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Sara Fisichella

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Una delle prime lezioni che ho imparato nel calcio è che necessita di una squadra per realizzare i propri sogni. Sul campo di gioco seguiamo questo mantra, ma nella nostra vita sociale non lo applichiamo abbastanza. Common Goal sta elaborando una maniera collaborativa di intendere il calcio da restituire alla società. È il percorso più efficace e sostenibile con cui il mondo del pallone può avere un impatto sociale a lungo termine su scala globale. 

A volte si fa tutto nel modo giusto e va male lo stesso. L’importante è non smettere mai di fare la cosa giusta.

Questa frase, scritta sul retro della copertina di ‘The Hate U Give. Il coraggio della verità“, romanzo d’esordio della scrittrice statunitense Angie Thomas, mi è tornata in mente pochi giorni fa, quando, nel limite dei 280 caratteri imposti da Twitter, Marcus Rashford in un post ha scritto la seguente frase: “Why can’t we just do the right thing?” (Perché non possiamo solamente fare la cosa giusta?)

I quattro tweet pubblicati la sera del 20 luglio dal 23enne attaccante del Manchester United costituivano una risposta all’eventuale articolo che sarebbe stato pubblicato il giorno seguente dal The Spectator: secondo voci giunte allo stesso giocatore, il settimanale britannico avrebbe insinuato che egli possa trarre dei benefici commerciali dalle partnership stipulate negli ultimi diciotto mesi con vari brand per il suo impegno sociale. Accuse che, se fossero state di dominio pubblico, avrebbero messo in dubbio la buona fede di Rashford, che ha prontamente difeso le proprie collaborazioni extra-campo e messo a tacere ogni polemica ancor prima di nascere.

Basti pensare che la collaborazione con Burberry ha permesso di distribuire 200.000 pasti tra 11.000 enti in tutto il Regno Unito. Il Norbrook Youth Club e il Woodhouse Park Lifestyle Centre, due centri di quartiere frequentati da Rashford durante l’infanzia e l’adolescenza, sono state oggetto delle donazioni della nota marca di abbigliamento.

La collaborazione con la casa editrice McMillan Children’s Books, con cui una delle punte di diamante del reparto offensivo dei Diavoli Rossi ha pubblicato il libro You Are a Champion: How to Be the Best You Can Be, ha permesso la creazione del Marcus Rashford Book Club, il primo programma pensato per far sbocciare l’amore per la lettura ai ragazzi distribuendo 50.000 libri gratuiti in oltre 850 scuole primarie in Inghilterra e Scozia. Il progetto è reso possibile dalla partnership con Magic Breakfast, l’associazione che distribuisce colazioni salutari a circa 170.000 bambini ogni giorno di scuola. Il primo titolo selezionato è ‘A Dinosaur Ate My Sister’ della scrittrice Pooja Puri, mentre ‘Silas and the Marvellous Misfits’ di Tom Percival si aggiungerà alla lista il prossimo 14 ottobre.

Un mese tutt’altro che facile per Rashford

I sospetti del The Spectator si aggiungono alla scia mediatica negativa di cui Rashford è stato protagonista in questo mese di luglio: pare che sia bastato fallire uno dei rigori decisivi contro l’Italia nella finale di Euro 2020 per dimenticarsi che, negli istanti prima della battuta, undici metri separavano Donnarumma da un MBE, un Membro dell’Impero Britannico. Egli è stato nominato lo scorso ottobre dalla regina Elisabetta in persona per l’attenzione riservata alle famiglie più disagiate durante la prima fase dell’emergenza coronavirus sul suolo inglese.

Il palo colpito da Marcus Rashford contro l'Italia
L’origine di un caso mediatico (Foto: Paul Chesterton/Imago Images – OneFootball)

È bastato colpire un palo per dare vita ad un’escalation di commenti negativi sui social media e allo sfregio (poi ricoperto di cuori e messaggi solidali e prontamente ridipinto) di un murales in bianco e nero che da novembre 2020 ricorda ai cittadini di Withington (sobborgo a sud di Manchester luogo di nascita di Rashford) che quello per cui lottano inciderà più di tutto sul loro scopo.

E la sua missione, che traspare fin da quando ha esordito tra i professionisti, è servirsi della propria visibilità per far conoscere le esigenze e i problemi che attanagliano la propria comunità: una su tutte, la difficoltà di migliaia di famiglie di procurare un pasto per i propri figli. Uno scoglio che anche lui e i suoi quattro fratelli hanno dovuto affrontare quando, mentre mamma Melania era impiegata in uno dei suoi tre lavori per mantenere la famiglia, si nutrivano col cibo offerto dai negozianti del quartiere o attraverso il breakfast club, l’iniziativa pensata dal governo e attuata nelle scuole per fornire porzioni di cibo gratuite ai bambini che non hanno potuto cenare o fare colazione.

La lotta alla povertà infantile

La chiusura degli edifici scolastici a causa della pandemia per tanti avrebbe significato la mancanza totale di sostentamento e Rashford, conscio delle conseguenze, ha deciso di impegnarsi concretamente per garantire il diritto al cibo.

Per prima cosa, a marzo 2020 ha esortato i suoi follower a contribuire ad una raccolta fondi in collaborazione con FareShare, la rete benefica che dal 1994 combatte contro gli sprechi alimentari nel Regno Unito. In circa un mese, la colletta ha fruttato 20 milioni di sterline grazie anche alle donazioni delle più grandi aziende attive nel settore alimentare e alle catene di supermercati che hanno contribuito alla distribuzione. Rashford stesso ha avuto modo di sperimentare in prima persona l’operato di questa associazione.

Venuto a conoscenza dei tagli programmati dal governo per i buoni pasto gratuiti, tre mesi dopo ha scritto una lettera ai Members of Parliament in cui esortava la classe dirigente a rivedere i propri piani e a prolungare il servizio offerto anche per le vacanze estive: richiesta accolta, pericolo scampato di inedia per 1,3 milioni di bambini e honorary doctorate – dottorato honoris causa – conferito dall’Università di Manchester che gli è valso il primato di persona più giovane a ricevere tale riconoscimento.

Con l’arrivo dell’autunno, l’ambizione di Rashford si è spinta oltre: supportato da FareShare e l’ente di beneficenza Food Foundation ha lanciato la Child Food Poverty Task Force, una coalizione tra imprese del mondo food come McDonald’s, Kellogg’s, Deliveroo e catene di supermercati e negozi di generi alimentari come Tesco e Iceland.

Il report governativo della National Food Strategy, che esamina le condizioni del sistema alimentare britannico, aveva riportato tre raccomandazioni che Rashford, in una lettera indirizzata ai parlamentari, ha chiesto di seguire: l’estensione dell’Holiday Activity e del Food Programme a tutti i bambini che godono dei pasti scolastici gratuiti, l’aumento del valore degli Healthy Start vouchers a 4.25 sterline e l’espansione dei free school meals a tutti gli under 16 il cui genitore o tutore usufruisca dello Universal Credit – un sussidio mensile statale erogato a chi ha basso reddito, ha perso il lavoro o avuto una riduzione di stipendio – o di un’indennità simile.

Le prime due richieste sono state accontentate, la terza no, poiché il segretario di Stato per l’istruzione Gavin Williamson ha ribadito che il governo britannico sosteneva già le famiglie durante le vacanze con i fondi dello Universal Credit e denaro destinato ai sindaci locali.

#endchildfoodpoverty

Rashford non si è perso d’animo: ad ottobre 2020 sui social media ha ideato la fondazione End Child Food Poverty e ha chiesto di firmare una petizione per assicurare a 1,4 milioni di bambini un buono pasto da 15 sterline a settimana fino a Pasqua 2021: grazie alla sottoscrizione di 1,1 milioni di persone, l’istanza viene discussa nella Camera dei comuni, che però rigetta la mozione dei laburisti per 322 voti a 261.

Tuttavia, dove non interviene la politica, si mobilita la gente comune, consapevole che durante l’half-term (una delle vacanze intervallate al periodo scolastico) migliaia di bambini saranno affamati: dai negozietti di generi alimentari passando per le multinazionali del food alle piccole donazioni individuali, si crea una rete di solidarietà che costringe lo stesso Primo ministro Boris Johnson a ripensare alle misure adottate. L’inversione di marcia è presto fatta e a novembre 2020 viene approvato un pacchetto di riforme a supporto dei nuclei famigliari vulnerabili, con un regime di sovvenzioni di 170 milioni di sterline per l’inverno e il prolungamento dei servizi relativi fino alle vacanze di Natale 2021.

Nonostante ci sia chi, come la FIFA, riconosca l’azione quotidiana di Rashford avendo conferito a dicembre 2020 il FIFA Foundation Award e donato 100.000 sterline per la sua causa, non tutti apprezzano l’attivismo del giovane esterno dei Red Devils: la deputata di Dover & Deal Natalie Elphicke, dopo il famigerato match con l’Italia, gli ha persino suggerito di pensare a perfezionare il suo gioco invece che pronunciarsi su battaglie politiche.

Parole dettate dalla grande delusione del momento che sono state poi ritrattate una volta finite sul network GB News, ma che inevitabilmente finiscono per essere una spina nel fianco per un ragazzo che opera per una società più inclusiva. Il modo migliore per rispondere alle critiche, però, ce lo suggerisce sempre il libro di Angie Thomas: anche se non tutto va come vorremmo, l’importante è non smettere mai di fare la cosa giusta.

Il Milan post-Berlusconi ha cambiato identità molte volte. La certezza dei rossoneri sembra però essere la presenza fra i pali di Gianluigi Donnarumma, sempre più leader e, rinnovo permettendo, possibile nuova bandiera rossonera.

Una certezza

La filosofia societaria del Milan degli ultimi anni sembra essersi rifatta al celebre passo de Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, che recita: “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Atteggiamento che avrebbe dovuto essere adottato già negli anni d’oro della compagine rossonera, quando sempre più componenti della rosa erano in procinto di appendere gli scarpini al chiodo.

Senatori del calibro di Maldini, Nesta, Gattuso, Ambrosini, Seedorf e Zambrotta erano ormai giunti a fine carriera e piano piano si sono ritirati, ma il ricambio generazionale – oltre a quello ai piani alti della società con la fine dell’era Berlusconi-Galliani che ha scatenato un valzer di presidenti, dirigenti e allenatori – non ha sortito gli effetti sperati. I nuovi innesti hanno fatto precipitare il club in una spirale fatta di piazzamenti in campionato al di sotto delle aspettative, assenza dalle principali competizioni europee e difficoltà nel trovare nuovi riferimenti con cui costruire un progetto solido e duraturo. L’unico punto fermo, seppur con qualche ostacolo, sembra essere Gianluigi “Gigio” Donnarumma.

Donnarumma
Gigio (Foto: Marco Bertorello/AFP via Getty Images – OneFootball)

Donnarumma il predestinato

Da quando ha indossato i guantoni in occasione della partita di campionato vinta contro il Sassuolo per 2-1 il 25 ottobre 2015, Donnarumma non ha più smesso di difendere i pali del Diavolo. Ironia della sorte, la sera del 21 luglio 2020 – a 21 anni, 4 mesi e 26 giorni – toccherà quota 200 presenze in maglia rossonera proprio contro i neroverdi.  Lo scenario muterà, poiché questa volta si giocherà al Mapei Stadium, ma il risultato e il portiere titolare del Milan saranno gli stessi.

Il destino ha condotto spesso Donnarumma a bruciare le tappe: le buone prestazioni collezionate con il settore giovanile rossonero gli avevano riservato un posto in Primavera già a 15 anni. Essendo aggregato ai futuri titolari del Milan, nel campionato 2014/2015 era già stato convocato in Prima Squadra durante la partita contro il Cesena. La squalifica di Diego López e il forfait di Michael Agazzi costrinsero Christian Abbiati a scendere in campo. Gigio quindi si accomodò in panchina agli ordini di Filippo Inzaghi. L’attuale allenatore del Benevento, per uno scherzo del destino, non lo ebbe mai a disposizione in qualità di tecnico della Primavera, poiché l’annata precedente Donnarumma militava tra le file dei Giovanissimi.

A pagare le conseguenze dell’ascesa del giovane di Castellammare di Stabia nella stagione successiva fu in primis il titolare designato Diego López il quale, nelle prime uscite, aveva dimostrato poca affidabilità. Approccio che convinse Siniša Mihajlović a ribaltare le gerarchie e a schierare la promessa sedicenne. Scelta non condivisa dal patron Berlusconi: come rivelato in seguito dal tecnico serbo, durante la settimana dell’esordio di Donnarumma il patron rossonero si recò due volte a Milanello per convincerlo a puntare ancora sull’estremo difensore spagnolo, rischiando così di ritrovarsi senza mister: dare retta al presidente avrebbe significato fare le valigie.

L’intuizione di Mihajlović prevalse e si impose a tal punto che lo sbocciare del talento cristallino di Donnarumma comportò un’altra sistemazione per Diego López, che, successivamente, lo definirà la più grande forza della natura che abbia mai visto fra i pali:

Ha un talento incredibile, già a 16 anni aveva enormi doti fisiche e sta battendo tutti i record di precocità. Viste le sue qualità, quando è venuto fuori, è stato difficile per me riuscire a ritagliarmi uno spazio, così ho scelto l’Espanyol.

Donnarumma Sassuolo
Donnarumma in quel Milan-Sassuolo (Foto: Claudio Villa/Getty Images – OneFootball)

Un rinnovo tormentato

Nonostante la rivoluzione ai vertici della società, Donnarumma diventa la punta di diamante del Milan. È il gioiello rossonero, ma è anche il pupillo di Mino Raiola. Quest’ultimo non vede di buon occhio il nuovo direttore sportivo Massimiliano Mirabelli e ritiene il disegno cinese senza fondamenta. La volontà della società è rinnovare il contratto del numero 99 – in scadenza il 30 giugno 2018 – per farne la colonna portante del nuovo progetto.

Al compimento della maggiore età, ha inizio il tira e molla tra il potentissimo agente italo-olandese e la nuova dirigenza. Si aprono mesi roventi di trattative saltate e fratture apparentemente insanabili: il 15 giugno 2017, in conferenza stampa, l’amministratore delegato Marco Fassone annuncia l’intenzione di Donnarumma di non rinnovare. Tre giorni dopo, al debutto contro la Danimarca all’Europeo Under 21 in Polonia, alcuni tifosi di un Milan Club locale espongono uno striscione con scritto “Dollarumma” e lanciano dei dollari finti in campo. L’11 luglio 2017, contrariamente a quanto ci si aspetti, la fedeltà calcistica prevale sul denaro e la passione all’interesse. Il calciatore non asseconda il suo manager e firma il rinnovo contro la sua volontà.

Donnarumma rimane l’unica costante quando la cordata cinese neo-proprietaria del club decide di rifondare la squadra: nell’estate 2017 la spesa folle di Fassone e Mirabelli – poco più 240 milioni di euro – è l’emblema della trasformazione. La rosa a disposizione del tecnico Vincenzo Montella si amplia con undici nuovi giocatori: tra questi Antonio, fratello maggiore che Gianluigi, fin da piccolo, ha osservato parare proprio come lo zio. A quanto pare, essere una saracinesca è sempre stato un affare di famiglia.

L’intricatissima trama della telenovela rinnovo resterà nella mente di una frangia di sostenitori rossoneri anche nei mesi successivi: la sera del 13 dicembre 2017, in occasione del match di Coppa Italia contro il Verona, verrà contestato con fischi e insulti. Sarà mostrato persino uno striscione che lo esorterà ad andarsene. Donnarumma, che esponendosi contro il proprio procuratore ha ribadito il proprio amore ai colori rossoneri, inizierà a sentire la pressione del beniamino non più amato. Partita dopo partita, però, imparerà a rispondere sul campo.

Qualche dollaro di troppo (Foto: Rafal Rusek/PressFocus/Newspix/Imago Images – OneFootball)

La consapevolezza raggiunta

Il terremoto che vedrà riformato il Consiglio d’Amministrazione rossonero negli anni a venire, il valzer degli allenatori, le cessioni e i nuovi acquisti non scalfiranno il ruolo di Donnarumma, sempre più leader di una squadra di cui diventa l’unica certezza, confermandosi tra i migliori portieri italiani in circolazione.

All’inizio era normale ascoltare quelli più grandi di me. Ora non è tanto per l’età, ma sono tra quelli che giocano da più anni al Milan e quindi ho un ruolo importante nello spogliatoio. Mi faccio sentire e do qualche sgridata a qualcuno quando devo.

Parole di chi ha assunto consapevolezza del proprio ruolo. L’esperienza, infatti, lo sprona a rimanere attento e a non compromettere l’intera partita per una rete subita, annullando lo scoramento e privilegiando la concentrazione:

Gli errori a volte fanno parte del gioco e purtroppo, quando sbaglia un portiere, c’è una rete dietro. Ma sbagliando si impara e cercherò di sbagliare il meno possibile. Gli errori capitano e devi essere bravo ad andare avanti anche in partita.

Donnarumma diventerà una bandiera rossonera?

Se a 21 anni e 361 giorni hai già collezionato 200 presenze in Serie A entri di diritto nella storia, anche perché sei il giocatore più giovane a tagliare un simile traguardo nell’era dei tre punti a vittoria. Se stabilisci il primato con la stessa squadra che ti ha lanciato e in uno dei derby più sentiti degli ultimi anni, potresti avere tutte le carte in regola per essere consacrato uno degli ultimi baluardi del calcio nostalgico delle bandiere.

Ultimamente il Milan è in calo: i 15 punti racimolati nelle ultime nove partite hanno quantificato le evidenti difficoltà di inizio 2021 e la sonora sconfitta contro i nerazzurri avvenuta la scorsa domenica ha suscitato non pochi mormorii tra i tifosi: molti supporters hanno iniziato a mettere in discussione i ruoli all’interno dello spogliatoio, invocando a gran voce la consegna della fascia da capitano proprio a Donnarumma.

Un traguardo che l’estremo difensore si era già prefissato nel corso di un’intervista a La Stampa, pubblicata la vigilia del match contro la Juventus del 22 ottobre 2016, a circa un anno di distanza dal suo esordio in Serie A. Si era dato come tempo dieci anni, ne sono passati quasi la metà.

Il modo in cui ha voluto incoraggiare la squadra il giorno dopo la partita contro l’Inter, invocando la compattezza del gruppo, fa pensare che possa diventare il perno della corazzata rossonera. E, più di ogni altra cosa, che non abbia intenzione di cambiare aria proprio ora che il Diavolo potrebbe di nuovo figurare nel calcio che conta. La trattativa per il rinnovo del contratto, a 4 mesi dalla scadenza, non è ancora decollata: i contatti tra dirigenza ed entourage del giocatore sono fittissimi, ma manca l’intesa su cifre e clausole.

I tifosi si chiederanno se l’ambizione sovrasterà ancora una volta il business. Se a convincere Donnarumma a restare e a diventare una bandiera del Milan basteranno le voci dei suoi sostenitori, lo dirà solo il tempo: al massimo Maldini e Massara potranno provare a rinchiuderlo a chiave dentro Casa Milan.

Nel 2008, con un certo Gennaro Gattuso, l’espediente funzionò: il passaggio al Bayern Monaco del centrocampista calabrese era ormai imminente, ma Galliani e Ancelotti, non ancora rassegnati, lo blindarono dentro al museo del Milan. L’episodio suscitò un ripensamento in Ringhio, che decise di rimanere ed ebbe il tempo di aggiungere un altro Scudetto in bacheca prima di ritirarsi. La fine della carriera per Donnarumma è ancora molto lontana, ma ricordare l’episodio non potrebbe essere un ottimo pretesto per convincerlo a restare?

Sorriso da blindare (Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images – OneFootball)
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