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QATAR 2022

Mondiali 2022, la Guida al Gruppo E: Costa Rica, Germania, Giappone e Spagna

Nonostante, come nel raggruppamento precedente, il girone E di questi Mondiali potrebbe avere due nette favorite come Spagna e Germania e due underdog come Costa Rica e Giappone, non mancano gli spunti di interesse in questo quartetto, così come si spera non manchi lo spettacolo.

Mondiali 2022, Costa Rica: esserci è già un sogno

Di Nicola Boccia

Vedere il nome della Costa Rica associato a quello di un Mondiale non può che rimandare la nostra memoria – l’unica cosa peggiore del vivere di ricordi è vivere di ricordi amari -, ma più in generale quella di ogni tifoso, costaricense o meno che sia, ai Mondiali di Brasile 2014. I Mondiali del 7-1 inflitto dalla Germania al Brasile, dell’ascesa di James a fenomeno internazionale, del morso di Suarez e tanto altro. Ma soprattutto i Mondiali degli storici quarti di finale raggiunti dalla nazionale dei Los Ticos, conquistati dopo aver superato da prima il girone di ferro con Italia, Inghilterra ed Uruguay ed aver sorpassato il più modesto ostacolo Paraguay agli ottavi, salvo poi doversi arrendere alla smorfiosa tecnica da rompiballe di Tim Krul nella lotteria dei rigori contro l’Olanda.

Ormai habitué della rassegna iridata nel nuovo millennio (dal 2002 ha mancato la qualificazione solo a Sudafrica 2010) la nazionale del Costa Rica arriva a questi Mondiali in Qatar con aspettative distanti anni luce dalle leggendarie gesta di otto anni fa. A testimonianza di ciò anche il tortuoso percorso che ha portato i costaricensi ai Mondiali, con un playoff agguantato grazie ad un girone di ritorno miracoloso nelle qualificazioni – sei vittorie ed un pareggio in sette gare, raccogliendo 19 dei 25 punti totalizzati complessivamente -, dove poi soffrendo maledettamente è riuscita a portare a casa il pass mondiale a discapito della Nuova Zelanda.

Veniamo però ora ai protagonisti di questa spedizione, e a quella che probabilmente sarà la domanda che in molti si staranno ponendo dall’inizio di questo articolo. Ebbene sì, non abbiate paura, Bryan Ruiz sarà ancora una volta della partita. L’ex trequartista del Fulham dal sinistro fatato e dal capello oleato è stato infatti convocato per quella che sarà la sua ultima avventura da calciatore professionista, appendendo gli scarpini al chiodo alla fine di quest’anno, una volta estinto il contratto che lo lega alla LD Alajuelense. Con lui ci saranno anche altri mostri sacri del calcio costaricense dell’ultimo decennio come Celso Borges, primatista di presenze (155) con La Sele oltre che compagno di squadra di Ruiz, e Yeltsin Tejeda, anch’esso nel reparto di centrocampo, dove invece questa volta mancherà l’iconica fascia di Christian Bolanos.

A rinfoltire la vecchia guardia ci sarà ovviamente Keylor Navas, la cui porta sarà difesa da altri pilastri della generazione d’oro costaricense come Oscar Duarte e Bryan Oviedo, quest’ultimo vecchia conoscenza del calcio europeo in forza da qualche mese al Real Salt Lake. A completare la schiera dei veterani ci sarà l’ormai non più funambolico Joel Campbell, che molti ricorderanno nella sua esplosione con la maglia dell’Arsenal, meno nella sua parentesi italiana con il Frosinone. Voci di corridoio narrano non abbia ancora scoperto l’utilità di avere un piede destro, ma il suo sinistro rimane un’arma temibile per ogni avversario.

A questi si uniscono un’altra mezza dozzina di nomi di discreta esperienza, ma soprattutto un folto numero di nuove leve. Il ct Luis Suarez ha infatti intrapreso un’impervia ricerca all’insegna del cambio generazionale, che ha portato al debutto di 22 calciatori sotto la sua guida. Dato che unito ai quasi 80 elementi diversi usati durante la sua gestione rende piuttosto complicato stilare un undici tipo per la Costa Rica, di cui però faranno sicuramente parte molti dei nomi sopracitati.

Tra i nuovi innesti un occhio di riguardo andrà sicuramente rivolto a Jewison Bennett (classe 2004, Sunderland) ed Anthony Contreras (classe 2000 dell’Heridiano, con già qualche estimatore nel vecchio continente), entrambi facenti parte del reparto avanzato. Il primo è un’ala dalle doti fisiche straordinarie, ancora da sgrezzare dal punto di vista tecnico, ma che potrebbe far intravedere tutto il suo potenziale nelle ripartenze, mentre il secondo è una punta moderna in grado di poter legare il gioco ma soprattutto attaccare gli spazi in velocità. A centrocampo attenzione a Brandon Aguillera, 19enne in forza in patria al Guanacasteca ma già di proprietà del Nottingham Forrest, e Alvaro Zamora, classe 2002 che arriva al Mondiale avendo ricevuto anche la benedizione di Bolanos, compagno di squadra al Deportivo Saprissa.

Bryan Ruiz durante i playoff per i Mondiali 2022
Immagine posta per ricordare a tutti quanto fosse forte Bryan Ruiz (Foto: Joe Allison/Getty Images – OneFootball)

Parlare di obiettivi per il Costa Rica sarebbe sinceramente utopico, e nulla al momento lascia presagire si possa andare al di là di un quarto posto con onore nel girone. Detto ciò l’Arabia Saudita ci ha insegnato ancora una volta quanto possa essere imprevedibile il calcio, di sicuro è che i costaricensi venderanno cara la pelle.

Mondiali 2022, Germania: ricostruire nel segno della tradizione

Di Simone Angeletti

Pur avendo concluso la sua esperienza alla guida della Germania dopo 15 anni, non possiamo non nominare Joachim Loew in qualche modo. Del resto, gli ultimi tre allenatori della nazionale tedesca  (Jurgen Klinsmann, Low e Hansi Flick) condividono un passaggio di testimone secondo solo alla terna filosofica Socrate-Platone-Aristotele. Un giro di vite non legato solo alla sovrapposizione dei ruoli (Low era il secondo di Klinsmann, Flick lo è stato di Low) ma anche ad un’idea di fondo nel giocare un calcio offensivo e ad alto ritmo. In un certo senso, quasi possiamo azzardarci a dire che la mano di Klinsmann sia ancora presente tutt’oggi, sebbene pesantemente diluita dal tempo. In ogni caso, c’è Hans-Dieter Flick (Hansi per tutto il mondo calcistico) a guidare la Mannschaft dalla panchina, al primo appuntamento fondamentale della sua carriera da CT.

La vera domanda è: che cosa possiamo attenderci dalla Germania? Il recente passato non ci aiuta molto, i 26 convocati per questa edizione hanno poco da spartire con la rosa del 2018 uscita ai gironi o quella vincente del 2014. C’è Mario Gotze comunque, se vogliamo cercare un punto di contatto con la quarta stella, la cui carriera sembra la personificazione degli alti e bassi della nazionale tedesca negli ultimi 8 anni. Il totemico Manuel Neuer sarà ancora tra i tre legni, probabilmente per l’ultimo Mondiale in carriera. Da tenere sott’occhio le noie ad una spalla, in caso pronto Marc Andrè ter-Stegen a subentrare. Possiamo prevedere una difesa a 4 con meccanismi simili a quelli visti al Bayern Monaco e durante le Qualificazioni. Per ciò che abbiamo visto durante le ultime uscite, l’unico sicuro al 100% del posto dovrebbe essere Sule nello slot da DCD (o CD in caso di variante 3-4-3). Antonio Rudiger dovrebbe chiudere la coppia difensiva, possibili gli inserimenti di Schlotterbeck e Kehrer nella difesa a 3.

Centrocampo che girerà praticamente intorno al talento associativo di Joshua Kimmich, già visto in coppia sia con Ilkay Gundogan che con Leon Goretzka. In particolare, il nativo di Rottweil sarà il grimaldello che attiva le superiorità posizionali che Flick vorrà costruire da dietro e portare progressivamente avanti nel campo. Nel 4-2-3-1 va capito prima di tutto chi prenderà le responsabilità sulle fasce. David Raum dovrebbe essere con ogni probabilità il proprietario dello slot di TS, mentre a destra abbiamo visto a fasi alterne Jonas Hofmann e Lukas Klostermann. In ogni caso, la volontà di ritrovare i meccanismi collaudati con Davies e Pavard al Bayern è evidente, come sarà anche la fluidità offensiva negli avanti. Comunque, i movimenti di Kimmich serviranno a costruire la superiorità numerica, sia con la salida lavolpiana (se le due ali arretrate salgono), sia consolidando la seconda linea di possesso quando la prima circolazione è affidata ai due DC più uno dei terzini.

I tre (o quattro) avanti vedranno l’inossidabile presenza di Thomas Muller, che dovrebbe aver risolto i problemi alla schiena, più Serge Gnabry e Leroy Sanè (il cui recente infortunio rischia però di cambiare tutte le carte in tavola). L’infortunio alla caviglia di Timo Werner complica non di poco le cose, togliendo dal mazzo la “punta tipo” e lasciando quindi spazio a soluzioni più estreme. Spazio alla tecnica con Musiala o Havertz? Si va per Adeyemi?

Un paio di parole per le nuove leve di questa nazionale, in un solco di discontinuità che non riguarda solamente la guida tecnica. Buona parte della vecchia guardia è stata accantonata. Dagli Europei 2018 mancherà gente come Toni Kroos (ritirato dagli impegni con la Mannschaft), Mats Hummels, Jerome Boateng, Sami Khedira, Mesut Ozil e Mario Gomez. Potremmo aggiungere anche Marco Reus, anche se l’esclusione del capitano del Borussia Dortmund dipende dai soliti tormenti fisici. D’altra parte, Flick sta costruendo la transizione verso il blocco del futuro, convocando anche il wonderkid Youssoufa Moukoko e l’intrigantissimo Armel Bella-Kotchap.

Musiala con la maglia della Germania prima dei Mondiali 2022
Con l’infortunio di Sané a trovare più spazio potrebbe essere proprio Musiala (Foto: Alex Grimm/Getty Images – OneFootball)

Prospettive per questo torneo? Certamente non banali. Ci sono alcuni ostacoli da scavalcare, da quelli “interni” come sostituire efficacemente Werner, fino ad un girone buono ma non comodissimo. L’incontro con la Spagna sarà super interessante e contornato da un tasso tecnico allucinante. Attenzione alla trappola Giappone, che aspira al ruolo di mina vagante del girone e non è ammesso perdere punti con il Costa Rica. Da qui in poi la questione si fa pungente. Il gruppo F è il girone più equilibrato degli 8 e la contendente agli ottavi uscirà proprio da lì. Evitare il Belgio sarà prioritario ma sfidare Croazia o Canada non sarà in ogni caso semplicissimo. Detto questo, senza distrazioni clamorose e con un minimo di fortuna negli incastri, si può arrivare ai quarti a vele spiegate, da lì in poi regnerà il caos. Al di là del risultato finale, questo torneo sarà cruciale per gettare le basi del rinnovamento iniziato due anni fa.

Mondiali 2022, Giappone: i Samurai vogliono stupire

Di Danilo Servadei

Dal 1998, il Giappone non ha mai mancato l’appuntamento con un Mondiale. L’ultima volta che i Samurai Blue non si qualificarono per la competizione iridata fu nel 1993, in quella che è passata alla storia come “l’agonia di Doha”, con i nipponici che si fecero raggiungere sul 2-2 dall’Iraq al 90′ (gol di Salman ndr.) e non ottennero il pass per volare a USA ’94, con la cosa che andò a minare gravemente tutto il movimento calcistico del Sol Levante. Nella squadra che scese in campo quel giorno c’era anche Hajime Moriyasu, attuale ct del Giappone, riuscito a far qualificare la squadra del suo paese al suo settimo Mondiale consecutivo che, coincidenza del destino, si giocherà proprio in Qatar. Una specie di chiusura del cerchio tanto per Moriyasu quanto per il Giappone, con i nipponici che sperano di scrivere un finale ben diverso rispetto a quanto accaduto 29 anni fa.

Il percorso di qualificazione a questo Mondiale non è stato affatto semplice e staccare il pass ad un certo punto non è stato così scontato. Il Giappone, infatti, dopo aver superato agilmente la seconda fase, iniziò la terza ed ultima fase perdendo ad Osaka 1-0 contro l’Oman negli ultimi minuti di una pessima partita, vincendo poi 1-0 contro la Cina in campo neutro (proprio a Doha ndr.) e poi perdendo ancora, venendo sconfitto 1-0 dall’Arabia Saudita con un gol completamente regalato da un passaggio disastroso di Gaku Shibasaki, che spianò la strada ad Al Buraikan. I Samurai Blue, però, non si arresero e contro l’Australia il 12 Ottobre 2021 arrivò il riscatto: vittoria per 2-1 all’85’ grazie all’autogol di Behich e tutto di nuovo riaperto. Da quella vittoria al Saitama Stadium, il Giappone non si è più fermato, vincendo altre 4 partite di fila e battendo in sequenza Vietnam, Oman, Cina e Arabia Saudita senza subire gol, con un Junya Ito in stato di grazia ed autore di ben 4 reti, di cui una stupenda contro l’Arabia Saudita ed una pesantissima a Mascate contro l’Oman. I nipponici arrivarono così alla sfida con l’Australia a Sydney al secondo posto con 18 punti ed i Socceroos in terza posizione con 15 punti.

La partita contro gli australiani fu dura, ma il Giappone comandò spesso e volentieri il gioco, fallendo più volte il gol del vantaggio e colpendo anche una traversa. Moriyasu le provò tutte per vincere e alla fine decise di lanciare Kaoru Mitoma nella mischia, con l’ormai ex Kawasaki Frontale che negli istanti finali fu decisivo e realizzò due grandi gol, permettendo ai Samurai Blue di staccare il pass per il Mondiale e di mandare il popolo nipponico in estasi. Ma come arriva il Giappone a questo Mondiale? I nipponici, come raccontato tanto da Moriyasu quanto da Yoshida nello speciale Road To Qatar 2022 Magazine mandato in onda su Rai Sport, ci arrivano con tanta voglia di stupire e di raggiungere quei quarti di finale che sembrano una vera chimera per loro.

Il Giappone, infatti, si è fermato spesso e volentieri agli ottavi, accarezzando il sogno di approdare ai quarti in tre occasioni. La prima fu nel 2002 dove ospitò il Mondiale assieme alla Corea del Sud, venendo eliminato dalla Turchia per 1-0, con la rete decisiva firmata al 12′ da Umut Davila in una partita arbitrata dall’italiano Pierluigi Collina. La seconda, invece, fu nel 2010 in Sudafrica dove il Giappone salutò la competizione iridata perdendo solamente ai calci di rigore contro la sorpresa Paraguay dopo lo 0-0 dei tempi regolamentari, con Komano che fallì quello decisivo. L’ultima, infine, è stata nello scorso Mondiale, quello disputato in Russia dove il Giappone non è ma andato così vicino all’impresa, ritrovandosi dopo più di un’ora di gioco avanti 2-0 sul potente Belgio. Tuttavia, alla nazionale guidata da Nishino dopo il 2-1 siglato da Vertonghen al 69′ iniziarono a tremare le gambe ed alla fine i Diavoli Rossi la ribaltarono vincendo 3-2 nel recupero grazie a Chadli.

Sembra ci sia quasi una maledizione sul Giappone che proprio non riesce a superare l’ostacolo ottavi di finale, ma i nipponici non hanno intenzione di mollare e daranno tutto anche in questa edizione del Mondiale, nonostante il sorteggio sia stato poco benevolo. I Samurai Blue, infatti, sono stati inseriti nel gruppo E dove ci sono anche Germania e Spagna, due delle favorite di questo Mondiale, oltre alla Costa Rica che come il Giappone farà da outsider e non sarà un avversario semplice da affrontare. I ragazzi di Moriyasu debutteranno al Mondiale mercoledì 23 novembre alle ore 14 quando ad Al Rayyan affronteranno la Germania che, per la concezione che ha di calcio, è più vicina al Giappone di quel che si pensi, e non è un caso che molti giocatori giapponesi, anche della nazionale, giochino in Bundesliga con ottimi risultati. Dopo la sfida contro i tedeschi, il Giappone se la vedrà contro il Costa Rica il 27 Novembre ed infine contro la Spagna il 1° Dicembre. A vedere il girone, sembra che i Samurai Blue non abbiano speranze, ma i samurai sono dei guerrieri molto orgogliosi e lotteranno fino all’ultimo minuto per ottenere una grande qualificazione.

La squadra giapponese in preparazione ai Mondiali 2022
Con un mix tra vecchie glorie e giovani di talento, il Giappone è tutt’altro che una squadra da sottovalutare (Foto: PHILIP FONG/Getty Images – OneFootball)

La nazionale giapponese vanta elementi molto interessanti in rosa ed uno su tutti è colui che ha contributo in maniera decisiva alla qualificazione, Kaoru Mitoma. L’ex Kawasaki Frontale ora al Brighton & Hove Albion si sta confermando anche in Premier League dopo l’ottima stagione passata in Belgio alla Royale Union St. Gilloise. Dotato di grande corsa e tecnica, Mitoma è molto pericoloso nell’uno contro uno e non ha paura di saltare l’uomo, con gli avversari che dovranno essere bravi a non concedergli troppo spazio se non vogliono essere puniti.

Occhi puntati anche su Ritsu Doan, Daichi Kamada, Takefusa Kubo e Junya Ito che formano una batteria di trequartisti davvero molto elettrica e consapevole che questo Mondiale può essere quello della consacrazione, soprattutto per il terzo. Ceduto dal Real Madrid alla Real Sociedad, Take Kubo si è finalmente ritrovato dopo l’ultimo anno non propriamente positivo a Maiorca e sta tornando ad essere quel gioiello prezioso che fece litigare Barcellona, PSG e Real Madrid, con i numeri che lo confermano. In attacco saranno da attenzionare Ayase Ueda, ex Kashima Antlers ed oggi al Cercle Brugge, e Daizen Maeda, ex Yokohama F. Marinos ed ora al Celtic FC.

In chiusura, menzione speciale per la difesa dove ci sarà Takehiro Tomiyasu, con l’ex Bologna che si è imposto in maniera importante nell’Arsenal, dove sta sfornando super prestazioni in ogni partita e che non vede l’ora di giocare il suo primo Mondiale. Difesa che sarà tenuta in piedi non solo da Tomiyasu, ma anche da tre veterani che conosciamo molto bene: l’ex Marsiglia Hiroki Sakai, il capitano Maya Yoshida, ex Sampdoria e l’ex Inter Yuto Natagomo.

Mondiali 2022, Spagna: continuità e grandi ambizioni

Di Matteo Speziale

Da quando le Furie Rosse sono riuscite nell’impresa di vincere due Europei  e un Mondiale nel giro di quattro anni, è stato difficile trovare una competizione in cui non figurassero tra le quattro-cinque squadre favorite. Ma post-2012 sono stati diversi i passaggi a vuoto degli iberici. Una fragorosa eliminazione ai gironi nel Mondiale 2014, una meritata eliminazione dall’Italia operaia di Conte nel 2016, una sfortunata lotteria dei rigori contro la Russia nel 2018. La generazione che aveva dato tantissimo nel quadriennio dei tre titoli, era ancora in auge e le squadre di club traevano benefici da loro. Diversamente in nazionale, per cause disparate il rendimento era molto più altalenante. Tra le cause di questa discrepanza di prestazioni e risultati, rispetto ai club, i primi ad andare sul banco degli imputati sono stati i commissari tecnici. Dopo le disastrose esperienze del 2014 e del 2016, è stato Del Bosque a pagare. Dopo di lui, il breve interregno di Lopetegui sembrava poter essere una risposta, ma la situazione è precipitata a causa di beghe diplomatiche, che hanno fatto esonerare l’ex portiere blaugrana poco prima del Mondiale 2018, facendogli subentrare Hierro.

Manifesto che Hierro fosse solo un traghettatore dovuto all’emergenza del Mondiale incombente, la scelta è ricaduta sull’attuale CT Luis Enrique. Senza troppi dubbi, si può dire che è stata una vera svolta per la Spagna. Il carattere dell’ex tecnico del Barcellona è noto, ma le sue idee sono di altissimo profilo e si sposano bene con gran parte del materiale umano a disposizione. Enrique è riuscito a mettere da parte qualcuno della vecchia guardia senza troppi problemi di sorta e ha dato nuova linfa al gioco e all’anima delle Furie Rosse. La semifinale dell’Europeo 2021 lo testimonia e guardando a fondo le partite giocate, c’è anche un po’ di amaro in bocca per gli spagnoli, condannati nuovamente dai tiri dal dischetto (per nostra fortuna).

Ma anche rispetto agli scorsi Europei qualche cambiamento, anzi, sarebbe meglio ancora chiamarlo, aggiustamento, è stato posto in essere dal CT. In porta ha confermato il titolare dell’Europeo, Unai Simon e la sua riserva Robert Sanchez. Come terzo non ha però dato altro spazio a David De Gea, tagliandolo completamente per portare con sé David Raya, portiere del Brentford. Simon è un portiere di spiccata intelligenza col pallone tra i piedi, pur non eccellendo né tra i pali né sulle uscite è un numero 1 affidabile e la sua bravura nel fraseggio è utilissima al gioco di Luis Enrique.

In difesa ha confermato le voci che sostenevano una nuova esclusione di Sergio Ramos. La leggenda del Real, aveva già saltato gli Europei per problemi fisici e senza di lui l’assetto trovato soddisfa pienamente le aspettative del CT. Al centro il più sicuro del posto è probabilmente Pau Torres. Il centrale mancino del Villarreal ha giocato un grande europeo e sta inanellando stagioni di altissimo profilo, non solo in Liga ma anche in Europa. Insieme a lui a giocarsi il posto (in tre per due maglie) saranno Aymeric Laporte e Eric Garcia; dato il non esaltante inizio di stagione del calciatore blaugrana è lecito aspettarsi il citizen favorito insieme a Pau. Sugli esterni pochi dubbi: Carvajal sarà il padrone della fascia destra, mentre Jordi Alba giocherà a sinistra. La chiamata di quest’ultimo va a corroborare l’idea di come Luis Enrique voglia un gruppo stra cementato: ormai Alba non è più stabilmente titolare nel Barça. Dietro di loro due carte di grande affidabilità come Azpilicueta e Gaya.

Da sempre fucina di talenti immensi il centrocampo della Spagna è probabilmente uno dei reparti più indecifrabili di tutto il Mondiale. Enrique mixa tantissimo i suoi uomini nelle tre caselline del 4-3-3. In generale non rinuncia mai ad un pivote davanti alla difesa: o capitan Busquets o Rodri, ma a volte li schiera addirittura insieme, come nella finale di Nations League contro la Francia. Per le due mezze ali spesso ne richiede una più di palleggio, come Gavi o Soler e una più offensiva come Pedri. Insieme a loro a dare ancora più alternative ci sono Koke e Marcos Llorente: il capitano dell’Atleti è ormai diventato un pivote di altissimo livello, unico a salvarsi per ora nella sgangherata stagione dei Colchoneros; in nazionale però gli potrebbe essere richiesto di tornare ai fasti dei suoi inserimenti letali che fecero la fortuna di Simeone nel periodo 2013-2016. La clamorosa (per alcuni di noi) esclusione di Alcantara è dovuta al suo fisico di cristallo: Enrique non lo reputa affidabile ed ha avuto troppo poco spazio per lavorarci durante l’anno, a causa proprio degli infortuni del centrocampista del Liverpool. Una scelta coraggiosa, ma comprensibile.

Il reparto offensivo è ricco di alternative ed anche qui Luis Enrique ha dimostrato di saper stupire. I principi del juego de posiciòn che adotta infatti, gli permettono spesso di schierare tre giocatori offensivi senza un riferimento vero e proprio. Escluso Morata infatti ha portato solo Ansu Fati con le caratteristiche di attaccante puro. Gli altri sono o esterni di corsia dal dribbling facile, come Ferran Torres, Asensio o Nico Williams o esterni puri in grado di dare profondità alla squadra come Sarabia e Yeremi Pino. Infine Dani Olmo, il trequartista più associativo in rosa, che ha fatto impazzire noi italiani nella semifinale dell’ultimo europeo. Enrique ha schierato lui come Ferran Torres, da falso nueve, con risultati, almeno sotto il profilo del gioco, di grandissimo spessore. Probabilmente sarà in base all’avversario che il CT sceglierà chi schierare nel reparto avanzato.

Luis Enrique in conferenza per i mondiali 2022
La qualità del lavoro svolto sinora da Luis Enrique è ineccepibile (Foto: JAVIER SORIANO/Getty Images – OneFootball)

Anche questa volta, insomma, dopo un ottimo Europeo, la Spagna ha ambizioni alte. Già nel girone avrà un banco di prova durissimo come la Germania di Flick, ma difficilmente le Furie Rosse potranno ritenersi soddisfatte della loro rassegna iridata senza una semifinale.

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