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Questa sera in quel di Dimaro Folgarida inizierà ufficialmente l’ avventura di Rudi Garcia alla guida del Napoli campione d’ Italia. Un assaggio degli azzurri che saranno lo abbiamo già gustato nella conferenza stampa di presentazione del tecnico francese, subissato erroneamente di domande sul suo passato alla Roma nonostante sia collocabile nella linea del tempo insieme al boom della band coreana dei BTS, la sconfitta di The Undertaker a Wrestlemania e la fine del conflitto tra USA e Cuba. Roba di dieci anni fa insomma.

Alzi la mano chi a fine campionato non ha mai buttato un occhio sulle rose delle squadre retrocesse alla ricerca dell’occasione di mercato più vantaggiosa o che ammirando un calciatore non ha mai esclamato – vedendolo scivolare in fondo alla classifica – “questo non è da Serie B”.

Vi rispondo io: nessuno.

Proprio per questo oggi propongo un simpatico giochino per ingannare la noia di queste giornate afose. Facciamo finta che le squadre retrocesse [Spezia, Sampdoria e Cremonese], in virtù della retrocessione, siano costrette a svincolare i loro tesserati, liberandoli a parametro zero. I club di A, incluse le promosse dalla B, prenderanno parte ad un draft a chiamata in cui, partendo dall’ ultima classificata fino al Napoli campione d’ Italia, sceglieranno uno dei giocatori liberi come rinforzo in vista del prossimo campionato.

La storia del calcio, specialmente quello italiano, è piena di presidenti schizofrenici e con manie di protagonismo. Dei veri e propri showmen che si nutrono di frasi ad effetto, litigi, polemiche, pessimi rapporti con stampa e tifoserie. Basti pensare al compianto Zamparini, a Massimo Cellino, allo stesso Claudio Lotito o al plurititolato Silvio Berlusconi. Ecco proprio quest’ultimo è quello che mi ricorda di più Aurelio De Laurentiis, presidentissimo del Napoli fresco campione d’Italia: amante delle telecamere, sempre con la battuta (cafona perlopiù delle volte) pronta e la convinzione di saperla lunga, anche più dei suoi allenatori.

Sono passati tre mesi da quando, nel ritiro di Dimaro, Khvicha Kvaratskhelia provava a spiegarci, con scarsi risultati, come pronunciare il suo nome. Da allora non abbiamo mai smesso di guardarlo, di ammirarlo, di capire come mai un talento simile potesse giungere quasi per caso e avere un impatto così folgorante. Qualcosa che raramente si è visto nella storia del calcio italiano, al punto da farci chiedere come sia possibile che una periferia dell’impero del pallone sia stata in grado di creare un giocatore del genere. Nemmeno l’unico in una nazionale che vanta altri giocatori di valore come Davitashvili e Mamardashvili. Quest’articolo non è la risposta a questa domanda, bensì a come nel mondo dello sport georgiano si stia assistendo a un fenomeno interessante. Kvaratskhelia è l’immagine di un mondo fatto di atleti nati da fuochi che a lungo sono rimasti sopiti. Prima però è importante fare un salto all’indietro e connettere questi fuochi ad altri, presenti nella storia.

Il significato etimologico di Napoli deriva dal greco Nea-Polis, ossia città nuova; la storia della città campana si basa sul cambiamento e la storia ha visto passare dai campi Flegrei i romani, i bizantini, i saraceni, i normanni e gli aragonesi. Grazie a questo la città ha più volte cambiato faccia ma mantenendo intatto il proprio pregresso, creando un’alchimia ben visibile nelle strade e nella cultura che questa città ci regala.

Capire l’ordine di grandezza di qualcosa che ci è estremamente vicino, è complesso. Siamo spesso portati a sottovalutare quello che diamo per scontato; la stranezza sarebbe se ciò a cui siamo abituati venisse clamorosamente meno. Marek Hamsik è stato per più di un decennio uno degli uomini cardine di una squadra di media-alta classifica in Italia. Una squadra che prima di lui, solo con Maradona e Careca aveva accarezzato (e in quel caso anche conquistato) il sogno di essere Campione d’Italia. Una squadra che – anche per questioni prettamente geografiche, in una nazione che tende sempre a considerare poco o nulla ciò che avviene sotto Roma – per anni è stata a bazzicare tra la C e la B. Per noi italiani insomma, Hamsik era banale. Solo una volta andato a svernare tra la Cina, la Svezia e la Turchia, con le giuste distanze fisiche e cronologiche, si è avuta (forse?) la percezione completa del giocatore devastante che è stato lo slovacco.

Per tutti gli appassionati di calcio, pochi paesi del mondo riescono ad esprimere il fascino che emana in maniera ipnotica l’Argentina. Uno dei poli calcistici più importanti del mondo, patria di alcuni dei massimi esponenti di questo sport e scenario di quella che, con tutta probabilità, è la rivalità più sentita e accesa del mondo: quella, chiaramente, tra River e Boca. L’Argentina è un paese dalle forti passioni. È la terra delle esagerazioni, dei sentimenti che imperversano come tempeste impetuose. Che bruciano come il sole sulle terre selvagge e incontrollabili. È uno stato tormentato, eppure costantemente innamorato. Capace di dimenarsi tra le passioni più asimmetriche, ma di mantenere sempre dritta la propria rotta. Alta la propria bandiera.

La stagione in corso non ha ancora emesso i suoi verdetti definitivi, ma nel mondo del calcio c’è già chi pensa alla rovente sessione di calciomercato in arrivo. Aurelio De Laurentiis ha recentemente ufficializzato il primo acquisto del Napoli che verrà. Si tratta di Khvicha Kvaratskhelia, esterno georgiano classe 2001. Non una sorpresa, dato che il suo nome gira in orbita partenopea da più di qualche mese. I campani si sono quindi accaparrati uno dei talenti più interessanti e discussi del panorama calcistico europeo, il cui futuro italiano appare allo stesso tempo intrigante e pieno di incognite.

Kvaratskhelia contro la Grecia
Khvicha Kvaratskhelia è un acquisto che guarda al futuro, ma il cui ruolo nel Napoli potrebbe essere cruciale già nell’immediato (Photo by SAKIS MITROLIDIS/AFP via Getty Images)

L’etichetta di predestinato

Il padre di Khvicha Kvaratskhelia, Bardi, era una punta centrale che aveva grande confidenza con il gol. Nel corso della sua carriera tra Georgia e Azerbaijan è andato in rete 145 volte soltanto in campionato. Numeri da relativizzare rispetto al livello delle competizioni, ma comunque segno di una genetica con un feeling indiscutibile verso il gioco del pallone. Khvicha è al contrario un’ala che in gol va ancora meno di quanto dovrebbe, ma la cui classe si è dimostrata fin dai prematurissimi esordi come debordante.

A 16 anni il ragazzo ha esordito con la squadra della sua città, la Dinamo Tbilisi, e solo pochi mesi dopo è passato al Rustavi con la promessa di maggiore minutaggio. In questo primo scorcio di 2018, con 3 gol e 3 assist in 18 presenze, Kvaratskhelia è finito sui taccuini dei talent scout europei. Nonostante le insistenti voci che lo volevano in partenza verso lidi ben più blasonati, ad accaparrarselo è la Lokomotiv Mosca, che lo preleva in prestito.

Kvaratskhelia ha smania di confrontarsi con contesti maggiormente competitivi, ma a soli 17 anni l’impatto con la più probante lega russa è quantomeno complicato. Solo 10 presenze e 1 gol, dovute ovviamente anche alla maggiore concorrenza all’interno della rosa dei moscoviti. A fine anno la società vorrebbe comunque riscattarlo, ma dovrà cedere a fronte di richieste economiche impossibili da soddisfare.

Poco male, perchè si presenta l’occasione Rubin Kazan. Qui Kvaratskhelia trova maggiormente la sua dimensione nonostante una squadra lontana dai suoi fasti migliori. 3 gol e 5 assist nella stagione 2019/2020, 4 gol e 8 assist in quella 2020/2021. Soprattutto però la messa in vetrina di tutte le sue migliori qualità, difficilmente definibili soltanto dai numeri.

Khvicha si dimostra infatti capace di ubriacare le difese col suo dribbling, di mandare in porta i compagni e di creare costantemente superiorità numerica. Impara anche a muoversi in un ruolo non propriamente suo che è quello di ala destra, lui che preferisce stanziare sulla sinistra per poter rientrare e andare al tiro.

Dopo un inizio di annata 2021/2022 leggermente sotto le aspettative, seppur con 2 gol e 5 assist, Kvaratskhelia ha lasciato il Rubin per le vicissitudini di guerra che conosciamo tutti, approdando in prestito alla Dinamo Batumi, di nuovo nel campionato georgiano. Difficile era immaginare che non approfittasse della situazione anche per spingersi ancor più verso occidente, alzando l’asticella. Difatti, grazie all’accordo trovato con il Napoli, così è stato.

Un talento che può accendere il “Maradona”

Per posizione in campo l’eredità di Kvaratskhelia sarà parecchio pesante. Il Napoli infatti quest’estate perderà il capitano Lorenzo Insigne in direzione Toronto. Alcune delle caratteristiche tecniche dei due, oltre al ruolo, in effetti coincidono.

Il georgiano, come Insigne, ama molto venire dentro al campo, toccare spesso il pallone e soprattutto rientrare sul suo piede preferito, che è il destro. Anche in tema di tiro a giro non se la cava poi così male, seppur lontano dai livelli di esecuzione (e dal quantitativo di tentativi) del ragazzo di Frattamaggiore. Ad accomunarlo a Lorenzo è anche l’abilità sui calci piazzati affinata soprattutto in Russia. Un’arma cruciale per una squadra dotata dei saltatori di cui dispone il Napoli. Da altri punti di vista però, la loro interpretazione del gioco differisce molto.

Innanzitutto tra i due esiste una differenza fisica evidente. Kvaratskhelia non dispone del baricentro basso di Insigne, anzi con i suoi 183 centimetri è un giocatore discretamente alto per il ruolo. Allo stesso modo non ha le sue stesse geometrie, né tantomeno l’attitudine al gol del capitano partenopeo.

A Insigne però spesso è stata imputata una scarsa capacità nell’uno contro uno che portasse davvero alla creazione di superiorità numerica. Una falla che si può estendere a praticamente tutta la rosa del Napoli. In questo senso Kvaratskhelia è proprio la tessera mancante del puzzle. Più che il suo destro, comunque potente e preciso, e la sua visione di gioco, è con l’abilità di puntare e saltare l’uomo che il georgiano cerca costantemente di portare vantaggio alla sua squadra.

Lo fa, tra l’altro, in un modo diverso a quello che siamo abituati a vedere ultimamente nel nostro campionato. Non è un calciatore particolarmente veloce, non ha uno scatto sul breve fulminante, ma dispone di un tale controllo del suo corpo da portare sempre il diretto avversario ad affrontare il duello come vuole lui. La sua andatura caracollante gli permette paradossalmente di essere efficacissimo nei cambi di ritmo e velocità. Le sue finte non si limitano ai giochi di gambe e alla rapidità nello spostare il pallone, ma hanno a che fare anche, se non soprattutto, col movimento della parte superiore della sua figura. La buona fisicità e protezione palla gli consentono infine di reggere l’urto dei contrasti quando lanciato, e di guadagnare calci di punizione utili.

Queste doti non catturerebbero così tanto l’attenzione se non fossero unite a un certo coraggio nel provare costantemente la giocata, persino sfacciataggine a volte. Kvaratskhelia è uno di quei calciatori che ha senso dello spettacolo. In una città che negli ultimi tempi si è esaltata soprattutto per i centravanti, forse l’augurio migliore è quello di ripercorrere le orme di un altro giocatore spettacolare e poco ortodosso che in passato ha acceso l’ex San Paolo: il pocho Lavezzi.

Kvaratskhelia contro la Spagna
Il dribbling per Kvaratskhelia non è un atto fine a se stesso, ma il modo più efficace di apportare un vantaggio alla propria squadra ( (Photo by KIRILL KUDRYAVTSEV/AFP via Getty Images)

Cosa potrebbe andare storto?

L’augurio è, ovviamente, “nulla”. La realtà però è un po’ diversa. In primis il passaggio dal campionato russo (e simili) a quello italiano può essere devastante. La preoccupazione aumenta quando si tratta di calciatori che non si sono mai allontanati dalle zone di ex-competenza sovietica, abituati soltanto a quel contesto e quella filosofia calcistica. Esempi lampanti di calciatori che hanno sofferto l’impatto con la nostra realtà nonostante il grande talento sono Miranchuk e Kovalenko, entrambi portati in Italia dall’Atalanta.

Nel caso di Kvaratskhelia esistono poi dei punti di domanda puramente calcistici, ed è difficile decifrare con esattezza quali siano semplicemente conseguenza della giovanissima età, e quali invece intrinsechi alle sue caratteristiche e quindi più complessi da estirpare. Come già accennato innanzitutto il georgiano è tutt’altro che un goleador. Al suo bagaglio mancano certi movimenti in profondità senza la palla. Non è dotato del killer istinct di cui un esterno del 4-2-3-1 dovrebbe disporre come minimo per attaccare il secondo palo con costanza e voracità.

Talvolta tende anche un po’ ad essere troppo innamorato del pallone, complice il suo ruolo da accentratore in squadre non esaltanti. Difficile poterselo permettere contro l’aggressività e la furbizia dei difensori italiani. La rapidità non supersonica è un altro difetto, o presunto tale, che rischia di penalizzarlo in un campionato in cui gli spazi sono decisamente più angusti.

Un’altra potenziale nota dolente, forse quella su cui si dovrà battere di più, è la fase difensiva. Kvaratskhelia, come molti giocatori offensivi della sua età, deve essere istruito ai compiti di ripiegamento e abituato a tenere costante l’intensità in entrambe le fasi. Non facile per chi non è abituato a un gioco troppo fisico. Lo stesso Insigne del resto sotto questo aspetto è migliorato di anno in anno, sopperendo alle proprie mancanze con una certa dedizione. Lorenzo è stato fortunato in questo senso nell’incontrare Zeman a inizio carriera. A Kvaratskhelia servirà qualcuno con altrettanta fermezza e inclinazione alla didattica, oltre a molta pazienza.

Kvaratshkelia contro la Svezia
Il salto verso un campionato di molto più competitivo è sempre un grosso punto di domanda, nonostante il talento (Photo by VANO SHLAMOV/AFP via Getty Images)

La spinta di un paese

Dopo aver fatto quasi tutta la trafila delle nazionali giovanili, con uno score invidiabile soprattutto nell’Under 17 (20 presenze e 15 gol), nel 2019 Kvaratskhelia, a soli 18 anni, ha fatto il suo esordio con la nazionale maggiore. In panchina sedeva Vladimir Weiss, uno che curiosamente ha portato una leggenda del Napoli come Marek Hamsik a giocare il suo unico mondiale.

Da allora i gettoni con la selezione del suo paese per Kvaratskhelia sono stati 13, conditi da 5 gol. In particolare le sue performance in fase di qualificazione per il mondiale del Qatar, poi mancata, lo hanno reso un idolo in patria. La Georgia, a parte qualche buon nome negli anni (in Italia si ricorda Mchedlidze e soprattutto Kaladze), non ha una grande tradizione calcistica. Kvaratskhlia, insieme a Chakvetadze e al portiere Mamardashvili, rappresenta il futuro e la grande speranza di un intero movimento. Le sue vicende sono seguite con orgoglio e partecipazione dal pubblico calciofilo del paese.

La stella di Kvaratskhelia ha iniziato davvero a brillare nella partita del marzo 2021 contro la Spagna, persa dai georgiani per 2-1. L’esterno ha fatto letteralmente impazzire con i suoi dribbling la fascia destra delle furie rosse e ha anche segnato il gol della vana speranza per i suoi. Un segnale, magari non inconfutabile ma significativo, che il suo calcio poteva funzionare anche su palcoscenici particolarmente importanti.

Tre giorni dopo è arrivato il gol alla Grecia, in una gara terminata 1-1, con un’azione tipica per Kvaratskhelia. Partenza vicino alla linea laterale sinistra, pallone incollato al piede, movimento a rientrare e destro secco sul primo palo. Mesi dopo, a suggellare la Kvaratskhelia-mania è arrivata al doppietta contro la Svezia di Ibra in una clamorosa vittoria per 2-0. Un gol in mischia dopo una serie di rimpalli, quasi da rapace d’area, e un azione solitaria chiusa con invidiabile freddezza.

Oltre alla speranza dettata da prestazioni e giocate che si spera possano ripetersi con più continuità, risalta il senso di responsabilità di questo ragazzo. Portare il peso di una nazionale a soli 21 anni è roba per pochi, per quanto si tratti di una compagine senza grandi ambizioni. A Napoli sperano di poter contare su un ragazzo già abituato a gestire pressioni, critiche e attenzione mediatica. Ciò su cui potranno contare sicuramente è il tifo di una nazione intera.

Il Totocalcio. Tredici risultati da indovinare ogni domenica. Un sogno e una passione che lega tre amici, che inseguendo la speranza di azzeccare quei tredici risultati si fanno testimoni di un mondo che cambia, si evolve e viene stravolto. Intorno a una radiolina poggiata su un tavolo o seduti comodamente dal divano di casa, non smettono mai di seguire le partite e di giocare quei tredici risultati. Un rito che plasma tutta la loro vita.

E così, come ormai ben noto, dal prossimo luglio Lorenzo Insigne diventerà un nuovo giocatore del Toronto FC, dividendo la sua strada da quella del Napoli, e di Napoli, dopo aver praticamente trascorso un’intera vita insieme. Un destino ormai da tempo nell’aria, ma che proprio per il suo ripresentarsi di continuo senza mai avverarsi sembrava non dover giungere mai.

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