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SUGGESTIONI

Imagine

La rivalità tra Liverpool ed Everton raccontata tramite la leggendaria figura di John Lennon e la sua profonda aspirazione alla pace.

Le luci di Natale illuminano le vie della Grande Mela. Tante persone, avvolte nelle loro ampie sciarpe e con la testa coperta da caldi cappelli di lana, popolano quelle strade, ammirando le vetrine a caccia del regalo perfetto per il Natale che, ormai, è alle porte. Il primo del nuovo decennio, atteso con un sapore particolare. Ogni prima volta ha un carico di aspettative sempre molto suggestivo, e questo Natale non fa differenza. Quella speranzosa attesa è tangibile, si respira nell’aria e viene sublimata da tutte quelle luci che non fanno altro che aumentarla e darle risonanza.

Quella speranzosa attesa è il sentimento che popola la mente anche di John Lennon, che quell’8 dicembre 1980 si trova proprio a New York, e come tanti altri residenti della Grande Mela ha passeggiato per le vie illuminate, ammirato le vetrine dei negozi, si è rifocillato dal freddo con quella calda atmosfera natalizia. Anche per lui il Natale del 1980 ha un significato particolare: è quello che rappresenta l’anno del suo ritorno, del disco realizzato in coppia con Yoko Ono e dell’impegno musicale ritrovato dopo anni di silenzio.

L’ex stella dei Beatles ha deciso di fare il proprio ritorno sulla scena musicale, il 1980 è l’anno della sua rinascita, ma non riuscirà a vederne nemmeno il Natale. Sulla sua strada infatti si piazza un personaggio singolare e tristemente provvidenziale, la guardia giurata Mark David Chapman, che la sera dell’8 dicembre 1980 spara cinque colpi di pistola verso il cantante inglese. Verso il suo idolo fin da ragazzo. Lennon viene colpito da quattro di questi cinque colpi, tremendi e inaspettati. Tragici. L’ex Beatles viene trasportato al Roosevelt Hospital, dove muore quasi immediatamente. Chapman viene arrestato sul luogo dell’omicidio, davanti al Dakota Building, il palazzo affacciato su Central Park dove Lennon viveva con sua moglie Yoko Ono.

Naturalmente, dopo quell’insensato omicidio la narrativa intorno a Mark David Chapman esplode, portando a galla diversi disturbi della guardia giurata, dagli squilibri mentali ai problemi col padre. John Lennon e “Il giovane Holden” sono le sue ossessioni e dopo aver svuotato la propria pistola contro il cantante, Chapman si siede comodamente a leggere la propria copia del romanzo e si fa arrestare all’arrivo dei poliziotti. Un’immagine tremenda e inquietante, scolpita per sempre nella storia.

La morte di Lennon è un evento che sconvolge il mondo. Nel 1980, l’ex Beatles è in un momento particolare della sua vita e della sua carriera. Dopo lo scioglimento del gruppo aveva intrapreso la carriera da solista negli anni ’70, accentuando anche la sua visione politica di sinistra e diventando un’icona del pacifismo. Poi, dal 1975 il cantante era piombato nel silenzio più assoluto, tornando appunto cinque anni dopo, con l’album “Double Fantasy” in coppia con la moglie Yoko Ono.

Questo ritorno di Lennon viene però stroncato dalla mano di Chapman. Paradossalmente, la morte del cantante dà la spinta necessaria alla consacrazione di “Double Fantasy” e riporta in auge anche il mito dei “Beatles”, portando anche alla definitiva canonizzazione di John Lennon come icona del pacifismo, ucciso da una violenza insensata. La suggestione di oggi parte proprio da questa aspirazione alla pace di Lennon in un mondo pieno di violenza, tornando al luogo di origine del cantante, Liverpool, e alle sue due rappresentanti calcistiche.

Liverpool
La celebre Abbey Road, luogo di nascita del mito dei Beatles (Photo by Oli Scarff/Getty Images – One Football)

Nothing to kill or die for

Quello tra Everton e Liverpool è uno dei derby più famosi del calcio inglese. Eppure, nonostante la fama molto violenta e negativa delle rivalità del calcio britannico, quella che divide la città di Liverpool rappresenta una clamorosa eccezione. Non a caso, il derby tra Everton e Liverpool era definito “Friendly”, amichevole, prima di prendere il nome di “Merseyside Derby” dalla contea che ospita la città e le due squadre.

“Friendly Derby” perché sostanzialmente le due squadre non si odiano. Non ne hanno motivo. C’è tanta rivalità sportiva, ma non c’è violenza. Questo tratto del Merseyside Derby è praticamente unico in Inghilterra e connota più di ogni altro aspetto questa sfida. Tra le due squadre non ci sono significative divisioni politiche, sociali, geografiche o religiose. I due club giocano a due passi l’uno dall’altro: Goodison Park e Anfield, le case rispettivamente di Everton e Liverpool, si guardano in faccia, si specchiano, divisi solo dallo Stanley Park in mezzo a loro.

Nei suoi primi anni di vita, tra l’altro, i Toffees hanno addirittura giocato ad Anfield, vincendovi anche il primo titolo nazionale della loro storia nel 1891. A partire dall’anno successivo però, complice un improvviso e vertiginoso aumento del prezzo d’affitto dell’impianto, il club blu di Liverpool decide di spostarsi a Goodison Park, coi neonati Reds che vanno dunque a stabilizzarsi ad Anfield.

Tra le due squadre, come detto, non c’è mai stata alcuna divisione significativa. Solo per un periodo, la rivalità tra Everton e Liverpool assunse i connotati di un’opposizione religiosa, anche se molto blanda. Negli anni ’50 e ’60 i Toffees si configurano come la fazione cattolica della città, probabilmente per la presenza di diversi giocatori irlandesi come Tommy Erlington, Peter Farrell, Jimmy O’Neill e dell’allenatore Johnny Carey. Di conseguenza, il Liverpool finisce per rappresentare la compagine presbiteriana, tanto da non acquistare giocatori cattolici irlandesi fino al 1979, quando l’arrivo ad Anfield di Ronnie Whelan interrompe questa piccola spaccatura religiosa.

L’unico momento di tensione tra le due tifoserie si ha nella seconda parte degli anni ’80, in particolare dopo la famosa strage dell’Heysel, quando durante la finale di Coppa dei Campioni tra Liverpool e Juventus persero la vita 39 persone, di cui 32 tifosi juventini. Come conseguenza di quei fatti, i club inglesi furono estromessi dalle coppe nazionali e i tifosi dell’Everton accusarono i tifosi del Liverpool di esserne i responsabili.

Questo perché, in quegli anni Liverpool ed Everton erano le due squadre dominanti in Inghilterra e proprio nella stagione 1985/1986, la prima post Heysel, diedero vita a un duello in campo leggendario.

I tifosi del Liverpool popolano Anfield
(Photo by Richard Heathcote/Getty Images – One Football)

Above us, only sky

Per far capire la portata del dominio di Everton e Liverpool al tempo bastano alcuni dati. All’alba della stagione 1985/1986, i Toffees sono campioni d’Inghilterra in carica, mentre i Reds avevano vinto i tre titoli precedenti. I giocatori in maglia blu vengono da due finali di FA Cup consecutive, la prima vinta col Watford, la seconda persa col Manchester United, mentre quelli in maglia rossa da due finali di Coppa dei Campioni, contro Roma e Juventus, anche per loro una vittoria e una sconfitta.

Insomma, Liverpool è la Capitale indiscussa del calcio inglese ed è destinata a un ruolo di protagonista anche in quella stagione. Il campionato 1985/1986 parte però col predominio del Manchester United, che vince le prime dieci di campionato, perdendo solo dopo altre cinque gare per la prima volta. Alle spalle dei Red Devils, inseguono Liverpool e West Ham, che chiudono il girone d’andata a cinque lunghezze di distanza dalla vetta.

Lo United progressivamente perde terreno, ma da dietro sopraggiungono anche Everton e Chelsea, con i Toffees che a un certo punto sembrano i candidati principali per la vittoria. La loro consacrazione viene proprio dalla vittoria per 2-0 nel derby contro il Liverpool, ma è quella sconfitta paradossalmente a dare la spinta decisiva ai Reds, che da quel momento inanellano una serie di vittorie consecutive che gli vale la testa della classifica.

A 180 minuti dal termine del campionato, Everton e Liverpool sono appaiate in vetta. Alla penultima giornata, però, i Toffees pareggiano 0-0 sul campo del Nottingham, mentre i Reds travolgono 5-0 il Birmingham, conquistando il primo posto in solitaria. Con la vittoria sull’Aston Villa all’ultima giornata, il Liverpool si laurea campione d’Inghilterra.

Il duello tra le due squadre è leggendario, così come leggendarie sono le due compagini. Da una parte il Liverpool di Dalglish, al primo anno da player manager, e Rush; dall’altra l’Everton fresco dell’acquisto di Gary Lineker per comporre una strabiliante coppia d’attacco con Graeme Sharp. Oltre a essere dominanti all’epoca, quelle due squadre sono annoverate nei libri di storia come due delle più forti compagini di sempre del calcio inglese.

Il duello tra Liverpool ed Everton si ripropone poi in finale di FA Cup, sette giorni dopo la fine del campionato. La spunta ancora il Liverpool, che va sotto con la rete di Lineker, ma nella ripresa rimonta con una doppietta di Rush e la firma di Johnston. I Reds conquistano così il double, particolarmente dolce perché ottenuto a discapito degli eterni rivali concittadini, tornando inoltre a vincere l’FA Cup a distanza di 12 anni dall’ultima volta.

Il giocatore del Liverpool Craig Johnston col player manager Kenny Dalglish e Steve Nicol festeggiano il double del Liverpool.
(Photo by Simon Miles/Allsport/Getty Images/Hulton Archive – One Football)

A brotherhood of man

Questo duello è l’apice della rivalità in campo tra Liverpool ed Everton. Questo scontro sportivo si colloca però in concomitanza con uno dei rari momenti, forse l’unico, di alta tensione tra le due tifoserie. Come detto, la strage dell’Heysel provoca una forte spaccatura tra le due curve, con i Toffees che incolpano i Reds per l’estromissione dalle coppe europee, dove l’Everton, fortissimo al tempo, avrebbe dovuto giocare e potuto competere.

La tensione si mantiene alta per altri quattro anni, fino a che non arriva un’altra strage a determinarne la fine. Si tratta di quella dell’Hillsborough, lo stadio di Sheffield dove il 15 aprile 1989 va in scena la semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham. È una delle pagine più tristi e sanguinose della storia del calcio inglese, una summa di errori evitabili che porta alla tragica morte di ben 96 persone.

Tutto nasce da una confusione organizzativa e operativa incredibile. Le autorità, per la sfida, assegnano ai tifosi del Liverpool la Curva Ovest dello stadio, la Leppings Lane, e a quelli del Nottinham quella Est, la Spion Kop End. Il guaio è che la Leppings Lane è meno capiente, e i tifosi del Liverpool più numerosi di quelli avversari. Così, migliaia di supporters dei Reds si ammassano all’altezza dei tornelli, portando un poliziotto alla decisione, tragica, di aprire un altro varco, il famigerato “Gate C”, che conduce all’imbocco di un tunnel che sfocia nel cuore della Leppings Lane, già stracolma. La gente comincia così ad ammassarsi nel tunnel e continua ad affluire, creando una calca spaventosa con le persone vengono travolte e schiacciate in quell’inferno.

Perdono la vita quel giorno ben 96 persone. Una tragedia senza precedenti nel calcio inglese. L’Everton si schiera subito al fianco dei rivali e, quando 23 anni dopo viene riconosciuta la responsabilità della polizia per quella strage, durante il match contro il Newcastle il club omaggia gli scomparsi di quel giorno, facendo entrare due bambini con le maglie di Everton e Liverpool e i numeri 9 e 6, e leggendo i nomi di tutte le vittime di Hillsborough.

Un altro grande atto di solidarietà viene invece dal Liverpool, nel 2007, quando i Reds omaggiano la memoria del piccolo Rhys Jones, undicenne tifoso dell’Everton ucciso da un colpo d’arma da fuoco mentre giocava a calcio per strada. Il Liverpool invita i genitori e il fratello di Rhys ad Anfield e fa risuonare il celebre inno dell’Everton, lo Z-Cars. Un momento davvero toccante ed emozionante.

I tifosi dell’Everton si apprestano a entrare a Goodison Park
(Photo by Clive Brunskill/Getty Images – One Football)

I hope someday you’ll join us

La rivalità tra Everton e Liverpool è disseminata di questi atti di solidarietà. È un esempio di sana competizione sportiva, un modello da seguire. È impossibile non associare il “Friendly Derby” a una delle più grandi icone di Liverpool: John Lennon, ovviamente. Con i Beatles è diventato un mito della musica e un fenomeno pop, ma da solista si è consacrato come un’icona politica, un leader del pacifismo e un simbolo di speranza.

La sua “Imagine” è diventata un inno alla pace, da tramandare di generazione in generazione. La voce di John Lennon è stata una delle più forti a contrapporsi alla guerra e alla violenza, e il destino ha voluto che fosse stroncata, poi, proprio da quest’ultima. Per giunta immotivata, fine a sé stessa. Ma una violenza che non ha fatto altro che sublimare quell’aspirazione alla pace, finendo per dargli ancora più forza.

Un po’ come nel Merseyside Derby, in cui la strage di Hillsborough ha reso ancora più saldo il vincolo di solidarietà tra le due squadre di Liverpool. Le vicende di John Lennon e di Everton e Liverpool sono un chiaro esempio di come l’aspirazione alla pace possa vincere e superare ogni grido di violenza. Lennon cantava di immaginare un mondo in cui tutti vivessero la propria esistenza in pace. Liverpool ed Everton hanno dimostrato che quel mondo è possibile da realizzare, non è utopia.

In un contesto in cui, per tradizione, dovrebbero esserci violenza e inimicizia, Liverpool ed Everton hanno lasciato posto solo a solidarietà e sana rivalità sportiva. Ed è un bellissimo gioco di specchi il fatto che proprio le due squadre di Liverpool, la città natale di Lennon e dei Beatles, abbiano fornito la traduzione in realtà dei sogni e dei desideri del cantante. D’altronde, lo stesso Lennon tifava Liverpool, mentre Paul McCartney è un convinto sostenitore dell’Everton: eppure insieme hanno scritto la storia della musica. A ulteriore dimostrazione che non esistono distinzioni e rivalità davanti alla convinta aspirazione alla pace.

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Autore

Romano, follemente innamorato della città eterna. Cresciuto col pallone in testa, da che ho memoria ho cercato di raccontarlo in tutte le sue sfaccettature.

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