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CALCIO ESTERO

McGinn è un giocatore multidimensionale

Minuto 29 di Scozia-Israele, partita valida per il girone di qualificazione ai prossimi mondiali in Qatar e gli israeliani sono in vantaggio di una rete grazie ad una splendida punizione di Zahavi. La squadra di casa però prova ad attaccare e grazie ad un inserimento di Robertson il pallone arriva in area di rigore dove è presente John McGinn, che controlla di destro e con il sinistro la infila sul secondo palo all’incrocio.

Guardando quel goal mi sono reso conto di quanto sia multidimensionale il centrocampista scozzese. Il gesto tecnico è da trequartista con grandi doti di finalizzazione, eppure all’Aston Villa lo conosciamo come centrocampista di trama ed ordito, come un giocatore che si occupa di facilitare la progressione dell’azione verso la porta avversaria.

McGinn semplifica le cose

Per quanto nel mondo del calcio la ribalta se la prendono prevalentemente quelli che inventano la giocata, quelli che segnano e quindi quelli che finiscono più facilmente negli highlights delle partite, questo sport resta una disciplina di squadra dove si gioca comunque in undici. Per questo nessun apporto dato da ognuno di questi undici può essere ignorato nell’analizzare l’andamento di una partita, o di una stagione.

Come possiamo spiegarci questo? Anche qui una risposta arriva dagli accadimenti di questi ultimi giorni. Pochi giorni fa l’Italia ha raccolto un altro successo a livello internazionale di questo 2021, questa volta non una vittoria sportiva ma di altrettanto, se non superiore, prestigio: il premio Nobel alla fisica assegnato a Giorgio Parisi per lo studio sui sistemi complessi, ossia studi che cercano di spiegare e razionalizzare le interazioni tra cose ed eventi che portano ad un determinato fatto o una determinata azione.

Tanti sono gli esempi che possono spiegare la complessità, visto che ogni cosa che ci circonda è determinata da essa: ciò che si impara imbattendosi in questi studi è che la complessità ci fa capire quanto ogni cosa noi tendiamo ad osservarla solo nel suo involucro esterno, senza considerare ciò che c’è dietro, un po’ come accade quando guardiamo una partita. Ci focalizziamo sul tiro, sul gol, sul bel gesto tecnico, su una parata. Ma mai pensiamo a cosa succede prima che tutto ciò accada e perché accada.

A molte di queste domande sulla complessità di una partita di calcio risponde il ruolo svolto su un terreno di gioco da John McGinn. Il centrocampista scozzese è un giocatore che magari non accende le fantasie dei fan generici del calcio, bisogna essere molto appassionati per conoscerlo e soprattutto avere a cuore quei giocatori che oliano i meccanismi della squadra pur essendo invisibili nelle immagini salienti di una partita. Un po’ come accade con il comportamento delle molecole negli studi di Parisi sui sistemi complessi.

John McGinn dopo aver segnato contro il Watford
John McGinn ha collezionato 112 presenza con la maglia dell’Aston Villa contribuendo a 30 reti tra goal ed assist (Foto: Tony Marshall/Getty Images – OneFootball)

Per avvicinare il pubblico alle sue gesta e per far capire di cosa stiamo parlando allora vi lascio un indizio: il suo soprannome è “McGinniesta”, crasi tra il suo nome e quello di Andres Iniesta. Bene, ora credo di avere la vostra attenzione.

Il soprannome non nasce certo perché si ritiene il centrocampista dell’Aston Villa un erede tecnico del giocatore a mio avviso più forte della storia del Barcellona (sì, sono molto di parte lo ammetto), ma facilita la comprensione dei suoi compiti in quel sistema complesso che è una squadra di calcio.

McGinn e l’Aston Villa: il giocatore della svolta

Il racconto della carriera di John McGinn e del suo ruolo centrale nell’economia di una partita e di una stagione ha un momento di svolta che si intreccia con quello della sua attuale squadra: l’Aston Villa.

La stagione 2018/2019 è la terza consecutiva dei Villans nella seconda divisione inglese dopo l’inopinata retrocessione del 2016. Nonostante campagne acquisti importanti tanto quanto le scelte sulla panchina (Di Matteo prima e Steve Bruce poi), il ritorno in Premier salta per due stagioni di seguito e le premesse della terza non sembrano delle migliori.

L’inizio di stagione è ancora negativo ma avvengono due eventi: Steve Bruce viene esonerato ed il club negli ultimi giorni di mercato decide di investire tre milioni per acquisire dall’Hibernian un giocatore pronto a fare il salto verso lidi più ricchi nel regno di Sua Maestà. È il momento in cui le strade di McGinn e dell’Aston Villa si incontrano dando via ad una serie di fortune reciproche che tuttora si sviluppano su prospettive molto ambiziose.

Dean Smith dopo la partita contro il Brentford
Dean Smith ha collezionato 135 presenze sulla panchina dell’Aston Villa
(Foto: David Rogers/Getty Images – OneFootball)

Con l’approdo in panchina di Dean Smith ed il posizionamento del giocatore con la maglia numero 7 a centrocampo, la squadra trova finalmente una certa alchimia ed un equilibrio che porta la squadra a mostrare quel calcio che poi abbiamo imparato a riconoscere in questi anni di Premier: ricerca del possesso palla, supremazia territoriale ed andare al tiro in quanti più modi possibili.

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Come si evince dall’esempio sopra, il ruolo di McGinn è quello di fare da punto di raccordo tra la fase di costruzione della squadra e quella di rifinitura, quest’ultima demandata alle giocate di Jack Grealish, pronto a lanciare in rete un altro giocatore che oggi stiamo conoscendo molto bene in Italia: Tammy Abraham. Alle spalle o accanto allo scozzese, Smith schierava un centrocampista con compiti di supporto alla fase difensiva in modo da lasciargli la libertà di staccarsi ed attivare la manovra offensiva con le sue grandi capacità di conduzione della palla.

Tammy Abraham con la maglia dell'Aston Villa
Tammy Abraham nell’annata 2018/2019 trascinò l’Aston Villa verso la Premier con 26 reti realizzate.
(Foto: Alex Livesey/Getty Images – OneFootball)

Con questa mossa il centrocampista dei Villans diventa l’elemento che risolve la complessità di un sistema che fino a quel momento era troppo disordinato. La squadra trova continuità di rendimento e prestazioni e guadagna l’accesso ai playoff, dove farà fuori in semifinale i rivali cittadini del West Bromwich per poi decidere con un suo goal la finale di Wembley contro il Derby County allenato da Frank Lampard.

Da quel goal realizzato si può ben capire che tipo di giocatore sia: è lui ad iniziare l’azione ripulendo un pallone giocato da fallo laterale, poi sullo sviluppo della stessa va ad attaccare l’area di rigore, dove nonostante i suoi 178 cm riesce a raccogliere un cross sporcato e deviarlo in rete beffando l’intera difesa avversaria.

L’approdo in Premier League

Con la promozione nel massimo campionato inglese per il Villa e per John McGinn è il momento di mettersi in luce nella vetrina più importante del calcio europeo. Un’occasione che entrambe hanno saputo affrontare al meglio tirandosi fuori in qualche modo dalle difficoltà iniziali per poi iniziare a brillare con una certa continuità.

Il passaggio in Premier, tuttavia, è stato particolarmente sofferto sia per lui che per l’Aston Villa: il sistema creato da Smith l’anno precedente per dominare le partite aveva perso di equilibro nel passaggio ad un campionato ricco di campioni e squadre di certo superiori ai Villans.

Il posizionamento più basso di McGinn per venire a giocare il pallone
Il posizionamento più basso di McGinn per venire a giocare il pallone.

Non era più possibile, infatti, tenere la palla con la stessa frequenza della Championship e con i tanti giocatori offensivi schierati in campo diventava faticosissimo recuperarla, soprattutto senza esporre la linea difensiva. Per questo motivo allo scozzese veniva richiesto di spendere molto più tempo nella propria metà campo rispetto alla stagione precedente, un compito eseguito al meglio soprattutto nelle fasi di transizione, ma che andava a comprimere le sue facoltà palla al piede, ben visibili nel momento in cui mostrava di saper resistere alla pressione degli avversari una volta in suo possesso, denotando tutte le sue qualità di difesa della palla.

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La situazione sembrava definitivamente crollare nel momento in cui nel Boxing Day gli cede la caviglia. Un infortunio che avrebbe potuto porre fine alla sua stagione, ma il blocco del campionato causato dalla pandemia rimescola le carte ancora una volta a suo favore e soprattutto a favore dei claret and blue. Alla ripresa del campionato con tante sofferenze e con una squadra che ormai era stata costretta a votarsi frequentemente a difesa bassa e contropiede, la salvezza arriva sofferta all’ultima giornata, ed allora la progressione sincrona di McGinn e dell’Aston Villa può continuare.

Ed ecco chi è John McGinn oggi

Superata la prova tremenda da rookie nella massima divisione, il giocatore con la maglia numero 7 si rende conto di essere competitivo anche in questi contesti. Anche il suo allenatore Dean Smith se ne accorge e punta su di lui per ricostruire un Aston Villa che sia in grado di avere il controllo territoriale nelle partite, elemento necessario per salire di livello ed evitare sofferenze in classifica.

Per poter risolvere questa situazione, il manager della squadra di Birmingham si rende conto che va alzato il baricentro della squadra, ossia mantenerla compatta ma in zone più alte del campo, una strategia necessaria ad evitare che il materiale offensivo a disposizione della squadra si disperda in lunghe corse all’indietro per recuperare la palla: è una mossa in cui McGinn ha un ruolo cruciale.

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I compiti richiesti al giocatore scozzese sono due: in fase di possesso deve portare il pallone nella trequarti avversaria per poi liberare le qualità di Jack Grealish, in fase di non possesso è invece chiamato ad attivare il pressing in fase di riconquista del pallone appena perso nella trequarti avversaria. Dall’esecuzione di entrambi i compiti sostanzialmente passa la riuscita della strategia dell’Aston Villa. È lui l’uomo delegato a condurre la squadra nella metà campo avversaria, è lui a doversi occupare di mantenere il gioco in quella zona di campo.

Jack Grealish con la maglia del City
Jack Grealish ha lasciato l’Aston Villa dopo 8 stagioni per una cifra vicina ai 100 milioni di Euro (Foto: Alex Livesey/Getty Images – OneFootball).

Per poter eseguire questi compiti è necessario disporre di una grande capacità atletica, grande grinta e grande tecnica ed anche una grande mentalità: John McGinn dispone di tutto ciò e lo mette a disposizione della propria squadra senza prendersi la scena da protagonista. Gli applausi e le menzioni dei media e dei tifosi vanno tutte su Jack Grealish e su Ollie Watkins, ma tutto ciò che l’Aston Villa costruisce è frutto delle grandi capacità del giocatore scozzese di ripulire il gioco ed attivarli, proprio come una molecola attiva i movimenti di un sistema complesso dando vita a ciò che osserviamo più superficialmente con i nostri occhi.

La dimensione di McGinn con la Nazionale

Anche la nazionale scozzese ha potuto godere ed usufruire dei servigi del suo centrocampista. Il contesto tattico della Tartan Army è ovviamente molto differente, sicuramente meno tecnico e meno votato al dominio del gioco, ma proprio per questo il commissario tecnico Steve Clarke lo ha inserito in una posizione di campo più avanzata dove possa sfruttare al meglio le sue qualità nel difendere in avanti quando il pallone ce l’hanno gli avversari e nel cercare la giocata vincente nel momento in cui la squadra è in possesso.

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I risultati ottenuti sono stati ancora una volta ottimali. Da una parte il giocatore è diventato leader tecnico della propria nazionale mettendosi in luce agli ultimi Europei entrando nel mirino di alcuni top manager, dall’altra parte la sua nazionale ha conseguito la qualificazione ad Euro 2020 dopo 23 anni di assenza dalle competizioni internazionali, uscendo sì ai gironi ma mostrando di essere una nazionale in forte crescita e con idee di calcio interessanti, che si stanno confermando tali anche nel corso delle qualificazioni per il mondiale in Qatar.

John McGinn in azione con la maglia della Scozia.
McGinn ha raccolto 39 presenze con la maglia della Scozia condite da 11 reti. (Foto: Ian MacNicol/Getty Images – OneFootball).

Questa posizione più avanzata in campo con la maglia della nazionale è stata particolarmente d’aiuto per Dean Smith per valutare la possibilità di sfruttarlo qualche metro più in avanti nel campo nel momento in cui si è ritrovato a dover ridisegnare l’Aston Villa a causa dell’uscita di scena di Jack Grealish in direzione Manchester City.

Al momento la formazione di Birmingham non ha trovato un assetto adatto ad esaltare le doti di Emiliano Buendìa, trequartista argentino arrivato dal Norwich per raccogliere l’eredità del vecchio numero 10 inglese, ma al momento Smith sembra preferire un assetto con due punte come Watkins ed Ings ed una difesa a 3 allo scopo di avere una squadra maggiormente solida in cui spetta a McGinn il compito di usare il proprio senso della verticalità per rifinire l’azione.

Come si misura l’impatto di McGinn

Come in un sistema complesso, è sempre difficile ad occhio nudo analizzare il ruolo di ciascuna molecola all’interno del meccanismo, così è molto complicato anche dimostrare in maniera oggettiva l’importanza di un giocatore con le caratteristiche di McGinn in un sistema di squadra.

Facendo un’analisi del giocatore parallela a quella delle squadre in cui gioca abbiamo avuto modo di vedere quanto impatto abbia avuto il centrocampista sulle fortune dell’Aston Villa e della nazionale scozzese: potrebbe bastare questo come dimostrazione, ma ovviamente sarebbe una spiegazione molto riduttiva e superficiale.

Ciò che differenzia il giocatore dell’Aston Villa rispetto ad altri pari ruolo è la sua capacità di rendere possibile l’avanzamento del pallone mediante diverse soluzioni: può essere un passaggio verso la trequarti avversaria così come una conduzione palla al piede, vero marchio di fabbrica del suo cassetto degli attrezzi.

Andando ad analizzare statisticamente i dati della Premier League in questa prima fase di stagione, si nota chiaramente l’impatto del giocatore scozzese nell’avanzamento della manovra della sua squadra. Ogni volta che entra in possesso del pallone cerca sempre di raggiungere la trequarti avversaria (oltre il 21% dei suoi passaggi raggiunge un compagno nel terzo di campo avversario) così come il 18% dei suoi passaggi è un passaggio progressivo, ossia un passaggio che fa guadagnare campo alla sua squadra, un dato la cui percentuale tra i centrocampisti della Premier è inferiore solo a quella di De Bruyne e Djenepo, giocatori che occupano, però, zone mediamente più avanzate del campo.

Quale futuro per lo scozzese?

Un giocatore con queste caratteristiche è perfetta esemplificazione del calciatore moderno: definire McGinn un centrocampista è un termine molto limitante. Si tratta di un atleta in grado di coprire grandissime zone di campo e di sapersi spendere sia in fase di interdizione, sia in fase di impostazione che in quella di rifinitura, e con un tiro che gli consente di trovare non di rado la porta.

All’Aston Villa e con la maglia della Scozia ha mostrato di saper vivere perfettamente in ecosistemi molto differenti, e nulla impedisce, dunque, pensare che ognuna delle grandi della Premier possano metterci gli occhi addosso: tanto Guardiola quanto Klopp e Tuchel (per fare gli esempi più importanti) possono trovare utile lo scozzese per i rispettivi modi di giocare.

Cosa manca? Forse serve qualcosa in più in termini di visioni di gioco: capita diverse volte che tutto ciò che viene costruito dai suoi piedi vada a perdersi a causa di una scelta di passaggio sbagliata o eseguita male, come testimonia il fatto che la sua percentuale di passaggi eseguiti sia sempre inferiore alla soglia dell’80% dei passaggi tentati.

A 27 anni questa non può essere che la stagione in cui l’Aston Villa e John McGinn possono stabilire cosa poter essere. Le loro traiettorie di successo sono andate di pari passo e questo può e deve essere il momento di raccogliere i frutti.

Fonte heatmaps: SofaScore

Fonte statistiche: FbRef e Wyscout

Autore

Cresciuto con l'amore per la Samp di Vialli e Mancini e della curva Nord dello stadio San Nicola. Da grande trasformo il mio tifo in passione per lo sport, la tattica e la performance analysis. Giochista convinto.

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