficile e sofferta. 

Ibra dopo lo scontro con Medel nel match tra Milan e Bologna
Ibra sanguinante dopo un contrasto di gioco con Medel (Foto: Miguel Medina/Getty Images – OneFootball)

2. Non esistono princìpi senza prìncipi

Il Milan è una squadra con una forte impronta di gioco e princìpi chiari. Nell’ultimo periodo, però, la penuria di qualità sulla trequarti ha spesso compromesso i risultati di un meccanismo di gioco ben oliato. Sembra quasi che gli esecutori dei dettami di gioco imposti da Pioli, talvolta non siano all’altezza dell’impianto che li sorregge. Per questo motivo, per dare un’impennata decisiva al progetto tecnico milanista, saranno necessari dei prìncipi della trequarti, che con la loro qualità possano massimizzare i frutti del sistema di Pioli. Mentre la fascia sinistra, tra Theo e Leão, catalizza tutte le attenzioni delle difese avversarie, le posizioni critiche sono due: trequartista e ala destra. Due ruoli in cui Brahim Díaz da una parte, Messias e Saelemakers dall’altra, si sono resi protagonisti di una stagione con più ombre che luci.

Il primo principino è in arrivo da Bordeaux e ai tempi delle giovanili del PSG era considerato un predestinato: Yacine Adli, trequartista classe 2000 acquistato dal Milan per dieci milioni e poi rigirato in prestito ai Girondini, dove con sprazzi di classe sta tentando di salvare una squadra terribilmente deficitaria di qualità. Del resto, però, “dal letame nascono i fior”, e per questo il francese può rappresentare una pedina utile per innalzare il tasso tecnico della trequarti. Intendiamoci, il ragazzo è ancora acerbo, per guadagnarsi spazio al Milan avrà bisogno di tempo e per adattarsi al sistema di Pioli dovrà necessariamente migliorare nell’intensità con cui interpreta la partita, con e senza palla. Dalla sua, però, il talentino con riccioli da bohémien ha una magnifica facilità di calcio e un’innata ricerca della verticalità nell’ultimo passaggio: figura tra i cinque migliori U-21 per key passes in Europa, e spicca per il numero di passaggi progressivi (5.75 a partita).

L’altro prìncipe in orbita Milan, in questo caso più muscolare e potente, è Renato Sanches, classe ’97 in forza all’alleato Lille. In questo caso, non c’è bisogno di presentazioni. Si tratta di un giocatore totale, dotato di grande strappo, ed estremamente polivalente, che nello scacchiere di Pioli potrebbe fare quasi tutto, dal mediano al trequartista passando per l’ala destra (al Lille è stato spesso impiegato sulla fascia). Il Milan è la squadra che dribbla più in Italia, e il corteggiamento del portoghese non sembra casuale, Renato è infatti tra i migliori centrocampisti in Europa per numero di dribbling riusciti a partita (2.7). Una sola incognita, ma per nulla banale: l’ex Bayern è costantemente alla presa con infortuni muscolari.

Per quanto riguarda l’ala destra, altro ruolo in cui i rossoneri dovranno cercare un upgrade, i nomi caldeggiati finora sono due: Domenico Berardi, di cui Pioli pare essere innamorato, e Marco Asensio, trequartista del Real dallo sconfinato talento che negli ultimi due anni, complice la rottura del crociato, ha perso parecchio smalto. È ancora presto per parlare di calciomercato, ma appare evidente che il Milan quest’estate dovrà rinforzare prepotentemente la sua trequarti, alla ricerca della qualità tecnica che possa far fruttare gli ingranaggi del suo sistema. 

Adli in azione con il Bordeaux
Il nuovo trequartista del Milan: Yacine Adli (Foto: Fred Tanneau/Getty Images – OneFootball)

3. La quarta evoluzione

Nell’articolo cui accennavo in apertura si parlava di una terza evoluzione del Milan di Pioli, suggellata dalla scintillante vittoria a Bergamo. Nei mesi successivi, il Milan non ha più raggiunto quei picchi di gioco, e al contrario, in alcune partite, ha dato segnali di regressione. Le motivazioni, come spesso accade nel calcio, sono da distribuire in una serie di concause, dall’ecatombe di infortuni che ha colpito i rossoneri (Rebic e Kjaer su tutti), sino ad alcune scelte di Stefano Pioli che non hanno pagato, su tutte l’avvicendamento tra Messias e Alexis Saelemaekers, equilibratore chiave del sistema piolista, negli ultimi mesi misteriosamente accantonato.

Se la fase difensiva è senz’altro migliorata, con una coppia Kalulu-Tomori che ha garantito al Milan la miglior difesa d’Europa assieme al Liverpool per gol subiti – solo sette- nel girone di ritorno, la penuria di gol (tre nelle ultime sei partite) ha dato testimonianza di una fase offensiva troppo scolastica, statica, quasi irriconoscibile rispetto ai mesi precedenti. Mentre il Milan di Bergamo era una squadra che non dava riferimenti, con Rebic punta a creare spazi, Leão a sfruttare le praterie create da Theo accentrato negli half-spaces, e Saelemaekers in costante movimento ad alternarsi con Brahim, la presenza di Messias, titolare in sette partite consecutive, ha drammaticamente banalizzato la manovra dei rossoneri: il brasiliano tende ad ancorare il suo gioco alla sola linea laterale, e la sua scarsa lucidità nelle scelte ha depotenziato di molto la fase offensiva milanista.

Nell’impresa di Napoli, Pioli sembrava aver trovato l’equilibrio ideale con Kessiè trequartista, una mossa utile a dare supporto ai due mediani, spesso costretti a sfiancarsi per coprire praterie di campo; allo stesso tempo, l’ivoriano promesso al Barcellona paga una scarsa creatività negli ultimi metri. Le difficoltà incontrate dal Milan negli ultimi mesi sembrano delineare una fase di transizione tipica di ogni progetto tecnico: come avvenuto per le evoluzioni precedenti, saranno le difficoltà stesse ad instradare i rossoneri verso un nuovo cammino. La variante tattica del 4-3-3 mascherato sembra luminosa, ma permane la sensazione che manchino alcune pedine per dare la sterzata decisiva alla macchina. In questo senso, un eventuale arrivo di Renato Sanches, consegnerebbe a Pioli un giocatore ricamato su misura per il ruolo di finto trequartista recentemente interpretato da Kessiè, e lo stesso Adli, ancora ibrido tra un trequartista da ultimo passaggio e un centrocampista di possesso, potrebbe sguazzare in quella zona di campo. Risolto l’arcano trequartista, al Milan mancherebbe solo un esterno destro con tanti gol nei piedi per spiccare il volo, e dare vita a una quarta evoluzione del suo sistema.  

Renato Sanches, obiettivo del milan, qui con il Lille
Renato Sanches impegnato nella partita di Champions contro il Chelsea (Foto: Mike Hewitt/Getty Images – OneFootball)

4. “Sven Sven Sven”

Chissà se anche un allora giovanissimo Fik Tomori, nel 2001, cantava Sven, Sven, Sven”, canzone del duo comico inglese Bell & Spurling dedicata a Sven Eriksson – a quel tempo CT degli inglesi – divenuta popolarissima dopo la vittoria dei tre leoni per 5-1 contro la Germania. Dall’anno prossimo, il difensore inglese ex Chelsea, che attualmente sta componendo una coppia dinamica e rapida con Pierre Kalulu, potrebbe trovare al suo fianco un altro Sven: Botman, centrale classe 2000 del Lille campione di Francia in carica. Il gigante olandese (supera i due metri d’altezza), sembra ormai vicinissimo al Milan, che dopo un lungo corteggiamento dovrebbe avere la meglio sul Newcastle, nonostante un’offerta più povera al giocatore.

Considerato il rendimento recente della difesa rossonera, e le speculari difficoltà offensive, tra i milanisti si è diffusa perplessità nei confronti del talentuoso difensore: vale davvero la pena, con questo Kalulu, spendere trenta e passa milioni per un difensore? I tifosi, che ormai si ritrovano più spesso a ragionare di conti che di calcio, vedrebbero più di buon grado un investimento pesante sulla trequarti, ma non è certo detto che l’acquisto di Botman, con i fondi della qualificazione alla Champions sempre più vicina, escluda un altro sforzo. Maldini, Massara e il capo-scout Moncada si sono sempre mossi con innegabile acume, e anche in questo caso la mossa, a prescindere dal prezzo, sembra più che sensata: Botman, autentico dominatore del gioco aereo (74% di duelli vinti a partita), garantirebbe al Milan quei centimetri che mancano nei centrali a disposizione, e potrebbe diventare un’arma importante sui calci piazzati (già tre gol in questa stagione). Inoltre, con l’infortunio di Kjaer, assenza di un peso capitale spesso sottaciuta, il Milan ha perso un regista difensivo in grado di saltare le prime linee di pressione con lanci di lungo raggio; in questo fondamentale, l’olandese eccelle, con 3.2 passaggi progressivi a partita e un’ottima percentuale di realizzazione.

L’unica perplessità tecnica sul ragazzo può semmai riguardare la scarsa predisposizione a difendere a campo aperto: il Milan, con i rapidissimi Tomori e Kalulu, può permettersi di tenere alta la linea cercando l’anticipo per il recupero palla immediato; in queste situazione, Botman potrebbe patire la sua scarsa agilità. Un altro aspetto da considerare è che Kjaer, con un crociato rotto a trentadue anni, non può dare garanzie su un ritorno allo straordinario livello pre-infortunio. Per questo motivo, un investimento pesante e futuribile nel ruolo è più che necessario. Detto ciò, con un Kalulu in ascesa e un Theo che freme per giocare più alto – come in nazionale francese – chissà che a Pioli non venga in mente di provare una difesa a tre con Botman al centro, Tomori braccetto sinistro e Pierre Kalulu braccetto destro. Nel frattempo, è partito il conto alla rovescia, e a distanza di ventun anni un inglese, nello specifico Tomori, si prepara a gridare di nuovo “Sven, Sven, Sven”.

Botman con il Lille
Sven Botman svetta in cielo nella partita contro il Chelsea (Foto: Franck Fife/Getty Images – OneFootball)

5. “All you need is goals”

All you need is goals; goals is all you need. Se John Lennon fosse stato un tifoso milanista al giorno d’oggi, probabilmente avrebbe modificato il testo del capolavoro uscito ufficialmente nel 1967. Nelle ultime cinque partite, un Milan che si sta giocando lo scudetto, ha segnato solo tre gol. Si tratta di numeri che certificano l’aridità dell’attacco rossonero. Se la questione trequarti è stata già affrontata nel secondo punto, e Rafa Leão, seppur in calo da Febbraio, ha tirato la carretta per l’intera annata, è necessario porre sotto la lente l’apporto delle punte. C’è un numero che rappresenta la perfetta epitome del problema realizzativo in casa rossonera: Zlatan Ibrahimovic, che quest’anno sembra non aver mai giocato, è tutt’ora il capocannoniere della rosa in Serie A con otto reti, a pari merito con Giroud.

Il francese, che dal canto suo è il vero deus ex machina della rimonta rossonera sull’Inter post-derby, dopo il gol pesantissimo contro il Napoli si è bloccato, ed è ormai a secco da più di un mese. Per quanto continui a offrire prestazioni più che generose – non tutti possono vantarsi di aver vinto quantomeno metà dei duelli con Bremer – l’impressione è che il francese non sia l’attaccante giusto per il sistema di Pioli. In primo luogo, il Milan è la squadra che crossa meno in tutta la Serie A, dato che depotenzia notevolmente le possibilità realizzative di un gran rapace d’area come il francese. Allo stesso tempo, è bene ricordarsi che il Milan, ha disputato le sue migliori partite (Bergamo, Atletico e Lazio in campionato) con una falsa punta come Rebic, un giocatore che attacca gli spazi liberandone altri per i compagni.

Considerate le diverse similitudini nei principi di gioco tra Milan di Pioli e il primo Liverpool di Klopp, si può dire che i rossoneri debbano ancora trovare il loro Firmino, ossia una punta da sistema che più che condizionare in modo controproducente il gioco della squadra, possa esaltarlo. Per il ruolo di centravanti titolare, ovviamente, tutto dipenderà dalla scelta di Ibra. Nel frattempo, però, il Milan sembra essersi assicurato per i prossimi anni le prestazioni di Divock Origi, jolly di coppa proprio del Liverpool di Klopp. Al contrario di Giroud, il belga ama svariare su tutto il fronte, spesso allargandosi sul lato sinistro, e chissà che non possa innescarsi un interessante scambio di posizioni con Rafa Leão. Ciò detto, è difficile che un giocatore con appena nove gol in campionato negli ultimi cinque anni possa portare in dote la tonnellata di gol di cui il Milan avrebbe bisogno.

In attesa della decisione di Ibra, il Milan sta iniziando a guardarsi intorno: Scamacca intriga per i suoi colpi geniali e per la capacità di far salire la squadra con pulizia tecnica, Darwin Nunez (33 gol stagionali) stuzzica per la sua ricerca famelica del gol e per la sua attitudine a sfidare il mondo intero in duelli uno contro uno, una caratteristica molto apprezzata dall’area tecnica milanista. Per entrambi le cifre sembrano proibitive, ma del resto la primavera è la stagione degli amori impossibili.

Origi con il Liverpool
Origi esulta dopo il gol siglato a San Siro contro il Milan in Champions (Foto. Marco Luzzani/Getty Images – OneFootball)

Se questo articolo sarà solo un’allucinazione, un viaggio indotto da oppio, sarà solo il tempo a dirlo. Probabilmente tutte queste considerazioni si dissolveranno per il sopraggiungere di eventi impronosticabili, ma è il bello del calcio. Se anche rimarrà tutta un’illusione di una notte di metà aprile, mentre là fuori, nella cruda realtà, il Milan lotta disperatamente per lo scudetto, ci ricorderemo di una citazione di Twin Peaks, la serie del maestro dei sogni, David Lynch: “siamo come il sognatore, che sogna e vive nel suo sogno”. Siamo tutti De Niro alla fine di C’era una volta in America.

Autore

Antonio, 19 anni, studia Filosofia alla Statale di Milano. Amante del calcio e della sua epica, qui si finge anche un esperto.

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