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Scatti

Scatti: Italia-Olanda

Continua la striscia di risultati utili per la Nazionale, ma niente spremuta d’Orange: questa volta l’Olanda di Frank de Boer si rivela un fuori menù per l’Italia di Mancini. Al Gewiss Stadium finisce 1-1 con le reti di Lorenzo Pellegrini e Donny van de Beek. Ne approfitta la Polonia che scavalca gli azzurri e guida il gruppo A1 di UEFA Nations League.

Un mese di tempo per Mancini e il suo staff per trovare la quadra ad un gruppo che si consolida partita dopo partita, ma che sta facendo fatica a capitalizzare le occasioni da gol. Le riprese di Italia-Olanda sarà il loro materiale di studio. Noi, invece, partiamo dalla cornice suggestiva nella quale si è giocato…

Anche in quel di Bergamo il momento dell’inno nazionale è arrivato puntale come al solito. Per noi italiani è sempre speciale, ma ieri più che mai forse abbiamo riconosciuto quanto le parole di Goffredo Mameli siano reali: siamo fratelli, dobbiamo essere uniti, abbracciarci forte e superare anche la più dura delle sfide. Da Verratti a Chiellini, da Nord a Sud, da Est a Ovest. Per Bergamo, l’Italia chiamò.

Inno nazionale italiano - Foto Claudio Villa Getty Images OneFootball
Gli azzurri durante l’inno nazionale (Foto: Claudio Villa/Getty Images OneFootball)

Per non dimenticare

Gli azzurri tornano a Bergamo a 14 anni di distanza dall’ultima volta. Era il 15 ottobre 2006, Donadoni si era appena seduto sulla panchina dei campioni del mondo e la Turchia strappava un pareggio per 1-1. È passato tanto tempo e, a parte il risultato finale, è cambiato tutto. E a cambiare è stata soprattutto Bergamo, inevitabilmente, indelebilmente. La città è stata tra le più colpite dal Coronavirus. Se la maggior parte degli italiani ha passato la quarantena cantando dai balconi, i bergamaschi l’hanno passata asciugando le proprie lacrime; i meno fortunati, poi, non hanno fatto in tempo neanche a piangere. Una ferita aperta che non la smette di sanguinare. I dati parlano chiaro: oggi solo in Lombardia sono stati segnalati quasi 2000 nuovi positivi.

Con questa partita la Federazione ha voluto esprimere vicinanza e solidarietà a tutti coloro che soffrono, rendendo per una notte Bergamo il cuore d’Italia. Sappiamo che non è solo uno sport, che il pallone ha una forza innata, ma in questo caso non c’è la pretesa di far dimenticare. L’obiettivo è l’esatto opposto: ricordare. Non a caso nella giornata di ieri una delegazione azzurra composta dal C.T. Roberto Mancini, Lele Oriali e Gianluca Vialli ha fatto visita al cimitero monumentale. Sul posto anche il sindaco Gori, la famiglia Percassi e alcuni rappresentanti olandesi. Perché nel lutto non c’è bandiera.

Un tricolore grandissimo c’era, invece, allo stadio: era nella curva Nord, luogo sacro per i tifosissimi atalantini, e la copriva in lungo e largo. Se doveva essere il cuore della nazione, la bandiera non poteva mancare. È il simbolo dell’Italia unita, nella gioia e nel dolore, che unisce sia chi ieri è rimasto incollato allo schermo per 90 minuti sia chi del calcio non vuole proprio sentirne parlare. Un’immagine nobile rafforzata dalla presenza sulle tribune dei 243 sindaci della provincia, dei medici e degli infermieri che combattono quotidianamente in prima fila contro il virus. Gli azzurri hanno dato loro il cambio fino al triplice fischio.

Sindaci bergamaschi a Italia-Olanda - Foto Marco Luzzani Getty Images OneFootball
I sindaci della provincia di Bergamo assistono al match tra Italia e Olanda (Foto: Marco Luzzani/Getty Images – OneFootball)

Italia-Olanda e lo sgambetto di de Boer

Sarebbe stato bello festeggiare una vittoria su questo campo, ma il convento passa un pareggio. Peccato perché al 16′ eravamo avanti, ma poi ci siamo fatti raggiungere. Ci accontentiamo, di fronte avevamo un avversario di livello che ha saputo giocare bene le sue carte. Rispetto all’andata è stata tutt’altra partita: niente dominio a centrocampo e niente scorribande sulle fasce.

Questo perché nonostante abbia accettato l’incarico di commissario tecnico solamente tre settimane fa, Frank de Boer ha studiato molto bene gli azzurri e ha rifatto il look all’Olanda: 3-5-2 solidissimo con Stefan de Vrij, Virgil van Dijk e Nathan Aké come centrali, Daley Blind sulla sinistra e Hans Hateboer sulla destra. Schierandosi in questo modo e non con il solito 4-2-3-1 ha mandato in fumo le idee di Mancini e il doppio play Jorginho-Verratti è andato in palese difficoltà. Da meteora all’Inter a guastafeste della nazionale: il ritorno nel bel Paese del tecnico olandese è stato più dolce del previsto.

Mancini & de Boer - Foto Marco Bertorello AFP Getty Images OneFootball
Roberto Mancini e Frank de Boer di fronte alle rispettive panchine (Foto: Marco Bertorello/AFP via Getty Images – OneFootball)

Va dato merito all’Olanda per aver fermato il centrocampo collaudato italiano. Il trio con i già citati Jorginho e Verratti e l’interista Nicolò Barella fino ad ora non aveva mostrato troppe falle. Ma sulla mediana la classe non è mancata neanche ai nostri avversari, che si sono schierati con Wijnaldum, van de Beek e l’imprendibile Frenkie de Jong.

Vedere giocare il classe ’97 del Barcellona è una goduria e se ami il calcio non puoi far finta di nulla, girarti dall’altra parte, lo noti e basta. La sua prova in Italia-Olanda è stata oggettivamente superiore. Anche nel primo atto ad Amsterdam aveva fatto intravedere il suo talento, ma al Gewiss Stadium si è superato. È sicuramente lui l’MVP di questo centrocampo stellato. In Spagna lo paragonano a Xavi, esagerano? Nel dubbio non perdetelo d’occhio.

La mossa tattica del Mancio per riprendere le redini della gara è stata l’ingresso in campo di Alessandro Florenzi per Lorenzo Pellegrini, disponendo i suoi a specchio rispetto all’Olanda. In effetti il miglioramento è visibile, grazie anche al buon impatto dell’ex capitano della Roma. Purtroppo per l’Italia, però, 18 minuti più recupero non bastano per mettere la freccia: gli Orange reggono e quando concedono un’occasione Immobile la cestina.

Sotto pressione

Serataccia per Ciro Immobile, ma non è il solo. Autore di una prova opaca è stato anche Federico Chiesa. Che ci siano aspettative troppo elevate nei confronti di questi due giocatori? Non è del tutto corretto, il loro valore non si discute. Che stiano accusando la pressione? Questo sì, non c’è dubbio. Partendo da Chiesa, sono stati giorni movimentati con il passaggio dalla Fiorentina alla Juventus, con tutte le critiche del caso e qualche minaccia di troppo al fratello Lorenzo. Siamo sicuri che l’esterno muoia dalla voglia di dimostrare alla sua nuova società di aver fatto la scelta giusta, ma potrebbe servire tempo per tornare a giocare con la mente libera.

Per il capitano biancoceleste, invece, potrebbe pesare il fatto che ad ogni sosta nazionale si sprecano i titoloni sul perché non riesca a dare il 100%. Rumors che sono aumentati in maniera esponenziale nell’ultimo periodo, da quando ha messo le mani sulla Scarpa d’Oro precedendo attaccanti del calibro di Robert Lewandowski e Cristiano Ronaldo. Un buon motivo per aspettarlo e metterlo nelle giuste condizioni di sbloccarsi.

Ciro Immobile - Foto Claudio Villa Getty Images OneFootball
Ciro Immobile, a secco con la nazionale da un anno (Foto: Claudio Villa/Getty Images – OneFootball)

Qualche segnale positivo è comunque arrivato. La nota più lieve porta il nome di Lorenzo Pellegrini. Di natura mezzala, è stato schierato per la seconda volta consecutiva come ala sinistra (dove solitamente opera Lorenzo Insigne) e ha saputo confermarsi su buoni ritmi. Ha offerto imprevedibilità alle manovre offensive azzurre e quando è stato messo in condizione di far male lo ha fatto trasformando in rete un filtrante geniale di Barella. Il mister ha fiducia in lui, ripagata fino in fondo. Con quei tre sulla mediana diventa difficile strappare una maglia da titolare, ma se gioca così potrà tornare utile anche nelle vesti di alternativa nel tridente d’attacco.

Prossimo appuntamento con la Nations League, domenica 15 ottobre. L’Italia ospiterà la Polonia per riprendersi la vetta del girone e continuare a sognare le Final Four. Tempi diversi, tempi di altri scatti.

Autore

Viterbese classe ’99, muove i primi passi con ai piedi un pallone e, neanche a dirlo, se ne innamora. Quando il calcio giocato smette di dare speranze, ci pensa giornalismo sportivo a farlo sognare. E se si fosse trattato di campo, essere riserva di lusso lo avrebbe fatto rosicare… alla tastiera non potrà che essere un valore aggiunto.

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