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VIE DEL CALCIO

Vie del Calcio: Monza

Prendete la storia longobarda, così ricca di trame amorose ed al contempo immerse negli annali della cronaca nera antica. Aggiungete edifici che trasportano nei secoli tradizioni antiche, dal Medioevo all’epoca della Rivoluzione Francese; e poi lo sport, tra motori, rotelle e, finalmente, il calcio. Benvenuti a Monza.

Partiamo proprio da quest’ultima locuzione, così comune da passare inosservata. Spesso siamo soliti dare il benvenuto a qualcuno, che esso sia una persona a noi cara o uno sconosciuto, semplicemente per cortesia d’essere. Lo si dà per scontato, un po’ come avveniva in passato per chi il benvenuto se lo andava a prendere di diritto.

Ogni riferimento alle popolazioni barbare che scendono dalle Alpi per stanziarsi in Italia dopo la disgregazione dell’Impero Romano d’Occidente, beh, è assolutamente casuale. Nel trascorso dell’attuale terza città della Lombardia per abitanti (125.000, dietro a Milano e Brescia), però, quest’influenza non può essere trascurata. Si legano leggende e testimonianze storiche, in particolare quelle di Paolo Diacono, ma la tradizione longobarda è decisamente meno romanzata del previsto.

L’unico elemento che, forse, può far storcere il naso è proprio uno dei primi nomi dati all’agglomerato urbano. Modoetia, giunto dopo un sogno della regina Teodolinda, nel quale una colomba le diceva di costruire la Basilica di San Giovanni Battista, da tempo nei suoi piani, “qui” (“Modo”). “Va bene” (“Etiam”), rispose lei. Ma qui, dove?

Duomo di Monza

La risposta è nella foto, anche se ora non ci è dato osservare la magnificenza di quella costruzione, ricca di ornamenti oro ed argento. L’edificio cristiano voluto da Teodolinda nel 595, infatti, è stato via via sostituito da quello che, attualmente, è il Duomo cittadino, la cui facciata è stata interamente restaurata nelle ultime settimane dell’estate 2020.

A Teodolinda è dedicata, inoltre, la Cappella più importante dell’edificio religioso, perlomeno per ciò che custodisce: il tesoro e la Corona Ferrea, utilizzata nei secoli per incoronare i Re d’Italia e considerata reliquia dalla Chiesa Cattolica, poiché la tradizione certifica al suo interno la presenza di uno dei chiodi utilizzati durante la crocifissione di Cristo.

Il Duomo di Monza
Il Duomo di Monza

Eppure è strano, no? Un potere così grande nelle mani di una donna, attorno VI/VII secolo d.C., non è così facile da incontrare. Teodolinda, principessa dei Bavari, però, fu capace, dopo (e probabilmente anche prima, se non durante) la morte del primo marito e re dei Longobardi Autari, di conquistare la fiducia della sua gente, acquisendo la possibilità di avere come secondo sposo un sovrano di sua scelta.

Il dito venne puntato su Aginulfo, duca di Torino, che diventò re dei Longobardi e lo fu fino alla sua morte, avvenuta nel 616. È proprio durante il suo secondo matrimonio che la fede cattolica di Teodolinda raggiunge proporzioni mai toccate prima, probabilmente affinché i rapporti con il papato continuassero sull’onda della pace e del rispetto reciproco. Posta la sua residenza sulle rovine di quella edificata da Teodorico, re degli Ostrogoti e padrone della città alla fine del V secolo d.C., si legò indissolubilmente alla città, nelle mani e nel destino della sua regina.

Villa Reale

Abbiamo potuto constatare, dunque, come il nome di Monza non possa essere scisso da quello di Teodolinda, padrona della città nell’epoca longobarda. La sovrana barbara, però, non è l’unica donna legata a questo territorio.

La signora… è una monaca; ma non è una monaca come l’altre.

Marianna De Leyva, nata il 4 dicembre 1575. Forse non si è abituati a conoscerla con il suo nome di battesimo e con quel cognome iberico, figlia dei padroni della città nel ‘600. Potrebbe aiutare “Monaca di Monza”?

"Signora di Monza", un dipinto di Giuseppe Molteni
“Signora di Monza”, un dipinto di Giuseppe Molteni

Alessandro Manzoni l’ha resa celebre ai più nel suo capolavoro letterario, ma la fama cittadina di Gertrude (nome scelto dall’autore nel romanzo), probabilmente, sarebbe stata comunque tramandata ai posteri. Era nata nell’attuale sede dell’amministrazione comunale di Milano, Palazzo Marino, e pur essendo prima di tre figli, venne mandata come da tradizione in convento.

Pronunciati i voti nel monastero urbano benedettino di Santa Margherita, iniziava la sua vita dedicata al servizio degli altri ed alla preghiera. Se tutto fosse stato così ordinario, però, probabilmente lo scrittore meneghino non le avrebbe dedicato una parte così importante della sua opera più conosciuta: una relazione (dalla quale ebbe due figli) la fece intrappolare in uno scandalo prima ed in una cella isolata poi. Caduta in miseria, ma pur sempre un’altra Signora a Monza. Non solo Teodolinda e Gertrude, però.

Per raccontare la terza grande figura femminile a cui Monza deve molto (e viceversa), bisogna spostarsi fino a quello che, universalmente, è riconosciuto come l’edificio più noto della città. Superato il ponte dei Leoni, quello di San Gerardino, così chiamato per il miracolo del suo attraversamento da parte della figura religiosa durante l’esondazione del Lambro, e parte dei vicoli cittadini, la Reggia ed il suo parco aprono le braccia alla città intera. E chi avrebbe potuto concepire un’edificazione simile, se non una sovrana?

La Villa Reale vista dall'alto (Foto: Hotel de la Ville)
La Villa Reale vista dall’alto (Foto: Hotel de la Ville)

È il 1777 e l’imperatrice d’Austria Maria Teresa d’Asburgo vuole consegnare nelle mani del quattordicesimo figlio Ferdinando una residenza estiva nei pressi di Milano, per rafforzare un sodalizio tra Vienna e la città meneghina. La scelta ricade su Monza, con una Villa Reale da capogiro, la cui edificazione venne affidata all’architetto Giuseppe Piermarini, a cui si deve, tra le altre cose, anche il Teatro alla Scala.

Decine e decine di saloni, la Rotonda dell’Appiani con i suoi affreschi, una Cappella Reale, il roseto (sede di concorsi internazionali e palcoscenico della presenza di alcune madrine d’eccezione, tra cui, per diversi anni, anche Grace Kelly), senza dimenticare il cannocchiale su Viale Cesare Battisti: negli anni in cui grattacieli e smog erano ancora utopia, guardando dal salone delle feste si poteva persino scorgere la Madonnina del Duomo di Milano.

Ovviamente, però, vanno citati i suoi giardini, divenuti immensi con la costruzione del Parco. Quest’ultimo, per la prima volta nel nostro percorso a ritroso nei secoli, non è però merito di una donna: fu Napoleone a voler ampliare i giardini della Villa Reale, poco dopo essere incoronato re d’Italia, proprio con la Corona Ferrea di cui sopra.

Il Parco è il polmone verde di tutto il territorio monzese, il primo per dimensioni tra quelli recintati in tutto il Vecchio Continente, tant’è che bisogna percorrere circa 12 chilometri per circumnavigarlo. Al suo interno c’erano due campi da polo, un ippodromo in stile vittoriano, le cui tribune in legno vennero bruciate da qualche sovversivo, poiché simbolo di ricchezza e stravaganza negli anni ’70 e ’80 del secolo scorso. L’anima del Parco, però, la si può percepire in ogni angolo della città: i rombi sono impareggiabili…

Autodromo

Per alcuni, sentire il boato delle macchine da corsa mentre si cammina per i vicoli cittadini è un difetto insormontabile; per altri, invece, è un pregio impagabile, oltre ad un patrimonio da conservare negli anni a venire. Visitare Monza e non poter ascoltare il rombo dei motori in pista è un peccato capitale da queste parti, e non citarlo nella nostra passeggiata sarebbe stata un’ingiuria.

La folla rossa (per il cavallino Ferrari, ovviamente) che colora l’Autodromo è un vero e proprio spettacolo per gli occhi, al di là della passione del singolo per la Formula 1. Sarebbe curioso sapere, con il senno di poi, se scenografie simili fossero previste nel futuro di questa storica pista quando venne costruita per la prima volta, nel 1922, in soli tre mesi.

La folla rossa sotto il podio di Monza 2019 (Foto: Mark Thompson/Getty Images - OneFootball)
La folla rossa sotto il podio di Monza 2019 (Foto: Mark Thompson/Getty Images – OneFootball)

Di fatto, dunque, l’automobilismo è una delle grandi passioni che fanno battere il cuore ai monzesi di anno in anno, ma, come anticipato in precedenza, ce ne sono altre due. Oltre alla pallavolo, divenuto sport seguito in città dopo la costruzione del PalaCandy, casa del Volley Milano (Superlega maschile) e della Pro Victoria Monza (Serie A1 femminile), uno sport che ha catturato l’interesse in città è sicuramente l’hockey su pista.

A conferma di questa tesi c’è stata persino una stracittadina monzese, grazie all’esistenza di due squadre a dir poco blasonate, l’Hockey Club Monza (7 Scudetti in bacheca) ed il Roller Monza (4 Scudetti conquistati). Ora, dopo la cessazione delle attività sportive di questi due club, l’interesse si è relativamente ridimensionato, nonostante in città continui a giocare l’Hockey Roller Club Monza.

La nostra, però, non è una semplice passeggiata. Il nostro è un cammino nelle Vie del Calcio, dunque è arrivato il momento di buttarsi a capofitto nel mondo del pallone a Monza, ricco di alti e bassi, tante luci ed altrettante ombre.

Piazza Roma

Abbiamo lasciato la due curve di Lesmo e la Parabolica, attraversato parte del Parco e siamo tornati nel cuore della città, all’ombra della dell’Arengario, antico Palazzo Comunale (ora in Piazza Trento e Trieste), e della sua torre, dove nel 1347 venne collocato il terzo orologio a ruota d’Italia.

Siamo a pochi passi Piazza Roma, da dove si dipartono tutte le vie monzesi, dove ha luogo l’atto di nascita della società calcistica cittadina: al Caffè Pasticceria Roma, il 1º settembre 1912, viene fondato il Monza F.B.C, unione di Pro VictoriaPro Monza e Pro Italia.

Piazza Roma
Piazza Roma

Per poter osservare all’opera questa nuova società bisogna inizialmente tornare nel Parco della Reggia, in quelli che sono i Boschetti Reali; il campo obliquo, però, creava qualche problema di troppo, così si decise di optare per un’opzione nel quartiere di Triante. Anche quest’ultima soluzione, però, venne presto scongiurata per motivi logistici, vista la distanza del campo da gioco dal centro.

Il primo vero e proprio campo del calcio monzese, dunque, fu quello di Via Ghilini, dietro al Santuario delle Grazie Vecchie, inaugurato con un quadrangolare tra i padroni di casa, il Milan, il Chiasso e la Juventus Italia. Sono anni di assestamento, divenuti ben più complessi con lo scoppio delle due guerre mondiali.

Dopo il 1945, con la conclusione del conflitto bellico, il Monza si spostò nuovamente, questa volta in una sede che sarebbe rimasta inalterata per circa 40 anni: si tratta di un nuovo stadio, edificato sul terreno sconsacrato dell’ex cimitero San Gregorio. È qui che i biancorossi mettono le fondamenta per edificare la propria storia, anche e soprattutto grazie alla presidenza Sada ed al marchio Simmenthal; di fatto, il Monza è una delle prime società calcistiche ad avere uno sponsor dalla così elevata portata commerciale.

Dopo 15 anni consecutivi di permanenza in Serie B (ed una promozione in A sfiorata, con il terzo posto del 1955/1956), il Monza torna in C al termine della stagione 1965/1966. In panchina siede un allenatore 31enne, alla sua prima guida tecnica dopo una serie di esperienze in campo con Milan, Triestina e Padova: si chiama Luigi Radice, ma tutti lo chiameranno Gigi.

Gigi Radice ed il suo Monza (Foto: Il Giorno)
Gigi Radice ed il suo Monza (Foto: Il Giorno)

L’anno va meglio del previsto e la squadra è plasmata ad immagine e somiglianza del suo allenatore: giovane, intraprendente e vogliosa di vittoria, senza aver nulla da perdere. Si arriva allo spareggio contro i rivali geo-politici del Como (una delle società più vicine ai biancorossi, come si può immaginare, è il Lecco), in quel di Bergamo. Il 2 ottobre 1967, con quell’1-0, il Monza torna in Serie B da protagonista, vantando giocatori come l’autore del gol Maggioni, Claudio Sala e Perego, trasformato sotto la guida di Nils Liedholm da centravanti a terzino fluidificante.

Dopo quella promozione, una serie di buone stagioni nella seconda serie, qualche retrocessione ed una sorta di ciclo continuo, un saliscendi che porta il calcio monzese in un limbo tra Serie B e Serie C, con il suo apice nei primi anni ’70, quando prende il via l’epoca dei presidenti costruttori.

La svolta arrivò con la presidenza Cappelletti, che mise in panchina Alfredo Magni, ex allenatore della Primavera, e diede inizio ad un nuovo corso, quello del “Borussia della Brianza”: nel 1976, arrivarono Serie C e Coppa Anglo-Italiana, arrivando in finale di Coppa Italia di C; fino al 1980, una serie di porte sbattute in faccia dal destino, con quattro promozioni nella massima serie sfuggite nelle ultime giornate. Inizia ad affacciarsi, in quegli anni, anche un giovane direttore sportivo. Mai sentito nominare, Adriano Galliani?

Un giovane Adriano Galliani al termine di Modena 2-1 Monza, valida per la promozione in Serie A
Un giovane Adriano Galliani con Magni e Sacchero al termine di Modena 2-1 Monza, valida per la promozione in Serie A

Quella squadra gioca bene, incanta e sarà la base del Milan della prima stella, ma non riesce in un’impresa ormai divenuta una sorta di incubo: la massima serie non s’ha da fare, per parafrasare proprio uno dei personaggi del Manzoni di cui sopra. Passano gli anni ed Adriano Galliani inizia a muoversi in società, da dirigente sportivo. Nel frattempo, però, aveva iniziato una collaborazione con un tal Silvio Berlusconi: il primo, grazie alla sua azienda Elettronica Industriale, montava antenne e trasmettitori per il secondo, che iniziava a coltivare l’idea di una rete televisiva privata.

Il sodalizio tra i due, dunque, non nasce sul campo di San Siro, bensì in giro per l’Italia, grazie ad una partnership commerciale che sarà vitale per entrambi. Galliani, però, ha il biancorosso nelle vene e cerca di convincere Berlusconi ad entrare nel mondo del calcio, acquisendo un Monza che stava perdendo quota nel 1986; alla fine, purtroppo per i tifosi monzesi, giunge l’occasione Milan, presa al volo dalla coppia ormai inseparabile. Ci sarà tempo per il Monza, sì.

Stadio Brianteo

La discesa del Monza in Serie C (di nuovo) è, però, il cosiddetto male che non viene per nuocere. Dalla Primavera, infatti, si fa spazio un ragazzino sfrontato e coraggioso, un monzese D.O.C.: si chiama Pierluigi Casiraghi, e si presenta al panorama calcistico italiano con una doppietta alla Sampdoria in Coppa Italia a 17 anni. Sarà il faro della rinascita biancorossa, perlomeno per un breve periodo di tempo.

Il campionato successivo viene clamorosamente dominato dal Monza, che torna in Serie B dopo una sola stagione nel Purgatorio della terza serie. Un ulteriore step nel percorso di crescita della società, inoltre, avviene nel campo: il San Gregorio, ora Stadio Gino Alfonso Sada in onore dell’ex presidente deceduto, chiude i battenti. Viene inaugurato lo Stadio Brianteo, nuova casa biancorossa, il 28 agosto 1988, contro la Roma (terza nell’annata precedente) in Coppa Italia; inutile sottolineare la prestazione monstre di Casiraghi, che porta a spasso la retroguardia giallorossa: 2-1 per i padroni di casa.

Pierluigi Casiraghi esulta in maglia azzurra (Foto: Imago - OneFootball)
Pierluigi Casiraghi esulta in maglia azzurra (Foto: Imago – OneFootball)

Anche quel Monza, però, non riesce a completare il puzzle: il tassello chiave, una Serie A ancora non conquistata, manca. Abbiamo imparato a conoscere la storia di questa squadra, costellata da un filotto di gioie seguite da altrettante delusioni; in questo caso, però, la successione fa ancora più male del previsto. L’ultimo decennio del secolo è il solito saliscendi, ma con l’arrivo del terzo millennio si raschia il fondo del barile: nel 2004, il Calcio Monza fallisce.

Seguono anni complessi, caratterizzati da due episodi in particolare, sintesi perfetta dello status da eterna incompiuta della squadra. Sono due finali playoff, la prima nel 2005/2006: lo strafavorito Genoa di Enrico Preziosi la spunta dopo il 2-1 complessivo (0-2 al Brianteo, con gol anche di Igor Zaniolo, padre di Nicolò, e 0-1 al Ferraris) contro i biancorossi.

L’anno successivo, invece, un’altra beffa. Il Pisa vince 2-0 la finale playoff di ritorno tra le mura casalinghe dell’Arena Garibaldi, ma la partita è un estratto di uno spaghetti western: botte da orbi tra i tifosi delle due squadre, con l’inizio di una rivalità destinata a perdurare negli anni. Aggiungete un arbitraggio eccessivamente casalingo ed un trattamento disonorevole degli ospiti e la frittata è fatta: il Monza ha fallito l’obiettivo, un’altra volta.

Con il passare degli anni, la situazione non cambia: i tentativi di Seedorf prima e di Armstrong poi sono dannosi, tanto da decretare il secondo fallimento nel giro di un decennio. Il Monza riparte nel 2015 dalla Serie D, ma in presidenza arriva Nicola Colombo, figlio dell’ex presidente del Milan Felice: una stagione di assestamento (con la prima esperienza biancorossa di capitan D’Errico, ancora oggi nelle fila dei lombardi) precede quella della vittoria dello Scudetto. Nel settembre 2018, poi, la svolta.

Silvio Berlusconi in tribuna al Brianteo (Foto: Imago - OneFootball)
Silvio Berlusconi in tribuna al Brianteo (Foto: Imago – OneFootball)

Sono stato 31 anni in prestito al Milan… ma il Monza è nel mio DNA.

Adriano Galliani aveva sentenziato così il giorno dell’annuncio del passaggio di proprietà, ed in effetti non poteva che essere così: la chiusura di un cerchio, le figure giuste per cercare di individuare quel tassello mancante chiamato Serie A. Dopo un campionato a dir poco dominato nella scorsa, atipica, stagione calcistica, il Monza torna a riassaporare la Serie B, con l’auspicio che possa essere solo un ritorno di passaggio.

L’obiettivo dichiarato, dopo anni d’Inferno ed un passato da Purgatorio, nelle serie immediatamente inferiori all’Olimpo del calcio italiano, è quello di approdare finalmente in Paradiso. Monza ci crede, Monza se lo merita: lo invoca la sua storia, da Regina senza la corona.

Ricominiciamo, Monza-Spal del 25.09.2020 (Foto: Claudio Grassi/LaPresse - OneFootball)
“Ricominiciamo”, Monza-Spal del 25.09.2020 (Foto: Claudio Grassi/LaPresse – OneFootball)

Un ringraziamento speciale a Patrizio Garbo ed agli “Amici del Monza

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Autore

Classe 2000, scrive di calcio e basket, in attesa degli straordinari di aprile. Dall'estate 2020 dirige la redazione di Riserva di Lusso. È l'autore de "Il pipistrello sulla retina".

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