fbpx Riserva Di Lusso
AMARCORD

Disarmare Roberto Carlos

Scommetto che, in un gioco di associazioni mentali tra parole, nomi o idee con una persona appassionata di calcio, Roberto Carlos verrebbe immediatamente associato a parole come “calcio di punizione” o “tiro”. Le probabilità di successo sarebbero altissime: basta una veloce ricerca su YouTube per trovare questa combinazione di parole chiave tra i risultati. L’esempio più scontato è l’incredibile punizione al Torneo di Francia del 1997 contro i Bleus, ma ci sono tanti altri esempi che possono dare un’idea di cosa sia un calcio di punizione “alla Roberto Carlos”. La rincorsa chilometrica – composta dai primi passettini simil-skip basso e poi da un progressivo allungamento della falcata – e poi il tiro con le tre dita sulla valvola, che imprime una traiettoria irreale al pallone. Si può prendere questa combinazione di movimenti e tecnica calcistica per rappresentare i tratti della firma del terzino brasiliano.

L’universalità dell’uomo proiettile

L’immaginario sviluppatosi attorno alla figura del nativo di Garça trascende ripetutamente i confini della realtà, riversandosi in quelli del virtuale. Roberto Carlos sembra un personaggio creato da un computer. Un proiettile umano di circa 170 centimetri che riusciva a coprire facilmente tutto il campo grazie a un fisico potente e compatto, come se riuscisse a fendere l’aria per quanto si muovesse velocemente.

La sua spiccata propensione offensiva causava spesso la creazione di ampie voragini alle sue spalle, immediatamente coperte dai suoi celebri recuperi a tutta velocità. Una caratteristica poco umana della fase difensiva di Roberto Carlos era la capacità di trovare sempre l’attimo giusto per intervenire, come se riuscisse a rallentare il tempo per scegliere al meglio come agire. Scivolate, chiusure in anticipo e un’innata capacità di coprire lo spazio in profondità: poteva decifrare le intenzioni degli avversari, rendendo indecifrabili le proprie.

Roberto Carlos anticipa Zinédine Zidane
L’efficacia degli interventi in scivolata di Roberto Carlos (Foto: Mary Evans/Imago Images – OneFootball)

In fase offensiva, El hombre bala era veramente la trasposizione reale di un videogioco. Le sue continue sovrapposizioni, che seguivano un proprio binario mentale e spaziale, generavano pericoli per le difese avversarie. Non che Roberto Carlos fosse particolarmente creativo col pallone tra i piedi, ma la sua esuberanza fisica (unita al baricentro basso) lo catapultavano sempre alla ricerca dell’assist o del tiro da qualunque posizione. Ma, a differenza di quanto si possa pensare normalmente, convergeva anche verso il centro del campo per calciare col piede destro. Esatto. Non quel magico sinistro. Spesso veniva utilizzato dopo un movimento ad accentrarsi partendo da sinistra, non era come il piede prediletto ma risultava abbastanza efficace quando si trattava di appoggiare il pallone a un compagno o di trovare la porta con un tiro.

Roberto Carlos era un terzino abbastanza intelligente da sfruttare al meglio i suoi punti di forza, limitando al minimo le proprie carenze. Non era particolarmente creativo dal punto di vista del dribbling o nella visione di gioco ma non ne aveva nemmeno bisogno. Sapeva cambiare gioco con quei lanci di collo-esterno di una sorprendente precisione e dolcezza. Giocava a due tocchi con i compagni e poi si lanciava in avanti alla ricerca di nuovi spazi per sprigionare il proprio strapotere fisico. Non si trattava di un trequartista prestato alla fascia difensiva ma era tecnicamente raffinato nella sua essenzialità. Sfruttava questa caratteristica per rendersi pericoloso anche in area di rigore, non solamente a metri di distanza da essa. Roberto Carlos era il classico compagno di squadra che un giocatore vorrebbe avere al proprio fianco.

Roberto Carlos pesca in profondità un compagno
Il piede di Roberto Carlos sapeva essere anche morbido (Foto: PanoramiC/Imago Images – OneFootball)

Lo so, sto facendo melina per non citare il singolo elemento che fa entrare questo calciatore all’interno dell’immaginario collettivo calcistico, però ora mi vedo costretto a rivelare il vero punto focale di questo pezzo. L’uomo proiettile è stato un esterno basso fenomenale e si è sempre saputo. Ma come sarebbe cambiato senza la sua arma più iconica: i calci di punizione? La sua carriera avrebbe risentito della scelta di non utilizzare quel magico sinistro per spaventare le barriere avversarie nei campi di tutto il mondo? Quali altre armi sarebbero rimaste a disposizione del calciatore paulista?

La carriera di Roberto Carlos senza calci di punizione

Bisogna partire da un presupposto: Roberto Carlos è uno dei difensori più prolifici della storia del calcio. Ha segnato 131 gol in carriera tra nazionale e squadre di club (anche se per molte persone i gol realizzati sarebbero poco più di 110). Il fascino dei suoi calci di punizione può far pensare che la maggior parte di queste reti provenga dalle cannonate da fermo ma ciò non può essere reale. I gol da calcio di punizione sono stati 50, circa il 38% delle realizzazioni totali. Eliminando il fattore “calcio di punizione” da Roberto Carlos, non ci sarebbero grossi cambiamenti da un punto di vista statistico. Meno gol in carriera, è vero. Ma un giocatore con un fucile di precisione rivestito di cachemire al posto del piede come lui non può non essere ricordato per il suo tiro, da fermo o in movimento. Si parla tanto delle punizioni, ma certi gol del terzino brasiliano raggiungono lo stesso livello di iconicità per come si prendono gioco della mente di chi guarda.

Il gol contro il San Paolo con la maglia del Palmeiras (nel 1995) è il chiaro esempio di come l’urgenza di segnare possa prevalere sulla bellezza insita negli effetti volontariamente dati al pallone. In questa occasione, Roberto Carlos vuole segnare. Deve farlo. La sua è letteralmente una fucilata tipica di un cecchino di precisione che deve colpire il proprio bersaglio da una distanza esagerata nell’arco di 0.8 secondi. Calcia fortissimo con le tre dita (come sempre) ma il pallone segue una traiettoria sostanzialmente rettilinea, senza prendere strade aeree caratterizzate da traiettorie tortuose. Il portiere vede partire la sfera lanciata da oltre 30 metri, ma non può far altro che percepire il suono della rete gonfiata da un missile finito all’incrocio dei pali.

La rete contro il Tenerife con la maglia del Real Madrid (nel 1998) è forse il principale esempio di tiro inspiegabile che non sia un calcio di punizione. La controintuitività di quel gesto tecnico è ciò che rende tutto speciale. Il brasiliano riceve un suggerimento in profondità sulla fascia sinistra, il pallone rimbalza tre volte sull’erba e sembra essere destinato a finire sul fondo. Invece che coordinarsi per cercare l’assist con il piattone volante verso il centro (come fatto in altre occasioni), il paulista cerca l’opzione più pazza, la meno decifrabile. Non guarda verso il centro dell’area di rigore, si concentra unicamente sulla palla e cerca di calciarla più forte possibile verso la porta, nonostante un ridottissimo angolo di tiro.

Il risultato è fenomenale. Il pallone calciato col proverbiale collo-esterno mancino parte dalla linea di fondo, rientra verso l’interno del campo quel tanto che basta per ingannare il portiere, andando a eliminare qualche traccia di mancanza di igiene sul secondo palo.

Il terzo e ultimo esempio è la riproduzione in movimento del famoso gol contro la Francia del 1997. Durante l’amichevole tra Brasile e Giamaica disputata nel 2003, Roberto Carlos decide regalare una lezione sui concetti di balistica applicata al calcio. Dopo un calcio d’angolo dalla sinistra, Roberto Carlos intercetta il pallone all’altezza della trequarti. Ha davanti un solo avversario, mentre il portiere si trova al centro della porta. Decide come al solito di calciare a modo suo. Il pallone svernicia la maglia del difensore giamaicano e sembra poter finire sul fondo a pochi centimetri dal palo. Ma la traiettoria impressa da quel mancino dinamitardo è volutamente beffarda e fa rientrare la palla quel tanto che basta per finire all’angolino, senza che il portiere possa nemmeno realizzare cosa sia successo.

Vedendo questi gol, l’impatto dei calci di punizione nella carriera di Roberto Carlos assume un valore diverso. Senza di essi non avrebbe avuto dei cambiamenti esorbitanti nel suo palmares o nel modo di giocare. I recuperi in velocità e gli interventi in fase difensiva non sarebbero mancati, così come i gol e i numerosi assist in quella offensiva. A cambiare sarebbe stata l’influenza nell’immaginario collettivo. Nessuna animazione personalizzata per gli utenti che volevano riproporre la famosa combinazione di ricorsa lunghissima e tiro, creata dagli sviluppatori Electronic Arts o Konami all’interno dei videogiochi di calcio. Nessuna finestra distrutta da un improbabile tentativo di copiarlo durante una partita giocata per strada, nessun pallone prigioniero dei rami dell’albero di un parco o nessuna persona abbattuta in acqua durante un tiro sul bagnasciuga di una spiaggia.

Ma, soprattutto, nessun video e nessuna immagine da guardare e riguardare all’infinito, nel tentativo di scoprire qualche dettaglio nuovo a ogni visione. A distanza di anni si parla ancora dell’ex galáctico – associandolo ai suoi calci di punizione e, in generale, ai suoi tiri – perché è riuscito a far suo un gesto, plasmandolo in base alle proprie caratteristiche. È diventata un’immagine astratta che, combinando un essere umano e un gesto tecnico, colpisce le persone e attira la loro attenzione. È diventata un’icona che può essere vista mentalmente ogni volta che il cervello capta il suo nome. Probabilmente è anche per questo che si può provare a disarmare Roberto Carlos, ma lui troverà sempre un modo per colpire.

Autore

Cagliaritano, classe '95. Appassionato di calcio, motorsport, basket e sport d'azione. Sempre pronto a parlare seriamente di cose stupide (e viceversa).

Lascia un commento

Top