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APPROFONDIMENTI CLUB EXTRA-CAMPO

Manchester City, episodio 1: City Football Group

Come la holding guidata da Ferran Soriano si è inserita sulla mappa del calcio mondiale.

Pochi giorni fa è cominciata la Champions League del Manchester City – elemento di punta del City Football Group di cui si parlerà di seguito – che ha inaugurato il suo cammino con un roboante 6-3 ai danni del Lipsia. Lo stesso non si può dire di un altro club, il Barcellona, che ha perso 0-3 col Bayern Monaco e che vive una situazione completamente opposta a quella degli Sky Blue.

Infatti, è un momento drammatico per il Barcellona: il presidente Laporta ha annunciato poche settimane fa che la società ha debiti per oltre un miliardo di euro, e che potrebbero volerci degli anni prima di riuscire a far quadrare i bilanci. Il club catalano, da poco orfano della sua più grande leggenda, si trova costretto ad affrontare un periodo di transizione tutt’altro che facile, per poter tornare a competere in patria e in Europa, ma soprattutto per non rischiare ulteriormente dal punto di vista economico.

Eppure, sembra ieri che il Barcellona era la squadra più dominante al mondo, capace di rivoluzionare il calcio moderno guidata da Pep Guardiola e in grado di rimanere ai vertici del panorama mondiale senza spese folli. L’amministrazione della società blaugrana, un tempo, era tra le più curate in assoluto, ed è evidente che la situazione è gravemente peggiorata con l’inizio della sciagurata presidenza Bartomeu, e in particolare con la cessione shock di Neymar al Paris Saint-Germain per la cifra di duecentoventidue milioni di euro. Quella trattativa non solo scosse il calciomercato, ma soprattutto stravolse il Barça, che dall’estate 2017 è andato totalmente nel pallone, iniziando a sbagliare buona parte degli acquisti e inanellando una serie di figuracce traumatizzanti (vedi la sconfitta col Bayern Monaco per 2-8 in Champions League, nel 2020). 

In questo momento, il Barcellona si aggrappa nuovamente a Joan Laporta, al secondo mandato da presidente dalle parti del Camp Nou. La figura di Laporta deve portare fortuna ai blaugrana, perché con l’inizio del suo primo mandato, nel 2003, coincide anche il momento di rinascita e di massimo splendore della squadra catalana, che nel 2006 e nel 2009 vinse la Champions League, prima di rifarlo nel 2011, quando il presidente culé era proprio un uomo di Laporta, Sandro Rosell.

Tuttavia, non è su Rosell, su Laporta o sul Barcellona che mi voglio soffermare oggi. Questo preambolo era necessario infatti per introdurci alla figura di un manager che all’inizio del secolo, quando non aveva neanche quarant’anni, disponeva già di una certa esperienza nel campo delle telecomunicazioni e dell’intrattenimento. Si tratta di Ferran Soriano, un altro fidatissimo di Laporta, vicepresidente e amministratore delegato del Barça dal 2003 al 2008 e primo responsabile della crescita del brand Barcellona su tutti gli aspetti. Guidare al successo il club era un dovere per il talentuoso dirigente, anch’esso figlio della Catalogna, originario proprio di Barcellona. La filosofia di Soriano è chiara: grandi giocatori portano a grandi successi, grandi successi portano a nuovi tifosi, nuovi tifosi portano a grandi guadagni. Sembra una fredda formula matematica, eppure funziona. Ha retto al Barcellona e continua tuttora, lontano dalle latitudini catalane. Dal 2012 infatti, Ferran Soriano è l’amministratore delegato di una delle società maggiormente cresciute, in campo e fuori, nell’ultima decade, e che, come dicevamo prima, è in un momento di raro splendore: il Manchester City.

Compra, vinci, cresci

Ma andiamo con ordine. Siamo nel 2008 quando i Citizens passano in mano allo sceicco Mansour, in un’operazione da 210 milioni di sterline. Mansour, membro della famiglia reale dell’Arabia Saudita, fa sogni d’oro: il suo ingresso nel calcio non è in punta di piedi, e il suo scopo è da subito quello di vincere. Per farlo, inizia a ricostruire la squadra comprando a peso d’oro fenomeni come Robinho, Tevez, Dzeko, David Silva e tanti altri, fino ad arrivare nel 2012 a vincere la sua prima Premier League, nonché primo successo della storia del Man City da quando la prima divisione inglese ha cambiato nome. Ovviamente, questo non basta.

Così entra in gioco Ferran Soriano, che da settembre dello stesso anno firma come CEO della società inglese. Soriano porta con sé diversi membri del vecchio board del Barcellona, su tutti Txiki Begiristain – che in passato ha anche giocato per la squadra azulgrana, vincendo la Champions League nel 1992 – nelle vesti di nuovo direttore sportivo, dopo aver ricoperto la stessa carica al Barça dal 2003 al 2010. Questo crea uno scenario curioso. Il Manchester City, improvvisamente, sembra guardare al Barcellona – che ha continuato a vincere anche senza Soriano e Begiristain – come un giovane calciatore guarda al suo idolo, si fa ispirare da lui e cerca di emularlo in tutto e per tutto. In realtà, non c’è niente di inusuale in un manager di successo che si circonda ancora una volta dei suoi collaboratori più fedeli. Semmai, il fantomatico progetto di trasposizione del Barcellona nella terra d’Albione assume contorni ancor più stuzzicanti nel 2016, quando Pep Guardiola ricongiungendosi con Soriano e Begiristain, diventa il nuovo allenatore dei Citizens. Evento che segna lo step decisivo del Manchester City, la prova che in meno di dieci anni è diventata una squadra non solo ambiziosa, ma vincente, al punto da assumere il tecnico più desiderato al mondo in quel momento.

Carlos Tevez fu uno dei primi acquisti finanziati dallo sceicco Mansour. (Foto: Martin Rickett/ Imago Images – OneFootball)

Tra il 2008 e il 2016, tante cose sono cambiate al City, e non solo in termini di giocatori. Già solo nel suo primo anno da amministratore delegato, Soriano ha dimezzato le perdite degli Sky Blue, che aveva trovato in una condizione economica tutt’altro che positiva. La sua filosofia è stata ancora una volta quella di investire partendo dal basso, che per assurdo consiste proprio nei calciatori, aspirando ad aumentare il bacino di tifosi nel mondo grazie alle prestazioni in campo. Sostenuto dai denari dell’emiro, Soriano ha giocato al meglio le proprie carte, rendendo il City una squadra e una società di massimo livello, quando solo dieci anni prima era “una delle tante” in Inghilterra. Le vittorie sul campo hanno portato il club di Manchester a poter gonfiare il petto più di una volta dinanzi ai rivali Red Devils del Manchester United, che storicamente non avevano mai degnato di grande considerazione i cugini, proprio in presenza di un gap apparentemente incolmabile.

Nel 2014, Soriano è stato investito di una carica ulteriore, quella di CEO del neonato City Football Group, la trasfigurazione materiale dell’idea di controllo del mondo del calcio – e non solo, come vedremo dopo – dello sceicco Mansour e, realisticamente, di tutti gli Emirati Arabi Uniti. Il progetto del City Football Group è qualcosa di lungimirante per il momento storico in cui sorge. Oggi si parla tanto di gruppo Red Bull, di come squadre come il Lipsia, il Salisburgo, il Red Bull Bragantino, il New York Red Bull (e non solo) siano legate da una stessa filosofia di gioco, oltre che aziendale. Nel 2014, però, non esisteva una holding vera e propria in grado di creare un conglomerato di squadre di calcio nel mondo. Con il Manchester City in cima alla piramide, Soriano ha iniziato a tessere la ragnatela del CFG, stringendo legami con club in ogni angolo del pianeta.

Tra le prime squadre entrate a far parte della holding – Man City a parte – c’è stato il neonato New York City FC, che nel 2015 ha fatto il suo debutto in grande stile in MLS. Il movimento calcistico negli Stati Uniti è in grande crescita ormai da anni, pertanto sarebbe stato sciocco per il City Football Group non fiondarsi da subito su un mercato così redditizio. Parallelamente, la holding guidata da Soriano ha guardato in Australia, acquistando per dodici milioni di dollari i Melbourne Hearts, militanti nella A-League, la massima serie australiana, e trasformandoli in Melbourne City. Poi, Uruguay e India: è la volta di Montevideo Torque City e Mumbai City. 

City Football Group, obiettivo dominare il calcio

A questo punto è chiaro l’ideale del City Football Group: comprare società (o quantomeno le loro quote di maggioranza), rinominarle, fondare un legame concreto con tutte le altre squadre parte del progetto, a cominciare dai colori sociali, fino allo stemma della squadra. Badate bene, tutti i club del City Football Group vestono di sky blue, tutte le squadre hanno la denominazione “City” nel nome. L’ennesimo salto in avanti del CFG è stato fatto proprio con l’assunzione di Pep Guardiola nel 2016 da parte del Manchester City. Con l’allenatore spagnolo, finalmente i Citizens hanno potuto imbastire una propria filosofia di gioco allo scopo di continuare a vincere, cercando di arrivare finalmente alla conquista della Champions League, sfiorata a più riprese negli anni. L’identità del Man City passa per forza di cose da un calcio non solo improntato al raggiungimento dei risultati, ma anche bello, divertente, ricercato e riconoscibile, da poter trasmettere anche a tutte le altre squadre della holding. 

Medina con la maglia del New York City, una delle società del City Football Group
Jesus Medina esulta dopo un goal con la maglia del New York City FC. (Foto: Mark Smith/Imago Images – OneFootball)

Negli ultimi anni, il City Football Group ha continuato la sua opera di espansione – e non sembra fermarsi, visto l’interesse mostrato nel voler approdare nel mercato russo e malese – acquistando quote societarie di vari club in tutto il mondo. Ad oggi, oltre ai già citati membri del CFG, contiamo diverse società affiliate come lo Yokohama F. Marinos (Giappone), il Girona (Spagna), il Sichuan Jiuniu (Cina), il Lommel S.K. (Belgio) e il Troyes (Francia), oltre al Club Bolivar (Bolivia) e il Vannes (Francia), che da quest’anno sono squadre “partner” della holding capeggiata da Ferran Soriano. Questi accordi nascono con l’intenzione di creare profitti, ma anche di favorire la nascita di una vera e propria rete collegata al club primo del City Football Group, ossia il Manchester City. Così, i Citizens hanno possibilità di prelazione sulle cessioni in fase di mercato delle varie squadre, ma hanno anche l’opportunità di mandare in prestito in società monitorate dal Group i propri talenti, permettendogli di crescere in realtà più alla loro portata.

Come fossero dei vasi comunicanti, tutti i club del City Football Group sono collegati fra essi, e fra loro al Manchester City, protagonista neanche troppo velato di questo monumentale progetto. La missione del CFG può essere quella di controllare il mondo del calcio. Maschile ma anche femminile, a undici ma anche a cinque – dati gli investimenti nella realtà di calcio a cinque a stelle e strisce Goals Soccer Centres – in real life ma anche in versione e-sports, Manchester City, New York City e Melbourne City hanno infatti tutte almeno un pro gamer di FIFA nelle loro fila. Ma la loro vision è sicuramente quella di raggiungere il tetto del mondo con la squadra in cui hanno investito di più, il Manchester City, che con lo sceicco Mansour è diventato grande e che adesso deve dare i frutti delle spese faraoniche compiute, così da compensare il grande lavoro e sforzo economico della famiglia reale saudita.

Il Manchester City e poi tutto il resto

In questo senso, c’è una certa somiglianza con il progetto del Paris Saint-Germain, che dal 2012 è in mano al fondo sovrano del Qatar – il City Football Group del resto è controllato al 77% dal fondo Abu Dhabi United Group. Il Qatar Investment Authority, se vogliamo, ha mire ancora più ampie, dal momento che, oltre ad avere il totale controllo del PSG, opera anche in altri settori, possedendo quote di società come Volkswagen, Barclays e HSBC fra le altre. Anche a livello politico, il fondo qatariota opera in maniera differente ed è maggiormente protagonista. Nasser Al-Khelaifi, presidente del PSG, è diventato da qualche tempo presidente dell’ECA succedendo ad Andrea Agnelli in seguito al flop Superlega.

Lo scopo del fondo qatariota, banalmente, è ancora più semplice e immediato di quello del City Football Group: allestire a Parigi una squadra formidabile in grado di dare lustro all’immagine del Qatar, che periodicamente inietta capitali nel club francese con l’obiettivo di comprare i migliori giocatori del mondo (di cui Lionel Messi è l’esempio lampante) e, ovviamente, mettere le mani sulla Champions League. Un’operazione volta a sponsorizzare lo Stato mediorientale in vista dei prossimi Mondiali del 2022, i primi a cui la nazionale qatariota parteciperà, la più grande vetrina per il fondo sovrano dello sceicco Al-Thani.

Nasser Al-Khelaifi con l’allora Presidente dell’UEFA Michel Platini e l’ex sindaca di Parigi Anne Hidalgo. Dal suo arrivo in Francia, Al-Khelaifi ha sempre cercato il coinvolgimento politico. (Foto: Anthony Bibard/Imago Images – OneFootball)

Totalmente differenti invece sono le intenzioni del gruppo Red Bull nel calcio. Vincere la Champions League, al momento, non sembra un obiettivo alla portata del RB Lipsia, club di punta del progetto. La filosofia del Red Bull Group, in questo momento, si fonda sul player trading, cioè sul ricambio costante di giocatori allo scopo di fare profitti, o meglio, plusvalenze. Le squadre del gruppo Red Bull si fondano su una rete di osservatori invidiabile, che ogni anno suggeriscono su quali giovani puntare. In questo modo, le società targate Red Bull sono tutte allestite con un’età media bassa e giocano un calcio proattivo, in linea con l’ideale di base di Red Bull, che da diversi anni è legata agli sport più estremi o alla Formula 1. Ha senso quindi che la loro proposta di calcio sia “estrema” di conseguenza. Ma non è tanto questo a distanziare il gruppo Red Bull dal City Football Group, quanto invece il loro agire alla luce del sole.

Oggi, sappiamo tutti che Red Bull ha il controllo del Lipsia, del Salisburgo e di poche altre squadre, ma in quanti sanno che la stessa proprietà del Manchester City possiede quote anche del Girona o del Troyes? Il City Football Group non fa rumore. Pur essendo un progetto totalmente immerso nel mondo del calcio, il suo board è composto da manager sconosciuti ai più, presi dal mondo della finanza o da altri settori, che lavorano nell’ombra. Lo stesso Ferran Soriano, dopo aver lasciato la vicepresidenza del Barcellona e prima di firmare col City, era il presidente della compagnia aerea Spanair. Di sicuro, questo contribuisce ad aumentare l’alone di fascino e mistero attorno al CFG.

La stagione 2021/2022 è appena cominciata, e anche quest’anno il City Football Group riporrà la sua fiducia nel Manchester City di Guardiola, nella speranza di riuscire a vincere la tanto agognata coppa dalle grandi orecchie. Dopo la debacle in finale dello scorso anno, il City si è asciugato le lacrime con un assegno da centodiciassette milioni di sterline, servito per acquistare Jack Grealish, reduce da una grande stagione all’Aston Villa. Tuttavia, la Champions, si sa, è plasmata dagli episodi, per cui nessuna cifra spesa per nessun giocatore può garantirne la vittoria. Non diciamolo però a Ferran Soriano, dopotutto i numeri e i fatti gli danno ragione. Grandi giocatori portano a grandi successi, grandi successi portano a nuovi tifosi, nuovi tifosi portano a grandi guadagni, ricordate?

Autore

Classe 2001. Studio Scienze della Comunicazione all'Università del Salento. Sono innamorato di tutti gli enganche del mondo.

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