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Era un 19 marzo 1996, Bordeaux e Milan si affrontavano per un quarto di finale di ritorno di Coppa UEFA in cui i rossoneri partivano da un doppio vantaggio conquistato a San Siro con le reti di Stefano Eranio e Roberto Baggio. Doveva essere una partita di ordinaria amministrazione, tanto più per una squadra allenata da Fabio Capello, ma nulla di ordinario avvenne quella sera a Parc Lescure.

Il Totocalcio. Tredici risultati da indovinare ogni domenica. Un sogno e una passione che lega tre amici, che inseguendo la speranza di azzeccare quei tredici risultati si fanno testimoni di un mondo che cambia, si evolve e viene stravolto. Intorno a una radiolina poggiata su un tavolo o seduti comodamente dal divano di casa, non smettono mai di seguire le partite e di giocare quei tredici risultati. Un rito che plasma tutta la loro vita.

La nostalgia è la mancanza di un qualcosa che non si possiede più, come un amore che ha smesso di abbracciarci o di un’infanzia svanita via col tempo. Colori, sensazioni, momenti: tutto quello che appartiene al passato è sempre più bello, lo sa bene Woody Allen che racconta nel suo film Midnight in Paris la storia di Gil Pender, personaggio entusiasta dell’epoche passate e prigioniero della nostalgia. Il personaggio alleniano è una rappresentazione della realtà umana, affascinata e continuamente attratta dalla nostalgia e del calore del passato; come i tifosi del calcio odierno, che tra lembi di verità e estremismi dilaganti rimpiangono un campionato che non c’è più, o un Baggio che non gioca più.

La sala è piena. Sono presenti i leader delle grandi potenze mondiali, degli Stati Uniti, del Regno Unito e della Germania. Tra loro anche i protagonisti dell’ultima grande guerra del Novecento. Il primo maxi-conflitto in Europa dalla fine della tragica Seconda Guerra Mondiale, da quando l’intero pianeta aveva deciso di mettersi alle spalle trent’anni di violenze e atrocità, alla ricerca di un nuovo equilibro. Di una pace forzata, di una quiete fatta di cristallo, pronta a esplodere al minimo tocco sferrato con chirurgica pressione.

La cessione del titolo sportivo della Florentia San Gimignano al patron blucerchiato Massimo Ferrero è una ferita, per moltissimi versi, ancora aperta. Nonostante la neonata Sampdoria Women stia regalando indubbie soddisfazioni e sia la squadra più interessante del campionato fino a qui, ci sono realtà che non possiamo dimenticare. Non possiamo farlo per il semplice fatto che rappresentano un pezzo di storia genuina di quell’ecosistema calcio di cui oggi facciamo fatica a ricordare il volto. Per capire la ragione che sta dietro all’estinzione figurativa di società come la Florentia è necessario fare un passo indietro e comprendere la ratio a monte della compravendita del titolo sportivo di una società nel caso specifico del calcio femminile italiano.

7 novembre 2021. Il giorno che un po’ tutti al momento dell’uscita dei calendari della Serie A 21/22 avevano subito provveduto a contrassegnare sul calendario con un doppio cerchio. Il giorno della resa dei conti, il giorno di Milan-Inter. Quasi nove mesi dopo è arrivato il momento che le due metà di Milano aspettavano. Una partita che oggi però nel suo complesso non si limita ad essere l’emblema di una rivalità, bensì rappresenta il simbolo di molteplici attese comuni, forse, finalmente giunte al termine.

Dalla debacle di Bergamo ad oggi, il Milan di Stefano Pioli rappresenta la squadra più maturata e cresciuta dell’intera Serie A. Ripercorrere i ventidue mesi intercorsi tra Atalanta-Milan del Dicembre 2019, il punto più basso della storia recente rossonera, e Atalanta-Milan 2-3 della stagione in corso, forse apice della risalita ai vertici, aiuta ad apprezzare la continua trasformazione della macchina ‘piolista’.

Olivier Giroud ha sette anni quando la Francia non riesce a qualificarsi per un soffio ai mondiali a causa di un gol sullo scadere della Bulgaria. È il 1993 e anche la prima volta di un piccolo Olivier allo stadio di Parigi. Per fortuna la rabbia quella sera non è stata abbastanza forte da annebbiarlo e il rammarico non ha avuto la meglio sulla voglia di giocare. Olivier continuerà a farlo, con il sogno, anche lui, di arrivare a vincere. Dopo quasi due decenni riuscirà ad alzare il suo primo – grande – trofeo, e incarnare così il sogno che accomuna tanti altri piccoli calciatori.

Dopo otto lunghi anni di esilio, il Milan si è finalmente riaffacciato alla sua amata Champions League. Per l’occasione, il destino ha offerto ai rossoneri il teatro di Anfield, uno stadio dove nemmeno Paolo Maldini ha mai avuto la fortuna di difendere i suoi colori. Nel prepartita, il dirigente milanista, da sempre maestro zen nella gestione delle emozioni, è apparso visibilmente nervoso. Apprensivo come un padre che accompagna suo figlio ad un incontro importante, Maldini sembrava chiedersi se il suo Milan sarebbe stato all’altezza di quella splendida cornice, di quella squadra travolgente, di quell’atmosfera magica di cui lui si nutriva abitualmente. L’incontro si è rivelato dapprima traumatico, poi illusorio, infine amaro.

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