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CALCIO ITALIANO

Finché c’è vita c’è speranza

Che potesse essere una stagione a dir poco complicata per la Salernitana era facilmente prevedibile, meno che potesse di settimana in settimana tramutarsi in un vero e proprio incubo. L’avvento di Danilo Iervolino ha però evitato la sua definitiva materializzazione, scongiurando inoltre che il 31 dicembre diventasse l’inizio di un cataclisma di imbarazzo che avrebbe colpito il sistema calcistico italiano nella sua interezza, provocando danni di immagine incalcolabili. Ora i dirigenti delle alte sfere possono finalmente tirare un sospiro di sollievo, mentre per l’ambiente granata ed il suo nuovo presidente arriva la sfida più difficile, quella di credere nella salvezza.

Dove ci eravamo lasciati

Uno dei primi atti di Iervolino da presidente della Salernitana è stato quello di affidare le redini della squadra ad una figura che potesse dare la svolta necessaria al club granata, ingaggiando come nuovo direttore sportivo Walter Sabatini. Una scelta che fa presagire l’idea di seguire una strada che certo può far ben sperare i tifosi. L’ex DS di Roma, Lazio ed Inter tra le altre, è senza ombra di dubbio una delle figure più competenti del nostro panorama calcistico in quel ruolo, oltre ad essere una persona che anche dal punto di vista umano riesce sempre ad inculcare un sentimento di fiducia e di affiato con ambiente e tifosi.

Merito senza ombra di dubbio anche della fama di uomo d’altri tempi costruitasi intorno al suo personaggio. Un misto di schiettezza e pragmatica, savoir-faire ed anticonvenzionalità, con una parte di lucida (non sempre) follia irriverente ed un velo di mistero. Caratteristiche che potrebbero facilmente spingere a pensare sia appena uscito da un film dei fratelli Coen o da un romanzo di Foster Wallace. Schiettezza che ha messo in mostra anche nella conferenza stampa da neo direttore sportivo sin dalle primissime parole, dove introducendosi al suo nuovo incarico è subito riuscito a sintetizzare la condizione attuale della Salernitana.

A volte c’è bisogno di cose plastiche, reali, materiali, per capire bene in che avventura ci si ficca…in che guaio ci si ficca, diciamo la verità.

Una costatazione forse un pelo brutale per essere alla prima apparizione pubblica con una nuova platea – ed infatti subito dopo ha cercato di correggere leggermente il tiro – ma che descrive alla perfezione la situazione, da lui stesso definita poi “poco meno che tragica“. Non ci voleva certo un genio per constatarlo, ma serviva che qualcuno lo pronunciasse ad alta voce senza timori. D’altronde riconoscere apertamente i proprio problemi è sempre il primo passo utile per cercare di risolverli, e la Salernitana di problemi ad oggi ne ha non pochi.

Della prima parte di stagione è infatti difficile trovare qualcosa di salvabile. Probabilmente il solo tifo stoico di una città che al di là di tutto e tutti ha continuato a cantare anche davanti all’evidenza della sconfitta, e di cui la squadra avrà imprescindibilmente bisogno da qui in avanti per credere nell’impresa salvezza.

La curva della Salernitana
Il tifo di una città, Salerno, a cui va restituita gioia e dignità, come affermato da Sabatini (Foto: Carlo Hermann/Getty Images – OneFootball)

Le problematiche partono naturalmente dall’organico, apparso palesemente inadatto alla categoria sin dalle prime battute del campionato, in una situazione legata a doppio filo a quella tattica. Questo non solo per il livello medio dei calciatori, ma anche per la tipologia delle pedine selezionate. Due punti su cui ha inevitabilmente avuto il suo enorme peso la condizione societaria di questa estate, limitando la portata delle operazioni, e costringendo per la quasi totalità – esclusi solamente gli acquisti di Gagliolo, non a caso arrivato a fine mercato quando già si intravedeva la precarietà del reparto difensivo, e di Fiorillo – ad una serie di trasferimenti in prestito, o al massimo a parametro zero.

Margini di manovra risicati dunque, che come non bastasse sono stati mal adoperati dalla società. Oltre al livello di questi, la società non è stata in grado di diversificare le componenti all’interno di una rosa che per la Serie A già appariva di per se piatta. In questo senso il problema risiede a monte, ossia nel presuppore che la Salernitana potesse competere nel massimo campionato mantenendo la struttura di gioco acquisita l’anno prima, andando semplicemente ad implementare alcuni aspetti.

Per quanto (inaspettatamente) il sistema di gioco avesse dato i propri frutti in Serie B era impensabile che potesse avere una tenuta anche lontanamente comparabile con il salto di livello. La formazione allora allenata da Castori professava un calcio piuttosto statico, nonché monotematico, dove l’obbiettivo principale era quello di acquisire un equilibrio ed una stabilità difensiva tale da permettere alla squadra di non soffrire dietro. Questo in modo da affidarsi poi alla propensione dei propri calciatori ad esaltarsi in campo aperto, oppure sfruttando la prepotente fisicità a disposizione per far male agli avversari in situazioni di gioco “morte”.

La Salernitana arrivata seconda nella serie cadetta era una squadra che concedeva poco e creava lo stretto necessario – non a caso a fine campionato registrò soltanto la settima differenza reti tra le prime otto della classe – , che a conti fatti aveva come primo obiettivo quello di non perdere, conscia che avrebbe avuto la possibilità di colpire in maniera letale prima o poi. Convinzione che con il passare delle giornate e dei risultati è maturata sempre di più, fino a portarla ad avere la meglio in classifica su compagini decisamente più attrezzate sulla carta.

Un atteggiamento che nei suoi fondamenti Castori ha voluto fortemente conservare, ma che l’impatto con la Serie A ha finito per sgretolare quasi immediatamente. Se infatti il 3-2 della prima giornata a Bologna aveva ingannato, lasciato intravedere una squadra combattiva, in grado di fare male anche pur non avendo quasi mai la palla tra i piedi, le partite successive contro Roma e Torino hanno subito evidenziato le crepe (se non voragini) presenti.

È apparso chiaro da subito come l’atteggiamento fin troppo passivo nel concedere il pallino del gioco all’avversario non fosse sostenibile in Serie A. Troppa la qualità degli avversari affinché la difesa potesse attutire gli attacchi continui e uscirne indenne, troppo scarsa la proposta offensiva per far sì che quanto mancasse dietro potesse trovare compensamento davanti. Non a caso la prima vittoria in campionato è arrivata con l’altrettanto sterile Genoa, e non stupisce sia stato un 1-0.

La pecca qui è stata quella di non avere, né poter escogitare dati gli elementi dell’organico, un piano B. Castori si sarà sicuramente reso conto delle problematiche della squadra, ma si è trovato davanti all’impossibilità di porvi rimedio, anche volendo. In tal senso l’arrivo di Colantuono è stato volto più che altro a cercare di dare uno scossone alla squadra, come testimonia il rendimento in campo rimasto pressoché invariato dal suo approdo. Si è forse iniziata ad intravedere qualche trama di gioco prima forse del tutto assente, ma al di là di ciò la Salernitana non ha cambiato volto.

Non che ne avesse la possibilità come già detto, ed è per questo che il primo rinforzo scelto è stato Walter Sabatini, al quale toccherà l’ardua impresa di ricostruire, o quantomeno ristrutturare, un’intera squadra in poco meno di due settimane.

Sabatini in panchina
La trasposizione di un poeta maledetto nel mondo del calcio, forse l’ancora di salvezza che Salernitana potesse sperare (Foto: Paolo Rattini/Getty Images – OneFootball)

Salernitana, cosa serve e quanto cambia.

Quanto più possibile. Questa è la risposta che Sabatini per ovvio rispetto non ha dato esplicitamente in conferenza stampa, ma che ha lasciato intendere. Ha infatti confermato come ipotizzabile che ci saranno integrazioni in ogni reparto, aggiungendo:

Vedremo chi si salva dei titolari, sono tutti in discussione.

Questo all’interno di un discorso che a detta del nuovo direttore sportivo dovrebbe prevedere perlomeno 5/6 innesti – se ci saranno le condizioni anche di più a detta del nuovo presidente – tutti in grado di poter contribuire sin da subito a risollevare le sorti della Salernitana. Sabatini ha infatti parlato di un “instant team” da mettere in piedi, un “usa e getta” composto da giocatori già “capaci di supportare una battaglia“. Un po’ la priorità di tutte le neopromosse al momento di una promozione, bisognose di creare uno zoccolo duro con esperienza che possa reggere l’urto del salto di categoria. Con la sottile differenza che i granata si ritroveranno a dover ripartire quasi da zero con soli sei mesi davanti ed un margine di errore praticamente nullo.

Il primo a dover fare le spese di questa piccola rivoluzione sarà Vid Belec. Il portiere sloveno non è certo il colpevole principale della debacle di inizio stagione, ma la sempre maggiore sollecitazione a cui è stato sottoposto ha finito per mettere in luce tutti i suoi limiti, condizionando in negativo più di una volta le prestazioni della squadra. In tal senso l’arrivo di un portiere esperto e di sicuro rendimento – oltre che desideroso di mettersi in mostra dopo essere stato accantonato al Parma – come Luigi Sepe darà senza ombra di dubbio maggiori garanzie a tutta la retroguardia.

Una retroguardia che si appresta a cambiare forma. La Salernitana ha bisogno di far punti a tutti i costi, ed è per questo motivo che sin dalla partita di domenica con il Napoli si disporrà in campo con un undici decisamente più offensivo. La linea difensiva passerà dunque a 4 – si va in direzione di un 4-3-3 classico – e vedrà gli interventi soprattutto centralmente. Gli esterni sono forse stati la batteria meno deludente sin qui – anche se andrà comunque a rafforzarsi con l’arrivo di un’altra pedina (Mazzocchi? Murru?) – , con Kechrida e Ranieri che anche al netto di qualche passaggio a vuoto hanno dimostrato di poter avere un buon rendimento. Inoltre con il passaggio ad una difesa a 4 potrebbe essere sfruttata anche la duttilità di Gagliolo nel fare il terzino, ruolo in cui ha vissuto la sua migliore stagione a Parma, e che assicurerebbe a tutta la squadra maggiore equilibrio.

La cerniera centrale si è invece dimostrata fin qui a dir poco disastrosa. Hanno tutti sofferto la mancanza di un elemento che guidasse il reparto e imponesse la giusta leadership tecnica e caratteriale, di cui nessuno degli attualmente in rosa è dotato. Stranberg ha fatto poco e male, Gyomber è tutto fuorché un “ultimo uomo” , e il resto della ciurma è semplicemente e onestamente al di sotto del livello richiesto dalla categoria. La ricerca sarà dunque indirizzata su un uomo di esperienza del nostro campionato, che abbia le capacità e le potenzialità per imporsi e fare da chioccia a tutto il reparto. Il nome che circola ormai da giorni è quello di Fazio, che rappresenterebbe l’identikit ideale oltre ad essere un pallino di Sabatini, insieme a quello di Maksimovic. Due nomi che lasciano intendere il profilo ricercato, a cui potrebbe essere inoltre affiancato un altro difensore più dinamico. Un buon nome in questa direzione potrebbe esse Chancellor, in uscita dal Brescia ma su cui sembra esserci già troppa concorrenza, elemento che certo non gioca a favore del club di Salerno.

Fazio con la maglia della Roma
Fazio è ormai un estraneo in casa Roma, e tutto lascia presagire possa essere il prossimo acquisto di Sabatini (Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images – OneFootball)

La Salernitana infatti dovrà comunque fare i conti con una direzione di mercato che prevedrà pochi investimenti a lungo termine – in caso di retrocessione segnerebbero la rovina economica per la società –  e che dunque vedrà la formula del prestito, al massimo con eventuali obblighi di riscatto in caso salvezza, farla da padrone. Fattore che complicherà non poco la ricerca di un cervello da piazzare in mezzo al campo in grado di giostrare la manovra della squadra. In questo momento Colantuono può contare su una folta flotta di incontristi e su una serie di giocatori tutti istintivi, senza nessuno in grado di saper lavorare con diligenza la palla e gestire i ritmi di gioco. I nomi di Viola e Mancosu, a cui la Salernitana era stata accostata nel mercato estivo, oggi sarebbero oro per l’allenatore. Trovare un centrocampista di quel tipo, e con la qualità e l’esperienza per prendere sin da subito in mano le redini della squadra sarà l’ostacolo più duro in assoluto per Sabatini, che nonostante l’arrivo ormai dato per sicuro di Emil Bohinen – centrocampista 22enne del CSKA di Mosca – avrà comunque ancora da lavorare in questa direzione.

Sul fronte offensivo stanno sicuramente girando i nomi più accattivanti per tifosi e giornalisti, che come tutti sanno vedono girare in questi giorni le opzioni Eder e Diego Costa. Il reparto d’attacco è senz’altro quello ad aver sofferto in maniera maggiore. Djuric e Gondo hanno dimostrato di avere tanta voglia di fare ma limiti troppo evidenti, Simy è parso sino ad ora un lontano cugino di quello che aveva messo a segno 20 gol con il Crotone – Sabatini si è espresso in maniera abbastanza chiara su di lui – , mentre Bonazzoli è stato, seppur ad intermittenza, quello ad aver fatto le cose più interessanti. Discorso ovviamente a parte per Ribery, a cui era stato richiesto un ruolo di salvatore della patria che in questo momento della carriera è per forza di cose impossibilitato a ricoprire.

Alla Salernitana servirebbero come il pane due attaccanti di sicuro rendimento. Uno dei quali in grado di aiutare anche la manovra della squardra – in questo Eder sarebbe perfetto per caratteristiche – e, a meno che Simy non decida di svegliarsi nell’immediato, un altro che riesca a contribuire alla causa con una decina di gol potenziali. Qualcuno che la butti dentro senza troppi patemi insomma.

Vietato arrendersi

Quello che però Sabatini ha tenuto a precisare, e che servirà più di qualsiasi altra cosa da qui a maggio, è la convinzione necessaria che chiunque vorrà continuare a far parte del gruppo dovrà avere. Nella sua conferenza ha punzecchiato in più di un’occasione la squadra per via dell’atteggiamento avuto nelle ultime settimane, facendo ben intendere come nessuno sia indispensabile qualora non vi fosse il giusto comportamento. Quello che del resto chiedono e desidererebbero vedere i tifosi, delusi dalla condotta rinunciataria registrata dai giocatori in alcune uscite, piuttosto che per l’andamento dei risultati.

La Salernitana si trova in una situazione per tanti versi simile a quella dell’ultima esperienza in Serie A – anche in quel caso dopo un girone d’andata disastroso si cercò un miracolo poi soltanto sfiorato – in cui gli si chiede di fare 26/27 punti per poter quantomeno sperare realisticamente nella salvezza. Un obbiettivo che al netto di tutti i possibili acquisti potrà arrivare solo se la squadra crederà davvero nelle proprie possibilità, buttando il cuore oltre l’ostacolo qualora fosse necessario. Sabatini ha fatto ben intendere di volerci credere e di non voler arrendersi, starà ora alla squadra e all’allenatore seguire questo indirizzo. Servirà qualcosa allo strenuo di un miracolo, ma se c’è un posto dove qualcosa del genere può accadere è proprio su un campo di calcio.

 

Autore

Terzino da paese in campo, fantasista sulla tastiera. Segnato fin da bambino dalle lacrime di Ronaldo del 5 maggio, ha capito subito che la vita da interista sarebbe stata dura. Scandisce il tempo in base alle giornate di campionato, sperando un giorno di poter vivere di calcio e parole.

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