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MINUTO DI RECUPERO

Egoisti (in pausa) Nazionali

Se la prima pausa delle nazionali è un cameriere che ti toglie dalla tavola un gustoso piatto di spaghetti alle vongole dopo averle minuziosamente sgusciate, la seconda pausa internazionale è un blackout di corrente al concerto del vostro cantante preferito dopo due canzoni. Come contorno, non richiesto, aggiungeteci una scala cromatica gialla, arancione e rossa che ci costringe obbedienti al mostro del 2020.

In piena astinenza di vita vissuta, non certo di viveri, la prospettiva di trasformarci in un esercito di panettieri e di critici cinematografici ci porta ad un solo grido: “ridateci la libertà e se non potete almeno ridateci i grandi campionati”. A questo antipasto egoistico segue la portata principale che è corredata dalla logica e dal buon senso.

In un mondo che predica di #restareacasa, spedire i calciatori in giro per l’Europa, con le rispettive nazionali e a contatto con differenti gruppi di persone non è positivo (giusto per restare in tema). Anche perché nonostante la nostra idolatria che li eclissa a supereroi, il mostro del 2020 non si fa riguardi ad attaccarli, anzi, si rende reo pure di attaccare semi-divinità svedesi o automi portoghesi.

Ammirare gli azzurri è un piacere e difendere l’identità della Nazionale è un dovere ma la salute e la sicurezza sono un obbligo. Vale la pena, quindi, spedire giocatori in giro per il mondo per raggranellare qualche euro in più sui diritti televisivi, con il rischio che la salute di quest’ultimi e del movimento calcistico venga meno? La risposta non è contenuta nella domanda ma è di facile comprensione così come è semplice capire che i soldi la fanno da padrone. E con questa rima da quartiere concludiamo il pensiero, augurandoci che il bilancio di queste due settimane di sosta sia leggero.

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Autore

19 anni, mantovano di origine ma milanese di adozione. Grande amante del pallone, che sia a spicchi o a rombi poco importa. Frequento il primo anno di Scienze Politiche alla statale di Milano cullando il sogno di diventare giornalista sportivo. Mi piace raccontare lo sport in tutte le sue sfaccettature assaporando i suoi aneddoti e i lati più nascosti.

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