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SLIDING DOORS

Sliding Doors: James Rodriguez

La difficoltà di entrare nel gruppo e di dire la propria. La paura di essere esclusi o derisi per un piccolo difetto personale. Il ricorso allo psicologo e il bisogno di sicurezza. La storia di James Rodriguez è quella di un ragazzo normale. Un ragazzo della classe media colombiana degli anni ’90, introverso, timido, balbuziente. La medicina in realtà non gli è stata prescritta da nessuno. La medicina è stata una cosa naturalissima: un pallone e una rete in cui fare gol.

Di gol il centrocampista ne ha fatti tanti, ma ce n’è uno che ha completamente cambiato le sue sorti, e anche quelle della sua nazionale, la Colombia. Era il Mondiale del 2014, e prima di allora James aveva giocato in nazionale solo qualche partita. Quell’estate però, è successo qualcosa di straordinario: il talento ha incontrato l’occasione. E il tutto si è trasformato in uno stop di petto, e in un tiro di sinistro al volo, da fuori area. Da allora la sua vita ha iniziato a coincidere con quella del Real Madrid, la squadra che allora ambiva al titolo di club più forte del mondo: ecco lo Sliding Doors di James Rodriguez.

James Rodriguez, comunicare con i piedi

Nato a Cucuta nel 1991, James Rodriguez – Ha-mes – ha il calcio che gli scorre nelle vene. Papà Wilson è stato calciatore, lo zio, José Suarez Rodriguez, giocava a calcio ed era soprannominato anche “aquila di fuoco“, mentre un altro zio, Antonio, era un difensore dell’Independiente di Medellin. A tavola davanti al piccolo James Rodriguez c’erano quindi piatti di storia del calcio, e il colombiano è cresciuto a forza di cucchiai di passione per questo sport. Sembrava scritto il suo destino. E infatti a cinque anni inizia anche lui a tirare calci ad un pallone, all’Accademia Tolimense.

Nella sua infanzia un episodio lo colpisce duramente. La separazione dei suoi genitori lo atterra e James inizia a balbettare. È un ragazzino timido, introverso e il problema della balbuzie lo esclude ancora di più. James però trova un altro modo per comunicare: lo fa con i piedi, lo fa benissimo.

I suoi primi allenatori lo ricordano come qualcuno di anormale. Restava in campo anche dopo la fine dell’allenamento, si allenava, anche da solo, per più volte al giorno. Si può dire che il suo accesso al calcio è stato quindi facile, lontano da alcune storie che si possono sentire sui piccoli calciatori prodigi sudamericani. James Rodriguez apparteneva alla classe media e la famiglia era stabile economicamente. Tuttavia, essere cresciuto negli anni ’90 in Colombia voleva dire vivere in costante vicinanza alle faide tra i vari cartelli della droga e i combattimenti tra i vari clan delle città. Suo zio stesso rimase ucciso in una sparatoria.

In questo contesto difficile James parlava poco ma giocava tanto. A Medellin fu reclutato dall’Envigado con qualche controversia. Qui debuttò a 15 anni ma dopo una stagione la squadra retrocedette nella Primera B, dove però restò solo un anno, anche grazie alle reti del di El Bandito, come chiamavano James per la sua forza nel passare le difese avversarie. Le sue prestazioni gli valsero la convocazione in Nazionale Under-17, ma già iniziavano a moltiplicarsi gli occhi su di lui.

La crescita e il passaggio in Europa

Arrivò primo fra tutti il Banfield, club di massima serie argentina, che lo ingaggiò nel 2008. Qui dimostra le sue doti da trequartista e grande personalità. Durante la sua seconda stagione nel club diventa titolare e segna anche in Coppa Libertadores, firmando in questo torneo la sua prima doppietta nel febbraio del 2010. La sua fama e le sue qualità continuano a crescere e a fine stagione contribuisce massicciamente alla vittoria del primo titolo professionistico nazionale del Banfield.

Nell’estate del 2010 è però tempo per un pesante cambiamento. L’Europa lo chiama, e il 6 luglio James Rodriguez diventa un giocatore del Porto per 7,35 milioni, con una clausola rescissoria di 30 milioni di euro. Qui, dopo una stagione, acquisisce il posto da titolare, nella squadra che ormai festeggia la vittoria di campionato. Gli anni al Porto continuano con una moderata e graduale scalata per la sua carriera. Gioca la sua prima Europa League e la sua prima Champions League. E in tre stagioni nella squadra portoghese si arricchisce esponenzialmente di trofei: tre campionati, una coppa nazionale, tre Supercoppe di Portogallo e una Europa League.

Vittoria del Porto della Coppa della Lega Portoghese, 22 maggio 2011 (Foto: Patricia de Melo Moreira/Getty Images – OneFootball)

Il futuro si chiama Monaco. La squadra nella stagione 2012-2013 ha vinto la Ligue 2 e deve rinforzare la rosa per riaffermarsi nella massima serie francese. Il colombiano viene acquistato insieme al compagno di squadra Joao Moutinho, per una cifra complessiva di 70 milioni. L’unica stagione giocata in Francia lo porta a raggiungere il secondo posto in campionato, avendo giocato 34 partite e segnato 9 gol. Nell’estate però, si giocano i Mondiali. Già dalle prime gare James Rodriguez si impone e rende giustizia al numero 10 che porta sulla maglia. Nel girone segna contro ogni squadra, fino a quando arrivò lo scontro degli ottavi di finale contro l’Uruguay. Una partita che si è rivelata essere molto di più.

Lo Sliding Doors di James Rodriguez

Si arriva così al giorno della sua prodezza nei Mondiali di quell’anno. James Rodriguez parte titolare nella formazione di José Pekerman e la rosa colombiana è pronta a incontrare il corazzato Uruguay. La bilancia pende più verso i biancocelesti, anche se quel giorno sono privati di Luis Suarez, reo di aver morso Chiellini nella precedente sfida contro l’Italia.

I primi minuti non sorprendono. L’Uruguay difende a cinque con l’aiuto di tre uomini a protezione e la regola sembra scritta: non si passa. La Colombia fa fatica a farsi spazio sotto la porta avversaria, ma nonostante questo il ritmo è incalzante e i Cafeteros non demordono.

È il 28 giugno 2014, siamo al Maracanà e si sta giocando Colombia-Uruguay per l’accesso ai quarti di finale. Al 28′ un modesto centrocampista colombiano, in forza al Monaco, decide di prendersi la scena e di regalare alla squadra, alla competizione, e a tutti gli amanti del calcio, una prodezza unica.

James si trova vicino alla linea bianca dell’area di rigore, nel suo ruolo di centrocampista offensivo. Mentre i compagni si passano la palla e provano a sfondare la difesa biancoceleste, lui si fa spazio e si crea terreno libero per muoversi. Riesce a raccogliere un cross da centrocampo con il petto. Si aggiusta la palla sul sinistro. Si gira. E colpisce la sfera: potente, in volo, dritta in porta. Il tiro è angolato e finisce laddove il portiere non arriva. Non può arrivare. Uno a zero per la Colombia. James Rodriguez ha fatto un capolavoro.

Il colombiano corre sotto la sua curva e si gode i festeggiamenti dei suoi tifosi, abbracciato dai compagni con i quali mette in scena un balletto tipico latino-americano. La scena però è tutta sua. E nel corso della partita continuerà a confermarsi.

Dopo il gioiello della serata, quarto gol mundial per James Rodriguez, l’Uruguay continua a incalzare. Cavani spinge e fa salire la tensione con qualche azione offensiva interessante. Dopo l’intervallo la Colombia ha ancora fame e basteranno soltanto altri cinque minuti per ottenere il raddoppio. Martinez allarga il pallone per Armero, che crossa a sinistra per Cuadrado, il quale aggiusta la palla per recapitarla, di nuovo, a James.

Lui va in porta e segna il secondo gol. Questo derby sudamericano finirà 2-0 per i colombiani. James Rodriguez salirà al primo posto dei marcatori, con 5 conclusioni. Ma quella sera non sarà soltanto quel record a essere infranto. Sarà l’inizio della vera carriera del fantasista, oggi uno dei migliori talenti mondiali di questo sport.

La stella della Colombia a Madrid

L’accesso agli ottavi per la squadra colombiana fu un unicum. Mai prima di allora avevano raggiunto questo traguardo. La doppietta di James Rodriguez diventò quindi ancora più sontuosa e importante, per la nazione intera. Ad attenderli ai quarti c’era però il Brasile, che riuscì a vincere passando il turno e rispedendo a casa Pekerman e giocatori.

Durante il percorso mondiale della Colombia, Carlos Valderrama lo aveva chiamato “stella della nazionale colombiana e i successi nelle partite, anche i gol contro Grecia, Costa d’Avorio e Giappone, avevano confermato la fama e le aspettative sul ragazzino, nonostante tutto ancora 22enne. Maturato infatti sotto l’ombra di Falcao, la cui assenza per infortunio ha certo influito sul suo crescente protagonismo, James Rodriguez iniziava adesso a meritarsi davvero i soprannomi dei grandi. “Pibe” di Colombia lo hanno chiamato. E i paragoni con Messi o Neyamar non sono tardati. Nemmeno quello con Maradona.

È uno del livello di Messi e Maradona, per i quali stare a guardare l’età non significa niente.

Già Oscar Tabarez a caldo dopo la sconfitta dell’Uruguay lo giudicava di un altro pianeta. Poco dopo quella partita però, arrivò l’offerta di uno dei club più titolati al mondo: il Real Madrid. Per 75 milioni di euro quindi, James passò ai Blancos di Carlo Ancelotti. Un destino che lo porterà ad arricchire il suo palmarès. Già al Bernabeu fu presentato con un video-ricordo di tutte le partite e le giocate migliori, dal Porto al Monaco. Ma quelli erano ormai ricordi passati, le radici per salire sul tetto d’Europa.

È un sogno che diventa realtà. Spero di vincere tanti titoli qui, Hala Madrid!

“Il più bel gol dell’anno”

Madrid lo ha accolto a braccia aperte: qualche bandierina colombiana tra il bianco dei madrileni e una presenza costante fin da subito. L’approccio di James Rodriguez al Real è stato da grande giocatore. Gioca le prima 14 partite in Liga da titolare (poi fermato in un match per un infortunio al polpaccio) e colleziona 5 assist e 5 reti. Al Real gioca a centrocampo e da mezzala e il ruolo gli si cuce addosso il modo naturale. Al Monaco era infatti abituato a giocare più spostato a destra, in una posizione che gli permetteva sia ti stare al centro che di trovare lo spazio per tirare.

Circa a metà novembre però, giunge a James una notizia che era già nell’aria da giugno: la nomina per vincere il Premio Puskas, che dal 2009 premia il più bel gol dell’anno. I criteri che richiede il premio erano tutti soddisfatti: gara ufficiale e importante, gol regolare, fair paly, gol bello. Tra i dieci in nomination c’era anche Ibrahimovic, campione in carica. A gennaio però i voti hanno premiato James Rodriguez e la sua brillante giocata contro l’Uruguay.

Premiazione di James Rodriguez per il Premio Puskas 2014 (Foto: Fabrice Coffrini/Getty Images – OneFootball)

Un gol così non può essere solo caso, non può essere solo frutto di un rimpallo. Il posto giusto, la coordinazione, la potenza mentre si è per aria: c’è del talento e va premiato. Il tiro che si piazza in un angolo, in una traiettoria sua e unica. Tutto questo merita la vittoria del trofeo, che si va ad aggiungere anche alla Scarpa d’oro vinta appunto per il Mondiale 2014.

Alti e bassi

Dopo la prima buona stagione nel Real Madrid, inizia un lento appiattimento delle sue prestazioni, complice un infortunio. Inizia l’anno con uno stop di un mese e una volta tornato in rosa a ottobre, gioca a inizio novembre segnando contro il Siviglia. In panchina c’è Zinedine Zidane e a fianco a lui in squadra sono presenti individualità fortissime: Ronaldo, Benzema, Bale, Modric… Quasi con naturalezza, quindi, è stato poco coinvolto nel progetto Blancos, anche se la squadra ha continuato a ottenere importanti risultati.

Il 28 maggio 2016 a San Siro vince la sua prima Champions League contro l’Atletico Madrid, e anche l’anno successivo ottiene sia il campionato che la coppa dalle grandi orecchie. Che James sia di troppo nella rosa del Real però lo si percepisce ormai da anni. O meglio, il suo talento, la sua fantasia e la sua pulizia tecnica, sono quasi sprecate in una squadra che raramente lo inserisce negli undici. Un prestito è la soluzione migliore sia per il giocatore che per la squadra. Ed ecco quindi che spunta il Bayern Monaco. 5 milioni di euro all’anno, con riscatto non obbligatorio a 35 milioni.

In Germania James Rodriguez ritrova se stesso e ritrova il protagonismo che si merita. Dopo qualche anno in ombra infatti, il centrocampista è tornato determinante, anche nonostante l’esonero di Ancelotti dopo soltanto qualche mese dal suo arrivo. Jupp Heynckes ha attuato un processo di ricostruzione e James con il suo ruolo di trequartista, mezz’ala o esterno offensivo è stato fondamentale per le due stagioni, anche queste ricche di trofei: due campionati, due Supercoppe di Germania e una Coppa di Germania.

James Rodriguez con il trofeo della Coppa di Germania vinto contro il Lipsia, 25 maggio 2019 (Foto: Alex Grimm/Getty Images – OneFootball)

Riscatto inglese per James Rodriguez?

Non venendo riscattato, James Rodriguez è tornato al Real Madrid per la stagione 2019-2020, ma in tutto l’anno ha ottenuto soltanto 8 presenze e un gol. C’è però Carlo Ancelotti, l’allenatore con cui forse ha legato di più, che lo chiama e vuole che lo segua. Prima è successo con il Napoli, quando Carletto ha fatto di tutto per convivere De Laurentiis per tentare il colpo. Poi nell’estate del 2020.

Il 7 settembre infatti arriva la notizia del colpo di mercato: James Rodriguez a titolo gratuito passa all’Everton. Firma per due anni con l’opzione del terzo. Con l’allenatore italiano già trovato al Real e a Madrid, sembra essere partito con il piede giusto. In 7 presenze si contano già tre gol e quattro assist. James ha bisogno di moduli e spazi per ritornare a fare quello che fa da quando è nato. Come ha dichiarato sua mamma in un’intervista:

James non ha mai voluto essere un calciatore, ma è stato un calciatore dal giorno in cui è nato.

James Rodriguez Everton
James Rodriguez dopo il secondo gol in Premier League in Everton-Brighton, 3 ottobre 2020 (Foto: Alex Livesey/Getty Images – OneFootball)

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