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NAZIONALI

Gli Europei al microscopio: Galles, Italia, Svizzera e Turchia

Ci siamo: questa sera si aprono le danze di Euro 2020, ad un anno da quella che sarebbe dovuta essere la regolare partenza della competizione. La pandemia ha solo posticipato lo spettacolo che metteranno in campo le 24 squadre partecipanti. Per scoprirle tutte, ecco i nostri Europei al microscopio: si parte con il Gruppo A, il girone di Galles, Italia, Svizzera e Turchia.

Il Galles di Bale, ma non solo

di Lorenza Suriano
Il Galles esulta in vista di Euro 2020
Euro 2020 è l’ultima chiamata per questa generazione gallese (Foto: Kieran McManus/BPI/Shutterstock/Imago Images – OneFootball)

Sarà difficile per il Galles ripetere l’impresa del 2016, quando alla prima partecipazione ad un Europeo i Dragoni si arresero soltanto al Portogallo in semifinale. A questo torneo gli uomini di Robert Page (al timone in seguito all’arresto di Ryan Giggs, accusato di violenza domestica) arrivano dopo un buon percorso in fase di qualificazione, avendo staccato il pass diretto grazie a una vittoria all’ultima giornata contro l’Ungheria ed essendosi piazzati a soli tre punti dalla Croazia capolista.

Di contro, però, gli uomini più rappresentativi sono in condizioni non ottimali: Ben Davies, difensore del Tottenham, ha trascorso gli ultimi due mesi in infermeria per un infortunio alla tibia, Ramsey ha giocato con poca continuità alla Juventus e Bale, nonostante un buon finale di stagione agli Spurs e la doppia cifra raggiunta in campionato, sembra la copia un po’ sbiadita di quello visto al Real e a Euro 2016. Negli ultimi giorni inoltre è arrivata anche la notizia della rinuncia per infortunio di James Lawrence, considerato una certezza in difesa.

Ci sono ancora alcuni dubbi da sciogliere riguardo quella che sarà la formazione tipo, partendo proprio dalla porta: sia Hennessey che Ward non hanno praticamente mai giocato nei rispettivi club, ma quest’ultimo pare essere il favorito a discapito del più esperto (e titolare durante le qualificazioni) compagno di reparto. A difesa dell’estremo difensore prescelto, Page dovrebbe schierare una linea a 3 guidata da Joe Rodon, classe ’97 da ottobre in forza al Tottenham. Ai suoi lati vedremo, in caso di pieno recupero dall’infortunio, il già citato Davies e Chris Mepham, proveniente da un’annata non entusiasmante al Bournemouth in Championship. Occhio anche a Chris Gunter, recordman assoluto di presenze in nazionale.

In ogni 3-4-3 che si rispetti, il gioco sulle fasce è fondamentale, e il Galles può contare su due giocatori di buon livello sia tecnico che atletico: sulla destra dovrebbe posizionarsi Connor Roberts, titolarissimo di uno Swansea (5 gol e 7 assist in 50 partite) che ha visto svanire il sogno Premier League soltanto in finale playoff, mentre a sinistra, adattato, la scelta dovrebbe cadere su Neco Williams, uno dei talenti più intriganti del calcio gallese: prodotto dell’Academy del Liverpool, Klopp l’ha già aggregato stabilmente alla prima squadra nonostante la giovane età (nato nel 2001), buttandolo nella mischia in caso di necessità e ricevendo in cambio segnali incoraggianti (da ricordare specialmente una gran prestazione condita da un assist in Champions contro l’Ajax).

In mezzo al campo la certezza è un altro grande talento, forse il portabandiera di questa nuova generazione che in futuro dovrà affrontare la transizione del dopo Ramsey e Bale: Ethan Ampadu, ragazzo del 2000 di proprietà del Chelsea che quest’anno ha giocato, molto bene, in prestito allo Sheffield United. Ampadu nasce in realtà difensore centrale, ma in nazionale, dove gioca dal 2017, si diletta in pianta stabile nel ruolo di mediano. Del resto possiede le doti tecniche e la tranquillità in fase di gestione del pallone necessarie per poterlo fare al meglio. Al suo fianco il ballottaggio è aperto: Joe Allen ha esperienza da vendere in campo internazionale, ma il favorito sembra essere Joe Morrell, uno di quegli strani casi di giocatore che fatica enormemente nel club (una sola presenza da titolare nel Luton in championship), ma che in nazionale riesce ad andare oltre quelle che sembrano essere le proprie capacità.

Davanti Bale sarà chiamato all’ennesimo torneo da trascinatore per la nazionale di cui è il simbolo più rappresentativo e luminoso, mentre sull’altra fascia agirà Daniel James, giovane in cui lo United crede fortemente. L’idea è quella di usare Ramsey come falso nove, ammesso che sia in condizione, lasciandolo libero di svariare e creare per gli altri. Una necessità, visto che l’unico centravanti tra i 26 convocati è il non irresistibile Kieffer Moore, ma potenzialmente anche una mossa letale per le difese avversarie, che si troveranno a rincorrere uno degli attacchi più imprevedibili e soprattutto veloci d’Europa. Dalla panchina inoltre sono pronti ad uscire Harry Wilson (7 gol e 12 assist al Cardiff) e un altro giovane da osservare con attenzione, cioè David Brooks. Il cambio di ritmo a partita in corso e la qualità che possono dare questi giocatori sarà sicuramente un’arma fondamentale per l’allenatore gallese.

Il Girone A è senza dubbio uno dei più competitivi, con Svizzera, Turchia e lo stesso Galles che, a meno di grandi sorprese, battaglieranno fino all’ultimo per i due posti alle spalle della favorita Italia. Il calendario pone i Dragoni subito contro le due dirette concorrenti sul terreno neutrale di Baku, mentre all’ultima giornata si volerà a Roma per affrontare i padroni di casa. Importante è quindi partire subito forte, e chissà che l’incontro tra la vecchia guardia, forse ad una delle ultime uscite in una competizione di questo livello, e la nuova, pronta e vogliosa di raccogliere il testimone, non regali un altro sogno ai tifosi gallesi, come cinque estati fa.

L’Italia torna sui grandi palcoscenici

di Nicola Boccia
L'Italia esulta in vista di Euro 2020
Il ritorno dell’Italia (Foto: Fabio Ferrari/LaPresse/Imago Images – OneFootball)

Il ricordo di quel fatidico 13 novembre 2017 è ancora vivo nelle menti di tutti noi, seguito da tutta la schiera di emozioni e sentimenti che solo serate terribilmente amare come la suddetta sono in grado di provocare. Come del resto altrettanto vivide rimangono le sensazioni del giorno dopo, la chiara ed inequivocabile sentenza di un fallimento, e quell’altrettanto palese considerazione che far peggio di così fosse davvero difficile, se non impossibile. E in effetti, a quattro anni di distanza le cose sono migliorate in maniera esponenziale, trovandoci a vivere una situazione completamente diversa, se non all’opposto, rispetto a quella sera, soprattutto se si torna indietro nel tempo a rileggere quelli che all’epoca erano gli apocalittici titoli del giorno dopo presenti sui giornali.

La selezione italiana arriva a questi Europei del 2020+1 in un clima di apparente e fiduciosa serenità, in decisa controtendenza rispetto alla tradizione nostrana, forse non proprio un buon indicatore visto l’antitetico clima che aveva preceduto le spedizioni poi conclusesi con la vittoria. Un’atmosfera tuttavia non creatasi certo senza motivo. Nei suoi tre anni sulla panchina degli azzurri, Roberto Mancini è riuscito ad invertire il cambio di rotta, dando nuova linfa ad una nazionale sull’orlo del baratro, imponendo sin da subito una precisa idea di gioco e rinsaldando le fondamenta della squadra attraverso l’inserimento di un gran quantitativo di giovani, come testimonia l’imponente numero di esordienti registrato sotto la sua gestione.

Un’Italia non solo speranzosa di poter far bene, ma anche consapevole della propria forza, di uno status finalmente ritrovato, e di una struttura di gioco ormai più che ben collaudata, cui l’anno aggiuntivo di attesa in vista del torneo non ha potuto far altro che giovare. Il sistema ormai è quello stabilmente adottato da quando il CT ha deciso di accantonare l’esperimento che prevedeva l’uso delle due punte, il quale rimane comunque una variante da poter usare in corso d’opera, laddove necessario. Quello che dunque vedremo in campo a formazioni schierate altro non è che un classico 4-3-3 con il vertice basso di centrocampo, che però si mostra molto mobile in fase offensiva o comunque di possesso palla. Nell’undici iniziale dovrebbero, salvo infortuni, esserci poche sorprese. La linea posta a difesa della porta di Donnarumma vedrà al centro la solita coppia bianconera composta da Chiellini e Bonucci, i quali pur avendo avuto una stagione meno brillante rispetto ai vari Bastoni, Acerbi e Toloi, dovrebbero almeno sulla carta essere in grado di dare maggiore sicurezza e affidabilità sia per la superiore esperienza sia per l’abitudine dei due a giocare insieme.

Ai loro lati Florenzi e Spinazzola – in particolare il romanista potrà dare quella punta di imprevedibilità che lo renderebbe un elemento chiave per scardinare le difese avversarie -, che saranno fondamentali anche in fase d’attacco per riempire lo spazio lasciato dai propri corrispettivi avanzati, i quali spesso tenderanno ad accentrarsi, soprattutto qualora insieme ad Insigne dovesse esserci Berardi anziché Chiesa. Proprio il reparto avanzato è quello dove con ogni probabilità ci saranno più ballottaggi, dato che l’unico certo di partire sempre dall’inizio dovrebbe essere proprio Insigne. Sull’altra fascia lotteranno per il posto i due sopraccitati, con al centro Belotti e Immobile che probabilmente si divideranno equamente i minuti in programma, quantomeno nella prima fase.

Discorso a parte merita il centrocampo azzurro, vero punto di forza e fulcro fondamentale per far ruotare a dovere tutti gli ingranaggi della squadra. Anche in questo caso il trio titolare dovrebbe riservare poche sorprese, con Barella, Jorginho e Verratti (salvo complicazioni fisiche per quest’ultimo) che dovrebbero essere quelli in grado di garantire il miglior rendimento. In copertina c’è finito Jorginho, ma a rappresentanza di un centrocampo che come detto rappresenta la vera forza di questa formazione, che nonostante costretto ormai a fare a meno di due semi-titolari come Sensi e Pellegrini conserva comunque anche nei rincalzi un livello qualitativo notevole, avendo oltretutto pedine che seppur con caratteristiche diverse tra di loro sono in grado di coesistere alla perfezione per via di un’elevata intelligenza calcistica comune a tutti.

Magari meno appariscente e con meno riflettori puntati addosso rispetto ad alcune compagini più quotate come Francia e Belgio, l’Italia rimane comunque inevitabilmente una delle squadre più attese del torneo, in grado di catturare l’occhio per il modo di giocare indipendentemente dalla risonanza dei nomi in campo. Mancini ha saputo imporre un’idea di gioco che calzasse a pennello con le caratteristiche dei giocatori a disposizione, e se oggi la nazionale ha ritrovato credibilità sia in patria che all’estero, il merito è tutto suo. Sin dove possa arrivare in questo Europeo rimane comunque difficile prevederlo. Come al solito, la nostra risulta una formazione in grado di poter mettere in difficoltà chiunque, con la grande differenza rispetto al passato di voler dominare gli avversari anche dal punto di vista del gioco, senza tralasciare la solidità difensiva che ha da sempre contraddistinto le nostre squadre. A tal proposito, si rivela difficile trovare un punto debole nella formazione, la cui unica defezione potrebbe essere quella di non avere elementi in grado di uscire fuori dallo spartito qualora ve ne fosse bisogno, come invece sarebbe potuto essere ad esempio Politano.

Gli incontri con due compagini di livello come Turchia e Svizzera saranno già un buon indicatore per quelle che potrebbero essere le aspirazioni dell’Italia, che comunque dovrà aspettare il banco di prova con una delle vere big pretendenti al titolo (l’ultimo confronto risale al 17 novembre del 2018 contro il Portogallo in Nations League) per capire davvero di che pasta sia fatta la squadra e a cosa possa realmente ambire. Un girone convincente seguito da una vittoria importante nella fase ad eliminazione diretta potrebbe davvero lanciare la nazionale fino all’atto finale della competizione. Una cosa è certa: con questa nazionale ci sarà da divertirsi.

Euro 2020 sarà l’ennesima altalena per la Svizzera?

di Matteo Speziale
La Svizzera esulta in vista di Euro 2020
La Svizzera è reduce da competizioni altalenanti (Foto: Imago Images – OneFootball)

Quando a novembre 2017 la dirigenza del Milan scelse di esonerare Vincenzo Montella i nomi che si alternavano sulle pagine dei giornali per indovinare i suoi successori erano diversi. Tra questi, la mia speranza più accesa era l’allora CT della Svizzera Vladimir Petkovic: un croato nato in Bosnia e impiantato in Svizzera, capace di parlare otto lingue e di vincere il primo trofeo messo in palio nella storia della stracittadina romana. Petkovic è un pragmatico, uno che ha idee molto chiare e codificate e riescem grazie ad un superbo lavoro di diplomazia, a cementare il gruppo e fargli credere che tutto sia possibile.

Sono passati tre anni e mezzo da quel novembre 2017, la panchina del Milan è stata affidata ad altri, ma “Il Dottore” è ancora saldamente su quella elvetica. La continuità è infatti una delle parole chiave della Svizzera che si presenta agli Europei. Continuità tecnica, perché lo stesso mister e il medesimo zoccolo duro sono ormai da sette anni in sella, e continuità di risultati, perché la Svizzera raramente tradisce la sua tradizione di squadra solida, rognosa e affidabile. Una brutta gatta da pelare per chiunque: in tornei così brevi è sempre complesso trovarsi davanti delle nazionali con principi forti e identitari, quasi a sembrare un club.

Dopo la grossa delusione dell’Europeo giocato in casa nel 2008, in cui la squadra rossocrociata non è riuscita ad andare oltre il primo turno, e la pessima figura del 2012 in cui addirittura ha mancato la qualificazione alla fase finale, nel 2016, anche grazie all’allargamento a 24 squadre, gli elvetici sono riusciti a stabilire il proprio miglior risultato nella massima competizione continentale: gli ottavi di finale. L’obiettivo di quest’anno sarà certamente migliorarsi e, nonostante un girone competitivo, la squadra di Petkovic ha tutto per riuscirci.

L’ex tecnico biancoceleste schiera i suoi con un fluido e cangiante 3-4-1-2. I titolari inamovibili sono pochi. Oltre l’affidabilità di Sommer tra i pali, in difesa c’è sempre Akanji: il calciatore del Borussia Dortmund non ha bisogno di grosse presentazioni, visto che con la rapidità e l’educatissimo piede che si ritrova è quasi naturale sia lui l’ultimo della difesa a 3 rossocrociata. Ai suoi lati solitamente ci sono Elvedi sulla destra e Ricardo Rodriguez sulla sinistra; Schaar un po’ più indietro nelle gerarchie è la carta d’esperienza nel mazzo di Petkovic.

A centrocampo, probabilmente il reparto con più spessore, a giocarsi il posto saranno in tre per due maglie: le geometrie di Xhaka – il più sicuro della titolarità -, l’intensità di Freuler e la forza fisica di Zakaria. Quest’ultimo è, forse insieme a Ruben Vargas di cui parleremo tra poco, il calciatore più interessante di tutta la rosa svizzera. Gioca nel Borussia Moenchgladbach ed è l’archetipo del centrocampista del 2000. Salta di testa, ha gamba, tempo d’inserimento, un ottimo tiro da fuori e visione di gioco. Insieme a Neuhaus ha formato una delle coppie meglio assortite dell’ultima Bundesliga, ben figurando anche in Champions League.

Sugli esterni di centrocampo c’è molta varietà di caratteristiche tra cui scegliere, a seconda dello spartito tattico che si interpreta. A sinistra, oltre all’avanzamento di Rodriguez, è decisamente quotato Ruben Vargas. L’esterno dell’Augsburg è molto offensivo, ambidestro, ma ha una propensione a difendere in avanti interessante, da sfruttare anche nei sistemi con la difesa a tre. In caso di partite dove si vuole giocare molto aggressivi, è lui il designato per quello slot. Ad alternarsi con lui, oltre al calciatore del Torino, il jolly Zuber, capace di giocare indifferentemente su entrambe le fasce, in maniera propositiva ma affidabile. A destra l’alternanza è invece tra il più offensivo Mbabu, aratro della fascia destra del Wolfsburg, e il più conservativo Silvain Widmer, vecchia conoscenza italiana ora in forza al Basilea.

In attacco gran parte delle fiches da giocare sul torneo risiedono nell’estro di Xerdan Shaqiri. Il calciatore del Liverpool, schierato nominalmente da trequartista, è ancora il principale fuoco creativo dei rossocrociati: la sua capacità di abbinare conduzioni potenzialmente pericolose ad una buona visione di gioco ne fanno l’uomo chiave di tutto il sistema. Coloro che verosimilmente beneficeranno delle sue rifiniture saranno Seferovic ed Embolo. L’ex calciatore della Fiorentina, dopo una carriera passata da sgobbone dell’area di rigore, ha trovato una seconda giovinezza in Portogallo (precisamente al Benfica) dove si è riscoperto prolifico e letale. In campo internazionale continuano ad emergere molti suoi limiti, tecnici e di velocità generale, ma per la sua nazionale, grazie allo spirito di sacrificio e alle qualità fisiche uniche nella rosa, rappresenta un totem a cui aggrapparsi. Embolo, invece, dopo aver illuso un po’ mezza Europa, sembra essersi assestato nella medio-alta borghesia del calcio europeo. Gioca anche lui nella colonia elvetica del Gladbach ed è una seconda punta elettrica e ficcante, in grado di mettere in difficoltà chiunque se gli vengono lasciati da indisturbato i primissimi metri palla al piede.

La squadra svizzera si troverà subito ad affrontare la squadra sulla carta più debole del girone, il Galles. Se gli uomini di Petkovic non vogliono troppi problemi nel passare il primo turno, dovranno vincere contro i britannici; per farlo, è facile pensare come ci si affiderà dall’inizio a tutti i calciatori più offensivi. La fluidità di cui accennato prima, infatti, si riverbera nelle scelte degli uomini che, condizionate dagli avversari, rendono il modulo nominale un mero esercizio numerico. Dal 3-4-1-2 classico, si vede facilmente come con un centrocampo che prevede Vargas a sinistra e Mbabu a destra si possa formare un 4-2-2-2 di redbulliana memoria. Capitan Rodriguez a scivolare da terzino sinistro, sull’out opposto Mbabu e la freccia dell’Augsburg a far compagnia a Shaqiri sulla parte sinistra della trequarti. Con i tre punti alla prima giornata, sarà poi interessante vedere come Petkovic affronterà la partita contro gli azzurri: cercherà in modo reattivo di speculare sulle possibili disattenzioni italiane o tenterà di arrivare all’ultima partita (contro la Turchia) con un clamoroso bottino pieno?

La Turchia e la voglia di stupire a Euro 2020

di Andrea Codega
La Turchia esulta in vista di Euro 2020
Hakan Calhanoglu, Hasan Ali Kaldirim and Cenk Tosun festeggiano contro la Moldavia (Foto: Imago Images – OneFootball)

Solidità difensiva, talento sulla trequarti e il Kral, il Re, là davanti. Le premesse della Nazionale turca guidata da Senol Gunes sembrano essere solide, e anzi i turchi arrivano a questo Europeo come una delle possibili grandi sorprese di questo torneo, stando al sentimento comune: eppure, personalmente, non riesco a essere troppo fiducioso. Dopo il terzo posto ai Mondiali del 2002 e l’inaspettata cavalcata fino alle semifinali degli Europei del 2008, questo è indubbiamente il ciclo turco più talentuoso e promettente degli ultimi decenni.

Se quasi sempre la Nazionale del Paese che funge da ponte tra Europa e Asia ha avuto nomi affascinanti e mediamente forti nel reparto offensivo, lo stesso non si può dire del reparto arretrato, che invece negli ultimi anni ha finalmente prodotto elementi di grande valore in procinto di affermarsi sul palcoscenico internazionale. Un importante valore aggiunto, specialmente in un Europeo in cui tanti giocatori arriveranno stanchi, in cui mancherà brillantezza e in cui dunque potrebbero essere le difese a decidere spesso sorti delle Nazionali.

Nella difesa a quattro con cui si schiereranno nel girone A dove milita anche l’Italia, Soyuncu e Demiral sono certamente una coppia dall’alto potenziale: uno in forza al Leicester e uno alla Juventus, entrambi fanno della forza fisica e dell’aggressività (molto spesso incontrollata e ancora da gestire, specialmente nel caso di Demiral) i loro punti di forza. A loro si aggiunge pure Kaay Ayhan, affacciatosi al Sassuolo in questa stagione e abile jolly. Anche sulle fasce le opzioni non sono sicuramente di basso livello, potendo contare su un altro giocatore del Sassuolo come Muldur, e su Zeki Celik, fresco compagno di squadra al Lilla del vero uomo copertina di questa squadra: Burak Yilmaz.

Dopo una carriera passata – più o meno in sordina, pur essendo l’attaccante più in voga della Turchia – nel suo paese di origine, a 35 anni Burak Yilmaz ha deciso di fare una scelta sorprendente, controversa, con mille rischi. È emigrato in Francia, al Lilla, e ha consegnato la Ligue 1 al club guidato da Galtier. Consegnato nel vero senso della parola e non per fare un torto al progetto costruito dall’allenatore francese, che meriterebbe molte più righe per essere sviscerato in ogni suo aspetto tecnico; piuttosto perché Burak Yilmaz si è messo la squadra sulle spalle con 16 gol in 28 partite, con sette gol nelle ultime sette di campionato, proprio nel momento clou della stagione.

Spalle larghe, quelle di Burak, pronte per essere rifornite dal vero reparto più qualitativo della Turchia: il centrocampo. Potenzialmente, due trequartisti estrosi come Calhanoglu e Yazici sono in grado di fornire almeno tre/quattro palle gol a testa a partita: saranno loro a scambiarsi i compiti sulla trequarti, talvolta andando a occupare i mezzi spazi esterni e talvolta rimanendo in posizione più centrale, pronti a essere imbeccati da un duo di centrocampo composto da Yokuslu e Tufan e a imbeccare a loro volta proprio Burak. E non è finita qui, perché le tante armi a disposizione di Senol Gunes sono disponibili anche dalla panchina, pronte e adatte a cambiare il ritmo della partita a gara in corso: Kahveci, l’ex-Roma Cengiz Under ma soprattutto Orkun Kukcu, promettentissimo centrocampista classe 2000 in forza al Feyenoord, uno dei giocatori nati negli anni Duemila che potrebbero maggiormente colpire il pubblico internazionale.

Perché dunque non essere fiduciosi? Le potenzialità di questa Nazionale mi sembrano appese a un filo molto sottile. Burak Yilmaz ha appena indovinato la stagione della vita, ma chissà se riuscirà a ripetersi in un breve ventaglio di partite ravvicinate. Calhanoglu e Yazici sono sì estrosi, ma anche imprevedibili nel vero senso della parola, e potrebbero anche regalare prestazioni dannose per le sorti offensive della squadra. La linea mediana è solida ma non spicca di certo per qualità, e infine la stessa aggressività dei due centrali, specialmente quella di Demiral, è un’arma a doppio taglio che si potrebbe rivelare anche nociva, nonostante il numero uno tra i pali Ugurcan Cakir sia un portiere assai promettente.

Gli stessi elementi che stanno spingendo tanti addetti ai lavori a definire la Turchia come una delle possibili sorprese sono anche dei papabili motivi che potrebbero portare la Turchia a deludere. Un filo sottile che nasconde però un’unica certezza: la Turchia sarà una squadra affascinante da studiare, da prevedere e da analizzare durante questi Europei, fin dalla partita inaugurale contro l’Italia.

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