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CALCIO ESTERO

L’epopea di Mourinho

Dopo l’ottimo avvio di stagione che aveva visto per diverse giornate il Tottenham addirittura al comando della classifica, l’ormai ex squadra di Mourinho si è andata pian piano arenando verso piazze che avrebbero potuto mettere a rischio la partecipazione non solo alla prossima Champions League, ma anche all’Europa League. Una piega nell’andamento che ha poi portato all’ancora fresco esonero del tecnico portoghese. Una chiusura anticipata, postasi sulla falsariga di luci ed ombre che ha condizionato le ultime annate dello Special One, e che adesso apre nuovi dubbi sulla sua figura.

Mourinho-Tottenham, un amore mai sbocciato

Il 19 novembre del 2019, il Tottenham annuncia l’esonero di Mauricio Pochettino, termine ultimo di un matrimonio durato ben più di cinque anni. Nella giornata seguente, arriva invece l’annuncio del nuovo allenatore. Se ne parlava già da diversi giorni, eppure in molti sono ancora se non increduli, quantomeno un po’ sorpresi: la società ha infatti deciso di affidare le redini della squadra a José Mourinho. Una serie di scelte arrivate in seguito ad un inizio di stagione tutt’altro che positivo.

Difatti, a qualche mese di distanza da quello che fuor di dubbio ha segnato l’apice della storia recente del club, ovvero la finale, seppur poi persa, di Champions League, gli Spurs si ritrovano dopo dodici giornate di campionato con solo 14 punti e la quattordicesima piazza in campionato, già a -20 dalla capolista, ma soprattutto a -11 dal quarto posto che avrebbe dovuto rappresentare l’obbiettivo minimo.

Per l’allenatore portoghese, quella all’orizzonte si presenta come una sfida dai connotati decisamente nuovi rispetto al passato. Si ritrova per la prima volta dai tempi dell’arrivo al Porto (stagione 01/02) come subentrante a stagione in corso, e soprattutto a deve avere a che fare con un gruppo di giocatori che sembrerebbe aver già dato tutto se non quasi, forse andando anche al di là di quanto era ragionevole aspettarsi. Dunque con una squadra non soltanto da risollevare nel breve, ma con la quale cercare di porre le basi per l’inizio di un nuovo ciclo.

Un pensieroso Mourinho durante la sfida con il Fulham
All’epoca, la decisione di Mourinho di approdare al Tottenham lasciò tutti un po’ sorpresi (Foto: Kieran McManus/Imago Images – OneFootball)

La prima stagione non si chiude in maniera esaltante, con la squadra che anche a mesi di distanza dall’arrivo del nuovo tecnico non sembra ancora girare come dovrebbe. Tuttavia, Mourinho è riuscito, seppur al fotofinish, a garantire al club uno spot per l’Europa League nella stagione successiva, e ad ulteriore giustifica, l’ex allenatore del Manchester United aveva tutte le attenuanti del caso vista la situazione in cui aveva raccolto la squadra.

L’annata attuale avrebbe dovuto raffigurare in prospettiva scenari completamente differenti rispetto a quella passata, e i risultati d’inizio di stagione degli Spurs sembravano poter dare addito a tali ipotesi. Il Tottenham era infatti al primo posto in classifica dopo dodici giornate di campionato, un primato conquistato avendo oltretutto ottenuto gli scalpi di alcune tra le principali rivali – tra cui, oltre ai successi per 2-0 contro City e Arsenal, anche il fragoroso 6-1 ai danni dello United – prove che avevano lasciato l’impressione di una squadra quadrata in entrambe le fasi, e che in molti iniziavano a quotare persino come una delle possibili contendenti alla vittoria finale.

Supposizioni e speranze vistesi presto smentite, altrimenti del resto non si sarebbe qui a parlare dell’esonero dello Special One. L’avvio della squadra aveva illuso molti, sia tifosi che addetti ai lavori, e in fin dei conti non a tutti i torti, dato che la macchina del Tottenham sembrava davvero collaudata e pronta per competere ai massimi livelli. Le prestazioni d’insieme, ma in particolar modo di alcuni singoli – Kane e Son nello specifico, autori di un inizio di campionato strabiliante nel quale apparivano semplicemente inarrestabili  -, avevano destato impressione, ma al contempo avevano contribuito ad offuscare alcuni limiti della formazione verosimilmente apparsi sin dall’inizio, probabilmente non passati a tutti inosservati, che sarebbero poi venuti a galla con il prosieguo in campionato ed il relativo peggiorarsi della situazione.

Kane e Son si danno il cinque
Il duo formato da Kane e Son è stato, ed è tutt’ora l’arma principale dell’offensiva Spurs: due attaccanti in grado di completarsi a vicenda e difficilmente arginabili da chiunque se in stato di grazia (Foto: Matt Dunham/Imago Images – OneFootball)

Per testimoniare il netto calo avuto nelle successive venti giornate disputate sino all’esonero di Mourinho, bastano i numeri raccolti dalla squadra nel suddetto arco temporale. Il Tottenham ha infatti raccolto soli 25 punti in tale periodo – gli stessi raccolti nelle prime dodici, ma con ben otto partite in più all’attivo – collezionando nove delle complessive dieci sconfitte stagionali in Premier League. Una flessione nell’andamento che ha portato a galla sia i nuovi che i vecchi problemi della formazione.

Al di là degli aspetti tattici legati alla figura dell’allenatore (di cui parlerò più avanti), a stupire in negativo sono stati soprattutto i limiti dal punto di vista prettamente mentale e psicologico della squadra. In primis, sono riemerse alcune delle lacune che avevano penalizzato gli Spurs anche sotto la gestione di Pochettino. La scarsa convinzione, l’attitudine spesso sbagliata in campo, e soprattutto non rari momenti di vero e proprio blackout, cozzanti con quanto invece i giocatori mettevano di buono in mostra in altre partite, e che forse hanno rappresentato il più grande ostacolo al salto di qualità che avrebbe portato il club finalmente ad alzare un trofeo, tanto ricercato e mai raggiunto nelle precedenti annate.

A tali problematiche preesistenti l’arrivo del nuovo allenatore se ne sono aggiunte ulteriori. Per dirla in maniera semplicistica, e forse leggermente cruda, Mourinho e il Tottenham non sono mai riusciti a piacersi e andare davvero d’accordo. Un po’ come due sposi che si ostinano a portare avanti la convivenza di un matrimonio che finisce per logorare entrambi, dato che dopotutto da questo rapporto non esce ridimensionato solo il tecnico portoghese, ma anche la compagine londinese.

Le squadre dello Special One si sono sempre contraddistinte innanzitutto per la coesione tra l’allenatore e i calciatori, i quali in campo ancor prima dei dettami tecnici – non certo di minore importanza, precisazione necessaria onde evitare di far passare, come invece spesso viene fatto, il tecnico come un semplice motivatore – attuavano la mentalità trasmessagli dalla propria guida. Al New White Hart Lane, questa unione d’intenti non si è mai realmente vista, con i giocatori che spesso sembravano non essere in grado, o peggio non voler, nemmeno assimilare i concetti base della dottrina mourinhana. L’assenza di questo legame forte tra le due parti ha contribuito in maniera determinante l’impedimento dell’applicazione in campo di quanto avrebbe voluto José, e quindi decretando il fallimento dell’intero progetto.

Mournho attraversa il campo da gioco
La casualità ha voluto che lo striscione sullo sfondo rappresentasse alla perfezione la situazione di Mourinho, finito per sorridere sempre meno, quantomeno in campo (Foto: Alex Pantling/Imago Images – OneFootball)

Stare al passo con i tempi

Sembrerà brutto da dire, e con ogni probabilità verrò poi smentito negli anni a venire, ma fatto sta che, almeno al giorno d’oggi, 29 aprile 2021, José Mourinho non sembrerebbe essere più al passo con i tempi. Da qui a dover metter in dubbio le idee che hanno portato lo Special One a diventare tale vincendo caterve di trofei ce ne vuole (lungi da me avere questa presunzione), ma certo è che la flessione degli ultimi anni deve pur avere una qualche radice, una qualche causa.

Il calcio ha subito nell’ultimo ventennio una serie di cambiamenti come mai era successo prima, che nell’ultima manciata di anni hanno avuto un’ulteriore accelerazione (un fenomeno del resto non ascrivibile al solo mondo calcistico), costringendo in molti già presenti nell’ambiente a rivedere le proprie convinzioni, cercando la retta via per rimodellarle in modo congruo al nuovo assetto venutosi a creare. L’esempio più lampante a tal proposito è Pep Guardiola. L’eterno rivale del portoghese ha nel corso degli anni, ed a fortune alterne sia ben chiaro, cambiato completamente il modo di far giocare le proprie squadre rispetto al periodo blaugrana, pur rimanendo fedele ai propri principe cardine. Variazioni che a quanto pare quest’anno potrebbero finalmente riportarlo a raccogliere il frutto più prelibato.

Dall’altro lato, l’ex allenatore di Inter, Real Madrid, Chelsea, United e Porto, vincitore di due Champions League e otto campionati nazionali (fa sempre bene ricordarlo ogni tanto), appare esser stato schiacciato dalla lancetta del tempo. Diversi elementi alla base della sua idea di gioco, come la pressione alta, hanno pian piano trovato maggiori ostacoli sul proprio percorso, in questo preciso caso per via di squadre sempre più disposte, se non desiderose di farsi pressare (dunque preparate a contrastare tale mezzo) per aprirsi poi il campo all’offensiva.

Mourinho e Guardola si affrontano in un match di Premier tra Tottenham e Manchester City
La rivalità tra Guardiola e Mourinho è probabilmente una delle più affascinanti che sia siano mai viste. Due modi di intendere il calcio e non solo completamente differenti tra loro (Foto: Imago Images – OneFootball)

Un elemento, quella della riconquista alta della palla, su cui Mourinho puntava molto per arginare e allo stesso tempo colpire l’avversario, e che si è visto poco alla volta diventare non vano, ma certamente meno efficiente. A tal proposito, per ovviare a ciò, il portoghese ha finito per esasperare un altro dogma del suo gioco. Fenomeno poi scaturito nell’ilarità generale causata da chi gli ha additato a più riprese di parcheggiare il bus della squadra davanti alla propria porta.

Una considerazione sciocca e banale, ma che custodisce un fondo di verità dopotutto. Lo Special One ha sempre fatto della difesa strenua, ad ogni costo, della propria porta uno dei suoi punti di forza, affrontando le sfide con la ferrea convinzione che all’occorrenza,se si fosse barricato nella propria area, fare gol alla sua squadra sarebbe stata impresa ardua per chiunque.

Ma sarebbe stato appunto qualcosa da usare in caso di necessità, in assenza di soluzioni alternative insomma. Nel corso delle ultime stagioni invece – dovuto anche probabilmente all’incapacità di andare a prendere alto gli avversari come avrebbe in realtà voluto – il baricentro delle formazioni di Mourinho è andato sempre più abbassandosi, trasformando quella che era un’uscita di emergenza in una porta ordinaria, e a sua volta condannando alla scarsa riuscita un altro aspetto del suo gioco: le verticalizzazioni veloci.

Un Mourinho a dir poco contraddetto
Al Tottenham a far più scalpore è spesso stata l’estraneità in campo tra calciatori ed allenatore, che spesso ha giudicato irriconoscibile il comportamento della propria squadra (Foto: John Walton/Imago Images – OneFootball)

Se con la pressione alta Mourinho riusciva a disarmare i propri avversari, era con le verticalizzazioni – spesso istantanee, capaci di permettere di arrivare in porta con pochi passaggi – che le condannava alla sconfitta. Abbassando il baricentro, ha di conseguenza aumentato il campo da coprire dai propri avanti una volta effettuata la riconquista palla, che se avvenuta nei pressi della propria trequarti rende ovviamente più complicato alla squadra risalire il campo e rendersi pericolosa in maniera efficace e veloce.

La prova di tutto ciò è evidente guardando alla stagione del Tottenham. Il canovaccio di cui ho parlato ha funzionato sinché i vari interpreti (Kane e Son fra tutti, come già detto) hanno convissuto con uno stato di grazia che gli permetteva di fare qualsivoglia cosa in campo, salvo poi risultare sterile una volta esaurita tale carica. Così facendo, al grande sforzo portato avanti in fase difensiva, è iniziato a non corrispondere alcun vantaggio in quella offensiva, con la formazione trovatasi sempre più in balia degli attacchi avversari, senza mai di contro, riuscire a rendersi pericolosa con costanza.

Naturalmente, questa veloce analisi non riesce a spiegare e prender in considerazione tutte le sfaccettature che hanno condizionato le ultime stagioni difficili di José, né del fallimento del progetto Tottenham. Basta però a fare un quadro generale e a rendere bene l’idea di cosa sia andato storto e di come tali problemi abbiano avuto risonanza maggiore in un ambiente già di per sé difficile e lacunoso come quello del North London a tinte bianche.

Lo Special One durante una sfuriata
Dopo la traumatica esperienza al Tottenham, Mourinho avrà innanzitutto bisogno di ritrovare sé stesso (Foto: Stu Forster/Imago Images – One Football)

Il futuro di Mourinho

Ipotizzare il prossimo lido in cui potremmo ammirare le gesta dello Special One è alquanto complicato, e sinceramente non è mio interesse abbozzare previsioni al riguardo. Quello che posso dire con certezza, è che Mourinho ha necessariamente bisogno di cambiare qualcosa nella sua proposta di gioco e nella sua carriera, incominciando dallo scegliere in maniera oculata la prossima destinazione dove portare i suoi servigi, onde evitare un Tottenham 2.0. Scelta sbagliata (forse la prima vera da parte di Mou) ancora prima di ciò che è avvenuto dopo.

Le capacità di certo non mancano, per uno che è stato di per sé un innovatore di questo gioco sia in campo che fuori, dove del resto ha sempre dimostrato, e dimostra ancora, di essere avanti anni luce rispetto alla stragrande maggioranza dei suoi colleghi. Necessario sarà per lui fare un passo indietro, convincersi di dover cambiare qualcosa – ed in questo lo aiuterà guardare i suoi numeri con gli Spurs, i peggiori messi a referto in carriera soprattutto per media punti – e ancor più importante, capire dove farlo senza snaturare quell’identità che l’ha portato a diventare uno dei più grandi di sempre. La speranza è quella di rivederlo al più presto nella sua versione migliore. Sbagliato credere che l’Epopea di Mourinho possa essere giunta al termine.

Mourinho durante una partita del Tottenham
Mi auguro che questo periodo della carriera di Mourinho possa essere ricordato solo come un’eclissi temporanea (Foto: Michael Zimanek/Imago Images – OneFootball)
Autore

Terzino da paese in campo, fantasista sulla tastiera. Segnato fin da bambino dalle lacrime di Ronaldo del 5 maggio, ha capito subito che la vita da interista sarebbe stata dura. Scandisce il tempo in base alle giornate di campionato, sperando un giorno di poter vivere di calcio e parole.

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