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Stefano Masini

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Alla voce “realizzazioniDavid Villa ha cerchiato un 327. Se fossimo spietati giudicheremmo un calciatore solamente per i suoi numeri. E 327 è un gran numero. Ma, come si suol dire, i gol vanno anche pesati. El Guaje è il primo a rendersene conto. Nel 2010 confessa ai microfoni:

I miei gol non servono a nulla se poi la Spagna non vince la Coppa del Mondo.

Mi avevano sempre detto che non sarebbe stato facile guadagnarsi da vivere con il pallone. Per questo avevo iniziato a studiare per laurearmi in Economia, ma ora è diventato veramente impossibile: devo lasciare.

Se ne farà una ragione Marc Roca, anche perché l’assegno firmato da Karl-Heinz Rummenigge che percepisce al Bayern Monaco basta e avanza per arrivare alla fine del mese. Ora l’economia la sposta in prima persona, qualcun altro la studierà per lui.

Se la Danimarca del 1992 viene ricordata come “dinamite danese“, Peter Schmeichel era la sua miccia. Il paragone è totalmente azzeccato, visto il carattere fumino e la forza esplosiva che aveva tra i pali. All’ingresso in campo gli avversari avevano solo due pensieri: il primo era una speranza, quella di non doversi trovare uno contro uno con quel colosso; il secondo era un brutto presentimento, sapevano che fargli gol non sarebbe stato affatto facile.

Nella sua storia ultracentenaria sono state più le delusioni che le gioie per la nazionale norvegese. Solo tre partecipazioni alla Coppa del Mondo e una agli Europei sono davvero troppo poche, ma sulla penisola scandinava sembra essere arrivato un vento nuovo che i piccoli vichinghi sono pronti a cavalcare. Il c.t. Lars Lagerbäck ha arruolato una generazione di futuri campioni capitanata da Haaland. Ora la Norvegia fa sul serio.

Nell’estate 2019, ancora lontani dall’emergenza sanitaria, il Manchester United si è assicurato le prestazioni di Harry Maguire versando 87 milioni di euro nelle casse del Leicester. Oggi il centrale classe ’93 veste la maglia numero 5 dei Red Devils e sfoggia la fascia da capitano sul braccio sinistro. Qualcuno mugugna dalle parti di Old Trafford. Perché? Il povero Harry porta la divisa che un tempo fu di Rio Ferdinand, non un giocatore qualunque per i tifosi…

Sul finire del XIX secolo il compositore russo Čajkovskij diede vita a Il lago dei cigni, un balletto destinato a prendersi la scena nelle sale di tutto il mondo. Un centinaio di anni più tardi, un altro cigno, altrettanto candido ed elegante, portò quel balletto al suo massimo splendore decidendo di danzare con un pallone. Il suo palcoscenico non era in legno massello, ma in erba. Il suo pubblico non reggeva un binocolo da teatro, ma sciarpe e bandiere. Questa è la storia di Marco van Basten, il Cigno di Utrecht.

Noi crediamo in Robert De Niro, nella Tigre di Mompracem.
Nella storia che sanno tutti, 
Maradona è megl’ ‘e Pelé
È megl’ ‘e Pelé.

Si conclude con questo atto di fede il ritornello di Maradona y Pelé. Son gusti, il mondo è bello perché vario. In questo caso Tommaso Paradiso a nome dei Thegiornalisti ha espresso il proprio favore, ma dati alla mano potrebbe ricredersi. Nessuno ha segnato più di O Rei: 1281 gol in carriera riconosciuti dalla FIFA. Altrettanti, se non di più, sono i motivi per i quali il titolo di icona gli appartiene. Non possiamo elencarli tutti, ma nel nostro piccolo cercheremo di delineare la figura di sua maestà Pelé.

Continua la striscia di risultati utili per la Nazionale, ma niente spremuta d’Orange: questa volta l’Olanda di Frank de Boer si rivela un fuori menù per l’Italia di Mancini. Al Gewiss Stadium finisce 1-1 con le reti di Lorenzo Pellegrini e Donny van de Beek. Ne approfitta la Polonia che scavalca gli azzurri e guida il gruppo A1 di UEFA Nations League.

Il protagonista di questo pezzo è alto a malapena 170 centimetri e balla con la numero 10 sulle spalle ma no, non è Lionel Messi. Eppure ha estro, classe, tecnica, rapidità d’esecuzione e tra le tantissime frecce al suo arco vanno segnalate l’umiltà e la fedeltà, valori che fanno di lui un’icona. Signore e signori, oggi si parla di Antonio Di Natale, il Totò di Udine.

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