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SUGGESTIONI

Fenomenologia del derby della Capitale

Troia, XVI secolo avanti Cristo. La calma della notte viene interrotta bruscamente. La folla si sveglia di soprassalto, il clangore delle armi risuona nella volta oscura del cielo. Usciti da un grosso cavallo di legno, i guerrieri greci stanno mettendo a ferro e fuoco la città, ponendo fine in maniera subdola a uno dei più grandi conflitti della storia dell’umanità. Da anni aspettavano quel momento. In ogni angolo della città la gente fugge impaurita, cerca di mettersi in salvo, di scampare all’ira degli invasori stranieri.

Tra questi c’è un uomo, Enea, destinato a recitare un ruolo cruciale nella storia dell’umanità. Grazie a una premonizione ricevuta dal concittadino Ettore, riesce a fuggire per tempo da Troia, perdendo però la moglie Creusa che, riapparsagli sotto forma di fantasma, gli preannuncia il suo futuro di fondatore di un grande popolo.

Da questa profezia parte la suggestione di oggi, che dalla rocambolesca fuga di Enea dalle ceneri di Troia giunge fino al derby più sentito del nostro campionato: quello tra Roma e Lazio.

Ab urbe condita

Dopo la fuga da Troia, al termine di diverse peripezie narrate dalla sapiente voce di Virginio nell’Eneide, l’eroe protagonista del poema giunge nell’odierno Lazio, dove fonda la città di Lavinium. Qui Enea s’insedia e suo figlio, Ascanio, fonda a sua volta una propria città, Alba Longa, su cui regna la sua discendenza finché un suo postero, Amulio, s’impadronisce del trono sottraendolo al legittimo proprietario, il fratello maggiore Numitore.

Amulio inoltre costringe sua nipote Rea Silvia, la figlia di Numitore, a diventare vestale, negandole dunque la possibilità di mettere al mondo un legittimo erede al trono usurpato. Le vestali infatti erano le sacerdotesse della dea Vesta e avevano l’obbligo di osservare il voto di castità. Niente di più difficile però con i lussuriosi dei antichi in circolazione.

Il celebre storico latino Tito Livio racconta infatti come il dio Marte s’invaghisca della giovane vestale e la possegga con la forza in un bosco sacro, rendendola pregna di due gemelli. Scoperto l’accaduto, Amulio condanna Rea Silvia ad essere seppellita viva, pena prevista per le vestali che trasgredivano il voto di castità, e ordina che i suoi due figli fossero abbandonati in una cesta nel fiume.

I pargoli in questione sono Romolo e Remo e vengono salvati da una lupa, che li mantiene in vita allattandoli prima che il pastore Faustolo li trovasse e li crescesse come suoi figli. Una volta cresciuti i due vengono a conoscenza del loro retaggio reale, uccidono Amulio, riconsegnano il trono al nonno Numitore e ottengono da lui il permesso di costruire una nuova città. E qui si colloca il primo germoglio di quella rivalità che subentrerà più avanti e che è al centro di questo racconto.
Essendo gemelli ovviamente il diritto di primogenitura non poteva essere un valido criterio per scegliere il re della nuova città, per cui i due fratelli decidono di lasciare la decisione nelle mani degli dei, ricorrendo ai presagi. Remo vede per primo sei avvoltoi, però poi Romolo ne scorge il doppio. Criterio quantitativo contro criterio temporale, tra i due nasce un feroce scontro in cui Romolo uccide Remo e s’impossessa della città appena fondata.

Quid melius Roma?

Quella città è Roma. La lotta fratricida è insita nelle origini della città eterna e si ripropone puntualmente ogni anno, tramite il derby della Capitale. In Italia sono tante le città calcisticamente divise in due, ma nessuna separazione è polarizzante come quella che anima Roma. Giallorossi e biancocelesti sono due realtà agli antipodi, un’origine comune come Romolo e Remo, ma una rivalità inesorabile e totalizzante, che porta alla resa dei conti come nella leggenda dei due gemelli. Roma-Lazio è IL derby, la stracittadina più sentita d’Italia e i motivi sono molteplici.

La ragione primigenia di questa rivalità è da rinvenire nelle origini socialmente diverse delle due realtà. Da una parte la Lazio, nata nell’odierno rione Prati, che giocava le sue partite nel quartiere Flaminio. Due zone molto in di Roma, luoghi della medio-alta borghesia capitolina. Dall’altra la Roma, nata dalla fusione di alcune società romane preesistenti, consacratasi sull’erba del campo Testaccio, nell’omonimo rione. Una zona popolare, di bassa estrazione sociale.

Uno scontro di classe dunque, ancora prima che calcistico. Da una parte la Roma borghese, dall’altra quella popolare. Differenze sociali, fratture che al tempo in cui si generarono erano notevolmente discriminanti. Due modi diversi di vedere il mondo, in un periodo in cui la connotazione socio-politica, e di conseguenza economica, era enormemente caratterizzante. Così, in pieno ventennio fascista, nasce il derby di Roma. Un match che va subito oltre la mera rivalità cittadina, diventa vera e propria lotta di classe.

Lo stadio Olimpico in occasione del derby di Roma. (Foto: Grazia Neri/ALLSPORT/Getty Images – OneFootball)

Oggi di quella lotta rimane sicuramente ben poco, giusto un eco. I tifosi ormai sono mescolati e la differenza tra Roma e Lazio, nello specifico tra romanisti e laziali, ha perso praticamente ogni marcatura sociale. Certamente anni di rivalità dovuta a motivi ben più grandi di una partita di calcio hanno lasciato un’ombra sul derby. La stracittadina è cresciuta negli anni, arrivando a contare più della semplice supremazia cittadina, ma si è portata appresso il retaggio dei suoi primi anni, quando rappresentava una delle poche occasioni per un proletario di avere la meglio su un borghese, quando era un vero e proprio scontro di classe.

Il derby di Roma si costruisce dapprima su questa sostanziale divisione sociale, specchio delle differenze tra le due squadre. Si rafforza però all’interno di un denominatore comune, che consiste nel ristretto raggio di visione delle due società, dovuto stavolta non tanto alla composizione dei tifosi, ma proprio alla natura delle due squadre.

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Si fueris Romae, Romano vivito more

La stracittadina romana è così totalizzante perché a lungo è stata l’unica ambizione alla portata dei due club. Roma e Lazio in un secolo di storia contano, complessivamente, poco più di 30 trofei. Una cifra molto esigua se paragonata a quella delle tre grandi squadre italiane: solo la Juventus conta un numero maggiore di scudetti.

Il famoso provincialismo romano deriva proprio da ciò, da questa mancata abitudine alla vittoria, da una storia avara di trionfi. Nella maggior parte delle stagioni vissute per Roma e Lazio la supremazia cittadina è stato l’unico obiettivo appetibile. Una rivalità così forte è stata resa tale proprio perché esacerbata dalla mancanza di altri successi. L’abitudine a vincere avrebbe chiaramente allentato un po’ la tensione, perché avrebbe dirottato l’attenzione verso altre mete, stemperando un po’ gli animi.

Invece la tensione è sempre altissima, perché la concentrazione è massima. La prima raccomandazione che un tifoso di Roma o Lazio fa a un giocatore appena arrivato in città è “me raccomando, il derby”. Non si scappa da quest’obbligo: il derby va vinto perché Roma è spesso l’unico trofeo a disposizione, ma anche per una ragione più morbosa: Roma è una mamma che i suoi due figli vogliono tutta per sé .

Lazio
La metà biancoceleste di Roma (Foto: Andreas Solaro/AFP via Getty Images – OneFootball)

Questo provincialismo che connota il derby della Capitale è causato – e amplificato – anche dai sentimenti estremi che animano la città eterna. Il romano è un profilo esuberante, esagerato nelle sue passioni e nelle sue reazioni. Ciò che maggiormente lo denota è un attaccamento viscerale alla propria città, l’orgoglio romano è uno dei più forti sentimenti d’appartenenza territoriale che si possono trovare nella nostra penisola.

Roma viene vissuta alla stregua di una figura materna capace di donare un amore incondizionato, ma che ogni figlio vuole solo per sé. Nonostante quell’amore sia grande, perderne anche un piccolo anelito è percepito come una condanna insopportabile, una tortura.

È inconcepibile dunque dividere una città come Roma: un figlio prediletto deve esserci. È così da sempre, da quando Romolo uccise Remo per governare incontrastato ed è così ogni volta che Roma e Lazio si affrontano. Si fronteggiano, combattono per essere il figliol prodigo almeno fino allo scontro successivo. E così via in un ciclo continuo ed eterno.

Il derby sarà sempre il match più sentito a Roma perché ciò che scalda maggiormente il cuore delle persone è l’amore e quello materno è uno dei più potenti, ma deve essere anche esclusivo per appagare totalmente e a Roma non lo sarà mai. Per questo questa lotta non avrà fine.

Possis nihil Urbe Roma visere maius

Siete mai stati a Roma nella settimana del derby? L’atmosfera è unica. Tutto comincia presto, il preludio a quel match è davvero lungo. Già da inizio stagione, quando vengono stilati i calendari qualsiasi tifoso romanista o laziale va inesorabilmente a vedere quando la sua squadra incrocerà il nemico di sempre. S’individuano le date, si va alla ricerca di corsi e ricorsi che incutano un po’ di fiducia così da poter rilassare i nervi.

Poi il campionato parte, e magari per un po’ ci si scorda anche di quell’incontro. Ma solo dello scontro diretto, perché indirettamente la tensione rimane alta. Ogni settimana si spera che il rivale cittadino si fermi, indipendentemente dalla posizione di classifica. A Roma l’attenzione sul risultato dell’altra squadra è sempre massima. Allo scontro bisogna arrivarci nelle condizioni più vantaggiose possibili.

Lazio Roma
La metà giallorossa di Roma (Foto: Andreas Solaro/AFP via Getty Images – OneFootball)

Poi finalmente arriva. Finisce il match che precede il derby. L’attesa comincia. La settimana che porta al derby è un tumulto di passioni contraddittorie a Roma. Lunghi silenzi, irrefrenabili chiacchiericci, pronostici, riti scaramantici. La Capitale è una fucina di stati d’animo e comportamenti a dir poco peculiari, l’intera gamma delle emozioni umane viene scandagliata in questo periodo. C’è chi magari cerca di non pensarci, non legge le notizie, non ascolta la radio. Esorcizza come può. C’è chi si carica con ricordi del passato, cerca su YouTube tutti i derby vinti dalla sua squadra, li rivede e si culla nella speranza che quei ricordi possano fungere da premonizione del futuro.

Il derby è però presente nella città, aleggia nelle strade. Salendo su un taxi una voce dalla radio inevitabilmente parlerà del match imminente, sui tavolini di un bar un titolone di giornale porterà alla memoria l’incidere incalzante del tempo. Che scorre e non scorre. A volte manca troppo, a volte troppo poco. Chi vuole togliersi un peso e non vede l’ora che quel match si giochi, chi invece preferisce rimandare e spera che quel momento non arrivi più.

L’aria è elettrica, Roma cambia pelle nella settimana del derby. Si fa carica di ansie e di aspettative e non c’è niente di meglio che fare un giro per i quartieri della città per sondare gli animi. Un cocktail a Ponte Milvio rivelerà le ambizioni biancocelesti, un cornetto a Trastevere le speranze giallorosse. È impossibile non farsi calamitare da quel profluvio di sentimenti scoppiettanti, da quella trepidazione che aspetta solo di essere sfogata dal fischio di un arbitro.

Omnia Romae cum pretio

Poi comincia, dura 90 minuti e finisce. E il ciclo riprende verso un altro derby. Ciò che succede però in quei 90 minuti riflette l’estremismo con cui si vive tutto ciò che riguarda il derby: dall’attesa al post-partita.

Ogni stracittadina a Roma è importante perché è un capitolo di una storia più grande. È un impianto narrativo a sé stante, dotato di una sua struttura e di un suo senso, che poi si armonizza pure con gli altri, ma che si connota benissimo anche da solo.

Ogni tifoso romano ricorda quasi ogni derby vissuto. Il selfie di Totti, Lulic 71, “Vi ho purgato ancora”, il bagno nella fontana di Delio Rossi. Tutti episodi memorabili di una storia unitaria. Il derby a Roma ha una valenza più forte che da altre parti proprio perché ognuno di essi è a suo modo eccezionale. Ogni partita entra nell’immaginario dei tifosi, che sia in positivo o in negativo. Realizzare una cronistoria della stracittadina capitolina è un compito arduo, ma ci sono tantissimi momenti che vale la pena ricordare, non tutti in chiave positiva, ma esemplificativi dei tratti distintivi di questa sfida.

Lazio Roma
Roma e Lazio duellano in campo (Foto: Gabriel Bouys/AFP via Getty Images – OneFootball)

È l’8 dicembre 1929 quando Roma e Lazio si scontrano per la prima volta. Il giorno dell’Immacolata fa da cornice a un match carichissimo di tensioni, al punto che rischiava persino di non essere disputato. Due squadre che si conoscono da poco, eppure già producono scintille quando si incrociano. A spuntarla sono i giallorossi, grazie a una rete al minuto 73 del leggendario Rodolfo Volk, diventato, nemmeno a dirlo, un mito nel cuore dei tifosi romanisti.

Parecchi anni dopo, il 31 marzo 1974, una Lazio che viaggia a vele spiegate verso lo scudetto batte 2-1 la Roma, con un rigore decisivo di Giorgio Chinaglia, la cui esultanza resterà nella storia: un calcio al pallone e un dito puntato verso la curva sud giallorossa, un atto di sfida impossibile da dimenticare.

Di esultanze celebri il derby di Roma è pieno. Non può mancare ovviamente Francesco Totti, dalla maglia con la scritta “Vi ho purgato ancora” dell’11 aprile 1999 al celebre selfie sotto la sud dell’11 gennaio 2015. L’esultanza più celebre fuori dal campo porta invece la firma del tecnico laziale Delio Rossi, che dopo il derby vinto l’11 dicembre 2006 con un secco 3-0 per festeggiare si è tuffato nella celebre fontana del Gianicolo. Gesti unici nel loro genere, volutamente costruiti per risultare esagerati.

Di racconti del derby di Roma ce ne sono davvero a iosa, ma il carattere di questa sfida purtroppo viene fuori anche da alcune vicende extra-campo, molto tristi. Spesso il match tra Roma e Lazio è stato accompagnato da violenti scontri tra romanisti e laziali. Un giorno impossibile da dimenticare è il 21 marzo 2004, quando in occasione del derby si diffonde la notizie dell’uccisione di un ragazzo da parte delle forze dell’ordine durante gli scontri che hanno accompagnato il match.

La partita viene sospesa, esplode la rabbia dei tifosi, ma di vero non c’è assolutamente nulla. Rimangono però le immagini del caos totale, la dimostrazione di come un incontro può degenerare e trasformarsi in uno spettacolo tragico. Il derby di Roma negli anni è stato anche questo, esagerazione allo stato puro, nei suoi risvolti positivi ma anche purtroppo in quelli negativi.

Urbs aeterna

Da una città che brucia, a uno scontro fratricida fino a dei tifosi che scagliano la propria rabbia contro le forze dell’ordine. C’è una componente altamente cruenta nel derby della Capitale, nei suoi motivi più oscuri, nelle sue trame più recondite. L’eccentricità finisce di frequente per degenerare, genera luci ma nasconde anche ombre. E questa è la peculiarità maggiore del derby di Roma.

La sua fenomenologia si costruisce a partire da un sommarsi di caratterizzazioni esagerate. La storia è quasi sempre specchio di ciò che verrà e ciò è ancora più evidente in questo caso. La vicenda di Romolo e Remo fa da preludio alla rivalità tra Roma e Lazio perché ne anticipa toni e stilemi. Col giusto calibro naturalmente, il duello fratricida viene simbolicamente reindirizzato su una divisione estremizzata e inconciliabile. Il tutto poi condito da fattori contestuali che allargano la forbice, come il provincialismo e l’originaria lotta sociale.

Mescolando tutti questi ingredienti viene fuori il derby di Roma. Un match pazzesco, capace di coprire qualsiasi gamma di sensazioni e situazione che si possono immaginare. La peculiarità di questa stracittadina è la sua impossibilità di adottare mezze misure, un retaggio ricevuto direttamente dalla città eterna, da sempre capace solo di caratterizzarsi per estremi, come i suoi due figli.

Autore

Romano, follemente innamorato della città eterna. Cresciuto col pallone in testa, da che ho memoria ho cercato di raccontarlo in tutte le sue sfaccettature.

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