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CALCIO ESTERO

Lo Strasburgo è tornato grande

Se in Alsazia avessero raccontato una storia come questa, in tanti non ci avrebbero creduto. Favole in stile fratelli Grimm, che nella dirimpettaia Germania fecero le gioie di grandi e piccini più di un secolo fa. Perché quella del Racing Club de Strasbourg, uno dei club più storici e intrinsecamente mitici di Francia, poteva non esserci più già da un decennio. Mentre oggi si ritrova in Ligue 1 a lottare per la Champions League e a festeggiare uno dei periodi più lunghi d’imbattibilità della sua storia, ben tre mesi. Il tutto non solo grazie allo splendido lavoro del nuovo allenatore Julien Stephan e di una squadra ben assortita, ma anche ad una maniera di concepire il calcio nella regione che non ha eguali e che ha permesso alle cicogne azzurre di riprendersi da qualsiasi situazione.

5 anni tra gli amatori

Dopo tanta sfortuna e alcuni tumulti societari, nel 2011 lo Strasburgo tocca il suo punto più basso, perchè oltre a non riuscire a fare ritorno immediato in Ligue 2 (tra i professionisti) il club rischia di scomparire per sempre. In Alsazia nessuno dimenticherà il 22 agosto 2011: il fondo del baratro, ma anche l’inizio di una nuova era. La società subisce un “redressement judiciaire“, ovvero un’ultima spiaggia nel diritto francese quando ci sono potenzialmente le condizioni perchè un’azienda non sparisca completamente. A ciò si aggiunge però la liquidazione: il club non sparirà ma dovrà ripartire dal CFA 2, la quinta divisione del calcio francese. In quello che di fatto è solitamente un campionato per le seconde squadre dei grossi club, lo Strasburgo si ritrova a dover lottare per tornare alla gloria di un tempo con una zavorra in più: il peso costante di un’Alsazia che di fatto porge tutte le sue speranze nelle mani di un Racing pura espressione regionale.

Citando un articolo della rivista “After Foot” – “Vous n’aurez ni l’Alsace ni le Strasbourg

“Il Racing è diventato progressivamente un’istituzione regionale, non tanto per uno statuto particolare ma per un’eccezione alsaziana, in quanto si è trasformato nel tempo nell’unico club professionistico della regione. Questo status di primo ed unico club non porta sistematicamente ad un appoggio incondizionato, ma anche i più disinteressati sanno situare l’oggetto Racing all’interno del contesto alsaziano, citandoti alcuni periodi d’oro o personalità mitiche.”

I problemi finanziari perdurano nonostante quasi immediatamente il club sia promosso in 4^ divisione, in CFA, ma è proprio qui che lo Strasburgo trova il suo salvatore della patria. Si tratta dell’ex giocatore Mark Keller, passato dalla Cicogna come calciatore dal 1991 al 1996 prima di emigrare verso Germania e Inghilterra. Keller, che ai tempi era soprannominato “l’intello du foot“, l’intelligente del calcio, portava avanti i suoi studi in scienze economiche anche durante la carriera professionistica.

Un tifoso dello Strasburgo con dietro il logo storico del club, quello con le iniziali RCS e con la cattedrale della città. (Foto di: SEBASTIEN BOZON/AFP via Getty Images – One Football)

Un pioniere per i tempi che più di 15 anni dopo riunirà un solido gruppo di investitori per rilevare il club, che dal 2012 prenderà la denominazione di Racing Club de Strasbourg Alsace per mettere in evidenza il sostegno economico ricevuto dalla regione. Alla terza promozione consecutiva, in National (terza divisione), corrisponderà un’immediata retrocessione l’anno dopo, in cui il fato ci metterà però la sua per tenere accese le speranze del club. Perché la squalifica del Luzenac per il campionato 2014/2015 porterà lo Strasburgo a mantenere la categoria ed impostare un budget di 5 milioni per puntare ancora più in alto. Sarà l’inizio di una scalata che non si arresterà più: in due anni il Racing otterrà un’altra doppia promozione, la quarta in cinque anni, ritrovando la Ligue 1 nell’estate 2017.

Un trofeo atteso 18 anni

la curva dello Strasburgo festeggia la vittoria in Coupe de la Ligue
30 marzo 2019: lo Strasburgo alza al cielo la Coupe de la Ligue (Foto di: PHILIPPE HUGUEN/AFP via Getty Images – One Football)

Qualche anno dopo esser tornato in prima divisione ed essendosi stabilizzato nell’élite del calcio francese, lo Strasburgo torna a sollevare una coppa. Si tratta della Coupe de la Ligue 2019, la penultima edizione assoluta di un trofeo che la Cicogna non aveva mai vinto nella sua storia. Oltre a sollevare una coppa dopo 18 anni (Coupe de France 2001), il colpo d’occhio della curva azzurra al Pierre Mauroy di Lille è incredibile. Un muro inarrestabile per tutti i 120 minuti sino ai rigori che hanno accresciuto l’hype che da tempo la tifoseria si porta dietro, un mix di contraddizioni storiche e luoghi comuni tra estremismi politici e modi di vedere e intendere le cose in maniera diametralmente opposta a tanti altri gruppi organizzati di ultras in Ligue 1. Perché a Strasburgo si dice “Aller au Racing“.

I segreti della stagione in corso

Partendo dalla solida base di qualche anno fa, quella impostata dal lavoro pluriennale dell’ex allenatore Thierry Laurey, a Strasburgo hanno puntato sul promettente Julien Stéphan. Il 41enne di Rennes, uno dei fautori della crescita calcistica del club bretone negli ultimi anni grazie alla conseguente qualificazione in Champions League, rappresentava un’incognita soprattutto dal punto di vista tattico. Perché se Laurey aveva avuto il merito di mettere a punto un 3-5-2 solido per anni, Stéphan era più conosciuto per un’impostazione offensiva ed una visione del calcio diametralmente opposta. Eppure, partendo dalla base di calciatori del ciclo precedente, il nuovo allenatore ha saputo mantenere la peculiare solidità strasbourgeois aggiungendo però un pizzico di attacco in più, in cui il bomber di casa Ludovic Ajorque si è ben relazionato col neo acquisto Kévin Gameiro, un prodotto della casa dalla carriera stellare tra PSG, Siviglia, Atletico Madrid e Valencia.

Non è un caso che, dopo alcune vittorie altisonanti durante la prima parte di stagione, i quattro successi negli ultimi due mesi siano arrivati grazie a degli 1-0. Stéphan ha mantenuto l’assetto iniziale, partendo dall’esperto Matz Sels in porta e da difensori rocciosi ma bravi nei movimenti come Anthony Caci (a luglio sarà del Magonza) e Alexander Djiku e completando il reparto con un suo pupillo al Rennes, il classe 1997 Gerzino Nyamsi: fisico possente da 193 centrimetri, bravo di testa e nel corpo a corpo che si è perfettamente piazzato al centro della difesa a tre. A centrocampo, le due mezzali di inserimento come Ibrahima Sissoko (in una delle migliori stagioni in carriera, 2 gol e 5 assist) e Jean-Eudes Ahoulou offrono un ottimo rendimento in entrambe le fasi, affiancate da un mediano atipico come Jean-Ricner Bellegarde che nonostante il metro e settanta è una vera e propria sentinella e dotato di gambe rapide per coprire il campo. Sulle fasce, a sinistra si muove il 34enne capitano Dimitri Liénard, mentre dall’altra parte Frédéric Guilbert in prestito dall’Aston Villa si è rivelata un’ottima intuizione. Si spinge sulle fasce e si va in area coi cross e le svettate di Ludovic Ajorque e sulla rapacità delle seconde palle di Gameiro: se questa possibilità è meno percorribile, ecco che le mezzali fanno gioco centralmente e si scambiano tra di loro per assicurare imprevedibilità.

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Uno degli artefici della stagione è sicuramente l’allenatore Julien Stéphan (Foto di: SEBASTIEN BOZON/AFP via Getty Images – One Football)

Sembra tutto semplice, lineare, quasi banale, ma quello che Stéphan ha messo in piedi ha dell’eccezionale: lo Strasburgo è imbattuto dal 23 gennaio, quando a Bordeaux cadde per 4-3 rimontando però un 3-0 iniziale, ha perso solo 7 partite e subito 34 gol, 4 in più del PSG capolista, marcandone 53 (terza squadra in Ligue 1 dopo PSG e Rennes). I tempi per i detrattori degli alsaziani, tacciati spesso di essere dei catenacciari che non riuscivano ad andare oltre alla salvezza, sono finiti: lo Strasburgo è lì, al quinto posto, a sei punti da un’incredibile zona Champions League e virtualmente qualificata in Europa League ai danni di una corazzata come il Monaco. 11 anni dopo aver sfiorato la completa scomparsa dal radar calcistico.

Autore

Nato in Italia, girovago per studi tra Francia e Spagna, poi Argentina per passione: scrivo per amore innato verso questo sport e per la necessità di esprimermi condividendo le mie idee. Amo raccontare storie particolari e poco conosciute, da quelle legate al calcio francese o agli angoli più remoti dei confini argentini.

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