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CALCIO ITALIANO

Baldini e Nicola: imprese dall’epilogo differente

La stagione sportiva appena conclusasi ha regalato molte belle storie di calcio, sia a livello internazionale che rimanendo nel Belpaese. Le vicende che si sono sviluppate nel corso degli ultimi dieci mesi sono state sicuramente arricchite dal definitivo ritorno sugli spalti del pubblico, che si è riappropriato dei suoi spazi tornando a sublimare il contatto diretto con le proprie squadre, riassegnando al calcio il suo valore sociale. In questo scenario, ci sono due situazioni sportive e soprattutto umane meritevoli di approfondimento, con diversi punti di contatto, ma che differiscono principalmente per il diverso finale: si tratta dei percorsi intrapresi da Davide Nicola, da metà febbraio alla guida della Salernitana, e da Francesco Baldini, da inizio stagione fino ad aprile tecnico del Catania, per poi passare dopo pochi giorni al Lanerossi Vicenza.

Prima di affrontare nel dettaglio queste due storie, partiamo dalla fine. Un lieto fine ha atteso Davide Nicola alla linea d’arrivo: seppur con un finale abbastanza surreale, con la sconfitta in casa per 0-4 contro l’Udinese, la Salernitana ha conquistato la salvezza con 31 punti in classifica, la quota più bassa nella storia della Serie A dall’istituzione dei tre punti in poi. Non è andata altrettanto bene al collega toscano, il quale, dopo aver allenato la compagine rossazzurra nella stagione più difficile della sua storia fino al fallimento dichiarato il 9 aprile, ha sfiorato il miracolo della salvezza con il Lane ma si è dovuto arrendere ai play-out contro il Cosenza, soccombendo per 2-0 al ritorno al “San Vito – Gigi Marulla” a causa di una doppietta di Larrivey.

Nicola e Baldini sono tecnici che sanno navigare nelle difficoltà, ma ciò non li rende allenatori unicamente motivatori o “riparatori”: sono allenatori prima di tutto “da campo” e con idee calcistiche di tutto rispetto. Provenienti dalla stessa generazione (Nicola è un anno e undici giorni più grande del collega), i due sono stati difensori a cavallo tra gli anni Novanta e i Duemila tra A e B; non si sono mai incontrati nella stessa squadra, pur sfiorandosi al Genoa (Nicola ci ha giocato fino al 2002, Baldini ci è arrivato nel 2003). Entrambi hanno avuto tecnici di un certo spessore nella loro carriera, che avranno sicuramente forgiato la loro visione calcistica: solo per dirne alcuni, Zeman e Boskov l’ex Napoli, Franco Scoglio e Delio Rossi il piemontese. Le loro idee di calcio sono abbastanza diverse: Baldini imposta la sua squadra su una difesa a 4 da cui parte per lavorare sul resto della squadra (preferibilmente un 4-3-3) per praticare un calcio offensivo e veloce, mentre Nicola solitamente si sistema con un 3-5-2 o simili, alternando fasi di pressing ad altre di attesa in base alle esigenze della squadra.

Differenze e similitudini tra questi due tecnici sono distribuite in egual misura. Anche nella stagione in corso, come già detto, le traiettorie non sono state affatto simili. Facciamo un passo indietro e andiamo allo scorso agosto. Mentre Nicola aspetta la giusta chiamata, Baldini si appresta a continuare un percorso già iniziato nella primavera precedente, quando a marzo 2021, dopo la scottante esperienza a Trapani, il classe 1974 aveva accettato la chiamata degli etnei: campionato chiuso con 16 punti in 7 partite, sesto posto e sconfitta indolore ai play-off contro il Foggia. Il ritiro, però, non si riannuncia semplice: la situazione societaria oramai nota vige come una spada di Damocle sulla testa degli elefanti, che devono fronteggiare problemi di natura finanziaria e non solo. Dopo qualche mese, quando le acque si saranno calmate almeno dal punto di vista tecnico, Baldini descriverà la situazione con parole forti:

Nel ritiro precampionato la confusione regnava sovrana. Ma in ogni allenamento mi rendevo conto che quando il pallone rotolava in mezzo al campo, ai calciatori brillavano gli occhi. […] Ho scelto di venire qui quando del Catania non si sapeva neanche se si sarebbe iscritto. Questo per dirvi che ero consapevole delle difficoltà ma poi sono aumentate lungo il percorso in maniera incredibile.

L’inizio non è dei migliori: vittoria in Coppa contro la Vibonese solo ai supplementari e batosta a Monopoli per 3-0, alla sesta giornata i punti sono solo 5. Guidata da un tecnico paziente e serio, sostenuta sempre con orgoglio da un tifo incessante anche se preoccupato, e forse senza quelle pressioni derivanti dalle aspettative, la squadra riesce ad emergere partita dopo partita, trascinata da un bomber esploso a fine settembre e che da quel momento non intende fermarsi più quale Luca Moro. Il Catania di Baldini trova una propria dimensione tecnico-tattica, chiudendo il girone d’andata a 26 punti. Nel frattempo i problemi non sembrano cessare, anzi, si gonfiano: il 22 dicembre il Catania viene dichiarato fallito e può proseguire e terminare il campionato solo seguito da una curatela fallimentare. Un’onta su un gruppo e soprattutto su una città che dovranno ancora vedere il peggio. In campo, però, cambia poco, perché Moro e compagni (tra cui un altro giovane gioiello nel frattempo emerso come Freddi Greco) continuano a dire la loro.

A 500 chilometri di distanza circa, in quegli stessi giorni, questo stesso termine, fallimento, ronza nelle teste di molti, infesta gli incubi di una città che ha la sofferenza nel suo DNA ma che non era mai arrivata a questo punto. La Salernitana deve trovare un nuovo proprietario entro la mezzanotte del nuovo anno, pena l’esclusione dal campionato di Serie A in corso per via delle note questioni sulla multiproprietà. Iervolino arriva a salvare in extremis il popolo dell’Arechi e a introdurre un nuovo corso per la società campana. Di Nicola, però, ancora nessuna traccia: il panettone granata lo mangia Stefano Colantuono, ma con risultati piuttosto magri che però non gli impediranno di arrivare sino a febbraio sulla panchina granata.

Qualcosa è cambiato, però, nel frattempo: un nuovo direttore sportivo si è insediato a Salerno. Walter Sabatini, autodefinitosi plenipotenziario come nel documentario dedicatogli da DAZN, non ci sta proprio a retrocedere e rimugina giorno e notte sulle scelte da fare per portare a termine quella che sarebbe la più grande impresa della sua carriera. Arriva, così, dopo uno scialbo pareggio contro il Genoa, la scelta che si rivelerà decisiva: addio con il tecnico romano, a Salerno sbarca l’autore dei capolavori Crotone, Genoa e Torino, Davide Nicola. Non c’è due senza tre, ma il quattro vien da sé, si usa dire. Nicola non se lo lascia ripetere due volte:

Macte Animo significa giocare con coraggio, è quello che vogliamo fare. […] Sperare mi fa perdere concentrazione, io desidero, sogno e lavoro. L’elemento positivo è la volontà dei ragazzi di mettersi in gioco. Noi ci crediamo: voglio coraggio, collaborazione e idee.

Vedere le cose da una prospettiva, in fondo alla rovescia, è quello che fa anche Federico Bonazzoli quando inaugura il ciclo Nicola con una splendida rovesciata che contribuirà al pareggio per 2-2 contro il Milan, alimentando la fiammella di speranza degli oltre 18mila dell’Arechi. Torniamo un attimo in Sicilia, dove prima del fallimento gli undici in campo hanno regalato al pubblico del “Massimino” un’ultima gioia con la perentoria vittoria per 2-0 sul Palermo. Era il 12 dicembre 2021, un derby che passerà alla storia come ultimo per il Calcio Catania, anche se non servirà a nulla per gli almanacchi, che cancelleranno retroattivamente la partita: per le 9239 anime assiepate sugli spalti, però, la fulminante doppietta di Moro è più vera che mai. Negli stessi giorni dell’uragano Nicola, il Catania vive una splendida (sempre e solo tecnicamente, s’intende) altalena di risultati: vittoria per 1-3 sul campo di Torre del Greco, sconfitta casalinga per 0-1 contro il Picerno, vittoria a Castellammare di Stabia per 0-2 e in casa contro la Virtus Francavilla per 1-0, altro ko interno contro la Paganese che si impone sullo 0-1.

Lontano dal campo la situazione è sempre più cupa: la stagione va avanti a singhiozzo, di esercizio provvisorio in esercizio provvisorio, espedienti che sembrano essere solo cure palliative per quello che è un malato terminale. Le nubi si addensano sempre più sul capoluogo etneo, fino ad arrivare ad inizio aprile: l’ultima gara giocata dal Calcio Catania si conclude con un 2-2 sul campo di Potenza raggiunto in extremis grazie alla rete di Piccolo con uno strascico finale di polemiche. Le tenebre sono ormai calate sui colori rossazzurri, e in un sabato pomeriggio semplicemente assurdo, mentre il Latina aspetta di sapere se partire per la Sicilia o no per giocare l’indomani, arriva la notizia: l’ennesimo esercizio provvisorio non viene prolungato, il Catania non può proseguire il campionato e viene escluso definitivamente dal torneo di Serie C. Tutti i contratti sono sciolti con effetto immediato: mentre i calciatori non possono essere inseriti in lista da altre squadre (eccetto quelli in prestito), per Baldini si prefigura una situazione diversa. Il giorno dopo il gruppo va a Torre del Grifo a prendersi l’abbraccio e il saluto della gente catanese, che tributa i giusti onori ad una squadra che ha sempre rispettato i propri impegni pur in una situazione paradossale. La partita di Potenza come un simbolo, crederci fino all’ultimo.

Quello stesso pomeriggio, la Salernitana si presenta nella Capitale contro una Roma sempre più galvanizzata e unita dal percorso in Conference League. Un “Olimpico” stracolmo guida i giallorossi, che però passano in svantaggio a causa di una rete dell’unsung hero Radovanovic, in gol con una punizione battuta di seconda dopo 98 tiri verso lo specchio senza fortune (striscia lunga ben quattro anni). Con pazienza, maturità e la giusta dose di furbizia la Roma ribalta il risultato nel secondo tempo, portandosi a casa il bottino pieno grazie a un gol di Smalling a pochi minuti dal termine. Sul campo finisce 2-1, ma per la Salernitana, alla terza sconfitta consecutiva, quella partita è la lezione definitiva che serve a cambiare passo, a capire una volta per tutte la categoria d’appartenenza. Nicola non demorde, usa la sconfitta da trampolino di lancio per sé e per la squadra:

È una sconfitta che non ci fa piacere. Dalla prossima partita mi interessa la voglia di far vedere a tutti che abbiamo un desiderio. Voglio più ardore, dobbiamo cominciare a vincere e imporci un risultato. Vogliamo raggiungere risultati e ce ne prendiamo tutte le responsabilità. […] Siamo vicini però a portare a casa una sequenza di risultati importanti.

Il 10 aprile la Salernitana ha 16 punti, 2 partite da recuperare ma tanta autostima in più nel proprio bagaglio, da spendere nel percorso fino a fine stagione.

Smalling segna il gol del 2-1 contro la Salernitana
Il gol che ha contribuito a rafforzare il gruppo della Salernitana è un gol subito (Foto: Paolo Bruno – Getty Images – OneFootball)

Deve fare il carico di autostima anche Baldini: l’esperienza di Catania è al capolinea ma il cellulare squilla subito. Dall’altro lato della cornetta c’è Federico Balzaretti, direttore sportivo del Vicenza da gennaio, che ha appena esonerato Cristian Brocchi, secondo allenatore al capolinea nella stagione vicentina dopo Mimmo Di Carlo, e conosce Baldini dai suoi trascorsi a Roma come allenatore dell’Under 17, quando l’ex terzino si occupava del settore giovanile giallorosso. Non c’è tempo per riflettere: il 12 aprile c’è la firma sui contratti, Baldini torna ad allenare una squadra in B due anni e mezzo dopo l’esonero a Trapani. Un allenatore che guida due squadre diverse in una stessa stagione è praticamente un unicum, considerato che da Art. 38 comma 4 delle NOIF (Norme Organizzative Interne Federazione) “Nel corso della stessa stagione sportiva i tecnici […] non possono tesserarsi o svolgere alcuna attività per più di una società”, ma il tecnico ex Catania beneficia dell’annullamento dei contratti con la società etnea e può tornare subito in panchina.

Alla presentazione non può fare a meno di parlare del suo recentissimo passato rossazzurro:

Faccio un passo indietro e ritorno un attimo a quella che è stata la mia stagione, perché Catania mi ha dato tanto, perché voglio ringraziare i ragazzi, voglio ringraziare chi ha composto la società e ha portato avanti una stagione complicatissima e quindi dopo i ringraziamenti alla società che mi ha portato a Vicenza, il mio pensiero va subito a quelli che hanno lottato con me in una situazione complicatissima.

La prima partita al “Menti” è contro il Perugia. Anche lui, come Nicola, ha un inizio casalingo, ma con minori fortune: il Vicenza passa subito in vantaggio con Dalmonte ma viene rimontato da Curado e Segre. L’1-2 finale è una falsa partenza, ma la storia è ancora tutta da scrivere. La settimana successiva il Vicenza vince a Como con grande autorità: perde Bikel e Greco (sì, quel Greco, che Baldini ritrova in Veneto) per infortunio nel primo quarto di gara, poi passa in vantaggio con un’inzuccata di Brosco e chiude la pratica nel finale con il redivivo capitan Meggiorini. Baldini si integra subito alla perfezione, sconfessa anche il suo solito 4-3-3 adattandosi alle caratteristiche della rosa con un 3-4-2-1 e i risultati arrivano: vittoria 2-1 contro il Lecce in un’atmosfera incredibile, guadagnata praticamente in quello che è un extra-time con le reti di Diaw e Ranocchia e una situazione a bordo campo abbastanza particolare e ancora poco chiara a distanza di settimane. A fine partita Baldini gongola:

Ero convinto che avremmo fatto gol. Nel momento in cui abbiamo fatto 1-1 ho chiesto al direttore i risultati e allora ho scelto di mettere dentro tutti i nostri giocatori offensivi.

Si arriva così all’ultima giornata di regular season che è uno spareggio preliminare per l’accesso ai play-out, contro l’Alessandria, in cui il Vicenza ha a disposizione solo la vittoria per rimanere in vita per altre due settimane. Così è: il gol di De Maio basta ad uscire dal “Moccagatta” col bottino pieno e guadagnarsi le due partite contro il Cosenza. Di più, sino al gol del rossoblù Zilli all’ora di gioco i biancorossi avrebbero potuto giocare la doppia sfida col doppio vantaggio del ritorno in casa e dei due risultati su tre a disposizione. Qualcosa di impensabile fino a poche settimane prima, realizzato con un tecnico che era semplicemente impossibile vedere sulla panchina del Lane solo 27 giorni prima.

A Salerno, nel frattempo, quelli sono giorni febbrili: la vittoria esterna del Vicenza in Piemonte si posiziona cronologicamente a metà tra il prezioso pareggio del “Gewiss Stadium” in casa Atalanta e quello amaro decretato dal colpo di testa di Altare a tempo scaduto contro il Cagliari. Il pareggio sul campo dell’Empoli il sabato successivo è visto come un’occasione persa, soprattutto alla luce del rigore sbagliato di Perotti, ma la folle serata del 22 maggio, già ampiamente narrata in ogni spazio, scaccia via ogni paura e scrive una nuova pagina di storia granata. La Salernitana è salva, Nicola ha portato a termine un poker di miracoli niente male: con ampia probabilità si ripartirà da lui per la prossima stagione.

Davide Nicola durante la partita Salernitana-Udinese
Un condottiero. (Foto: Francesco Pecoraro/Getty Images – OneFootball)

Chi conosce già il proprio destino per la prossima stagione è Francesco Baldini: non è bastata, infatti, la doppietta di Larrivey con conseguente retrocessione in Serie C a far cambiare idea al patron Renzo Rosso. Il tecnico di Massa ha riportato entusiasmo e coraggio in una piazza che stava smarrendo la propria energia, dimostrando di poter incidere su più livelli (tecnico e mentale) nonostante una stagione che per lui si era rivelata a dir poco difficile da attraversare. La conferma del giovane coach, assieme a quella di Federico Balzaretti, è una seria dichiarazione d’intenti per il prossimo campionato di Serie C: ambizioni non da poco sorrette dalla forza delle idee. In poche settimane Baldini si è fatto apprezzare per la sua capacità di creare subito empatia con gli ambienti con cui entra in contatto, la sua etica del lavoro e la sua professionalità, guadagnandosi un’occasione importante per la prossima stagione. Un’occasione meritata, dopo l’odissea che ha vissuto in questa stagione.

Le storie di Nicola e Baldini mostrano che i percorsi che si intraprendono nel mondo calcistico, ma non solo, hanno dei presupposti a livello tecnico e umano che talvolta possono sfuggire dal controllo dei protagonisti: ciò che conta e deve rimanere, oltre il risultato, è l’impronta che si lascia. Sarebbe bastato pochissimo a invertire i due esiti finali: una conclusione di Joao Pedro più precisa a salvare il Cagliari, il rigore di Larrivey sbagliato che avrebbe tenuto i giochi aperti fino al triplice fischio. Eppure, le scelte e le valutazioni ex-post sarebbero state esattamente le stesse, perché le valutazioni non si limitano mai ai 90 minuti del campo.

Autore

Classe 2001. 200 partite viste dal vivo in 15 stadi diversi (and counting). Sempre alla ricerca di nuovi talenti, di storie, di personaggi ed imprese. Socio del Centro Storico Lebowski.

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