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CALCIO ITALIANO

Il miglior Lorenzo Insigne

Il 14 dicembre 2019, Gennaro Gattuso siede per la prima volta sulla panchina del Napoli. I partenopei 4 giorni prima hanno legittimato il passaggio del turno in Champions League superando per 4-0 il Genk, ma in campionato stanno vivendo una crisi profondissima. L’ultima vittoria risale al 19 ottobre e Aurelio De Laurentiis decide che il brillante cammino europeo non basta per confermare Carlo Ancelotti.

In realtà lo aveva deciso ancor prima della gara contro il Genk, tanto che Gattuso nella sua prima conferenza stampa da allenatore del Napoli parla di un accordo raggiunto nel weekend precedente. Nella stessa conferenza, Gattuso si appella al senso di appartenenza per ricomporre la frattura con i tifosi, ma la gara d’esordio con il Parma non va come sperato. La cavalcata di Kulusevski, culminata con il gol di Gervinho in pieno recupero, condanna i partenopei alla seconda sconfitta consecutiva al San Paolo, e a fine gara il malumore dei tifosi esplode in una contestazione che si prolunga anche dopo il triplice fischio. Uno dei più beccati dalla tifoseria è Lorenzo Insigne, il capitano, uscito a 10 minuti dal termine ancora una volta tra i fischi assordanti. Con il Genoa, un paio di settimane prima, il suo nome era stato fischiato addirittura durante la lettura delle formazioni.

Il numero 24 del Napoli sta vivendo una delle peggiori stagioni in carriera. A dicembre inoltrato il suo score realizzativo è fermo a 4 reti tra tutte le competizione, di cui l’ultima in campionato realizzata nella trasferta di Lecce di fine settembre. Gattuso però, sin da subito, ne riconosce l’importanza, spende parole al miele per lui, lo definisce il simbolo di Napoli e si assume la responsabilità di recuperarlo e di metterlo nelle migliori condizioni per esprimersi.

Insigne, obiettivo ritrovarsi

Il cambio di marcia avuto da Insigne sotto la guida Gattuso è sin da subito evidente, e rappresenta ancora oggi la più grande vittoria del tecnico calabrese. Più che i numeri, comunque modesti per uno come Insigne (concluderà la stagione con 13 gol tra tutte le competizioni di cui solo 4 su azione), a impressionare è l’attitudine con cui Insigne risponde al grande carico di responsabilità di cui Gattuso lo investe. Dal gol realizzato nei quarti di finale di Coppa Italia con la Lazio che segna il punto di svolta in positivo nel rapporto con i tifosi, alla stessa Coppa Italia alzata nel cielo di Roma in faccia alla Juventus, Insigne gioca animato da uno spirito diverso.

Lorenzo Insigne con la Coppa Italia 2020
Oro (Foto: Andrea Staccioli/Insidefoto/Imago Images – OneFootball)

Un giocatore che sembrava visceralmente legato al calcio democratico di Maurizio Sarri si è trasformato nel deus ex machina di ogni trama offensiva del Napoli, costretto a districarsi tra le mille difficoltà avute dalla squadra di Gattuso soprattutto in quest’annata. Difatti, se nel finale della passata stagione il Napoli aveva dato l’impressione di aver imboccato la strada giusta, i tanto attesi miglioramenti non sono arrivati. Un po’ per limiti mostrati da Gattuso nello sviluppo della squadra – mai convincente nel rapporto tra proposta di gioco e talento a disposizione -, un po’ per gli infortuni che hanno falcidiato il reparto offensivo, il Napoli si è aggrappato al suo capitano, che un po’ a sorpresa non ha mai tradito le attese.

Fuori da ogni equivoco

Tracciare un profilo comune dell’Insigne calciatore è da sempre molto complesso. Lui stesso, arrivato in Serie A con la fama dell’ala dribblomane pronta a mettere a ferro e fuoco tutte le difese del campionato, ha dovuto modellare il suo gioco cercando di mascherare gli evidenti limiti fisici. La mancanza di atletismo ed esplosività che con la maglia del Pescara non risaltava per il gap tecnico contro ogni tipo di avversario, nel massimo campionato si è brutalmente abbattuta sul giovane Insigne e sui tifosi del Napoli convinti di avere tra le mani l’erede tecnico ed emotivo del Pocho Lavezzi.

Gradualmente Insigne ha trovato sul centro-sinistra dell’attacco napoletano la sua zona di comfort, liberato dall’obbligo di avere la linea di fondo come punto d’arrivo. Dopo un vano tentativo di reinventarlo trequartista, Sarri ha compreso di poter attingere a tutto il suo potenziale costruendo una squadra il cui lato sinistro fosse il cuore pulsante irrorato dal triangolo composto da Ghoulam, Hamsik e lo stesso Insigne. In un sistema perfettamente funzionante, il 24 ha fatto la parte dell’ingranaggio ideale, emergendo grazie alle sue doti associative e ad una tecnica individuale che lo pone nel pantheon dei grandi numeri 10 italiani. Quanti calciatori stoppano, anzi, ammortizzano il pallone con la stessa naturalezza con cui Insigne lo fa con l’esterno destro? Forse nessuno. Durante il secondo anno di Sarri, quello dei 36 gol di Higuain, stabilisce il suo record di marcature in Serie A, 18, a cui vanno aggiunti 9 assist.

Insigne con Maurizio Sarri
Intesa (Foto:Cesare Purini/Insidefoto/Imago Images – OneFootball)

Parola chiave per Insigne: determinare

Lo smantellamento di quell’impianto e la perdita di alcuni riferimenti sicuri sembravano poterlo definitivamente inabissare, ma la stagione in corso ci sta presentando una sua versione aggiornata, ma soprattutto più matura. Lo step mentale fatto da Insigne è evidente nelle piccole cose con cui riempie le sue partite: in ogni ripiegamento difensivo che si vede costretto a compiere, in ogni dribbling difensivo (una disciplina in cui Hazard è il calciatore più decorato) e in ogni fallo strappato per far respirare una squadra non più capace di difendere con il pallone come qualche anno fa.

Secondo i dati di FBref.com, il numero di tocchi nella trequarti difensiva per 90 minuti è salito dai 5,66 dell’ultimo anni di Sarri agli 8,55 di questa stagione. Il coinvolgimento nella fase di non possesso è invece certificato dal numero di intercetti, 1 per 90 minuti, dato in cui fa meglio dell’85% dei suoi pari ruolo tra i 5 migliori campionati europei. I dati fanno però da contorno ad un’attitudine diversa, sviluppatasi senza dubbio grazie agli input dati da Gattuso:

Siccome è il capitano, vorrei vederlo sorridere un po’ di più: se sorride lui sorride tutta la squadra. Voglio di più a livello caratteriale.

La vera differenza il nativo di Frattamaggiore la sta però facendo in fase offensiva. Insigne è con Lozano il miglior marcatore stagionale del Napoli (13 gol), quello che calcia di più (4,46 tiri p90) e al pari di Mertens quello che produce più xA (Expected Assist) per 90 minuti (0.25). Soprattutto in questa stagione servire Insigne è diventato quasi un riflesso involontario per i compagni, che si affidano a lui per ovviare ai problemi di creazione offensiva divenuti endemici. Il Napoli è sesto per xG prodotti fino ad ora, superiore, tra quelle ormai comunemente definite le nuove sette sorelle, solo alla Lazio.

Insigne dunque catalizza possessi, forza le giocate in rifinitura e ha sensibilmente aumentato il volume di tiri dalla distanza (2,6 p90, il massimo in carriera al pari dell’annata 2018/2019). Quello che era conosciuto per essere un brillante giocatore da sistema si sta trasformando in un calciatore autosufficiente, che si esalta se accerchiato da compagni in grado di connettersi con lui ma efficace anche in isolamento.

Il campionato di Insigne è una sequela di prestazioni erculee, in cui il suo talento adamantino è retto da una rinnovata consapevolezza. Riavvolgendo il nastro non si può non menzionare il destro a giro di controbalzo con cui nei minuti di recupero ha salvato il Napoli da una sconfitta contro il derelitto Torino di Giampaolo. O tornando ancora più indietro, la prestazione da trascinatore nel derby contro il Benevento, che ha avuto nel sinistro morto alle spalle di Montipò il suo picco più lirico. Più recente la serpentina di inizio 2021 con cui ha scherzato mezza difesa della Fiorentina prima di servire Lozano con un passaggio visionario. Ma tra queste giocate si possono menzionare anche i dribbling difensivi con cui nell’agonica partita contro la Juventus ha ripetutamente spezzato il ritmo agli avversari, sempre per sottolineare l’equilibrio tra quantità e qualità del suo campionato.

L'esultanza del capitano contro il Bologna
Un cuore azzurro (Foto: Alessandro Garofalo/LaPresse/Imago Images – OneFootball)

“Sono il Napoli”

A 30 anni quasi compiuti, Insigne è entrato nella fase di carriera in cui il profilo tecnico e umano è ormai ben definito. In tal senso, i passi in avanti compiuti negli ultimi mesi potrebbero rivelarsi determinanti per la qualità del suo tramonto. Questo Insigne, promesso sposo a vita del Napoli, può finalmente scacciare i demoni che lo inseguivano sin dai suoi esordi, consapevole di aver trovato la sua dimensione.

Non sarà mai il Maradona fatto in casa che i tifosi partenopei sognavano di riabbracciare mentre seminava il panico a Pescara, né tantomeno un’ala elettrica ed emotivamente coinvolgente come fu Lavezzi. Insigne entrerà nella storia del Napoli, probabilmente ne diventerà il massimo marcatore (attualmente è sesto con 103 gol realizzati a -1 da Cavani, – 12 da Maradona e -28 dal recordman Mertens), perseguendo la strada intrapresa sotto l’ala protettiva di Gattuso, quindi coniugando talento e applicazione. Allo stesso modo, i tifosi del Napoli, anche nei momenti più bui, come quelli vissuti per lunghi tratti di questa stagione, potranno sorridere. Aldilà di tutto ci sarà sempre Lorenzo Insigne.

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In un'altra vita trequartista mancino, in un'altra ancora tennista con il rovescio ad una mano. In questa scrivo il più possibile

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