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Dall’annuncio di Andrea Pinamonti al Sassuolo in poi, è inevitabile per ognuno di noi, appassionati di Serie A, immaginare come il calciatore scuola Inter possa incastrarsi col sistema di Dionisi. I neroverdi, nell’estate appena trascorsa, sono rimasti “orfani” sia di Raspadori che di Scamacca, entrambi gli attaccanti titolari della scorsa stagione. Sulle spalle di Pinamonti peseranno quindi diversi interrogativi: sul feeling con Berardi, sulla sua prolificità in generale e, ancor di più, sull’eterno confronto con Scamacca, che lo perseguita praticamente da quando è entrato nel professionismo vero e proprio.

Arrivare a scadenza di contratto, nel calcio attuale, è ormai una pratica diffusa. Questo può avvenire per diversi motivi: mancato accordo con la società detentrice del cartellino, voglia (e agilità) di spostarsi a prescindere dall’offerta o, ancora, mancanza di volontà di entrambe le parti nel rinnovare il contratto in essere. Così si rientra poi nella categoria dei “parametro-zero” dicitura ormai super abusata, che citando l’Enciclopedia Treccani, indica l’acquisizione a titolo gratuito del cartellino di un atleta (da parte di una società sportiva).

Giacomo Raspadori ha tutto per essere definito un bravo ragazzo. Il look sobrio, il taglio di capelli militaresco, le dichiarazioni stereotipate in cui parla solo di lavorare per migliorare, gli addetti ai lavori che lo chiamano Giacomino, i mister che ne esaltano la professionalità e l’umiltà. De Zerbi in questa  purezza fanciullesca ci aveva visto addirittura un limite: “Gli ho detto che deve venire con me a rubare qualche portafogli” aveva dichiarato a mezzo stampa, sottolineando con una metafora singolare quanto fosse necessario per la sua crescita incattivirsi in campo. Raspadori ha a sua volta confermato di aver colto subito l’antifona, annoverando anche questo tra i tanti insegnamenti ricevuti e appresi dal mister che lo ha fatto esordire tra i professionisti.

Colui che ruba ai ricchi per dare ai poveri. Una delle massime espressioni del concetto di fine che giustifica i mezzi. Questo è Robin Hood, o meglio, la versione che n’è arrivata sino a noi, quella sopravvissuta e affermatasi nel corso dei secoli, la più fiabesca, sicuramente la più semplice da narrare, tutta luci e niente ombre. Una figura divenuta metafora in cui il Sassuolo sembra ormai essersi calato da qualche anno a questa parte, ma che mai era riuscito ad interpretare così bene come in questa stagione.

Sofia Cantore è una delle giovani più interessanti del panorama calcistico italiano. Questa sentenza che non lascia spazio a interpretazioni o discussioni è largamente confermata dalla sua straripante stagione in neroverde fin qui fatta di gol, assist e un intelligenza tattica nel suo ruolo decisamente ammirevole per la giovane età. Il suo curriculum recita un’esperienza in bianconero all’età di 17 anni, l’anno del primo scudetto della neonata Juventus, un anno a Verona e uno a San Gimignano. Tuttavia, pur essendo il suo cartellino di proprietà bianconera, il salto di qualità avuto negli anni del prestito che trova una consacrazione nella stagione fin qui al Sassuolo, ci mettono nella condizione di pensare che quando arriverà il momento di un definitivo cambio generazionale, Sofia sarà pronta.

San Siro si esibisce in un ‘nooo’ di disapprovazione quando, al minuto 24 di un Milan-Sassuolo che dopo il gol in apertura di capitan Romagnoli pareva ben indirizzato per i rossoneri, Bakayoko perde un sanguinoso pallone sulla trequarti. Sul passaggio sbilenco del centrocampista rossonero si avventa come un falco Raspadori, che dopo aver lanciato un rapido sguardo al posizionamento dei compagni, serve Gianluca Scamacca, libero di ricevere in posizione centrale, a circa 30 metri dalla porta difesa da Maignan.

Una delle grandi verità che ci consegna il calcio degli ultimi decenni riguarda l’importanza del centrocampo nell’analisi delle potenzialità di una squadra. Anzi, per dirla in tono sentenzioso: ‘dimmi che centrocampo hai e ti dirò che squadra sei’. Una regola probabilmente non ferrea, con una serie di eccezioni che possono subitaneamente saltare alla mente, ma una tendenza piuttosto confermata da chi sta dominando in questi anni sia la Serie A che il calcio internazionale.

Per raggiungere la prossima meta del viaggio tra le città italiane sarà necessario addentrarsi nella vasta e umida Pianura Padana. Dalla provincia di Modena poi, spunterà Sassuolo. Nel luogo in cui la zona pianeggiante incontra le colline, infatti, si trova la cittadina da poco più di 40 mila abitanti, Sasôl, dove si incontrano i sapori del paesino di provincia con i flussi del mercato internazionale della ceramica.

L’assenza di Domenico Berardi contro la Juventus nella sfida consumatasi due giorni fa allo Juventus Stadium – un fatto ovviamente influenzato da contingenze esterne, ma non essendo la prima volta è un avvenimento sempre “chiacchierato” sui social – non può che fungere da momento perfetto per parlare del nativo di Cariati e della sua carriera. Anzi, specifichiamo: della carriera di Berardi e della crescita del Sassuolo fin dal primo anno in Serie A della squadra neroverde, targato 2013/2014.

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