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CALCIO ESTERO

Forse sottovalutiamo Jamie Vardy

Jamie Vardy è da diversi anni tra i migliori attaccanti in Europa, ma in pochi glielo riconoscono. Non abbiamo ancora imparato niente sul killer delle Foxes?

Parlare del Leicester e non cadere nella retorica è un esercizio sempre complesso. Nonostante sia passato quasi un lustro dall’impresa di quella che fu la squadra di Ranieri, ogni discorso strettamente collegato alle Foxes è impregnato di riferimenti passati che semplificano la parabola ascendente di una delle migliori squadre d’Inghilterra. Da quando Brendan Rodgers siede sulla panchina del King Power Stadium, il Leicester si è stabilmente assestato nella parte alta della classifica, arrivando nella passata stagione a flirtare fino alle ultime giornate con la qualificazione in Champions League. Tutto ciò grazie ad una società solida e con il chiaro intento di investire sia sulla squadra che sulle strutture. Poche settimane fa, sui propri canali social, il Leicester ha pubblicato un video del nuovo avveniristico centro sportivo, un gioiellino con pochissimi eguali al mondo.

Sul mercato, la società non disdegna corposi investimenti, mirati soprattutto allo sviluppo di un core giovane e futuribile. Nell’ultima sessione di mercato è stato acquistato per circa 35 milioni di euro il difensore centrale francese Wesley Fofana, che in questi primi mesi sembra aver già ripagato lo sforzo economico della società. Attorno a lui si stanno sviluppando alcuni dei calciatori più interessanti del panorama europeo: Ndidi, Tielemans e Maddison per citare i più chiacchierati, ma anche i più giovani Barnes e Justin. A loro si aggiungono figure del calibro di Schmeichel, Morgan, Fuchs e Albrighton, che assieme a Jamie Vardy sono gli unici superstiti della squadra che nel 2016 conquistò la Premier League.

Sempre Jamie, sempre Vardy

Se i primi quattro – chi più e chi meno – sono già sul viale del tramonto, Vardy sembra non patire il peso degli anni. Nonostante caratteristiche fisiche e tecniche specifiche ed un gioco estremamente dispendioso, a 34 anni compiuti Vardy sta mantenendo standard di rendimento elevatissimi, figurando da ormai 4 stagioni al fianco di attaccanti molto più sponsorizzati. Da molti verrà ricordato come il simbolo del Leicester di Ranieri, l’operaio diventato calciatore e animato da uno spirito battagliero non comune, ma in realtà il suo talento è molto più sfaccettato. In tal senso, l’adattamento in un sistema di gioco agli antipodi rispetto al calcio reattivo di Ranieri ne è la limpida dimostrazione.

Vardy
La voglia del leader del Leicester (Foto: Andy Rain/Pool/Getty Images – OneFootball)

In un’epoca in cui gli attaccanti sono sollecitati ad aprirsi a situazioni di gioco che fino ad un decennio fa non erano minimamente contemplate, Vardy resta uno specialista. La sua signature move è l’attacco alla profondità, ossessivo in certi casi, ma che lo caratterizza. Nel Leicester di Rodgers in cui la trequarti è abitata da passatori sublimi come Maddison, Tielemans o anche Praet, Vardy si posiziona tra i due centrali o tra il centrale e il terzino avversario in attesa dell’innesco per lanciarsi verso la porta avversaria.

Questo tipo di movimento lo fa spesso anche per liberare la zona alle sue spalle, dove sopraggiungono come cavallette i giocatori sopracitati. Tutti i difensori della Premier League conoscono il suo stile di gioco, ma Vardy facendo leva sulle notevoli dote atletiche di cui dispone può permettersi anche di partite con qualche frazione di secondo di ritardo, traendo in inganno la linea avversaria. Quest’anno è primatista nella speciali classifica di fuorigiochi a partita – 1.1 -, un’inezia se messa a confronto con il fatturato realizzativo che questo stile di gioco gli porta. In Premier League ha ampiamente sfondato la soglia dei 100 gol in carriera, sono 114 per la precisione (40 dei quali alle big six del calcio inglese), tutti concentrati nelle ultime sei stagioni: numeri importanti e destinati a crescere ulteriormente.

Un po’ come tanti, un po’ da élite

Fino alla trequarti offensiva, Vardy è un calciatore normale. Il suo gioco spalle alla porta è minimale, nell’ultima stagione il coinvolgimento con i compagni è anche diminuito, tanto che il numero di passaggi a partita è sceso a 11, il minimo storico in carriera. Lontano dalla porta, il suo gioco è fatto di semplici appoggi per far scorrere la manovra e tagli interno-esterno per liberare spazio ai compagni. A renderlo speciale sono gli ultimi metri di campo, dove può dar forma a tutti i suoi istinti. Vardy è un finalizzatore di livello élite, paragonabile alle massime eminenze del calcio mondiale. Dinanzi al portiere predilige spesso soluzioni potenti, di destro o di sinistro, ma nel corso degli anni ci ha abituato anche a colpi estemporanei, che un po’ stonano con il suo modo di stare in campo rude e nervoso, ma che lo rendono ancora più peculiare.

Uno dei suoi gol più celebri è quello realizzato proprio nel 2016 contro il Liverpool in una gara di Premier League marchiata a fuoco da una sua doppietta. Siamo al 60′, quando si presenta uno dei pattern di gioco più affidabili del Leicester di Ranieri: il lancio in profondità di Mahrez per lo scatto di Vardy. Il lungo spiovente cade sul versante destro della metà campo dei Reds, a pochi metri dalla linea che delimita l’ingresso in area di rigore. Vardy ha bruciato Sakho e si ritrova con il solo Lovren davanti, peraltro in affanno dopo una lunga diagonale.

L’attaccante inglese potrebbe benissimo stoppare il pallone e puntare il diretto avversario, o magari temporeggiare e attendere l’arrivo dei compagni, ma l’occasione è troppo ghiotta per esitare. Dopo aver calcolato il rimbalzo del pallone, Vardy nota l’errato posizionamento del portiere avversario e con il destro disegna un arcobaleno che muore in fondo alla rete e lo trafigge. Un gol sensazionale a cui l’attaccante inglese non ha tardato a dare seguito, seminando prodigi balistici in mezzo alle decine di gol realizzati nelle successive stagioni.

Quel gol contro il Liverpool (Foto: Ben Stansall/AFP via Getty Images – OneFootball)

Un altro da citare è quello confezionato l’anno dopo contro il Tottenham, in quella che fu la peggiore stagione del Vardy post titolo (13 gol in Premier League). Imbeccato da un lancio precisissimo di Albrighton, Vardy – solitamente pratico e concreto nelle conclusioni a rete – sceglie una soluzione controintuitiva: si inerpica in aria e beffa il portiere con un delicatissimo pallonetto al volo. Vardy non potrà mai essere considerato un’esteta, ma nella sua ricerca dell’efficienza riesce a risultare anche appagante.

Antologie da gol

Oltre a questi splendidi attacchi alla profondità in cui tutti i difensori che gli corrono affianco sembrano avere dei sacchi di sabbia legati alle caviglie, le sue compilation sono farcite di sequele di gol realizzati dal cuore dell’area di rigore, territorio di caccia per eccellenza degli attaccanti e anche di Vardy, nonostante un fisico non propriamente da ariete. Per lui, in area la differenza la fa il tempismo, la dote innata di leggere prima dei diretti avversari la traiettoria che prenderà il pallone. In questo senso la connection con Mahrez era perfetta, soprattutto grazia all’abilità dell’algerino di eseguire quei cross indirizzati nel territorio di mezzo tra portiere e linea difensiva su cui il 9 delle Foxes si fiondava come un avvoltoio. Non potendo usufruire di un gioco corpo a copro credibile i gol di Vardy in area di rigore sono costruiti sui millesimi di secondo.

Anche nel Leicester di Rodgers l’ex attaccante del Fleetwood ha stabilito partnership realizzative piuttosto fruttuose. Oltre a Maddison, che è il cervello dell’intero impianto offensivo, l’anno scorso Vardy ha convertito in rete ben 5 assist di Harvey Barnes: solo Jimenez e Adama Traorè e Aguero e De Bruyne hanno fatto meglio di loro.

Vardy
Jamie Vardy e Harvey Barnes (Foto: Michael Regan/POOL/AFP via Getty Images – OneFootball)

Il tempo ha reso Vardy anche più coscienzioso nel modo di stare in campo. Il cavallo pazzo che nei primi anni di Premier League inseguiva tutto e tutti pur di emergere, ha lasciato il campo ad una versione più zen. Quando è lucido, Vardy è anche un ottimo rifinitore, non visionario come Benzema ma con una più che discreta capacità di leggere i movimenti dei compagni. Nell’ultima gara di campionato contro il Newcastle ha ricevuto il pallone sul versante destro dell’area di rigore, ha superato con un tunnel fulmineo il diretto marcatore e prima di finire imbottigliato nel traffico ha premiato l’inserimento a rimorchio di Maddison. Tecnica nello stretto e visione periferica: due caratteristiche che pochi attribuirebbero a Vardy.

La scelta di non vivere i suoi ultimi anni di carriera in un club di alto livello ha sicuramente condizionato la percezione che un po’ tutti hanno di lui. Kantè lasciando Leicester è stato riconosciuto come uno dei migliori centrocampisti in circolazione, Mahrez è stabilmente nelle rotazioni offensive del City di Guardiola, mentre i giudizi su Vardy sono parziali. Difficile dire se i prossimi anni gli permetteranno di elevare il proprio status nell’immaginario collettivo. Probabilmente molto passerà dal livello che raggiungerà il Leicester, che al momento è in piena zona Champions e in odore di lotta per il titolo. Il fatto, ormai inequivocabile, è che dietro lo sguardo torvo e la mascella scolpita nella pietra si cela uno degli attaccanti più elettrizzanti d’Europa.

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In un'altra vita trequartista mancino, in un'altra ancora tennista con il rovescio ad una mano. In questa scrivo il più possibile

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