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La vendetta di Emmanuel Adebayor

Chiamatela audacia, sfacciataggine o follia. L’esultanza di Emmanuel Adebayor in Manchester City-Arsenal rimane una delle più memorabili, nel bene o nel male, della storia del calcio. Una corsa da centometrista verso il settore ospiti, solo per provocare i suoi ex tifosi. Un’istantanea che rimarrà impressa nelle mente di chiunque, soprattutto in quella dell’attaccante togolese.

I tabloid inglesi hanno condannato il gesto, i media esteri li hanno seguiti e la English Football Association l’ha punito con una squalifica di tre turni e una multa da 27.000 euro. Quelli che invece lo hanno difeso sono stati pochi, si contano sulle dita di una mano. Cosa si nasconde dietro a quell’esultanza? È il momento di ricostruire la versione di Adebayor. Riavvolgiamo il nastro e facciamoci largo tra i suoi pensieri.

Odi et amo

Di partite così ne ho giocate già tante qua in Inghilterra, ma se permettete questa è più speciale delle altre. Più speciale anche di quella semifinale di Champions contro lo United? Senza ombra di dubbio, perché oggi affronto il mio passato e ho un conto in sospeso da risolvere: viene a farmi visita Arsène Wenger. Era stato lui a prelevarmi dal Monaco. Ha creduto in me. E io mi sono fidato di lui, come fosse un padre. Ma quale padre tradirebbe un figlio? Ricordo ancora quella riunione nel suo ufficio all’Arsenal Training Ground, mi disse che non avevo futuro in squadra. Proprio io che l’avevo fatto gridare “gol” 62 volte non avevo futuro, se lo dice lui.

Il mister e il suo staff sapevano che non volevo lasciare Londra, ma mi hanno messo spalle al muro: “O vai o non giochi Ade”. Non mi restava che fare le valigie. Mi ha chiamato il City e, a quanto pare, avevano già trovato l’accordo con l’Arsenal. Lo sceicco Mansour ha un progetto ambizioso, vuole fare di questa squadra la più forte di sempre. Era disposto a pagarmi bene, mi sembrava la scelta giusta. Poi però, il giorno dopo, Wenger si è presentato ai microfoni in conferenza stampa dicendo che sono stato io a far pressione per essere ceduto, che volevo più soldi. Con che faccia l’ha fatto? Loro, prima di me, hanno accettato l’offerta del Manchester City. Avessi potuto scegliere io, ci sarebbe ancora il mio nome sull’armadietto numero 25 dell’Emirates. E invece no, per colpa sua che continua a mentire e non lo vuole ammettere. È per lui che oggi sono qui, vestito di blu con l’aquila sul cuore, a sognare il gol dell’ex.

Wenger in City vs Arsenal - Foto Andrew Yates AFP via Getty Images OneFootball
Arsène Wenger all’Etihad Stadium per Manchester City-Arsenal (Foto: Andrew Yates/AFP via Getty Images – OneFootball)

Odio l’Arsenal, ma non i suoi tifosi. Non penso lo farò mai. Sono fiero del rapporto che ho con loro, mi hanno persino dedicato un coro. Eppure nell’ultima metà di stagione l’aria si era fatta un po’ pesante: volevano un titolo, rumoreggiavano al primo passo falso. Non è così che si fa. Senza il supporto della tifoseria è impossibile vincere qualcosa. I bersagli principali eravamo io e Cesc Fabregas. Erano convinti che mi proponessi ad altri club ma non l’ho mai fatto. Alcune squadre mi hanno corteggiato, è vero, ma cosa c’entro io? Non ho chiesto io al Porto di seguirmi, o al Milan o al Barcellona. Si sono sempre fidati troppo di quelle cavolate che scrivono i tabloid. Preferiscono il gossip al calcio. Nonostante tutto conservo un bel ricordo. Oggi non giocherò contro di loro. Contro Wenger, quello sì.

Brian Kidd legge la formazione. Neanche gli do troppo peso, tanto Hughes mi fa giocare sempre. Poi fin qui ho segnato in tutte le partite, solo un pazzo mi farebbe sedere in panchina. Faccio due chiacchiere con Bellamy, scherziamo un po’. Finisco di prepararmi per il riscaldamento e guardo il calendario: 12 settembre 2009. Quello della Lega dice “matchweek 5“, ma è la stessa cosa. Intravedo il campo. Si va in scena.

Carpe diem

Il riscaldamento peggiore della mia vita. Ma cosa vogliono? Cosa si fischiano? Non capisco: anche Kolo Touré è un ex della gara, ma lo stanno trattando diversamente. Lo applaudono, lo salutano. Magari facessero lo stesso con me. I tifosi dell’Arsenal vogliono la mia testa. Credono alle parole di Wenger, ma non sanno la verità. Io non sono un mercenario. Una volta cantavano il mio nome, ora mi prendono di mira. Li lascio sfogare, magari mi lasceranno perdere una volta iniziata la partita.

Adebayor, Adebayooor,
Tuo padre lava gli elefanti!

Cesc ed Eboué, miei amici, neanche mi stringono la mano all’ingresso. Impossibile, ci sono cascati anche loro. Arsène deve aver fatto un bel lavaggio del cervello a tutti. Intanto il fischio dell’arbitro si perde tra quelli del settore ospite, che non sembra voler mollare.

Adebayor, Adebayooor,
Tua madre è una p*****a!

Ce l’hanno con mia mamma? Spero scherzino. Dai, non possono averlo detto veramente. Qui superiamo ogni limite. Se volevano provocarmi ci sono riusciti alla grande, ma si sono fatti un pessimo nemico.

Quel coro rimbomba nella mia testa. Sono sotto e ancora cantano. Se non la metto dentro io continueranno così fino al triplice fischio. Diamine! Un pallone pulito, non chiedo tanto, so che me ne basterebbe uno! Gallas mi potrà anche pedinare per tutto il campo, ma non mi batterà mai nel gioco aereo. Sarà capitato una sola volta in tre anni di allenamenti. Passatemela, forza! Ora che sono usciti male, ci sono! Crossala, crossala! Bellissima. Ti ho aspettata 80 minuti, ora sei mia.

Adebayor vs Arsenal 1 - Foto Shaun Botterill Getty Images OneFootball
Lo stacco vincente di Emmanuel Adebayor (Foto: Shaun Botterill/Getty Images – OneFootball)

Oh sì, lo sapevo. Gol! Valla a riprendere in fondo al sacco Almunia! Hey, chi ha abbassato il volume del settore ospite? Ah, che liberazione. È arrivato il mio momento, ora mi faccio sentire io. Mi avete fatto passare dei mesi infernali a Londra, oggi sono stato fischiato dal primo momento in cui ho messo piede in campo, vi siete presi gioco di mio padre e avete insultato mia madre. Non parlate più adesso? Forse sono io che non vi sento da quaggiù, ma tranquilli: sto arrivando.

Adebayor vs Arsenal 2 - Foto Shaun Botterill Getty Images OneFootball
La corsa dopo il gol, direzione: settore ospiti (Foto: Shaun Botterill/Getty Images – OneFootball)

Alea iacta est

Sono in ginocchio davanti a voi, ma non per chiedere perdono. Bocca spalancata per rifiatare dopo quella corsa matta e braccia aperte come a volervi prendere tutti. Uno schiaffo calcistico che sono sicuro vi ricorderete a vita. Non mi frega più nulla dei vostri cori. Alzate pure i medi, ho vinto io. Siete un mare rosso che ribolle di rabbia, ma non potete nulla. Io che vi ho amato, già, proprio io.

Dopo avermi abbracciato, Kolo mi aiuta a rialzarmi. Guardo fisso le tribune, li sfido ancora. Vedo la fila di steward che divide i tifosi dell’Arsenal e quelli del Manchester cavarsela senza problemi, sono quelli tra i Gunners e il campo ad arrancare. Parte un lancio di oggetti, qualcosa colpisce proprio uno steward. Clattenburg arriva minaccioso, col dito mi indica la strada per il centrocampo e mi mostra il cartellino giallo. Questo il prezzo della vendetta.

Adebayor vs Arsenal 3 - Foto Andrew Yates AFP via Getty Images OneFootball
Il faccia a faccia tra Adebayor e i tifosi dell’Arsenal (Foto: Andrew Yates/AFP via Getty Images – OneFootball)

Riprendo a giocare con una serenità ritrovata: i miei nuovi tifosi mi osannano, ho regalato loro un momento di euforia; quelli vecchi invece continuano ad odiarmi, ma il mio l’ho fatto. Wright-Phillips ne mette a segno un altro per noi, loro rispondono. Ora è 4-2 ma manca davvero poco, il risultato ormai è in ghiaccio. Ecco uno degli ultimi palloni vacanti, vado io. Van Persie mi scivola davanti e io non so perché, ma lo faccio, lo cerco con il piede destro. È stata l’adrenalina. Non avrei mai potuto, tantomeno pensato, di fare una cosa del genere a Robin. Rimane a terra. Entrano i soccorsi.

Adebayor vs van Persie - Foto Shaun Botterill Getty Images OneFootball
Un membro dello staff medico dei Gunners medica Robin van Persie, a terra dopo il colpo subito dal suo ex compagno di reparto Adebayor (Foto: Shaun Botterill/Getty Images – OneFootball)

Mi volto verso la panchina, c’è confusione. Hughes è a colloquio col quarto uomo, poi si gira e mi guarda. Allargo un’altra volta le braccia come per giustificarmi, ma non stavano parlando del colpo a van Persie. Già girano voci di una possibile squalifica per aver provocato i tifosi avversari. Tutto questo non ha senso, non ha minimamente senso! Ho fatto un gesto stupido? Forse, ma hanno iniziato loro. Che poi non era nulla di progettato. Ho corso sulle ali dell’emozione, tutto qua. Cento metri, dieci secondi, zero pensieri. Se privassero il calcio dei sentimenti allora ci sarebbe un grosso problema. E c’è chi non mi crederà, non posso farci nulla.

Sai che c’è Ade? Mettiti l’anima in pace, perché te la daranno. Ma nessuna maledetta squalifica, nessuna stupida multa, durerà più di quello che hai vissuto oggi. Perché sei Emmanuel Adebayor. Testa alta, sempre.

Autore

Viterbese classe ’99, muove i primi passi con ai piedi un pallone e, neanche a dirlo, se ne innamora. Quando il calcio giocato smette di dare speranze, ci pensa giornalismo sportivo a farlo sognare. E se si fosse trattato di campo, essere riserva di lusso lo avrebbe fatto rosicare… alla tastiera non potrà che essere un valore aggiunto.

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