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Alzi la mano chi a fine campionato non ha mai buttato un occhio sulle rose delle squadre retrocesse alla ricerca dell’occasione di mercato più vantaggiosa o che ammirando un calciatore non ha mai esclamato – vedendolo scivolare in fondo alla classifica – “questo non è da Serie B”.

Vi rispondo io: nessuno.

Proprio per questo oggi propongo un simpatico giochino per ingannare la noia di queste giornate afose. Facciamo finta che le squadre retrocesse [Spezia, Sampdoria e Cremonese], in virtù della retrocessione, siano costrette a svincolare i loro tesserati, liberandoli a parametro zero. I club di A, incluse le promosse dalla B, prenderanno parte ad un draft a chiamata in cui, partendo dall’ ultima classificata fino al Napoli campione d’ Italia, sceglieranno uno dei giocatori liberi come rinforzo in vista del prossimo campionato.

Sotto la pioggia incessante che accompagna l’intera sfida tra Frosinone e Reggina, Fabio Grosso segue gli ultimi istanti di gara con un velo di commozione che da lì a pochi secondi tracimerà in un pianto liberatorio. Nel momento in cui l’arbitro fischia la fine dell’incontro e decreta la promozione del Frosinone in Serie A, Grosso si porta le mani al volto e realizza l’impresa appena compiuta.

Dopo appena un minuto dal suo ingresso in campo nella coppa europea più importante e prestigiosa, Dusan Vlahovic, sembrava aver già fugato ogni dubbio. L’uomo del destino era lui: l’attaccante perfetto per la versione peggiore della Juventus di Allegri; spietato sottoporta, potente fisicamente e soprattutto autosufficiente. Appena trentadue secondi in campo contro il Villarreal nell’andata degli Ottavi di Champions League dello scorso anno, e aveva già timbrato il cartellino trasformando un semplicissimo lancio senza particolari pretese, in vero e proprio oro. La doppia-sfida contro gli spagnoli, terminerà poi nel peggiore dei modi, ma l’impressione che lasciava la situazione, era che finché la Juventus fosse riuscita a mettere a disposizione di Allegri calciatori così forti e in grado di “cavarsela da soli”, difficilmente i bianconeri sarebbero sprofondati. La stagione 2022-2023 doveva essere la consacrazione del serbo, che con un mercato di un certo tipo, avrebbe sprigionato tutta la sua potenza offensiva. Invece, ad oggi, ci si trova a commentare una stagione piuttosto incerta del numero nove bianconero.

È dal giorno in cui lui stesso annunciò a tutti che lasciava il suo incarico nello staff della Nazionale di Roberto Mancini che ho iniziato a fare i conti con la possibilità che stessimo per perdere definitivamente Gianluca Vialli. Per questo ho iniziato a pensare cosa raccontare, perché la storia e la carriera di Gianluca Vialli è piena di avvenimenti e situazioni straordinarie, ma soprattutto Gianluca Vialli è stato il nostro Virgilio che ci spiegava con le sue gesta dentro e fuori dal campo i cambiamenti del mondo del calcio.

Dieci anni fa, secondo qualcuno, sarebbe dovuto succedere qualcosa di sconvolgente. Qualcosa che avrebbe trasformato radicalmente l’umanità, sul piano spirituale o fisico. Nel 1975 Frank Waters parlò di una distruzione in seguito a eventi catastrofici; Adrian Gilbert e Maurice Cotterell insistettero, vent’anni dopo, a considerare l’arrivo di un’Apocalisse meno distruttiva ma altrettanto influente, concentrandosi sul senso etimologico della “rivelazione” che cela il termine biblico. In entrambi i casi, i filosofi del movimento New Age hanno dichiaratamente sposato e condiviso la profezia Maya: il 21 dicembre 2012 finirà il mondo. O scomparirà del tutto o cambierà in modo irreversibile. Un punto senza ritorno. Eppure non c’è stato nessun Giorno del Giudizio, nessun evento straordinario o memorabile. Alcun sostengono semplicemente che si siano sbagliati i calcoli, che si siano contati i giorni sbagliati. Yosef Berger, stimato rabbino del monte Sion, pensa che avverrà a breve. Lo Zohar, antico libro ebraico, parla chiaro: Moses ben Maimon ha profetizzato l’apparizione di diverse stelle. Senza alcun pregiudizio nei confronti della secolare tradizione israelita, stiamo pur tranquilli. Non sarà la fine del mondo, neanche stavolta.

Cross dalla fascia, gol dell’attaccante. Giocata semplice, tra le più semplici del calcio, ma anche tra le più appaganti. Giocata però, negli anni, un po’ dimenticata. Messa da parte nei playbook degli allenatori, talvolta relegata alle sole situazioni disperate. Non in Germania però, dove quattro maestri dell’arte del cross stanno monopolizzando questa torrida estate di mercato. Sono Filip Kostic, David Raum, Angeliño e Borna Sosa. I primi tre hanno cambiato casacca dopo rumors e trattative serrate, Sosa invece attende pazientemente l’evolversi del suo futuro con lo Stoccarda.

In questo particolare periodo storico, ricco di stranezze e paradossi, l’Italia calcistica può vantare la sua personalissima tragedia sportiva anche nel 2022: il mancato approdo ai mondiali della nazionale. Da buoni italiani abbiamo fatto un bel processo sul perché, anche se probabilmente è più semplice di quanto non vogliamo accettare. I problemi sistemici del nostro calcio sono un argomento da affrontare tutti i giorni, al posto delle polemiche arbitrali, anziché una volta ogni quattro anni. Comunque sia, perché non parlare di un ragazzo di chiaro talento, che ha fatto la trafila delle nazionali giovanili italiane ed è riuscito a rompere quella strana barriera invisibile che impedisce ai cosiddetti under di giocare in A?

Tra le potenze calcistiche europee, un ruolo fondamentale è sicuramente rivestito dalla Francia. Quello transalpino è un movimento peculiare all’interno del mondo del pallone, è forse l’unico grande stato europeo che ha una Nazionale il cui valore trascende quello delle squadre di club. Una dimensione simile più all’Argentina e al Brasile che al resto delle selezioni del Vecchio Continente. Se Italia, Inghilterra, Germania e Spagna hanno almeno una squadra – in molti casi di più – la cui storia supera, o quantomeno eguaglia, quella della Nazionale di riferimento, in Francia non c’è alcun club di questo livello globale. Alcune squadre sono uscite fuori in determinati periodi, dal Marsiglia al PSG degli arabi, ma nessuna ha una tradizione tale da essere comparata a quella della Nazionale francese.

Arrivare a scadenza di contratto, nel calcio attuale, è ormai una pratica diffusa. Questo può avvenire per diversi motivi: mancato accordo con la società detentrice del cartellino, voglia (e agilità) di spostarsi a prescindere dall’offerta o, ancora, mancanza di volontà di entrambe le parti nel rinnovare il contratto in essere. Così si rientra poi nella categoria dei “parametro-zero” dicitura ormai super abusata, che citando l’Enciclopedia Treccani, indica l’acquisizione a titolo gratuito del cartellino di un atleta (da parte di una società sportiva).

Come ogni anno, in questo periodo inizia ad esserci grande fermento attorno al campionato di Serie C. Tra società che falliscono, squadre che non si iscrivono e altre che rinunciano alla promozione dalla Serie D, decine e decine di dirigenti e tifosi si prodigano in calcoli per capire a chi toccherà riempire gli spazi rimasti vuoti. Scorrendo il regolamento che norma il completamento dell’organico della prossima Serie C, si nota come la priorità venga data alle seconde squadre dei club di Serie A. Sì, proprio loro, la creatura nata tra le macerie di una FIGC commissariata all’indomani della mancata qualificazione al Mondiale 2018.

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