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CALCIO ESTERO

Gli Hammers sono tornati a battere il ferro

Il sole sembra essere tornato a battere sui tetti di Stratford. Dopo anni di calvario, peripezie societarie, false speranze, salvezze conquistate all’ultimo respiro e cocenti retrocessioni, le fucine del West Ham sembrano essere tornate a lavorare a pieno ritmo. Dando forse finalmente la speranza, nell’inizio di un nuovo ciclo.

I’m forever blowing bubbles

Capita spesso che i sogni possano diventare un elemento indecifrabile. Qualcosa che ci accompagna per anni, in cui continuiamo a sperare anche quando tutto sembra volgergli contro. Seppur consapevoli che un giorno con molte probabilità quel sogno sia destinato ad andare in frantumi, a svanire divenendo solo un malinconico ricordo – un mesto indizio di ciò che eravamo un tempo e di quello che saremmo voluti diventare – continuiamo a sperarci e crederci nel nostro profondo, quasi inconsciamente per inerzia, nonostante tutto e tutti ci indichino il contrario.

Credere nei propri sogni. Nessuna metafora potrebbe rendere meglio l’idea di questa sensazione che la vita di una bolla di sapone. Cerchiamo di sospingerla, convinti che non abbia limiti, che possa arrivare addirittura a toccare il cielo. Tanto leggera e vulnerabile, ma allo stesso tempo dalle infinite capacità. E noi, sebbene consapevoli che un giorno scoppierà, continuiamo a soffiare fiduciosi. Capita magari che questa continui a salire abbastanza da scomparire alla vista, o magari arrivi qualcosa a frapporsi tra noi e lei, e allora a quel punto l’ignoto regala quel dubbio che sa di speranza. Dove tutto diventa possibile, e perché no, magari il cielo quella bolla è arrivata a toccarlo per davvero.

I’m forever blowing bubbles, Pretty bubbles in the air, They fly so high, nearly reach the sky, Then like my dreams they fade and die.

A fare da sempre il tifo per la bolla ci sono gli Hammers. Loro sì, ci credono, pur sapendo che alla fine la bolla scoppia, e con essa svaniscono i nostri sogni. Un alone di romanticismo nel credere che qualcuno o qualcosa possa andare oltre quello che è il proprio destino. Sfidando il realizzabile e il plausibile. D’altronde sognare non costa nulla. A far male sono le illusioni, le false speranze. Come quelle che a più riprese la dirigenza del West Ham ha creato nell’ultimo decennio nelle menti dei propri tifosi, attraverso promesse fatte e mai mantenute.

Una bolla di sapone è capace di creare suggestioni inaspettate (Foto: Ian Kington/Getty Images – OneFootball)

Gli Irons non hanno mai fatto parte dell’aristocrazia del calcio inglese. Come avrebbe potuto essere altrimenti, del resto? Sarebbe stata una rinnegazione delle loro origini, di ciò che sono sempre stati, e che mai saranno. Ma questo di certo non preclude avere delle ambizioni, a lungo messe da parte ma poi d’improvviso tornate in voga. Nel 2010, il club viene messo in vendita per i troppi debiti, e sulla sua carcassa si avventano avvoltoi da ogni angolo d’Europa e non solo. Alla fine a spuntarla è il duo Gold-Sullivan, ex pilastri dell’industria pornografica inglese e già comproprietari in passato del Birmingham.

Le promesse sono altisonanti. Partecipazione alla Champions League nel giro di sette anni, costante presenza della squadra nella parte alta della classifica di Premier, arrivo di giocatori e manager di livello assoluto. Chi segue anche sporadicamente il calcio inglese è perfettamente consapevole che le cose non siano andate esattamente come auspicato. Fatta eccezione per la stagione 2015/2016 – terminata al 7° posto con annessa partecipazione all’Europa League -, le annate del West Ham sono state un susseguirsi di terrificanti agonie per i tifosi.

Ogni anno grandi aspettative, investimenti importanti, ottime premesse, per poi ritrovarsi spesso e volentieri a fine anno con scenari completamente diversi da quelli inizialmente ipotizzati. Nel migliore dei casi concludendo nella parte alta della seconda metà di classifica, spesso dovendo lottare fino all’ultimo per la salvezza. Situazioni che hanno portato la società sotto la pressione di una costante protesta da parte di tutta la tifoseria, rea di guardare al proprio tornaconto personale, piuttosto che al bene del club.

Contestazioni più che giustificate se si guarda all’operato dei vertici societari dal momento del loro approdo, capaci di creare un tale sentimento di odio da parte della tifoseria nei confronti della proprietà del club che amano con pochi precedenti nella storia del calcio. Ma se anche quest’anno il clima fuori dal campo non tende a distendersi, le cose all’interno del rettangolo di gioco sembrano andare decisamente meglio. Almeno per il momento.

West Ham
Uno dei numerosi striscioni di protesta esposti nel corso degli anni da parte della tifoseria. In questo caso il metro di paragone rende piuttosto bene l’idea di quanto astio sia presente tra tifo e dirigenza (Foto: Oli Scarff/Getty Images – OneFootball)

Vento di cambiamento in casa West Ham

5° posto in classifica. 35 punti raccolti e -4 dalla zona Champions. Un bilancio impronosticabile ad inizio stagione. A maggior ragione se si pensa alla deludente partenza degli Irons – 8 punti in sette giornate e 15° posto in graduatoria – che lasciava presagire spiragli ancora peggiori anche a dispetto delle ultime annate. La squadra invece ha poi dimostrato di aver trovato una solidità sconosciuta fino a poco tempo prima.

Il West Ham di quest’anno è una squadra non spettacolare, che gioca però un calcio efficiente ed equilibrato. Ma che soprattutto sta mostrando continuità di rendimento, a differenza degli scorsi anni dove magari aveva delle partenze sprint, per poi subire un calo drastico appena passate le fasi iniziali del campionato.

Molti dei meriti vanno dati a quello che, forse, è stato l’allenatore più bistrattato dell’ultimo decennio. Dall’approdo sulla panchina del Manchester United, il personaggio di David Moyes è diventato una sorta di simbolo di incapacità e inadeguatezza al ruolo assegnato. Etichetta che ancora si porta dietro e forse solo ora incomincia a scrollarsi di dosso.

West Ham
Il lavoro fatto finora sulla panchina del West Ham è tutt’altro che banale (Foto: Clive Rose/Getty Images – OneFootball)

In molti tralasciano completamente gli oltre dieci anni trascorsi dal tecnico scozzese dalle parti di Goodison Park. Un periodo in cui l’Everton è passato dall’essere una tra le papabili retrocesse all’inizio di ogni stagione, ad occupare costantemente la parte alta della classifica, arrivando a partecipare spesso anche alle coppe europee. Un percorso che i tifosi Hammers auspicherebbero volentieri possa ripetere sulla panchina del West Ham.

Uno dei grandi problemi della squadra negli ultimi anni è stata la confusione d’intenti. Lo scopo dei piani alti era sin da subito quello di innestare una nuova mentalità da top club. Un obiettivo di certi buoni propositi, ma che la dirigenza ha cercato di raggiungere attraverso cambiamenti repentini che non hanno giovato alla squadra. Si è cercato di portare grandi nomi sia in panchina che in campo, senza un minimo di progettualità, spendendo senza riguardo cifre spropositate per giocatori di dubbio valore, o affidamento, spesso non funzionali al progetto in cantiere.

Forse per la prima volta da quando è arrivata la nuova presidenza, il mercato in vista della nuova stagione è stato poco movimentato, senza dubbio anche a causa della situazione pandemica che stiamo vivendo. E anche ciò ha forse contribuito a cementificare i rapporti all’interno della squadra, che non si è vista smembrare e assemblare come nelle stagioni passate. Gran parte dei giocatori vestono ormai la maglia da più anni, fattore che ha indubbiamente aumentato la coesione, in un gruppo che ne aveva assolutamente bisogno. L’exploit di quest’anno è dovuto anche a ciò, oltre che ad una serie di cambiamenti che hanno avuto luogo in campo, anziché fuori.

La squadra ha raggiunto un livello di coesione prima impensabile (Foto: Clive Rose/Getty Images – OneFootball)

Alzare l’asticella

Questa è stata probabilmente la prima richiesta di Moyes ai suoi giocatori. Tralasciando gli aspetti prettamente tattici, una delle note più dolenti all’interno dell’ambiente West Ham era lo scarso rendimento di giocatori arrivati con ben altre aspettative. Una tendenza che quest’anno si capisce essersi finalmente invertita, visti i risultati. E di cui due esempi lampanti sono Angelo Ogbonna e Thomas Soucek.

Il difensore italiano, dopo le ottime annate con il Torino e la breve parentesi alla Juventus, era arrivato nel 2015 come il pilastro difensivo capace di poter dare sicurezza ad un reparto che anche nelle parentesi migliori della squadra faceva fin troppa fatica. Un ruolo mai assunto davvero all’interno della squadra, ma che ora alla soglia dei 33 anni sembra aver finalmente fatto suo, dimostrandosi uno dei migliori centrali dell’attuale stagione inglese.

Decisamente più impressionante a livello di numeri è il cambiamento assunto dal centrocampista ceco. Arrivato nell’estate scorsa come spalla da affiancare a Rice, si era poi dimostrato apparentemente poco adattabile ai ritmi del calcio inglese. Finendo a gennaio per essere spedito in prestito allo Slavia Praga, da cui il West Ham lo aveva acquistato appena sei mesi prima. Salvo poi tornare come non fosse successo niente e imporsi come uno dei perni fondamentali della squadra, nonché miglior marcatore, con 7 gol in 21 presenze.

Le due rivelazioni della stagione, divenute ormai certezze per gli Hammers (Foto: Gareth Copley/Getty Images – OneFootball)

Dal punto di vista tattico, Moyes si è preoccupato soprattutto di dare solidità ed equilibrio alla squadra. I giocatori si dispongono inizialmente con un 4-2-3-1, che poi in fase difensiva si converte in una sorta di 4-1-4-1, dove Rice occupa la posizione di specchio davanti alla difesa, con i due trequarti laterali – solitamente Fornals e Bowen – che retrocedono al ruolo di esterni bassi e il trequartista – Lanzini/Benrahma – di turno a dare manforte in mezzo al campo. Lasciando davanti il solo Antonio, cui tocca far reparto da solo.

La squadra sfrutta soprattutto le doti fisiche e atletiche dei propri giocatori, cercando spesso la verticalizzazione sia per vie centrali che sulle fasce, riuscendo a fare male ai propri avversari specialmente in campo aperto. La squadra non esprime un gioco spettacolare, complice la mancanza di giocatori prettamente creativi capaci di dare maggiore imprevedibilità, fatta eccezione per Lanzini. Un fattore che si converte in difficoltà quando la squadra si trova costretta ad attaccare difese schierate ed attente.

Elemento che permette agli ingranaggi della squadra di girare a dovere è Declan Rice, metronomo del centrocampo e unico giocatore veramente indispensabile. Il centrocampista inglese detta i tempi della manovra e di salita o discesa della squadra, sia in fase offensiva che difensiva. Dai suoi piedi passano tutti i palloni in fase d’impostazione, in quanto dotato di una visione di gioco superiore alla norma ed a quella dei suoi compagni. Le sue ottime doti in entrambe le fasi lo rendono un perfetto equilibratore, oltre che il collante di una squadra che altrimenti rischierebbe di spezzarsi in due tronconi.

West Ham
Rice è uno dei prospetti più importanti del calcio inglese. Trattenerlo e renderlo il nuovo Noble sarebbe fondamentale per lo sviluppo del progetto West Ham (Foto: Mike Hewitt/Getty Images – OneFootball)

Compito fondamentale per ogni giocatore è quello di dare il proprio contributo in entrambe le fasi. In questa direzione vanno anche le scelte dei due terzini Cresswell e Coufal, con discrete doti in fase d’attacco ma capaci soprattutto di dare copertura, e dei due esterni avanzati Fornals e Bowen, in grado di dare un buon apporto alla fase offensiva senza far mancare il proprio supporto a quella difensiva.

La squadra tuttavia, come già detto, dimostra diversi limiti nel creare gioco e far male ad avversari che si limitano ad aspettare nella propria trequarti. In questo senso fa abbastanza strano vedere la cessione di Haller nel mercato appena conclusosi: le doti dell’attaccante francese sarebbero state decisive nell’affrontare difese chiuse. E fa ancor più strano se si guarda alle alternative che in quel ruolo l’ex allenatore dell’Everton ha a disposizione, praticamente nulle.

Un movimento di mercato che ha creato ulteriore malcontento nell’ambiente, dopo quelle già avvenute per la cessione di Diangana ad inizio stagione. Ma facendo capire ancora una volta che la società, anziché rafforzare la squadra in vista di nuovi e migliori obiettivi, ha come reale obiettivo far cassa, dando un’ulteriore conferma alle paure dei tifosi.

Michael Antonio ad oggi rappresenta l’unico vero attaccante di ruolo a disposizione di Moyes, senza considerare che ad inizio carriera veniva impiegato addirittura come terzino (Foto: Glyn Kirk/Getty Images – OneFootball)

Che futuro attende il West Ham?

Nonostante l’ottima stagione disputata fino al momento, il futuro del West Ham rimane più che incerto, al di là di quello che possa essere l’esito al termine del campionato. Ci sarà bisogno di un rinnovato impegno da parte della società se si vorrà dare davvero una nuova dimensione alla squadra. Da un lato necessiterà trattenere i migliori elementi della formazione, a cui andranno aggiunti nuovi innesti in modo da dare continuità a quello che per il momento è solo un caso isolato.

Molto ovviamente dipenderà dalla scelte della società. Se l’andazzo non dovesse cambiare rispetto al passato, è facile immaginare che da un anno a questa parte gli Irons possano ripiombare nei bassifondi della classifica. Con le contestazioni che prenderebbero una piega ancor peggiore, per il continuo scarso interesse nel fare il bene della squadra a più riprese mostrato dalla società, più che per i risultati in sé.

Il tutto in un ambiente e una tifoseria che il mondo ha imparato a conoscere ed apprezzare per l’attaccamento alla maglia e ai principi che questa rappresenta, che di certo merita di essere trattata con più riguardo. Ma che soprattutto ha diritto di illudersi, che quelle bolle, chissà, il cielo possano toccarlo davvero.

West Ham
Animo travagliato (Foto: Julian Finney/Getty Images – OneFootball)
Autore

Terzino da paese in campo, fantasista sulla tastiera. Segnato fin da bambino dalle lacrime di Ronaldo del 5 maggio, ha capito subito che la vita da interista sarebbe stata dura. Scandisce il tempo in base alle giornate di campionato, sperando un giorno di poter vivere di calcio e parole.

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