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NAZIONALI

Gli Europei al microscopio: Croazia, Inghilterra, Repubblica Ceca e Scozia

Dopo un sabato di Euro 2020 che ha tenuto tutto il mondo del pallone sulle spine – dai Christian! -, inizia una nuova giornata per quest’Europeo itinerante. Alle 15 va in scena Croazia-Inghilterra, rematch dell’ultima semifinale mondiale che ha portato i croati in finale contro la Francia. Dunque, dopo i gironi A e B, andiamo alla scoperta del Gruppo D, con le due sopracitate, Repubblica Ceca e Scozia.

Dopo l’argento mondiale, la Croazia per riconfermarsi

di Andrea Codega
La Croazia esulta in vista di Euro 2020
(Foto: Luka Stanzl/Imago Images – OneFootball)

La Nazionale del centrocampo. Non può essere definita altrimenti una selezione che presenta Brozovic, Modric e Kovacic nel proprio cuore del gioco, e che possiede il miglior reparto di centrocampo degli Europei almeno dopo quello italiano e francese. A loro si aggiungono l’atalantino Pasalic e la sua abilità negli inserimenti, il talento Nikola Vlasic e Milan Badelj, a completare un reparto che funge da vero e proprio fulcro della Nazionale di Dalic.

La Croazia che arriva a Euro 2020 non sembra poter ripetere i fasti vissuti nel Mondiale del 2018, con la finale persa contro la Francia, e nell’ultima edizione degli Europei, quando gli alfieri principali avevano beneficiato della competizione estiva – nonostante la prematura uscita col Portogallo – per effettuare un netto salto di livello nella loro carriera tra i club. I biancorossi rimangono però la più classica delle outsider all’interno di questo Europeo: la squadra più forte dietro le chiare candidate alla vittoria finale, una delle compagini che più potrebbe dare fastidio alle “big” in occasione di ipotetici e probabili scontri ad eliminazione diretta dagli ottavi in poi.

Rispetto al precedente ciclo, la nazionale balcanica sembra ora pagare qualcosa soprattutto in fase offensiva. Se nell’ultimo quinquennio Cacic, prima, e Dalic, poi, avevano potuto usufruire di un Perisic nel pieno della sua brillantezza fisica e di un Mandzukic assai influente nelle dinamiche di squadra, ora le individualità del reparto offensivo croato sembrano aver fatto un passo indietro. Il talento non manca di certo, come dimostra la presenza di Kramaric, Brekalo e Rebic ma soprattutto di Orsic, in forza alla Dinamo Zagabria e giocatore che meriterebbe un contesto più alto per esprimere le proprie qualità. Rispetto agli scorsi anni, però, questi giocatori non hanno la stessa esperienza a livello internazionale della generazione precedente: gli stessi Petkovic e Budimir, prime punte dello scacchiere di Dalic e con un ampio passato in Italia, sono centravanti che negli ultimi anni hanno trovato diverso spazio in contesti di medio livello, ma non sono influenti come il miglior Mandzukic degli anni passati.

I talenti più interessanti la Croazia li sta invece sfornando in fase difensiva: Caleta-Car è il leader della linea arretrata ed è stata una delle grandi rivelazioni del Mondiale del 2018. Domagoj Bradaric è un interessantissimo terzino sinistro con spiccate doti difensive, mentre Josko Gvardiol è indubbiamente il gioiello più reclamizzato e atteso: non a caso, le doti del difensore diciannovenne sono state acquisite da un’autentica fucina di talento come il Lipsia, dove il difensore potrà crescere e muovere i primi passi importanti della sua carriera. In un contesto che in passato ha fatto sempre affidamento sulle esperte colonne portanti rappresentate da Lovren, Vida (ancora presenti nell’Europeo di quest’anno) e il mai dimenticato capitano Srna, questi talenti hanno ravvivato lo scacchiere difensivo dei croati e saranno pedine da seguire durante il torneo.

Tuttavia, la vera credibilità della Croazia sul palcoscenico internazionale si deve al suo centrocampo. Nonostante Rakitic abbia dimostrato un netto calo di rendimento negli ultimi anni col Barcellona e in questa stagione a Siviglia, e infatti non è stato convocato per la rassegna continentale, il livello del centrocampo croato si mantiene di prim’ordine da diversi anni: Modric, dopo il celebrato Pallone d’Oro di due primavere fa, ha vissuto una stagione da autentico protagonista con il Real Madrid, eccezionale soprattutto per la continuità mostrata dal genietto croato all’età di 35 anni. Rispetto al Mondiale del 2018, chi ha effettuato un netto step sono stati Brozovic e Kovacic: il primo è stato il primo architetto dell’Inter di Spalletti e del ciclo nerazzurro targato Antonio Conte che è arrivato a sollevare lo Scudetto, mentre Kovacic ha trovato molto spazio nel Chelsea di Lampard e Tuchel, ri-dimostrando le proprie qualità tecniche e balistiche di primissimo livello. Insieme a loro, un’interessante batteria di talenti: Nikola Vlasic è la figura più intrigante, dopo essersi ritrovato in Russia dopo una deludente parentesi all’Everton; a 23 anni sta trovando sempre più continuità, così come quel Pasalic che funge da perfetto dodicesimo uomo proprio come viene utilizzato da Gasperini nella sua sede di esperimenti made in Bergamo.

La Croazia da anni ha stabilizzato la propria dimensione e la propria percezione: pur rimanendo un passo indietro rispetto alle grandi big del calcio europeo e internazionale, la nazionale balcanica rimane una squadra ostica da affrontare per la sua fisicità e il suo carattere, ma soprattutto per il suo centrocampo. A fronte di un reparto offensivo che sembra vivere un momento di leggera flessione, l’architettura del centrocampo croato ha poco da invidiare a quello delle altre Nazionali, tutt’altro: Brozovic, Kovacic e Modric sono il trio che rende la Croazia una squadra di alto livello, un trio di enorme qualità su cui il resto dei compagni punteranno le proprie fiches per arrivare il più avanti possibile nel torneo.

Euro 2020 “torna a casa” per l’Inghilterra?

di Giovanni Fasano
L'Inghilterra esulta in vista di Euro 2020
(Foto: Nick Potts/Imago Images – OneFootball)

L’Inghilterra che arriva ai nastri di partenza di Euro 2020 è una Nazionale il cui percorso è difficile da predire e che presenta un organico con pregi e difetti piuttosto marcati. Dopo il buon Mondiale concluso al quarto posto, il cammino della Nazionale dei Tre Leoni verso questi Europei è stato quasi immacolato, con un ruolino di marcia che conta 7 vittoria e una sola sconfitta contro la Repubblica Ceca futura avversaria. Ad inframmezzare le partite girone di qualificazione c’è stata la Nations League, in cui l’Inghilterra, inserita nel  girone con Belgio, Danimarca e Islanda, ha concluso al terzo posto, distante da quello valevole per l’accesso alla Final Four occupato dai Diavoli Rossi.

Come già visto nel corso del Mondiale 2018, la Nazionale di Southgate si è confermata una squadra costante e solida negli scontri con avversari di rango minore, ma meno performante nelle partite contro i top team. Questa tendenza non dovrebbe creare problemi nel breve periodo, in quanto il girone con una Croazia in fase discendente e le due outsider Repubblica Ceca e Scozia non presenta grosse difficoltà, ma potrebbe presentare il conto in caso di passaggio del girone come prima classificata e successivo incrocio contro la seconda del gruppo che ospita Francia, Germania e Portogallo.

Come dicevamo in apertura, quello inglese è un organico di difficile lettura, in cui la distribuzione del talento è tutt’altro che omogenea. La squadra che presenta un reparto offensivo composto da Kane, Sancho, Foden, Saka, Grealish, Sterling e Rashford è la stessa che come difensori centrali porta Maguire con una caviglia in disordine, Stones, Mings, Ben White in sostituzione dell’infortunato Alexander-Arnold e Conor Coady. A centrocampo invece, oltre al jolly Mount, Southgate si porta un interditore come Rice, un progetto di centrocampista box to box come Bellingham, il Pirlo dello Yorkshire, Kalvin Phillips, il cui soprannome ne certifica le caratteristiche, e il totem Jordan Henderson.

Quella a disposizione di Southgate è una Nazionale che può interpretare diversi spartiti di gioco e conseguentemente disporsi in campo in modi differenti. Ai Mondiali, il tecnico si avventurò in un ardimentoso sistema con difesa a 3 ma che a centrocampo aveva in Lingard e Alli le mezzali titolari, mentre per questa competizione sembra orientato verso un più canonico 4-2-3-1. L’Inghilterra ha deciso di fondare un ciclo i cui principi tecnico-tattici sono ben noti e mixano abilmente le influenze che i tecnici stranieri hanno avuto sulla Premier League; guardando l’organico a disposizione, però, è più plausibile immaginare una squadra che in base alle scelte di Southgate interpreterà la gara in un certo modo.

Ipotizzando la presenza di Stones e Maguire al centro della difesa, di Walker (anche se la concorrenza è agguerrita) nel ruolo di terzino destro, di Chilwell a sinistra e della coppia Rice-Henderson a centrocampo, sarà la scelta del terzetto offensivo da far gravitare attorno al Sole Harry Kane a determinare il canovaccio tattico della squadra: Grealish, Mount e Foden ti garantiscono maggiore controllo sul pallone, mentre Sancho, Sterling, Rashford e Saka più verticalità. Insomma, per Southgate sarà tanto divertente quanto difficile incastrare le varie tessere del puzzle. Mi viene quasi spontaneo immaginarlo in piedi dinanzi ad una lavagna con le mani nei capelli, il fumo che gli esce dalle orecchie e un mezzo sorriso che gli illumina il volto perché conscio degli oneri e gli onori che questo quantitativo di talento a disposizione comporta.

Archiviato il discorso relativo alle scelte di Southgate, è indubbio che il cammino dell’Inghilterra sarà in gran parte determinato dalle prestazioni del suo capitano. Il Kane visto quest’anno è un calciatore che inserito in un contesto disastrato si è imposto come capocannoniere e assist man della Premier League, incarnando in pieno l’ideale di attaccante moderno tanto ricercato in questo periodo storico. Vederlo finalizzare le tracce offensive di un trequartista visionario come Grealish o vederlo imbeccare i tagli off the ball dei vari Sancho e Rashford mette l’acquolina in bocca al sol pensiero. Al suo fianco, sarà interessante vedere quanto e se i finalisti di Champions Mount e Foden sapranno alzare l’asticella. In una squadra che presenta un numero di incognite e variabili piuttosto alto, il livello di dominio che il centravanti del Tottenham riuscirà ad imporre sulla competizione e la capacità del centrocampo e dei difensori a disposizione di reggere un sistema dall’indole così spiccatamente offensiva, saranno con ogni probabilità i fattori che ne decreteranno le ambizioni.

La Repubblica Ceca non ha nulla da perdere

di Simone Angeletti
La Repubblica Ceca esulta in vista di Euro 2020
(Foto: CTKPhoto/Vit Simanek/Imago Images – OneFootball)

Dalla divisione con la nazionale slovacca nel 1994, la Repubblica Ceca ha ondeggiato tra risultati di primissimo livello (finale nel 1996 e semifinale del 2004) e meste uscite ai gironi. Per questa edizione ha costruito un’onesta partecipazione come seconda del Gruppo A, finendo alle spalle dell’Inghilterra. Quindici punti, dodici dei quali costruiti in patria (4 vittorie su 4, compresa la nazionale dei Tre Leoni) e 13 gol fatti a fronte di 11 subiti. Appare evidente che la rosa che si presenterà all’Europeo non ha gli stessi acuti di talento dei primi anni 2000, ma non per questo rimarrà facile da affrontare.

Il CT Jaroslav Šilhavý, quasi 500 partite in patria a difendere portieri prima di passare in panchina, ha disegnato il suo dogmatico 4-2-3-1, aggiustando e rifinendo qua e là. Partendo da dietro, Tomáš Vaclík del Siviglia difenderà con ogni probabilità i pali, con Jiří Pavlenka secondo. La linea a 4 vedrà ai fianchi l’ottimo Vladimír Coufal a destra e Jan Bořil sul lato opposto, con il primo a muovere la catena di destra mentre l’altro resta in posizione più bloccate. Al centro non mancano centimetri e capacità in marcatura, ma attenzione a lasciare troppo spazio dietro alla linea, come emerso contro l’Italia non più di 9 giorni fa. Ondřej Čelůstka sembra dare al momento più garanzie sul centro-destra. Al suo fianco, dato per perso Ondřej Kúdela per insulti razzisti contro Glen Kamara, rimangono Tomáš Kalas, Jakub Brabec ed, in ultima istanza, David Zima. Attenzione a Coufal del West Ham, fondamentale nelle volte in cui i cechi sono costretti ad uscire palla a terra ed ottimo crossatore.

Il centrocampo, sia in mediana che in posizioni più avanzate, abbonda in fisico ed altezza e difetta in dinamismo. I due posti davanti alla difesa sono praticamente intoccabili. Da Alex Král e Tomáš Souček passeranno gran parte delle fortune di questa squadra. Král è un centrale difensivo prestato con buoni risultati qualche metro più avanti, Tomáš Souček si è fatto principalmente notare per la qualità nei duelli aerei (6.3 vinti a partita, pari 67% durante le qualificazioni), ma il loro contributo non va ridotto solo alle capocciate. Se il primo, per pregressi e caratteristiche, rimane a copertura della linea, sulle spalle di Souček tutto il lavoro di cucitura e collegamento tra la difesa e la trequarti, sia vincendo duelli aerei che attaccando le seconde palle. Se non si passa da lui, si passa da Coufal.

Dietro a Patrik Schick ci sono alternative interessanti. Il posto centrale dei 3 dietro all’ex Roma e Samp sarà di Vladimír Darida dell’Hertha Berlino, con al fianco destro uno tra Lukáš Masopust (più tecnico ed offensivo) in vantaggio su Pavel Kadeřábek. Dall’altra parte dovremmo vedere il doriano Jakub Jankto, ma occhio al giovanissimo Adam Hložek, soprattutto come soluzione a gara in corso per portare un po’ di verve e conduzioni palla al piede. Da segnare, a maggior ragione se disputerà un buon Europeo, per il prossimo calciomercato. Troverà spazio a gara in corso o per motivi di turnover Antonín Barák, sia alle spalle di Darida che in un 4-3-3 “di emergenza” assieme a Král e Souček. Rovistando nel resto della rosa troviamo il “bresciano” Aleš Matějů, Tomáš Holes, un paio di punte da supremazia aerea (Tomáš Pekhart, Michal Krmenčík) e Matěj Vydra del Burnley.

È chiaro che questa iterazione della Repubblica Ceca non sarà la squadra più spettacolare del torneo, un po’ per necessità di talento offensivo, un po’ per le caratteristiche che contraddistinguono i migliori giocatori in rosa. Non c’è il nuovo Pavel Nedvěd, manca la tecnica abbinata ad un fisico fuori scala di Jan Koller e un giocatore cristallino come Tomáš Rosický, ma se amate un calcio tipicamente reattivo e giocatori in grado di dominare l’asse Z c’è del materiale per voi.

Detto questo, in un torneo con una preparazione discretamente travagliata per tutti quanti, affidarsi alle proprie qualità e nascondere quanto più possibile i difetti non è certamente sbagliato. Il vantaggio fisico di cui dispone con la stragrande maggioranza dei possibili avversari apre scenari estremamente interessanti sui calci piazzati. Di vitale importanza gestirli bene, in particolar modo quando dovrai affrontare lunghi frangenti di difesa posizionale e non hai trame offensive consolidate.

Dando uno sguardo al Girone D, la partita con la Scozia sarà già potenzialmente decisiva per il prosieguo della competizione, considerati i successivi incontri con Croazia ed Inghilterra. Non darei comunque per scontate due sconfitte contro queste ultime, contro le quali lo status di underdog giustifica ampiamente il non voler comandare il gioco ma il buttarla sul piano dell’intensità fisica e lo sfruttamento di seconde palle e situazioni confuse. Sopravvissuti alla prima fase, tutto quel che viene dopo può essere considerato un risultato positivo.

Euro 2020 è un ritorno per la Scozia

di Matteo Speziale
La Scozia esulta in vista di Euro 2020
(Foto: Imago Images – OneFootball)

L’ultima partecipazione della Scozia ad una grande manifestazione estiva per nazionali risale al 1998. Erano i Mondiali francesi, quelli che videro Zidane trionfare e Ronaldo rendersi protagonista di uno dei più grandi misteri (sportivi) del XX secolo. Il mondo era diverso, il calcio era diverso. Messi e Cristiano avevano rispettivamente undici e tredici anni, su Amazon si potevano trovare solo libri e DVD, Abramovich non aveva ancora rilevato il Chelsea, Nelson Mandela era presidente del Sudafrica e Luciano Moggi era il miglior dirigente sportivo italiano. Un’era geologica fa. Oggi, dopo 23 lunghissimi anni e grazie al complicato, quanto affascinante, meccanismo della Nations League, fanno il loro ritorno. Infatti, è stato solo dopo un drammatico spareggio – conquistato appunto in virtù delle classifiche della NL – contro la Serbia, giocato a Belgrado sotto una pioggia torrenziale e conclusosi ai rigori, che la Tartan Army tornerà a mostrare i propri vessilli.

Ma è proprio la partita di Belgrado ad essere un vero paradigma di ciò che aspetterà le avversarie degli scozzesi in questo Europeo. Partite scorbutiche contro avversari molto fisici e che non lasceranno facilmente neanche un centimetro in ogni duello – aereo o terreno che sia -, che non avranno alcun timore di sporcarsi di fango, lacrime o sangue. A Belgrado, nonostante le rose parlassero di un’enorme disparità tecnica, erano stati proprio gli scozzesi a portarsi in vantaggio. E a farlo nel modo più scozzese possibile. Prima un campanile, poi una lotta da terra, infine un buon recupero a metà campo che ha permesso la combinazione vincente, conclusasi con il secco tiro di Christie nell’angolino in basso a sinistra di Rajkovic.

La squadra che si presenterà all’Europeo continuerà ad essere non proprio ricchissima di talento e tecnica. Solita schierarsi con un 3-4-1-2 in cui a fare da braccetti sono Tierney, ottimo terzino sinistro dell’Arsenal e McTominay, possente centrocampista del Manchester United. Dietro di loro, in porta un onesto mestierante, come Marshall e da ultimo Gallagher, non indimenticabile difensore del Motherwell che ama giocare – ancora oggi nel 2021 – leggermente staccato all’indietro rispetto alla linea difensiva.

Sicuramente la scelta del modulo è stata condizionata dalla bislacca abbondanza di terzini sinistri di spessore. Infatti, grazie a questa soluzione, il CT Clarke può schierare contemporaneamente il già citato Tierney e il calciatore più forte e famoso dell’intera selezione: Robertson. Sarebbe ridondante sottolineare la sua bravura, ma, invece, non è affatto scontato il compito che gli viene assegnato in nazionale. Al contrario del Liverpool, dove il complesso sistema di pressing di Klopp lo costringe ad “andare molto”, nella Scozia Robertson è il vero regista laterale della squadra. Dal lato opposto del rettangolo verde si va a posizionare O’Donnell, mentre al centro del campo la situazione è un po’ più complessa.

L’unico certo del posto, in una posizione leggermente più avanzata degli altri è McGinn. Il centrocampista offensivo dell’Aston Villa, grazie ad un’ottima tecnica di base e ad un dribbling molto stretto, è insostituibile nello scacchiere dei britannici. Dietro di lui, nella coppia di centrocampo dovrebbe essere certo del posto solo McGgregor, anima del centrocampo del Celtic. Per la parte più razionale della zona nevralgica sarà un duello tra il gioiellino di casa Chelsea, Gilmour, e lo stesso McTominay, con lo slittamento di un difensore in più nei tre dietro. Il numero 8 dell’Academy Blues assicura certamente più regia, ma l’esperienza e la forza di McTominay per una squadra che vive di impeti come la Scozia potrebbe avere la meglio.

Davanti a loro, nel duo offensivo ci sarà senza dubbio Christie. Essenziale ma efficace trequartista del Celtic, in nazionale si esprime da seconda punta; le sue connessioni con McGinn sono probabilmente l’unica arma palla-a-terra per la nazionale di Edimburgo. Di fianco all’eroe di Belgrado, ci sarà verosimilmente spazio per una prima punta legnosa e scorbutica, come Lyndon Dykes. Se avete giocato in seconda categoria e vi ricordate di quel centravanti che veniva ad allenarsi con la Ceres in mano, ma non perdeva mai un duello aereo, avete capito di chi stiamo parlando.

Il girone che si presenta davanti ai lottatori scozzesi è piuttosto complesso. Trovarsi contro due delle quattro semifinaliste dell’ultimo Mondiale la dice lunga sul grado di difficoltà dell’impegno. Ma a giocare dalla parte dei nostri (perché, almeno noi, siamo già diventati membri dei Tartan Army) è sicuramente il calendario. Infatti la prima giornata si giocherà ad Hampden Park e li vedrà opposti alla più abbordabile delle compagini avverse nel girone, la Repubblica Ceca. Con tre punti, andare a Wembley per un rematch della partita che probabilmente  secondo molte cronache – ha inventato il passing game, sarà molto diverso, specie mentalmente. Per finire nella partita, probabilmente la più decisiva, contro la Croazia, nuovamente ad Hampden Park. E giocarsi una qualificazione davanti a tredicimila scozzesi non sarà un gioco da ragazzi neanche per i vice-campioni del Mondo.

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