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CALCIO ITALIANO

La trasformazione del Napoli di Spalletti

Il significato etimologico di Napoli deriva dal greco Nea-Polis, ossia città nuova; la storia della città campana si basa sul cambiamento e la storia ha visto passare dai campi Flegrei i romani, i bizantini, i saraceni, i normanni e gli aragonesi. Grazie a questo la città ha più volte cambiato faccia ma mantenendo intatto il proprio pregresso, creando un’alchimia ben visibile nelle strade e nella cultura che questa città ci regala.

Il 2022 è diventato l’anno del rinnovamento anche per la squadra della città, un rinnovamento che ha molto tardato ad arrivare e che si è consumato in maniera totale e decisa nel corso di quest’estate, dove gli addii contestuali di Insigne, Mertens, Koulibaly e quello in dirittura d’arrivo di Fabian Ruiz hanno chiuso il conto con un gruppo e con una filosofia di gioco che ha fatto sognare la città partenopea negli anni precedenti. Il compito di rendere questo cambiamento il più rapido possibile per il Napoli è nelle mani di Luciano Spalletti.

Un nuovo ciclo per il Napoli

In queste prime giornate di campionato Spalletti ha schierato una squadra la cui età media è di 26,6 anni, rientrando leggermente sotto la media totale del campionato, ma soprattutto ha abbassato di due anni questo dato rispetto ai 28,5 della scorsa stagione – solo Lazio, Inter e Sampdoria avevano un dato superiore – mostrando quale fosse il primo vero obiettivo della società partenopea all’alba di questa stagione, ossia ringiovanire la rosa.

Con l’arrivo di Kim, Kvaratskhelia e Raspadori il club di proprietà di Aurelio De Laurentiis ha completato il ricambio generazionale mettendo le basi per quello che sarà un nuovo ciclo in cui, stando alle prime avvisaglie di questa stagione potrebbero trovare un maggiore coinvolgimento Hirving Lozano e due giocatori classe 1999 da cui Spalletti sembra intrigato: Eljif Elmas e Alessio Zerbin.

In tanti nella scorsa stagione reclamavano un ringiovanimento della rosa del Napoli, soprattutto in tanti intravedevano da diverso tempo i segni della fine di un ciclo tecnico, con diversi giocatori non più sugli stessi livelli del triennio di Maurizio Sarri.

La suggestione creata da quel triennio ha probabilmente usurato sia il gruppo di giocatori che la piazza: i dribbling di Insigne, i goal di Mertens, i fraseggi di Fabian Ruiz hanno fatto nascere una storia d’amore passionale tra la squadra e la città, ma dopo poco l’amore si è trasformato in affetto fraterno, come in una famiglia dopo anni di convivenza. E come in una coppia, è mancato il coraggio di dirsi addio nel momento giusto.

Ora questo cambiamento è arrivato, ma con la solita diffidenza italiana che ha iniziato a confondere questa trasformazione in un ridimensionamento degli obiettivi, per cui prima che le partite di esordio in campionato mostrassero la bontà del cammino iniziato quest’estate, Napoli ci ha mostrato quanto sia complicato lavorare su una strategia di lungo periodo.

Il nuovo corso tattico del Napoli di Spalletti

Oltre al ricambio generazionale, il nuovo Napoli deve portare avanti un rinnovamento anche a livello tattico, con Spalletti chiamato a sfruttare al meglio le qualità più istintive e verticali di Kvaratskhelia e Lozano ed il valore atletico di Anguissa e Ndombele, pronti a far avanzare il gioco a suon di conduzioni palle al piede e duelli a sportellate a centrocampo.

Decisamente un grosso cambio di paradigma dopo gli anni trascorsi a dominare il possesso palla e la ricerca di combinazioni dall’elevato valore tecnico. Con le progressive partenze di Jorginho, Hamsik e Fabian Ruiz, per forza di cose il calcio di possesso si è mostrato molto meno affascinante rispetto agli anni di Sarri, pur mantenendo dei picchi estetici importanti quando era in grado di far saltare le linee di pressione avversarie.

Il calcio che oggi il Napoli di Spalletti è chiamato a proporre vede la confidenza con il pallone tra i piedi di Rrahmani e Kim supportati da Lobotka come esche per attirare la pressione avversaria, per poi muovere il pallone esternamente ed affidarlo in verticale alle corse dei propri esterni offensivi.

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La trama preferita che stiamo vedendo all’opera in questa fase iniziale di stagione è quella che vede il pallone mosso lateralmente sui piedi di Di Lorenzo – il nuovo capitano, per rimanere in tema di cambiamento – per poi cercare la traccia immediata in avanti verso Lozano. Da quest’asse è stata creata l’azione che ha portato al primo goal del Napoli in questo campionato nonché alla prima realizzazione di Kvaratskhelia in serie A.

Questo spostare il gioco sulle verticali esterne del terreno di gioco apre nuovi scenari a chi per anni è stato abituato a toccare tanti palloni nelle zone centrali del campo e fraseggiare in spazi stretti per permettere alla squadra di avere il controllo del ritmo della partita. Questo nuovo sistema penalizza giocatori come Fabian Ruiz che, per questa ragione, sta accettando la corte del PSG, mentre Spalletti sta mettendo in azione la parte più riconoscibile del suo metodo di lavoro, ossia quella di ritagliare nuove dimensioni ai propri calciatori, per esaltare le qualità di Piotr Zielinski.

Zielinski deve ritrovare quella qualità che aveva precedentemente di essere disposto a fare tutto e se posso lo ritiro di qualche metro indietro da quel ruolo di trequartista perché da una valutazione tecnica ha bisogno di spazi ampi per andare a raccattare il meglio delle proprie qualità

Le affermazioni del tecnico di Certaldo nel corso del ritiro a Dimaro sono una chiara dimostrazione di intenti nei confronti del giocatore polacco, con l’obiettivo di toglierli centralità nelle fasi iniziali del possesso allo scopo di creargli attorno gli spazi vitali necessari ad attivare le sue grandi doti atletiche e tecniche.

Osservando le heatmap relative alla scorsa stagione e comparandola con i primi match di questa annata, si intravedono i compiti differenti assegnati all’ex giocatore dell’Empoli, a cui Spalletti ha assegnato una zona di campo più circoscritta al mezzo spazio di sinistra, eliminando dal suo gioco la necessità di toccare palloni interlocutori e di cercare la giusta posizione in campo per incidere.

Sappiamo tutti quanto bene Spalletti abbia fatto alla carriera di tanti giocatori – Perrotta e Totti a Roma, Pizarro ad Udine, Brozovic all’Inter per citarne alcuni – educandoli a svolgere nuovi compiti e funzioni, un Zielinski libero di muoversi in spazi creati dai suoi compagni potrebbe essere la scommessa vincente del tecnico toscano in grado di spostare le sorti della stagione della squadra partenopea.

Cosa portano i volti nuovi al Napoli

Sulla carta i giocatori arrivati dal mercato condotto da Cristiano Giuntoli sono arrivati a Napoli allo scopo di sostituire quelli partenti, così Kvaratskhelia ha raccolto l’eredità di Lorenzo Insigne, Raspadori quella di Dries Mertens, Kim Min-jae va al posto di Koulibaly ed il prestito di Ndombele dovrebbe coprire la partenza di Fabian Ruiz. L’unica partenza, ad oggi, non ancora coperta da un nuovo acquisto è quella di David Ospina, seppur i rumors di mercato abbiano accostato in più riprese al Maradona sia Keylor Navas che Kepa.

Con l’esterno offensivo georgiano, l’ex direttore sportivo del Carpi ha portato a Napoli un giocatore che farà innamorare la piazza; anzi, forse lo ha già fatto. L’ex giocatore del Rubin Kazan porta con se quella grande dote dell’imprevedibilità e dell’istintività delle sue giocate, mai banali e sempre fatte a grande velocità di pensiero ed esecuzione. Il fatto che abbia – con le sue tre reti – superato il numero di reti su azione fatte da Insigne nella scorsa stagione, dice molto su quanto possa portare come valore aggiunto alla fase offensiva partenopea, a patto che non perda quel senso di incoscienza in alcune sue giocate che bene si integra con l’anima artistica della città che lo sta adottando.

Raspadori, invece, rappresenta l’elemento che permetterà a Spalletti di poter cambiare il piano-partita rispetto a quello standard: l’ex giocatore del Sassuolo può svolgere ancora meglio di Mertens il ruolo di sotto punta alle spalle di Osimhen grazie alla sua grande capacità di creare e sfruttare gli spazi, una dote esplorata e stimolata dai princìpi di gioco di De Zerbi prima e Dionisi poi in Emilia. Spalletti ha un grande debole per i giocatori in grado di muoversi tra le linee e siamo certi che diventerà il coltellino svizzero del tecnico toscano che, sia a gara in corso o come mossa per modificare lo spartito tattico della squadra, potendo permettere il passaggio al 4-2-3-1 oppure venendo utilizzato come falso centravanti quando sarà necessario ridurre il minutaggio di Osimhen stesso. In una squadra più verticale, Raspadori rappresenta la quota tecnica di cui è meglio non rimanere sprovvisti.

Raspadori al suo esordio con il Napoli di Spalletti contro la Fiorentina
Raspadori ha esordito domenica scorsa contro la Fiorentina giocando 33 minuti. (Foto: Gabriele Maltinti/Getty Images – OneFootball).

Kim Min-jae, invece, rappresenta una mossa di grande scouting messa in piedi dalla società napoletana. Il curriculum del giocatore coreano poteva intimidire qualsiasi approccio nei suoi confronti, visto che stiamo parlando di un giocatore sbarcato nel calcio europeo solo nella scorsa stagione dopo aver trascorso alcuni anni tra il suo paese natio ed il munifico campionato cinese. Tuttavia, è bastata l’ultima stagione al Fenerbache per rendersi conto di essere di fronte ad un giocatore che, per caratteristiche, poteva essere un ottimo sostituto per Kalidou Koulibaly.

Ed il campo sta già confermando le impressioni, con il centrale coreano che si sta mostrando un dominatore del gioco aereo, un aspetto che ben si sposa con il desiderio di Spalletti di tenere la linea alta, dove, al pari di Koulibaly, Kim mostra di non aver paura, anzi di essere a proprio agio nel difendere in avanti e tentare l’anticipo. Inoltre, lo abbiamo già visto in alcuni frangenti uscire palla al piede dalla difesa e proporsi in avanti con una conduzione personale, proprio come il difensore senegalese aveva abituato il pubblico napoletano.

Tanguy Ndombele, invece, è la grande scommessa del mercato del Napoli. Il centrocampista francese potrebbe diventare il moltiplicatore di soluzioni per Luciano Spalletti, potendo svolgere diversi compiti a centrocampo, come alternarsi a Lobotka nella fase di costruzione dell’azione per resistere a pressing avversari particolarmente feroci, oppure superare le linee avversarie con le sue conduzioni palla al piede, senza dimenticare la possibilità di punire le linee difensive basse con il suo tiro dalla distanza.

Ndombele con la maglia del Napoli all'esordio in campionato
Ndombele ha collezionato 15 presenze nella scorsa stagione a Lione tra campionato ed Europa League. (Foto: Gabriele Maltinti/Getty Images – OneFootball).

Il lato oscuro della medaglia sta in una cultura del lavoro non prettamente prioritaria nei suoi pensieri, un atteggiamento che lo ha portato a litigare con Mourinho prima e con Antonio Conte poi. Riuscirà Spalletti a trovare la chiave per riportare Ndombele vicino ai livelli con cui lo avevamo conosciuto in quel di Lione? Dalla riuscita di questo azzardo potrebbe passare il livello della stagione del Napoli.

Con gli arrivi di Ostigard e Olivera – il tanto atteso terzino sinistro – in difesa, e di Simeone in attacco, il Napoli sembra aver ottenuto dei grossi miglioramenti anche in termini di profondità della rosa, a cui sarebbe interessante vedere aggregati in maniera definitiva Gianluca Gaetano e Alessio Zerbin, rispettivamente centrocampista ed esterno offensivo cresciuti nel settore giovanile partenopeo e che nella scorsa Serie B hanno avuto la stagione da protagonisti che serviva per mettere in luce il loro intrigante talento e qualità tecnica.

Una transizione stimolante

Con queste premesse a Castelvolturno si respira un’aria decisamente più fresca. Quella che è appena iniziata è forse la prima vera stagione in cui l’ambiente napoletano ha deciso – attingendo a piene mani dal lessico freudiano – di uccidere il padre, ossia il triennio sarrista che ha imprigionato la squadra in una continua ricerca di rimando a quei tre anni accorgendosi in ritardo che, invece, andava voltata pagina.

Spalletti più volte in conferenza stampa da un mese a questa parte ha parlato di transizione per descrivere da una parte la stagione che secondo lui aspetta il Napoli quest’anno, ma anche una descrizione del lavoro che la famiglia De Laurentiis gli ha chiesto nel momento in cui ha messo piede in Campania.

Sentiremo parlare spesso della parola transizione associata al Napoli quest’anno, non solo per ridimensionare strategicamente le aspettative sulla squadra, ma anche come concetto di ciò che vedremo sul campo di gioco, con una squadra che ribalterà il campo più velocemente e che cercherà di portare una visione di calcio ancor più al passo con i tempi.

Fonte dati: Wyscout

Fonte heatmap: SofaScore

Autore

Cresciuto con l'amore per la Samp di Vialli e Mancini e della curva Nord dello stadio San Nicola. Da grande trasformo il mio tifo in passione per lo sport, la tattica e la performance analysis. Giochista convinto.

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