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Stefano Masini

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Dietro ai grandi progressi e ai recenti successi della nazionale ucraina c’è la mano di Andriy Shevchenko. Un ottimo inizio di carriera manageriale per chi l’Olimpo del calcio se l’è già conquistato indossando gli scarpini. Chi ha avuto la fortuna di vederlo in azione lo sa: guai a concedergli quel metro di troppo, era letale da ogni posizione e non c’era differenza tra sinistro e destro.

Da bambini sogniamo un po’ tutti di fare il calciatore: siamo lì, tra la poltrona e il tavolo, a giocare con una una palla di gommapiuma finché non rompiamo il souvenir che lo zio aveva portato alla mamma da qualche posto sperduto in giro per il mondo. Ma a noi in quel momento interessa solo realizzare il gol della vita, disegnando una parabola degna di Dejan Savicevic. Che bello sarebbe ripetere le sue imprese… Chissà com’è giocarsi una finale di Coppa dei Campioni, vincerla e farlo per ben due volte con due squadre diverse. Tutti vorrebbero essere come lui, o no?

Oggetto strano l’acchiappasogni, con tutte le sue trame e quelle piume a penzoloni. Per l’antica tribù dei Cheyenne era un dono della Donna Ragno che, proprio come una ragnatela, tratteneva qualcosa di speciale: i sogni. Anche gli interisti hanno avuto un loro personalissimo e preziosissimo acchiappasogni, ma invece di venire dal Nord America veniva da Duque de Caxias, nel cuore di Rio de Janeiro, Brasile. Il suo nome era Julio Cesar.

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