Quando al minuto 83′ di Roma-Monza un pallone è piovuto dalla fascia sinistra verso il centro dell’area di rigore, ad Andrea Belotti sarà sembrato di vivere un sogno. L’occasione di segnare soltanto tre giri d’orologio dopo il suo primo ingresso ufficiale con la Roma gli si presentava su un piatto d’argento. Il Gallo si è avventato sulla sfera e ha calciato di destro a botta sicura praticamente al limite dell’area piccola, ma di fronte a sé ha trovato la non prevista opposizione di Di Gregorio. Gol mancato e festa rimandata, nonostante la comoda vittoria finale.
Del resto la carriera di Andrea non è mai stata del tutto facile. Ciò che ha conquistato se lo è dovuto sudare, appiccicandosi un po’ addosso l’etichetta di attaccante volenteroso cui manca qualcosa per competere con i migliori. Tanti gol, forse il rimpianto di non averli sfruttati appieno salpando per lidi più ambiziosi al momento giusto. O forse no, perché quella con il Torino è stata una storia d’amore di quelle piene, ricche e importanti. Di certo c’è che oggi il Gallo ha aperto un nuovo capitolo della sua carriera alla soglia dei 30 anni, con delle prospettive, in parte, ancora sconosciute.
Il posto giusto, il momento chissà
Il nome di Belotti è stato affiancato ai colori giallorossi più di qualche volta negli anni. Ai tempi di Palermo, quando il Gallo era il centravanti di belle speranze di una generazione italiana che ne avrebbe tirati fuori davvero pochi (si pensi che i suoi rimpiazzi in nazionale, Scamacca e Raspadori, hanno 6 e 7 anni in meno). Soprattutto negli anni torinesi, quando invece sul Tevere si discuteva ciclicamente di una partenza di Dzeko. L’affondo decisivo non è mai arrivato, con la Roma che quando si è presentata l’occasione lo scorso anno ha virato convinta su Tammy Abraham. Dal canto suo Belotti era legato al Torino dalla famosa clausola rescissoria di 100 milioni voluta da Urbano Cairo. Probabilmente la sliding door cruciale per la sua carriera.
Belotti non si è opposto alle bizze del suo presidente, forse convinto di essere la colonna da cui ripartire per migliorare la squadra. O magari sicuro che di fronte a un’offerta inferiore, ma comunque importante, l’imprenditore milanese avrebbe quantomeno tentennato. Nessuna delle due opzioni si è verificata e la storia di Belotti con il Toro è andata via via sfilacciandosi un po’ alla volta. A quella stagione 2016/2017 da 28 gol che lanciava sul panorama internazionale il nuovo numero 9 d’Italia ne sono seguite altre contraddistinte da qualche incertezza e malumore in più. Doppia cifra sempre raggiunta tra campionato e Coppa Italia, ma tanti infortuni, discontinuità e risultati di squadra poco soddisfacenti.
Così arrivato alla conclusione del suo contratto, Belotti ha deciso di ripiegare con cura la maglia granata indossata con orgoglio e responsabilità e di non rinnovare, guardandosi intorno alla ricerca del tanto agognato salto di qualità. Tardivo magari, ma non fuori tempo massimo. All’orizzonte si è quindi palesata per l’ennesima volta la Roma, alla ricerca di un centravanti di riserva vero, di peso. Non un ibrido calcistico come Shomurodov o un giocatore acerbo come Felix. Il Gallo ha accettato con non poca felicità, tra familiari curiosamente romanisti (lui che è di Calcinate) e l’opportunità di giocare con l’amico Pellegrini e il fratello ritrovato Dybala, con cui ha condiviso la crescita negli anni rosanero.
Qualcosa deve aver fatto anche l’opportunità di essere allenato da un grande come Mourinho, che per lui ha subito speso parole molto importanti. Rispetto a 5 anni fa le aspettative si sono ridimensionate. Belotti è approdato in una squadra con ambizioni europee non per esserne il centravanti titolare in ascesa, ma per dare una mano e conquistarsi minuti con atteggiamento e prestazioni. Possibile che in fondo, il suo livello, sia sempre stato questo e non qualcosa di più. A dircelo sarà, come sempre, il campo.
Coppia di 9 o 9 di Coppa?
In questo primo scorcio di stagione, che Belotti ha iniziato con qualche ritardo fisico, l’attaccante bergamasco è sceso in campo 9 volte, di cui 3 da titolare. Di queste, 2 sono state in Europa League, segno di una gerarchia almeno inizialmente prefissata. Sì perché nelle idee iniziali di tecnico e società ad Andrea sarebbero spettate le partite di Coppa abbordabili e quelle di campionato volte a far riposare Abraham, al britannico il resto.
Nel corso del tempo però le cose sono, almeno in parte, cambiate. L‘ex-Chelsea sta vivendo un momento di difficoltà, fa fatica a segnare e talvolta persino a entrare dentro le partite. Le cause sono molteplici, ma nessuna è stata individuata come principale tra condizione approssimativa, pressione per il mondiale e magari anche quell’insofferenza per la competizione cui Mourinho ha accennato nel post-partita di Udine. Fatto sta che Belotti è diventato un cambio in corsa molto più ricorrente, e nell’ultima gara di campionato contro il Lecce ha giocato titolare.
Andando più nello specifico, anche il rendimento del centravanti italiano fino ad ora non è stato eccezionale. Belotti ha segnato una rete contro i finlandesi dell’Helsinki ed è subentrato quasi sempre con tanta voglia di fare. Un atteggiamento che lo ha reso subito uno dei più applauditi dalla tifoseria. Questa foga lo ha però talvolta portato a sbagliare nell’uno contro uno con il portiere o nella ricerca dello scambio serrato con i compagni. Dopo la partita con il Lecce Mou ne ha però elogiato la gestione intelligente della palla, sicuramente uno degli aspetti che più può renderlo utile all’interno dell’economia della squadra.
Nella sfida con i salentini la sua aggressività su una palla contesa ha causato l’espulsione di Hjulmand. Anche nei pochi minuti col Betis gli avversari si sono visti costretti a fermarlo con le cattive. La capacità di prendere falli è una delle caratteristiche più marcate di Belotti, e rappresenta un altro aspetto che si incastra bene con il baricentro mediamente basso della Roma.
Di contro però, guardando la squadra del tecnico di Setubal balza all’occhio come, rispetto ai colleghi attaccanti, Belotti arrivi poco al tiro. L’intesa con i compagni è senz’altro da migliorare, ma non può essere l’unica causa. La Roma crea tanto per tutti i propri giocatori offensivi, difficile che sia proprio Belotti ad esserne tagliato fuori.
Abraham come detto sta facendo fatica a capitalizzare, ma non di rado si trova in buona posizione per colpire. Persino Shomurodov, che gioca molto poco e quasi sempre spezzoni, ha segnato un gol e dato spesso l’impressione di essere attivo e potenzialmente pericoloso, seppur confusionario. Belotti sembra meno agile nello smarcamento, e anche meno capace di provocare situazioni pericolose dal nulla. Soltanto a Empoli, nel finale, un contrasto vinto con un difensore e una successiva corsa di 20-30 metri lo hanno portato a calciare verso la porta.
Rispetto a quanto scritto sopra, nel prossimo mese lo scenario potrebbe modificarsi ulteriormente. L’infortunio di Dybala, che forse lo terrà out fino a dopo lo stop mondiale, priva la Roma del suo principale elemento offensivo. Zaniolo sta facendo molta fatica e contro il Betis sarà assente per squalifica. Non è da escludere quindi che Mourinho si presenti al Benito Villamarìn con il doppio centravanti, o quantomeno che gli conceda uno scorcio di gara importante. Visto che contemporaneamente il centrocampo sembra avere molto più dinamismo con Pellegrini al fianco di uno tra Matic e Cristante, la soluzione è riproponibile anche con il ritorno di Zaniolo.
Quanto Belotti e Abraham possano giocare insieme in gare ostiche e senza Dybala è da verificare, ma in teoria non si tratta di due doppioni. Entrambi hanno esperienza giocando con altri attaccanti, Belotti ha condiviso l’area con Immobile tra gli altri, Abraham con Werner e talvolta Giroud.
L’inglese è più bravo nel risalire palla al piede e gli piace lavorare di sponda con i compagni, ma anche spaziare e allargarsi sulla fascia. Belotti occupa spazi diversi, è più bravo a cercare la profondità e a lavorare a contatto col corpo del difensore. Ciò che potrebbe mancare è la capacità di saltare l’uomo e la costanza nell’accorciare lo spazio tra i reparti. Un lavoro che rischierebbe di gravare interamente sulle spalle di Lorenzo Pellegrini.
L’altra incognita è ovviamente legata alla fase difensiva. Non che i due non siano giocatori di disponibilità e sacrificio, ma sono abituati a compiti diversi, più votati al primo pressing e alla fase di disturbo. Dovranno invece essere bravi a smezzarsi anche ripiegamenti e raddoppi sulle fasce. Se Mou si lascerà sopraffare dai dubbi esistono altre soluzioni, come El Shaarawy e Shomurodov. L’impressione è comunque che il portoghese si fidi abbastanza del suo numero 11 da concedergli parecchi minuti, con o senza Abraham.
Sta a lui ripagare la benevolenza del portoghese e l’investimento fatto dalla Roma, che dal Gallo si aspetta gol pesanti. Gol che potrebbero cambiare non solo il futuro prossimo giallorosso, ma anche la storia personale di Belotti. C’è un piazzamento in Champions League da conquistare, trofei per cui competere e chissà, magari anche un posto a Euro 2024. A 29 anni non è ancora tempo di rimpianti.