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CALCIO ITALIANO

Serie A: le cinque rivelazioni del centrocampo

Una delle grandi verità che ci consegna il calcio degli ultimi decenni riguarda l’importanza del centrocampo nell’analisi delle potenzialità di una squadra. Anzi, per dirla in tono sentenzioso: ‘dimmi che centrocampo hai e ti dirò che squadra sei’. Una regola probabilmente non ferrea, con una serie di eccezioni che possono subitaneamente saltare alla mente, ma una tendenza piuttosto confermata da chi sta dominando in questi anni sia la Serie A che il calcio internazionale.

A quest’importanza si aggiunge anche una sorta di mistica intorno al ruolo del centrocampista, specialmente quello centrale e in particolare modo quella tipologia di centrocampista tecnico e qualitativo, capace di giocate tecniche e illuminanti. Diametralmente opposto al ruolo di portiere, la cui figura può accompagnarsi alla ferrea solitudine che spetta alla struggente carriera di un tennista, il centrocampista centrale è colui che si occupa in prima persona di qualsiasi fase di gioco. Fondamentale nel possesso della propria squadra, come regista o come incursore, necessario per mantenere l’equilibrio in fase difensiva o come frangiflutti o nel coprire le linee di passaggio.

Attraverso la figura del centrocampista passa tanto, tantissimo di quello che poi riesce a produrre una squadra nel corso dei 90′, e via via nel corso di una stagione. Ecco perché i cinque centrocampisti che seguiranno, alcuni dei volti più positivi in questo primo terzo di stagione di Serie A, militano non a caso in cinque squadre che stanno offrendo buone o addirittura ottime prestazioni (e pazienza se a volte non vengono rispecchiate dai punti in classifica) in questo campionato.

Mattias Svanberg, Bologna

Più delle pause di Nico Dominguez – che però sta crescendo nel ruolo di regista in questa stagione -, più delle folate a targhe molto alterne di Barrow e Orsolini: negli ultimi due anni i talenti in mano a Mihajlovic hanno vissuto di momenti altalenanti, non riuscendo mai a dimostrare continuità di rendimento. Spesso si è imputato questo difetto alla stessa impronta del tecnico serbo e alla sua incapacità di fornire solidità alla squadra, altre volte a essere evidente è stata proprio l’immaturità dei giocatori. Chi, con le sue pause, ha però mostrato di possedere la dose di talento più fulgido è proprio Mattias Svanberg.

Svanberg durante un match di Serie A
Questa potrebbe essere la stagione della definitiva esplosione per Svanberg (Foto: Mario Carlini/Getty Images – OneFootball)

Arrivato nel capoluogo emiliano nel 2018, il centrocampista svedese anche nel giro della Nazionale ha più volte mostrato ottime doti di inserimento e nel tiro, andando a realizzare addirittura cinque reti nel corso dello scorso campionato di Serie A. Quest’anno è già a quota due, ma rispetto agli altri anni il suo ruolo negli schemi dei rossoblù è assai più centrale: le 23 e 25 presenze nei primi due anni a Bologna evidenziano un’incapacità che Svanberg ha mostrato nell’impattare con continuità nel corso dei novanta minuti. Le 34 presenze dello scorso anno, seppur alcune dalla panchina, hanno invece messo in mostra una crescita – anche in termini di responsabilità organizzativa nella manovra – che quest’anno si sta confermando, in un ruolo anche più difensivo rispetto alle scorse annate. Da alternativa a Soriano sulla trequarti o da mezzala, quest’anno Mihajlovic ha invece scelto stabilmente la sua coppia centrale di centrocampisti: Dominguez e Svanberg. Più regista l’argentino, con più corsa e inserimento lo svedese, non disdegnando però la qualità.

Se Svanberg dovesse confermarsi su questi livelli per tutta la stagione, allora sì che sarebbe finalmente pronto al salto in una squadra con ambizioni europee. È ancora un classe ’99, ma a soli ventidue anni sta rapidamente crescendo per responsabilità e continuità. Non a caso, le prestazioni del Bologna ne stanno risentendo positivamente, in particolar modo dopo il passaggio al 3-4-2-1 da qualche giornata.

Samuele Ricci, Empoli

Regia al potere, per uno dei centrocampisti più ordinati e qualitativi che il calcio italiano ha saputo offrire negli ultimi anni. Più che centrocampisti sarebbe meglio dire registi, e più che calcio italiano è bene concentrarsi proprio sulla storia recente dell’Empoli. Una squadra che a dispetto della categoria in cui milita e delle difficoltà si prefissa sempre di costruire un contesto in cui la qualità di gioco è al primo posto, con forti investimenti per il settore giovanile. Un contesto che è spesso coinciso con una struttura che prevede al suo centro il rombo di centrocampo, andando così a valorizzare decine di centrocampisti nel corso degli ultimi anni.

Da mezzali come Vecino e Zielinski a registi come Paredes e Valdifiori, Samuele Ricci è l’ultimo prodotto della filosofia empolese. Classe 2001 – il più giovane tra i giocatori citati e uno dei più giovani titolari dell’intero campionato -, Ricci ha attraversato l’intero settore giovanile dell’Empoli per arrivare, ora, a tenere le redini della manovra della squadra dalla cabina di regia. La filosofia di Andreazzoli e il rombo di centrocampo valorizzano gli scambi corti e il gioco palla a terra, due fondamentali in cui la sapienza tecnica di Ricci eccelle. Ma, in queste prime giornate, è emerso un terzo aspetto: dopo aver disputato la scorsa stagione in B nel ruolo di mezzala, ora Ricci sta dimostrando di avere la maturità e la freddezza per gestire numerosi possessi rischiosi davanti alla difesa, in una zona nevralgica del campo.

Il suo stile ricorda proprio quello dei registi spagnoli alla Busquets, sempre posizionati in maniera perfetta col corpo per poter garantirsi sempre almeno un paio di linee di passaggio sicure. L’Empoli è una delle note più liete di questo inizio di stagione, con 19 punti in quattordici partite: uno dei contributi più fondamentali è proprio quello di Ricci, che insieme a Henderson sta guidando la manovra e la verticalità empolese. L’Empoli ha fra le mani una pepita preziosa.

Giacomo Bonaventura, Fiorentina

Bonaventura con la maglia della Fiorentina durante l'attuale stagione di Serie A
Sembra finalmente tornato il Bonaventura dei giorni migliori (Foto: Gabriele Maltinti/Getty Images – OneFootball)

Dopo anni di appannamento, Jack Bonaventura è una delle principali note liete della squadra di Italiano, per ora l’unica del campionato che sta riuscendo a frapporsi tra le cosiddette “sette sorelle”. Fin dal primo giorno è stato lui, nel ruolo di mezzala destra dopo anni ricoperti maggiormente sul centrosinistra, a essere investito da Italiano delle responsabilità di gioco della squadra, poi coadiuvato dall’arrivo di Torreira.

La Fiorentina ha finalmente ritrovato una dimensione calcistica di livello, con un’esasperata ricerca della verticalità per Vlahovic e gli esterni, soprattutto Nico Gonzalez. Proprio Bonaventura è l’uomo che si sta mostrando più adatto nel legare il reparto di centrocampo con i tre giocatori offensivi, sia imbeccando i compagni sia presenziando più volte al limite dell’area per fornire assist e gol. I quattro assist già realizzati in stagione testimoniano la sua ritrovata centralità e continuità. A dirla tutta, anche negli anni della complicata era rossonera Bonaventura era stato una delle poche certezze su cui poggiava lo scacchiere del Milan, salvo poi fermarsi per una stagione intera per un’operazione al ginocchio. Ora, a trentadue anni, è tornato sui suoi livelli ed è sicuramente uno degli uomini chiave che spiegano l’ottima partenza della Fiorentina.

Davide Frattesi, Sassuolo

I più attenti hanno iniziato a guardare con interesse Davide Frattesi in occasione del Mondiale under 20 del 2019, dove il classe ’99 si era messo in luce nel 3-5-2 disegnato da Nicolato che aveva portato la nostra Nazionale fino alla semifinale. Nel ruolo di mezzala destra, Frattesi aveva dimostrato doti simili a quello del primo Barella di Cagliari (riferimento non casuale alle recenti voci di mercato? Chissà), qualità poi confermate nella scorsa stagione al Monza, dove il centrocampista romano aveva chiaramente fatto vedere di essere di un’altra pasta.

Frattesi con la maglia del Sassuolo durante il corrente campionato di Serie a
Frattesi è in assoluto tra le maggiori sorprese di questa Serie A (Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images – OneFootball)

Fattori tutti confermati alle sue prime apparizioni in Serie A. A Frattesi sono bastate poche settimane estive per convincere il nuovo tecnico del Sassuolo Dionisi a puntare su di lui, in coppia con Maxime Lopez, per andare a formare il centrocampo del Sassuolo. Un reparto forse leggero, ma sicuramente qualitativo e compensato dalla grande mole di lavoro offerta dal centrocampista scuola Roma. Le sue qualità si stanno accentuando sempre più da quando, nelle ultime partite, Frattesi ha avuto anche licenza di offendere e inserirsi in zona gol, grazie al fatto che Traorè stia militando più stabilmente nel ruolo di mezzala sinistra, più di quanto facesse Djuricic, più puramente trequartista e che quindi limitava le corse in avanti di Frattesi.

Il Sassuolo è probabilmente la squadra con il più alto differenziale tra prestazioni offerte e punti poi conquistati sul campo: a volte per sfortuna, a volte per immaturità dei giovani, la squadra di Dionisi ha raccolto meno di quanto meritasse. In questo contesto, i tre gol già totalizzati da Frattesi – il più importante e più esemplificativo è quello realizzato ai danni della Juventus, imbeccato da Defrel – dimostrano come il fine equilibrio su cui poggia la struttura della squadra lo vede tra gli elementi cardine della squadra. Al fianco di Maxime Lopez ha anche migliorato la gestione del pallone nel corso dei 90′, ma quando può sganciarsi negli spazi, da pura mezzala destra, Frattesi dimostra di essere un giocatore interessantissimo, già pronto e di grande impatto fisico e tecnico per la Serie A. Tutto questo a ventidue anni: sarà uno dei profili su cui poggerà l’Italia del futuro.

Antonin Barak, Hellas Verona

Un metro e novanta e una straripante forza fisica, che ha però imparato a usare a pieno soltanto nell’ultimo anno e mezzo. La crescita di Antonin Barak a Verona, prima con Juric e ora con Tudor, è stata esponenziale. Nella sua avventura a Udine e addirittura nella parentesi a Lecce in molti se lo ricordano come un giocatore nebuloso, incapace di trovare la propria posizione in campo e di capire come sfruttare i propri pregi tecnici e atletici.

Barak esulta con la maglia del Verona
Ormai da un anno e mezzo uno dei giocatori con maggiore impatto della Serie A (Foto: Alessandro Sabattini/Getty Images – OneFootball)

Proprio in questo Barak sembra aver fatto un enorme salto di qualità: oggi, a ventisei anni e dopo la cura Juric, nella posizione di trequartista di destra Barak ha imparato a muoversi insieme ai compagni, e ad aprire spazi per la squadra sia con la palla che senza. Sempre presente negli inserimenti e concreto in zona gol, ora è diventato molto più solido in qualsiasi fase di gioco, rivelandosi una certezza anche in fase di possesso con scelte di gioco intelligenti.

Il grande inizio in questa Serie A del Verona si basa su di lui, costante approdo sicuro per i centrocampisti, Caprari, a supporto della punta sul centrosinistra con molta libertà di movimento, e il sorprendente Simeone. Anche Barak gode di molta libertà nel sistema scaligero, ma la sua giusta occupazione degli spazi si deve a un enorme ed evidente crescita nella comprensione dei momenti e degli spazi di gioco: una grande crescita mentale che non ha fatto altro che valorizzare i suoi mezzi atletici e tecnici naturali.

Autore

24 anni a base di fùtbol e racchette, ma anche dell'altro (forse). Sapevo tutte le capitali del mondo, poi è arrivato Timor Est. Fermo oppositore degli anglicismi inutili.

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