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CALCIO ESTERO

Un animo dostoevskijano

C’è un qualcosa di demoniaco, una tendenza all’autodistruzione che pervade da sempre l’animo dei russi e li conduce spesso sulla via della perdizione. La carriera di Aleksandr Kokorin, attaccante classe ’91, rappresenta un’epitome sportiva che aiuta a comprendere al meglio l’impetuoso e controverso – ma allo stesso tempo affascinante – carattere sovietico.

Kokorin e Dostoevskij

Prima di sviscerare la psiche del talentuoso attaccante passando in rassegna le tante scelleratezze di cui si è reso protagonista, occorre chiamare in causa il romanziere russo che più di tutti ha compreso nel profondo la complessità psicologica dei suoi connazionali: Fjodr Dostoevskij.

Nei suoi quattro romanzi principali di fine Ottocento (“Delitto e Castigo“, “L’Idiota“, “I Demoni” e “I Fratelli Karamazov“), che di fatto compongono un ciclo ininterrotto, l’autore persegue un obiettivo comune: tratteggiare con estrema minuzia il dramma psicologico di personaggi tragici descrivendo i loro misfatti e le loro tribolazioni spirituali. 

Dimitrij Miskij, scrittore russo di inizio Novecento, asserisce che una prima chiave di lettura attraverso la quale possono essere interpretate le opere di Dostoevskij è “riferendole alla problematica corrente della vita pubblica russa negli anni 1865-80“; i romanzi dell’autore non trattano una materia fantasiosa, al contrario riflettono con precisione chirurgica e “verismo verghiano” una realtà storico-sociale – quella russa – al suo tempo dominata da una borghesia di uomini moralmente abietti. 

Leggendo lo “score” delle bravate compiute da Aleksandr Kokorin, nonostante un contesto socio-culturale distante quasi due secoli, una figura come quella di Raskolnikov, l’omicida protagonista di “Delitto e Castigo“, appare tutt’altro che anacronistica. L’obiettivo del confronto tra questi due personaggi, senza dubbio ardito, è quello di dimostrare come l’animo russo, quasi duecento anni dopo, venga ancora tormentato dagli stessi demoni. 

Aleksandr Kokorin sotto processo a Mosca nel 2018, accusato di aver aggredito due ufficiali (Foto: Vasily Maximov/AFP via Getty Images – OneFootball)

Illusione

Prima che la loro fedina penale venisse macchiata dai delitti, Raskolnikov e Kokorin furono giovani per cui si prospettava un avvenire florido: il primo, della cui giovinezza Dostoevskij ci rivela poco, fu un brillante studente di giurisprudenza; Aleksandr invece, già a dieci anni, quando si ritrova a vivere da solo a Mosca poiché ingaggiato dalla Lokomotiv, viene considerato uno dei principali astri nascenti del calcio russo. 

Nei primi anni di carriera professionistica, grazie a una determinazione ferrea e un talento cristallino, Kokorin sembra mantenere le altissime aspettative: nel 2008, all’età di 17 anni e 199 giorni, diventa il più giovane marcatore nella storia della Russian Premier League con la maglia della Dinamo Mosca, che lo aveva appena acquistato. L’attaccante nativo di Valuyki, città della Russia europea sudoccidentale, sembra avere tutte le carte in regola per esplodere e dare un nuovo lustro alla nazionale russa: senso del gol, classe, ottima tecnica di base e una mobilità fuori dal comune, che gli consente di dare il meglio di sé alle spalle di un centravanti puro. 

Nel 2010, quando l’attaccante della Dinamo è ancora giovanissimo, la magia sembra affievolirsi e il lato più oscuro del carattere di Aleksandr comincia a ostacolare la sua ascesa: zero gol all’attivo e critiche dai tifosi che gli rimproverano qualche notte brava di troppo nei locali più in voga della capitale. Ciononostante, nei due anni successivi Kokorin – a soli vent’anni – riesce a rialzarsi da un annus horribilis e dà una nuova svolta alla sua carriera.

Silkin, allenatore della Dinamo Mosca, lo schiera finalmente da seconda punta, e i risultati non si lasciano attendere: Aleksandr, poco più che ventenne, realizza venti reti in due stagioni e attira su di sé le attenzioni del CT della Nazionale, il quale decide di convocarlo per gli Europei di Polonia-Croazia 2012. Per Kokorin sembra essere giunto il tempo di spiccare il volo, ma si sa, il destino ama ribaltare ogni progetto.

Kokorin Dinamo
Kokorin esulta dopo un gol in maglia Dinamo Mosca (Foto: Vladimir Pesnya/Epsilon/Getty Images – OneFootball)

Talento e reati

Balzac scrisse che “Il male possiede una voce poderosa che desta le anime volgari e le riempie di ammirazione, mentre il bene è largamente muto“. Questo aforisma aiuta a comprendere per quale motivo, quando si parla di Aleksandr Kokorin, i tanti scivoloni extra-campo gettino inevitabilmente ombra sul talento calcistico. 

Nel 2014 un tabloid inglese pubblica delle foto che ritraggono il calciatore con due spogliarelliste; Aleksandr al tempo era già fidanzato con la bellissima modella Daria Valitova: si tratta solo della prima di una lunga serie di “kokorinate“.

Nel 2016, in seguito all’eliminazione della Russia dagli Europei giocati in Francia, il Myatezhnik – termine moscovita con cui si apostrofano i ribelli – ha la brillante idea di farsi riprendere mentre sperpera migliaia di euro in champagne a Montecarlo assieme a quello che è storicamente il suo compagno di disavventure: si tratta di Pavel Mamadev, che per la sua nomea di teppista verrà poi ostracizzato dalla nazionale russa.

Nel 2017 ha luogo uno degli episodi più celebri nella collezione mitologica delle sciocchezze compiute da Kokorin: l’attaccante decide di omaggiare il matrimonio di un amico sparando due colpi di pistola in aria, e nel mentre, non contento, si fa filmare in modo da pubblicare il tutto su Instagram e rendere manifesta la sua follia.

Quello che fino a qualche anno prima era considerato un bimbo prodigio sembra ormai essersi trasformato in un perfetto personaggio dostoevskiano, trascinato da una follia entusiastica e ineluttabilmente imprigionato nella sua condizione, come un eroe tragico.

Kokorin festante dopo un gol assieme a Emiliano Rigoni (Foto: Epsilon/Getty Images – OneFootball)

Ancora tu?

C’è un sottile filo che lega Raskolnikov e Aleksandr Kokorin. Esso non riguarda solo la nazionalità in comune o il futuro prosperoso che sembrava attendere i due personaggi prima dei rispettivi delitti, ma ha a che vedere col motivo che spinge entrambi a rovinarsi.

Quando Raskolnikov decide di ammazzare un’avida vecchia usuraia, e poi si ritrova a dover porre fine anche alla vita della sorella dell’anziana, non lo fa per necessità. Egli, così come Aleksandr, non delinque perché ne ha bisogno; i due delinquono perché il loro animo profondamente russo è tormentato da un demone che li spinge alla frattura col mondo del costume, all’abbandono del mondo in cui vivono gli altri uomini e delle loro convenzioni morali. 

Per Kokorin, ragazzo baciato dal talento calcistico, sarebbe “facile” condurre una vita più morigerata e focalizzarsi al 100% sulla propria carriera, come altri giovani – anche russi, è giusto sottolinearlo – fanno. Egli, però, sembra patire la stessa sindrome che impedisce a Raskolnikov di perseguire una vita accademica tranquilla: entrambi provano una totale riluttanza nei confronti dell’ordinarietà, e ingannano la noia sperimentando con curiosità gli abissi più oscuri del proprio animo attraverso la delinquenza. Quando tutto sembra andare nella direzione dell’idea di bene, entrambi premono il tasto dell’autodistruzione.

Nel 2017/2018, Kokorin trascina lo Zenit di Mancini rendendosi protagonista della miglior stagione della sua carriera, almeno in termini di prolificità: 19 gol in 35 partite tra campionato ed Europa League. Pochi mesi dopo, ad ottobre 2018, Aleksandr viene arrestato col suo compagno Mamaev (sì, lo stesso della notte brava a Montecarlo) per aver aggredito in modo violento un funzionario di stato; i due vengono incarcerati per aver violato il codice penale russo, in particolare il 213, riferito al vandalismo, e verranno liberati solo undici mesi dopo. 

Kokorin arresto
Aleksandr Kokorin dopo l’arresto nel Maggio del 2019 a Mosca (Foto: Kirll Kudryavtsev/AFP via Getty Images – OneFootball)

Kokorin e Raskolnikov: la redenzione

È doveroso sottolineare come l’istinto autodistruttivo, condiviso dai due personaggi, in Raskolnikov abbia una matrice filosofica: egli sembra utilizzare il delitto come prova per dimostrare un concetto che teorizza in un articolo a sua firma per un quotidiano di Mosca. La tesi dell’omicida protagonista di “Delitto e Castigo” rappresenta un antesignano della teoria nietzschiana del Superuomo.

Egli ritiene che la morale tradizionale non debba ostacolare la realizzazione di progetti dei cosiddetti superuomini; ne consegue che a essi, in virtù della realizzazione di progetti rivoluzionari, debba essere consentito, in un caso limite, di commettere degli omicidi. A sostegno di questa tesi, egli afferma che se Newton e Keplero avessero dovuto uccidere un uomo come “conditio sine qua non” per l’elaborazione delle loro tesi astronomiche, ne sarebbe valsa la pena.

Raskolnikov, fautore della tesi, presto si rende conto di non essere un “superuomo“, e lo spettro delle donne a cui ha tolto la vita lo fa cadere in uno stato di paranoia clinica; egli non si è rivelato all’altezza del suo proposito filosofico, e la sua delittuosa curiosità, ormai saziata, lo condanna ai lavori forzati. Nelle ultime pagine del romanzo, Dostoevskij ci mostra un Raskolnikov ormai disilluso, che in un impeto di amore quasi evangelico, ormai condannato, si redime. 

È da escludersi che dietro alle bravate di Kokorin si celasse una curiosità filosofica. Ciononostante, il demone straordinariamente descritto da Dostoevskij nel personaggio di Raskolnikov sembra lo stesso che – a distanza di quasi due secoli – ha colpito l’attaccante russo. Aleksandr, così come il protagonista del romanzo, ha deviato dal percorso verso cui era indirizzato – quello del successo calcistico – per via di un animo troppo ostile al buon costume e di un’attitudine incapace di sottostare alle regole imposte agli altri uomini.

Anche Kokorin intendeva elevarsi al di sopra dei valori morali consuetudinari e farsi lui stesso legislatore, ma probabilmente, a differenza di Raskolnikov, si trattava di una volontà istintiva, poco lucida. Quasi inconsapevole.

Questi due personaggi, che all’apparenza sembrano così distanti, uno calciatore, l’altro protagonista di un romanzo a cura di uno dei più importanti autori di sempre, hanno in comune una traiettoria estremamente simile: la giovinezza promettente, poi l’abisso del delitto, e infine la redenzione. Entrambi hanno commesso delitti, a entrambi è stato inflitto un castigo; ora, se vuole accompagnare Raskolnikov anche nell’ultima curva del viaggio, Aleksandr Kokorin dovrà finalmente redimersi e impegnarsi a pieno nella sua carriera calcistica. In una recente intervista, il ragazzo ha dichiarato:

Prendo le cose più seriamente, non avrei mai dovuto finire in galera. Quando ho perso tutto, famiglia, amici, e pallone, mi sono reso conto che non potevo continuare così.

La stagione, complice un infortunio al polpaccio, non è iniziata nel migliore dei modi: appena due gol in dieci presenze complessive. Gli anni sono ormai ventinove, e il tempo per una riscatto calcistico si restringe sempre di più. In in cuor nostro, però, ci auguriamo tutti che la fine del romanzo della vita tribolata di Aleksandr Kokorin possa essere la stessa scritta da Fjodr Dostoevskij per Raskolnikov:

Ma qui, ormai, comincia una nuova storia, la storia della rinascita di un uomo, della sua graduale trasformazione, del suo lento passaggio da un mondo a un altro mondo, del suo incontro con una realtà nuova e fino a quel momento completamente ignorata. Potrebbe essere l’argomento di un nuovo racconto; ma il nostro, intanto, è finito.

L’ultima spiaggia di Kokorin, lo Spartak Mosca (Foto: Stanislav Krasilnikov/TASS/Imago – OneFootball)
Autore

Antonio, 19 anni, studia Filosofia alla Statale di Milano. Amante del calcio e della sua epica, qui si finge anche un esperto.

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