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QATAR 2022

Mondiali 2022, la Guida al Gruppo C: Arabia Saudita, Argentina, Messico e Polonia

Terzo gruppo ad entrare in campo ai Mondiali 2022, il Girone C è quello che vede i campioni sudamericani in carica dell’Argentina come favoriti, con la Polonia alle spalle che vuole togliersi di dosso la fama di grande perdente, la solita scheggia impazzita del Messico e il fanalino di coda, sulla carta, dell’Arabia Saudita.

Mondiali 2022: Arabia Saudita, Mission Impossible?

Di Luigi Gemmi

L’Arabia Saudita ha una buona occasione per sorprendere: il girone nella quale è stata collocata non è dei migliori, ma poteva andare molto peggio. In Asia attualmente i Green Falcon (chiamati cosi’ per via del colore delle divise e il simbolo sopra di esse) sono una delle Nazionali più forti, o perlomeno nella miglior forma storicamente parlando, tanto da aver sconfitto l’ormai internazionale Giappone nel girone delle qualificazioni. Ma a cosa è dovuto questo exploit? Semplice, ad un teamworking tra la SAFF che negli anni ha portato nel campionato maggiore saudita nomi di alto calibro grazie ai suoi stipendi faraonici permettendo di crescere ai giocatori locali, e non da meno il lavoro dell’attuale commissario tecnico Herve Renard, arrivato tra le critiche ma riuscito a superare i suoi predecessori in scioltezza. Ovviamente poi in campo ci vanno i giocatori che al 99% sono i principali responsabili di quello che succederà al fischio finale, quindi ora analizziamo insieme la rosa (e i probabili titolari) dell’Arabia Saudita.

Il modulo scelto dal tecnico francese è quasi sempre il 4-2-3-1 o 4-3-3, che in realtà cambia parecchio a seconda dell’interpretazione che si vuole dare al capitano Salman Al-Faraj, ma ne parleremo piu’ avanti… Tra i pali è subito polemica: infatti il portiere titolare sarà Mohammed Alowais classe 1991 che dopo anni all’al Ahli è passato lo scorso Gennaio ai campioni d’Asia in carica dell’Al Hilal per fare la riserva del gatto Al Mayouf, esperto 35enne nettamente superiore ma che è stato sempre, e ancor di più recentemente, respinto dal ct per via delle sue controverse parole riguardo la decisione di tenerlo fuori tutti questi anni. Abdullah d’altronde aveva annunciato il ritiro nel 2019 e solo nell’ultimo periodo aveva aperto ad un ritorno. Parlando del rendimento in campo, che è quello che realmente ci interessa, Alowais è discreto: in Asia ci sono centinaia di portieri migliori (e non si esagera), si riduce a fare il compitino senza strafare, non ha particolari caratteristiche che lo fanno eccellere in qualche settore (impostazione, rigori…) quindi se vorrete aspettarvi grandi parate da parte sua non illudetevi.

In difesa la linea a 4 negli anni ha sempre avuto una costante chiamata Al Hilal: i due terzini Alburayk e Yasir Al Shahrani, tra i principali artefici del triplete sono dei tuttofare, corrono, crossano, si inseriscono e hanno discreti piedi; per loro sarà un occasione dare tutto in vista di questo Mondiale. anche perché ormai arrivati alla soglia dei 30 anni e con diversi recenti infortuni. E’ proprio per questo che si sta inserendo nelle gerarchie Saud Abdulhamid, classe 1999 velocissimo e che potrebbe essere una rivelazione. La coppia centrale, ha sempre più o meno variato nel corso degli anni, ma recentemente il mister sta preferendo Alamri (classe 1997 dell’al Nassr) con Al Boleahi, esperto 33enne senatore dell’Al Hilal, purtroppo molto spesso sotto i riflettori per via di leggerezze tecniche. La difesa ha anche a disposizione Altambakti, Madu e il terzino Alghannam che sono assolutamente di pari livello con i compagni di reparto. Nonostante tutto i Green Falcon dietro stanno comunque dimostrando un certo tipo di compattezza non subendo reti nelle più recenti uscite con Ecuador, Stati Uniti, Macedonia (ahi) e Islanda; bisognerà vedere se questo tipo di compattezza verrà confermata al mondiale.

A centrocampo la scelta è ampia e di qualità: Mohammed Kanno (191 cm di velocità e dinamismo), Almalki, AlMuwallad (presente anche in Russia 2018) Ateef,il duttile Ghareeb, la sorpresa Sharahili (che ha ottenuto la prima convocazione qualche mese fa a 29 anni dopo stagioni passate in Serie B locale e sta giocando benissimo davanti alla difesa) ma soprattutto il capitano Salman Al Faraj vero perno del centrocampo della Nazionale Verde, schierato a seconda del match in una posizione di trequartista grazie alla sua abilità negli inserimenti o mezz’ala per via del suo fantastico piede sinistro: da lui ci si aspetta tanto.

Al Faraj in amichevole contro la Croazia
Quanto bene potrà fare l’Arabia Saudita dipenderà soprattutto dal rendimento del proprio capitano (Photo by AFP via Getty Images – OneFootball)

Giungiamo infine all’attacco che contiene la vera punta di diamante: Salem Al Dawsari, la superstar per eccellenza, l’ala sinistra moderna capace di segnare, saltare l’uomo e servire il compagno. I mezzi non mancano a Salem (che per giunta ha militato nel Villarreal) ma dovrà essere all’altezza della competizione facendo fare a sé stesso e i suoi compagni lo step successivo. Il Mondiale non sarà la prova finale per questa generazione, che ovviamente punterà tantissimo alla Coppa d’Asia, ma potrebbe essere un ottimo banco di prova per capire se realmente questa nazionale è valida tanto da potersela giocare anche fuori dai confini continentali. Il girone con Messico, Argentina e Polonia li colloca come fanalino di coda nella griglia di partenza ma mai dire mai, in quanto l’essere abituati a giocare a certe temperature può aiutare e da un passo falso è semplice prendere fiducia. Se qualcosa può succedere perché non in questo controverso mondiale? All’Arabia Saudita basta (“basta”) superare il girone per eguagliare il miglior risultato raggiunto nella storia della Coppa del Mondo, quando raggiunse gli ottavi a USA ’94. D’altronde sognare è gratuito.

Mondiali 2022, Argentina: una squadra incerottata che cercherà la forma migliore strada facendo

Di Lorenzo Masi

Dall’alto dei sui 37 risultati utili consecutivi dell’era Lionel Scaloni, l’Argentina giunge al mondiale con il consueto hype globale e con tante sicurezze acquisite in campo. La maggior parte della critica sente che questo sia un anno diverso per la Selección, non solo perché si tratta dell’ultima coppa del mondo di Messi, ma anche per la solidità e gestione mostrata tra qualificazioni mondiali e finalissima contro l’Italia. 

In quattro anni e mezzo, la nazionale è passata dal fallimento cocente del 2018 al ritorno alla vittoria in Copa America dopo 30 anni nel 2021. Il gol di Ángel Di María in finale contro il Brasile – un pregevole pallonetto imbeccato da un lancio millimetrico di Rodrigo De Paul – ha liberato gran parte degli atleti che sentivano il peso di dover vincere qualcosa. Era solo un blocco mentale o la nazionale argentina ha peccato, negli anni, di completezza in tutti i suoi reparti? 

A questa atavica domanda Scaloni sembra aver messo un veto con il lavoro giornaliero e con la bravura nel portare avanti uno zoccolo duro di giocatori che in nazionale si sono migliorati e completati ritiro dopo ritiro nonostante alcune difficoltà nei club. L’ex Lazio e Atalanta ha preferito lavorare con un gruppo giovane e volitivo, dando il là definitivo a quel cambio generazionale che la debacle precedente sembrava aver definitivamente richiesto. Dando vita alla “Scaloneta” che in patria è diventata un vero e proprio modo di intendere la vita come solo in Sudamerica sanno fare. 

I cambi tattici in questi anni sono stati pochi: Scaloni, che si è formato tra Italia e Spagna prima di intraprendere la carriera da allenatore, iniziata quasi per caso dopo l’addio di Jorge Sampaoli alla nazionale, si è dimostrato sin da subito una personalità equilibrata e preparata. Uno dei pochi capaci di far rimanere tutti coi piedi per terra nonostante i tanti elogi ricevuti in questo biennio. 

Il suo 4-3-3 è ormai cosa nota: in porta Emiliano Martinez è diventato titolare incontestato, risolvendo una decade di problemi legati all’estremo difensore della nazionale. In difesa, due centrali arcigni e tendenti al “vecchio stile” (due su quattro fra Cuti Romero, Lisandro Martínez, German Pezzella e Nicolás Otamendi) assieme a una coppia di terzini che viene reputata funzionale: Gonzalo Montiel e Nicolás Tagliafico se si cercano due profili capaci di fungere anche da terzi difensori centrali a seconda delle situazioni, o Marcos Acuña e Nahuel Molina se si punta sulla spinta costante dalle fasce. Con Juan Foyth ad agire da jolly in caso di necessità. 

Il centrocampo è sicuramente il reparto che subirà più cambiamenti rispetto all’idea iniziale di Scaloni: venuta meno la PDL, Paredes-De Paul-Lo Celso a causa dell’infortunio di quest’ultimo, il posto vacante potrebbe essere occupato dal Papu Goméz (ginocchio permettendo), da Alexis Mac Allister, dopo un grande inizio di Premier con il Brighton, o da Enzo Fernández, in assoluto il giocatore più chiacchierato degli ultimi tempi visto l’adattamento lampo al Benfica. Tra tutti, il favorito a spuntarla è comunque Mac Allister, frutto soprattutto del fatto che Lo Celso aveva la funzione di collante tra centrocampo e attacco, quasi da trequartista, la medesima che Mac Allister svolge nel suo club. 

In attacco pochi dubbi: attorno a Lautaro Martínez punta centrale graviteranno Ángel Di María  e Lionel Messi, con Julián Álvarez jolly offensivo e profilo capace di provocare la scintilla a partita in corso. Thiago Almada e Ángel Correa, le chiamate dell’ultimo minuto per sostituire Joaquin Correa e Nico Gonzalez, dovrebbero avere meno spazio ma assicurano qualità e variazioni tattiche in corso d’opera. Occhio soprattutto al giovane di Fuerte Apache, uno dei pochi riuscito a prendersi la nazionale dalla MLS, definito “sveglio e senza paura” dallo stesso Messi nel post partita contro l’Honduras. 

Lautaro, Messi e Di Maria festeggiano un gol contro l'Italia
Il tridente d’attacco dell’Argentina fa semplicemente paura (Foto: BEN STANSALL/Getty Images – OneFootball)

La vera incognita per la Selección è al momento la condizione fisica: sono tanti i calciatori che sembrano essere arrivati in Qatar acciaccati in cerca della miglior condizione, aspetto che ha leggermente urtato lo stesso Scaloni. Potrebbero quindi esserci ulteriori cambi nella lista fino all’esordio di martedì, cosa che potrebbe inevitabilmente togliere tranquillità e sicurezza ad un gruppo solido in cui tutti sembrano viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda.

Se l’Argentina supererà queste difficoltà senza scomporsi, assieme ad un insidioso esordio contro l’Arabia Saudita in cui la vittoria è obbligatoria prima di affrontare due ottime nazionali come Polonia e Messico, si potrà parlare più concretamente di candidatura alla vittoria finale, e di una squadra che non ha perso lo spirito vincente e la capacità di fare gruppo a dispetto dell’ultimo ventennio. 

Mondiali 2022, Messico: la consueta spina nel fianco

Di Simone Tommasi

Nel dizionario della Coppa del Mondo, alla voce “costanza” potete trovare la nazionale messicana. El Tricolor ha raggiunto gli ottavi di finale nelle ultime sette edizioni consecutive, e in tutto ha saltato solo cinque edizioni del trofeo calcistico più importante di tutti. Il Messico tradizionalmente si gioca anche la palma di miglior squadra della CONCACAF con gli Stati Uniti, e questo duello si è concretizzato anche nelle ultime Gold Cup – quella del 2019 vinta dal Messico in finale contro gli USA, e quella del 2021, in cui El Tricolor ha dovuto cedere il passo alla nazionale statunitense.

Il Messico si è qualificato terminando il girone del Centro e Nord America in testa a pari punti con il Canada, ma chiudendo con meno gol fatti e più gol subiti dei canadesi. Nelle quattordici partite disputate sono arrivate solo due sconfitte, subite nel giro di quattro giorni nel novembre scorso in Canada e USA. Il miglior marcatore della nazionale messicana è stato Raúl Jímenez, nonostante abbia realizzato solo tre gol di cui due su rigore. Questo percorso di qualificazione, unito ai risultati nella Nations League CONCACAF, ha stabilizzato il Messico poco fuori dalla top ten nel Ranking FIFA – ora è tredicesimo – risultando così stabilmente la prima delle non europee e non sudamericane.

A guidare il Messico in questa campagna mondiale ci sarà Gerardo Martino, al suo secondo mondiale dopo quello del 2010, in cui aveva portato il Paraguay fino ai quarti di finale. La panchina di El Tata, però, è ormai da mesi messa in discussione, con attacchi che arrivano da più parti. Il CT ha addirittura dichiarato di sentirsi “il nemico pubblico numero 1” in Messico, ma questa situazione di tensione va inquadrata in un clima di generale sfiducia e preoccupazione per il calcio messicano. Martino è rimasto fedele sin dall’inizio del suo mandato al suo 4-3-3, proponendo sporadicamente delle varianti, ma mantenendo sempre un forte accento sul possesso palla e sulla spinta dei giocatori di fascia. Soprattutto nell’ultimo anno, però, la squadra fa grandissima difficoltà a trasformare in gol le azioni offensive che costruisce.

Se c’è una certezza per il Messico ai Mondiali, quella è sicuramente Ochoa in porta. Il portiere del Club América ha la fama di diventare invincibile durante la rassegna iridata, ma resta da vedere se ci riuscirà anche questa volta a 37 anni. Dando un’occhiata anche agli altri due portieri che il Messico porterà in Qatar, è evidente un problema di ricambio generazionale nel ruolo, visti i 40 anni del secondo Talavera e i 35 di Rodolfo Cota.

Nel quartetto di difesa Martino ha sperimentato molto, provando diversi uomini nella sua linea. Quelli che hanno avuto un maggiore minutaggio nelle ultime partite sono stati Jesús Gallardo a sinistra, Kevin Álvarez a destra e al centro Néstor Araujo e César Montes. Tutti e quattro giocano in Messico – il primo e l’ultimo nel Monterrey, il secondo nel Pachuca e il terzo nel Club América. Non è scontato però che sieda in panchina il terzino destro dell’Ajax Jorge Sánchez, così come Héctor Moreno, vecchia conoscenza del calcio italiano ora anche lui al Monterrey.

Davanti alla difesa agirà Edson Álvarez, compagno di Jorge Sánchez all’Ajax. Elegante ed essenziale per il gioco di Martino, sarà la colla tra la difesa e il centrocampo. Ai suoi fianchi potrebbe esserci posto per le due stelle e veterani di questa squadra, ovvero Andrés Guardado ed Héctor Herrera. Visti però gli acciacchi dell’età patiti dai due, in diverse situazioni Martino si è trovato a dover fare a meno della loro intensità e intelligenza tattica, dando così diversi minuti a Carlos Rodríguez e più di recente a Luis Chávez.

Anche in attacco El Tata Martino ha sperimentato parecchio, un po’ per necessità, un po’ per provare ad ovviare al problema realizzativo che affligge il Messico ormai da tempo. Con Vela e Chicharito, forse i due nomi più conosciuti del reparto, fuori dal giro della nazionale già da diverso tempo e Tecatito Corona out per infortunio, le due caselle di ali dovrebbero essere occupate da Hirving Lozano e Alexis Vega. Il primo non ha bisogno di presentazioni, mentre il secondo è un’ala dalla tecnica raffinata che gioca in patria per il Guadalajara. Sembra partire invece indietro nelle gerarchie Orbelín Pineda dell’AEK. Al centro dell’attacco invece, in condizioni normali ci sarebbe Raúl Jímenez, ma il centravanti del Wolverhampton ha appena recuperato da un infortunio, e quindi, almeno inizialmente, il posto dovrebbe essere di Henry Martín, punta del Club América.

Lozano e compagni in ritiro per i Mondiali
Lozano, qui sorretto da tutti i compagni, dovrà farsi carico di buna parte delle offensive messicane, almeno fino al pieno rientro di Raul Jimenez (Foto: Elsa/Getty Images – OneFootball)

Il Messico è stato sorteggiato assieme ad Argentina, Polonia e Arabia Saudita, e la previsione è che si giocherà il secondo posto nel girone con la squadra di Lewandowski. Sono diverse però le variabili che determineranno il cammino de El Tri, a cominciare dalla risoluzione dei problemi in attacco. Gli infortuni di certo non aiutano, quindi staremo a vedere se sarà Lozano a caricarsi sulle spalle la squadra o se qualche nome nuovo brillerà nelle notti qatariote.

Mondiali 2022, Polonia: obiettivo riscattare i flop delle precedenti competizioni internazionali

Di Lorenza Suriano

Dopo un decennio sfavillante tra anni Settanta e Ottanta, culminato con la semifinale del Mundial, la Polonia ha vissuto epoche calcisticamente altalenanti. Problemi a livello di club e federazioni hanno in qualche modo tarpato le ali a generazioni talentuose, ma forse non pronte per il massimo livello. Dal 2016 però la Polonia non manca una qualificazione a un grande torneo, e anche il pool di calciatori che giocano nelle migliori leghe europee pare in grande crescita. Insomma, c’è vita dietro Lewandowski.

Il tecnico Czeslaw Michniewicz ha perso per strada qualche uomo chiave come Klich, Puchacz e Moder, ma soprattutto dal centrocampo in su sembra avere buona possibilità di scelta. Così come in porta, dove Sczcesny guida un terzetto completato da Skorupski e Grabara, entrato in extremis per l’infortunio di Dragowski. In difesa, le ultime uscite combinate con l’esplosione di Jakub Kiwior sembrano suggerire l’opportunità di schierarsi a 3. Il centrale dello Spezia si trova particolarmente a suo agio nel sistema ed è un’arma in più nella costruzione dal basso, tanto da aver impressionato anche Lewandowski. Insieme a lui probabilmente si vedranno Glik, ormai non più un ragazzino ma pur sempre portatore di personalità ed esperienza, e Jan Bednarek, che viene da un brutto periodo prima al Southampton e ora in prestito all’Aston Villa. In alternativa esiste la possibilità di adattare Bereszynski come braccetto destro, oppure Bielik, che di mestiere fa il mediano.

Proprio a Bereszynski dovrebbe in teoria spettare la corsia laterale destra, con il naturalizzato Matty Cash, inglese con madre di origine polacca, adattato a sinistra. Occhio però all’opzione Nicola Zalewski, che in Polonia ha tanti estimatori a partire da Zibi Boniek. Il ragazzo di Tivoli non sta giocando al livello dello scorso anno, ma è più abituato di altri a giocare sull’out di sinistra, orfano di mancini veri come Puchacz e Reca. Nel cuore del campo era possibile aspettarsi un ballottaggio tra Krychowiak e Bielik. Il primo esperto e con un passato di grandi prospettive non del tutto mantenute, ma ormai a svernare in una lega non proprio esaltante come quella saudita. Il secondo a 24 anni gioca al Birmingham City, in Championship. Non è un talento brillante, ma è abituato ai ritmi alti e al gioco sporco della seconda lega inglese. La realtà è che però potrebbero giocare entrambi l’uno accanto all’altro visto che a casa sono rimasti Goralski, Moder e il torinista Karol Linetty. L’alternativa più credibile in questo momento pare Zurkowski, che però in questi mesi di Fiorentina non ha quasi mai visto il campo e rischia di non avere grande ritmo partita.

Sulla trequarti la certezza è Piotr Zielinski, probabilmente il giocatore più importante di questa nazionale dopo Lewandowski. Autore di un grande campionato col Napoli, starà a lui legare i reparti e fornire palloni puliti al suo numero 9. Esiste un dubbio sull’assetto offensivo, se andare col doppio trequartista o con le due punte. Nel primo caso il candidato numero uno è Sebastian Szymanski, ragazzo in ascesa che sta facendo molto bene al Feyenoord, ha capacità in zona gol e un sinistro molto educato. Altrimenti spazio ad Arek Milik, che alla Juve sta ritrovando il feeling con la sua forma migliore. Oltre al pistolero Piatek, occhio però a due nomi intriganti: Frankowski e Kaminski. Il ventisettenne del Lens può fare qualsiasi ruolo sulla fascia destra, dal terzino al laterale difensivo all’ala d’attacco. Ha corsa e anche qualche gol nei piedi. L’esterno del Wolfsburg è invece un talento purissimo che man mano si sta guadagnando sempre più spazio in un campionato complesso come la Bundesliga. La punta di diamante come detto è ovviamente Lewandowski, cui si chiedono gol e carattere da trascinatore. Per il centravanti del Barcellona non è stato sempre facile adattarsi alle differenze di contesto rispetto alle squadre di club, e in questo senso il mondiale sembra anche l’opportunità di mettere a tacere gli ultimi detrattori.

Zielinski in azione con la Polonia prima dei Mondiali
Mai come quest’anno le aspettative su Zielinski sono alte (Foto: Michael Steele/Getty Images – OneFootball)

La Polonia arriva a questa competizione in modo strano. Dopo una qualificazione acciuffata nel playoff contro la Svezia (e la semifinale con la Russia vinta a tavolino), si ritrova in un girone apertissimo con Messico, Arabia Saudita e Argentina in cui il passaggio del turno almeno da seconda pare a portata di mano. Anche la condizione degli uomini chiave suggerisce una situazione di vantaggio rispetto agli avversari. Agli Europei però fu lo stesso, e la Polonia ne uscì con le ossa rotte esprimendo un pessimo gioco il cui riflesso si è visto nei risultati. Questa è l’occasione perfetta per rifarsi su un palcoscenico ancor più scintillante.

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