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EXTRA-CAMPO

Chiamatelo Dottor Drogba

In quarta elementare un esercizio assegnatomi in classe dalla maestra mi aveva entusiasmato parecchio: io e i miei compagni dovevamo scrivere una cartolina ad un destinatario a nostra scelta.

C’era chi aveva scritto ai genitori, ai parenti o agli amichetti. E poi c’ero io, che durante l’anno scolastico 2007/2008 dopo i compiti vedevo solo il pallone e facevo scorpacciate di highlights in tv, rimanendo colpita soprattutto da un attaccante della Premier League con lo sponsor Samsung stampato sulla casacca blu. Scrivere alle persone care mi sembrava troppo banale e, essendo un compito di inglese, volevo indirizzare la mia corrispondenza a qualcuno che in quel momento si trovasse in Inghilterra.

Detto, fatto: inventai di sana pianta l’indirizzo di una casa londinese in cui, secondo la mia fantasia, viveva Didier Drogba. In poche righe scrissi un messaggio in cui riassunsi tutta la mia ammirazione per lui e, galvanizzata, mostrai fieramente il mio lavoro. L’euforia venne rimpiazzata dalla sorpresa quando fissai il volto attonito della maestra nel leggere il nome del destinatario: come faceva a non conoscere un giocatore del genere?

Didier Drogba esulta con la maglia del Chelsea
Didier Drogba nel mio immaginario da bambina (Foto: Sean Dempsey/Imago Images – OneFootball)

L’effimera illusione di unire un Paese intero

Nella mia ingenuità vedevo Drogba solo come l’attaccante del Chelsea e non avevo idea che, dentro e fuori dal campo, avesse lasciato il segno anche con la maglia della Costa d’Avorio. È nato in un Paese profondamente attanagliato da una guerra civile che dal 2002, a seguito di un fallito golpe settembrino ai danni del presidente Lauren Gbagbo, aveva spaccato la nazione in due: a Nord le roccaforti dei ribelli delle Forces Nouvelles di fede musulmana, a Sud le comunità ivoriane a maggioranza cattolica presiedute dall’esercito filo-governativo.

Nel corso degli anni, svariati tentativi di riportare la pace in quest’area dell’Africa Occidentale sono svaniti nel nulla e per garantire un minimo di stabilità alla Nazione occorsero almeno dieci anni: un lasso di tempo che deve essere parso infinito a molti, specie per chi ha vissuto l’illusione di vedere una squadra di calcio fare da paciere dopo tre anni di conflitto.

Didier Drogba con la maglia della Costa d'Avorio
La versione di Drogba a me sconosciuta (Foto: Allstar/Sportsphoto/Imago Images – OneFootball)

L’8 ottobre 2005 Les Éléphants battono il Sudan 3 a 1 e staccano il pass per Germania 2006: il momento è già storico di suo poiché si tratta della prima qualificazione ai Mondiali, ma a renderlo memorabile ci penserà proprio Drogba. Si fa portavoce del pensiero dell’intera compagine ivoriana davanti alle telecamere della Radiodiffusion-Télévision Ivoirienne, entrate nello spogliatoio per immortalare la festa dei giocatori. Circondato dai compagni di squadra, con il microfono in mano pronuncia le seguenti parole:

Uomini e donne della Costa d’Avorio provenienti dal Nord, dal Sud, dal Centro e dall’Ovest, oggi abbiamo dimostrato che tutti gli ivoriani possono coesistere e giocare insieme per uno scopo condiviso: qualificarci per la Coppa del Mondo. Vi promettiamo che i festeggiamenti uniranno le persone.

Prosegue in ginocchio abbracciato da tutti:

Oggi noi vi supplichiamo in ginocchio di perdonare, perdonare e perdonare. L’unica nazione in Africa con così tante ricchezze non può sprofondare in una guerra. Per favore, posate le vostre armi. Pianificate le elezioni e ogni cosa sarà migliore. Noi vogliamo divertirci, quindi basta sparare.

Il messaggio suscitò un clamore mediatico così forte da provocare una tregua temporanea e convinse Dgagbo a proseguire nelle trattative di pace e per il disarmo: negoziazioni purtroppo fallite fino all’accordo raggiunto il 4 marzo 2007. Due mesi prima, Drogba era diventato ambasciatore del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo. Quello stesso anno, decise di incrementare il proprio impegno civile dando vita ad un ente benefico.

Il contributo della Didier Drogba Foundation

Sogno un’Africa più dinamica, le cui popolazioni abbiano più facile accesso all’istruzione e alla salute, un’Africa più forte che saremo orgogliosi di lasciare ai nostri figli.

Con la fondazione che porta il suo nome, Drogba si è posto un obiettivo chiaro: migliorare la qualità della vita in Africa sostenendo iniziative locali, sub-regionali e continentali che collocano in cima all’agenda istruzione, salute, infanzia, donne e giovani. Tra le partnership annoverate troviamo quella con le Nazioni Unite, con cui vi è comunità d’intenti e condivisione di valori come rispetto, tolleranza, inclusione, innovazione, solidarietà, trasparenza ed uguaglianza.

L’assistenza sanitaria è al centro delle attività della Didier Drogba Foundation. Essa punta sulla prevenzione portando avanti campagne di sensibilizzazione e di vaccinazione. Non si è fermata però a questo, avendo contribuito alla nascita di centri medici specializzati e alla costruzione di strutture sanitarie. Un esempio è l’ospedale della capitale Abidjan, edificato su un terreno di 3000 mq acquistato da Drogba con i guadagni derivanti dal contratto di testimonial di Pepsi nel 2010 e messo a disposizione dallo stesso ex calciatore nell’aprile 2020 per fronteggiare l’emergenza Coronavirus.

Un altro tema chiave è l’educazione, promossa specialmente nelle aree rurali. È qui che Drogba si è attivato per costruire scuole primarie, distribuire materiale didattico, migliorare l’efficienza energetica degli edifici e, come ogni leggenda del calcio che si rispetti, legare sport e istruzione, avvalendosi anche della collaborazione di brand importanti come Nestlé.

Il Nestlé Cocoa Plan è un progetto che coinvolge varie aree del mondo. In Costa d’Avorio è stato attivato per migliorare le condizioni dei contadini impegnati nella filiera produttiva del cacao per conto di KitKat ma anche per garantire una migliore istruzione costruendo vari edifici scolastici, tra cui una scuola statale nella regione di Gagnoa per conto della fondazione di Drogba. Nel 2015, in occasione della presentazione del progetto, l’ivoriano si è recato in una classe e ha consegnato ad ogni alunno un pallone da calcio speciale: si ricarica passando di piede in piede e la lampadina ad esso collegata può illuminare la superficie dove i bambini fanno i compiti la sera.

Drogba ha anche a cuore la parità di genere e l’emancipazione femminile: ecco perché, attraverso l’operato della propria associazione, offre a tutte le donne programmi di formazione per essere inserite in vari ambiti lavorativi (dall’agricoltura alla sanità, passando per la sicurezza e lo sviluppo sostenibile). La sua associazione ha costruito uno stabilimento dotato di trituratore multifunzione per una cooperativa femminile della zona rurale di Dianoufla e ha offerto corsi di formazione per la gestione della stessa.

La laurea honoris causa e la nuova partnership in nome del digitale

L’impegno civile di Drogba in questi anni è stato ampiamente riconosciuto, ma la ciliegina sulla torta è stata posata ad inizio giugno, quando è stato insignito del titolo di dottore honoris causa dalla Rete universitaria di Scienze e Tecnologie dell’Africa subsahariana (RUSTA). Si tratta del più alto riconoscimento conferito dall’ateneo con sede centrale ad Abidjan e per Drogba, attuale candidato della federazione calcistica ivoriana, si tratta del coronamento di un sogno accantonato: da bambino, prima di intraprendere la carriera calcistica, aveva detto a sua madre di voler fare il medico.

Nonostante il titolo accademico, l’attivismo di Drogba non si ferma certo qui: venerdì 18 giugno è stata siglata una partnership strategica tra la Fondation Didier Drogba, che da sempre incentiva la digitalizzazione, e 01TalentAfrica, società che scova i nuovi talenti digitali africani attraverso la creazione di zone di intelligenza collettiva (Zone01). Esse formeranno professionalmente i candidati fornendo, tra le altre, nozioni di ingegneria informatica e competenze per l’innovazione.

I giovani che parteciperanno avranno il compito di contribuire alla trasformazione digitale delle imprese e degli enti locali. La prima zona verrà istituita nella città di Praia (Capo Verde) a settembre 2021 vedrà la partecipazione di 300 studenti provenienti dalla stessa isola e da altre 26 nazioni africane. Con questo accordo, la fondazione di Drogba sosterrà le attività di reclutamento globali.

Ho provato a sforzare la memoria, ma non ricordo nessuna parola scritta sulla cartolina: a modo mio avrò elogiato le sue doti calcistiche e il suo fiuto del goal, le due cose che da piccola mi erano rimaste impresse di lui e me lo facevano amare. Ora però da giovane adulta ho fatto un passo in più, raccontandovi le gesta extra-campo di una leggenda senza fine. Il suo indirizzo mi è ancora sconosciuto, ma una cosa è certa: se decidessi di provare a ricontattarlo, dovrei scrivere come destinatario Dottor Didier Drogba.

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