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Nel corso degli ultimi anni, l’influenza di Edin Dzeko sul gioco della Roma è risultata sempre più pesante. A partire dal primo anno targato Garcia-Spalletti, i tecnici che si sono susseguiti sulla panchina giallorossa (Di Francesco, Ranieri e Fonseca, nell’ordine) hanno pensato e talvolta provato a implementare nuove soluzioni per lo slot di punta dell’attacco giallorosso, scontrandosi però con l’egemonia tecnica del Cigno di Sarajevo, che ha portato ogni allenatore a pensare compromessi tattici rispetto alla sua idea di gioco originaria.

95,79 milioni. Potrà sembrarvi strano, quasi assurdo, ma questa è la cifra sborsata dal Parma nelle ultime due sessioni di mercato per rinforzare la squadra. Il tutto va ovviamente ricondotto allo sbarco in Emilia di Kyle Krause, l’imprenditore americano che nello scorso autunno ha acquistato per circa 65 milioni di euro il 70% delle quote della società ducale. Sin da subito, Krause ha dichiarato di volersi dedicare, umanamente ed economicamente, a tempo pieno al Parma, lasciando le redini dell’azienda Kum & Go nelle mani di uno dei figli.

Ricordo che da bambino sentivo spesso mio nonno dire Roma per grandezza, Napoli per bellezza”. Con il passare degli anni, ho scoperto fosse un detto spesso rigirato a proprio vantaggio a seconda delle parti in causa e di chi lo pronunciasse, ma per il sottoscritto ha sempre rappresentato una salda convinzione sin dall’infanzia. Una convinzione che poi ha avuto la sua definitiva conferma una volta conosciuta, o almeno in parte, quella città.

Spesso per tratteggiare le caratteristiche della personalità umana si usa il gioco degli opposti: furbo/ingenuo, intelligente/stupido, onesto/ipocrita, umile/superbo. Una delle dicotomie più sottili e sfumate è quella che contrappone la timidezza alla spavalderia. Mentre altri tratti personali sono in un certo senso immanenti, parte fondante della persona, il timido e lo spavaldo possono ritrovarsi nello stesso corpo a seconda dei momenti e delle situazioni.

L’equilibrio tra il rimanere (e crescere) in Serie A o retrocedere mestamente in cadetteria è spesso estremamente sottile. Lo sanno bene i direttori sportivi dei club della colonna di destra della classifica, dove spesso la lotta tra salvezza e retrocessione si sbriga nel giro di una manciata di punti. Le contingenze economiche poi comportano un evidente turnover di giocatori tra un anno e l’altro, con elementi che portano plusvalenze e prestiti conclusi da rimpiazzare.

Ci sono momenti, nella vita di ognuno, in cui il livello evolutivo del nostro cervello ci permette di pensare “Madonna, come passa il tempo”. Che so, rivedi donna la bambina per cui a scuola la tua faccia cambiava colore, virando sul rosso; ti viene detto che la cuginetta che non vedi mai si sta per iscrivere all’università; guardi le foto di un viaggio e non ricordi il nome di un posto di cui ti eri pure sforzato di imparare la corretta pronuncia.

La capitolazione anticipata di Mojica e Depaoli ha costretto l’Atalanta a tornare sul mercato in cerca di un nuovo esterno per colmare lo spazio di rincalzo alle spalle dei laterali titolari. Una ricerca che ha poi condotto all’acquisto dal Genk del classe ’97 Joakim Maehle. Arrivato come l’ennesimo oggetto misterioso portato a Bergamo da Sartori, il terzino danese si è ritrovato man mano ad essere sempre più spesso inserito nella lista dei titolari – complice l’infortunio di Hateboer – fino alla possibilità di diventare una delle armi chiave nella sfida di stasera al Real Madrid. Un rendimento fin qui sì sorprendente, ma neanche poi troppo.

Quando il 20 agosto 2020 l’arbitro Juan Luca Sacchi ha fischiato tre volte all’interno di un Alberto Picco privo di spettatori, il tempo si è fermato. Qualche attimo crudele si è trasformato in un’estasi senza precedenti: festeggiare una promozione con una sconfitta, esultare sentendo solo le urla dei giocatori. Svariate antinomie nel paradosso principale: a La Spezia si è festeggiata la prima promozione in un campionato che, in circostanze particolari, si era già vinto.

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