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Nella storia della Coppa del Mondo tanti calciatori si sono messi in evidenza, utilizzando il palcoscenico più importante di tutti come trampolino di lancio. Talvolta persino non raggiungendo mai più il livello espresso in quelle sette (o meno) partite. Nonostante i numerosi casi di fallimenti più o meno eclatanti, noi commentatori e appassionati continuiamo ad entusiasmarci e i direttori sportivi a cadere nel tranello. Non sempre però si tratta di bluff, e allora ci si può fregiare della scoperta di un talento accecante, o piuttosto domandarsi cosa nel club di appartenenza non abbia funzionato. Sofyan Amrabat si trova un po’ nel mezzo di queste due correnti.

Il centrocampista marocchino ha disputato un mondiale eccezionale, risultando tra i migliori in assoluto nel suo ruolo. Al suo rendimento ha corrisposto uno storico traguardo di squadra, quella semifinale mai prima d’ora raggiunta da una nazionale africana. Il suo nome è iniziato a circolare venendo affiancato ai più disparati top club europei. Se però le sue qualità sono indubbie e il mondiale non è stato un miracolo, i suoi trascorsi fiorentini ci dicono che la faccenda è decisamente più complessa.

Amrabat in contrasto con Pedri
Amrabat ha giocato un mondiale da centrocampista dominante, ma può esserlo nel club? (Photo by JACK GUEZ/AFP via Getty Images)

La svolta veronese

Amrabat deve molto del suo successo all’incontro con Ivan Juric. Cresciuto calcisticamente in Olanda, si sviluppa nell’Utrecht, e dopo tre stagioni (l’ultima estremamente positiva) viene notato dal Feyenoord. L’impatto con la storica società di Rotterdam è complicato nonostante le 33 presenze, e dopo una sola stagione l’idillio si interrompe. Amrabat fa un passo indietro approdando al Brugge, in un campionato leggermente meno competitivo come quello belga.

Nelle Fiandre il nativo di Huizen si afferma, nonostante alcuni problemi fisici, come un centrocampista intenso e abilissimo nel recuperare palloni, seppur non sempre ordinato tatticamente. Condivide il reparto con i più esperti Rits e Vorner, un giocatore dalle caratteristiche più offensive come Vanaken e un box-to-box come Nakamba, ora all’Aston Villa. Il tecnico Ivan Leko lo utilizza talvolta anche come difensore centrale o laterale, evidenziandone duttilità e disponibilità.

Tutto questo è abbastanza per attirare l’attenzione del neopromosso Hellas Verona. La dirigenza vuole costruire una squadra abbastanza giovane, pescando da campionati minori, con la guida della squadra affidata a Juric. La sua filosofia di calcio basata su un 3-4-2-1 fatto di pressione a tutto campo, marcature a uomo e ribaltamenti veloci entra subito in sintonia con le doti di Amrabat.

In una stagione strana a causa dell’interruzione per Covid, il marocchino alza ulteriormente il livello del proprio gioco. In Miguel Veloso trova un compagno di reparto perfettamente complementare, abile nella distribuzione del pallone e nel posizionamento. A lui lascia i maggiori compiti in interdizione, ma anche l’opportunità di rompere i giochi seguendo così la propria vocazione all’istinto. L’affiatamento della coppia in mezzo al campo è una delle principali ragioni per i 49 punti con cui il Verona chiude la stagione. Come per molti prima e dopo di lui, in Italia Amrabat ha l’opportunità di colmare le proprie lacune tattiche, imparando a ponderare maggiormente le scelte e canalizzare la propria energia con maggiore intelligenza.

Amrabat con il Verona
Arrivato a Verona senza grandi aspettative, Amrabat ha trovato in Juric la guida perfetta per far esplodere il proprio talento. (Photo by Emilio Andreoli/Getty Images)

Wherefore art thou, Sofyan?

Già a gennaio della stagione 2019/20 su di lui si posano gli occhi della Fiorentina, che decide quindi di prelevarlo e lasciarlo altri sei mesi a Verona. Dopo lo sbarco a Firenze però, il calciatore ammirato sulle rive dell’Adige scompare. L’annata è complicata per tutti, con due cambi di allenatore in corsa (Prandelli subentrato a Iachini e poi viceversa) e una salvezza raggiunta con fatica. I freddi numeri non suggeriscono un calo di prestazioni così evidente. L’assenza di un sistema ben collaudato e la faticosa convivenza con Pulgar neutralizzano però le doti migliori del marocchino, esponendone i difetti. In particolare la scarsa attitudine alla regia e un passo che poco si abbina con il ruolo di mezzala.

Come se non bastasse, il ragazzo finisce anche in mezzo a una serie di polemiche di bassa lega che ne minano la serenità. In particolare un battibecco a distanza tra Juric e Pradè, allora DS della Fiorentina, che indirettamente lo scarica sostenendo che i calciatori forgiati dal sistema dell’allenatore serbo facciano fatica al di fuori di esso.

La stagione successiva è persino peggiore, con sole 23 presenze in campionato. In viola arriva infatti Lucas Torreira, che ci mette ben poco a prendersi il posto di regista davanti alla difesa. Il nuovo tecnico, Vincenzo Italiano, è uno cui piace molto ruotare alcuni degli effettivi, ma con delle idee molto precise, preferendo intermedi veloci o quantomeno con una certa attitudine in zona gol. Questo taglia fondamentalmente Amrabat fuori dai giochi. Solo nel finale di stagione il marocchino torna a vedere il campo con maggiore continuità, complici anche alcuni problemi fisici di Torreira. Un preambolo per ciò che accade nell’annata seguente, quando per l’ex-Arsenal non arriva il riscatto.

Amrabat in Fiorentina Napoli
A Firenze non sempre Amrabat ha trovato continuità. In questa stagione il suo livello si è alzato, ma l’impressione è che continui a non esprimere tutto ciò di cui è capace. (Photo by Gabriele Maltinti/Getty Images)

Un mediano mondiale

Nonostante le difficoltà iniziali, Italiano ha fatto di Amrabat il suo titolare davanti alla difesa. Le statistiche ne testimoniano la presenza al centro della manovra (95esimo percentile in Serie A per passaggi riusciti, 98esimo per passaggi progressivi, 90esimo per tocchi, il tutto rispetto ai pari ruolo). Anche i numeri difensivi di questo girone d’andata presentano tutti percentuali positive, con un occhio particolare su contrasti e intercetti. L’investitura del tecnico ha sicuramente a che vedere con le difficoltà della squadra in sede di calciomercato, poggia però anche su un cambio di atteggiamento del ragazzo, più sicuro e concentrato in campo.

A questo non si affianca però un miglioramento del contesto, come invece accaduto a Verona e anche con la maglia del Marocco. Il che suggerisce forse l’identikit di un grande giocatore di sistema più che di un pilastro su cui l’intero sistema poggia. Non che si tratti necessariamente di una diminutio. Nella Fiorentina al suo fianco si alternano Barak, Bonaventura, Duncan e Mandragora, oltre a Maleh andato via da poco e Castrovilli appena rientrato. Nessuno di questi ha davvero le caratteristiche del regista, non tanto per qualità tecniche quanto per letture e continuità all’interno della partita. Va aggiunto che la viola in questo momento ha anche serie difficoltà nel trovare la quadra con i suoi giocatori offensivi. Questo porta il centrocampo a soffrire di una certa solitudine.

Durante il mondiale in cui Amrabat ha impressionato, i suoi compiti erano distribuiti su una porzione di campo piuttosto vasta, ma erano relativamente pochi e precisi. Il Marocco ha un tasso tecnico elevatissimo in ogni zona del campo. Difensori molto abili nell’impostazione, esterni sia bassi che alti in grado di creare superiorità numerica in 1 vs 1, mezzali in grado di verticalizzare e scambiare il pallone con rapidità senza disdegnare la quantità. Hakimi, Mazraoui, Saiss, Aguerd, Ounahi, Boufal e Ziyech sono calciatori che si sposano benissimo tra di loro, e si sposano benissimo con Amrabat.

In uno spartito così organizzato per il centrocampista della Fiorentina è quindi più facile fare ciò che gli riesce meglio. Portare raddoppi e recuperare palloni. Ripulirli cercando uno scarico semplice o approfittando di corridoi aperti dai movimenti degli altri. Seguire come un’ombra le fonti di gioco avversarie, che si tratti di PedriBruno Fernandes o De Bruyne.

Nell’ultimo mese si sono alternate le più disparate voci di mercato, anche per il contratto in scadenza nel 2024. Juve, Tottenham, LiverpoolAtletico Madrid, Barcellona sono solo alcune delle squadre che si sarebbero fatte avanti con la dirigenza toscana. Nel frattempo l’impatto di Amrabat sulla Fiorentina non è stato quello atteso quando al suo ritorno è stato accolto trionfalmente in città. L’attenuante, come testimoniano anche le parole di Italiano, è quella di una condizione non ottimale, ma una punta di perplessità è inevitabile. Dando per scontato l’addio a fine stagione, sia il ragazzo che chi vorrà puntare su di lui dovranno ponderare bene la scelta. In gioco c’è la possibilità di trasformarsi in pianta stabile in un mediano di caratura mondiale, o di rimanere un centrocampista qualunque.

La coppa più misteriosa e imprevedibile delle tre. Giocatori sconosciuti, squadre pittoresche, stadi improbabili. Ma anche piccole gemme e storie incredibili. Per il secondo anno dalla sua introduzione la Conference League torna a fare compagnia agli appassionati di calcio nei giovedì autunnali. E quest’anno, con il mondiale in inverno, la fase a gironi sarà ancora più compressa, un vero e proprio tour de force per le squadre partecipanti.

Arrivato quasi in sordina quest’inverno a cifre tutt’altro che basse (14 milioni), Jonathan Ikoné è da qualche settimana un nuovo calciatore della Fiorentina. La volontà dell’ex Lille di mettersi alla prova con la maglia viola ha prevalso sulla possibilità di continuare il percorso europeo con i campioni di Francia. Come ha fatto la Fiorentina per vincere sulle concorrenti che cercavano Ikoné? Quali sono le possibilità che il nativo di Bondy ha intravisto al Franchi ed in cosa il talento del neo nazionale francese potrà arricchire un reparto offensivo così strutturato e organizzato come quello di Vincenzo Italiano? Sono queste alcune delle domande alle quali proveremo a rispondere.

Il Totocalcio. Tredici risultati da indovinare ogni domenica. Un sogno e una passione che lega tre amici, che inseguendo la speranza di azzeccare quei tredici risultati si fanno testimoni di un mondo che cambia, si evolve e viene stravolto. Intorno a una radiolina poggiata su un tavolo o seduti comodamente dal divano di casa, non smettono mai di seguire le partite e di giocare quei tredici risultati. Un rito che plasma tutta la loro vita.

Una delle grandi verità che ci consegna il calcio degli ultimi decenni riguarda l’importanza del centrocampo nell’analisi delle potenzialità di una squadra. Anzi, per dirla in tono sentenzioso: ‘dimmi che centrocampo hai e ti dirò che squadra sei’. Una regola probabilmente non ferrea, con una serie di eccezioni che possono subitaneamente saltare alla mente, ma una tendenza piuttosto confermata da chi sta dominando in questi anni sia la Serie A che il calcio internazionale.

Dopo esser stato uno degli allenatori più chiacchierati in vista della nuova annata, Vincenzo Italiano sembrava ormai destinato a rimanere per un’altra stagione allo Spezia. Il divorzio anticipato tra Gattuso e la Fiorentina ha però rimescolato le carte in tavola, portando ad uno dei matrimoni più intriganti del prossimo campionato.

C’è una curiosa costante, in quel della Firenze calcistica. Anno dopo anno, ciclo dopo ciclo, state pur certi che, nei ranghi gigliati, ci dovrà essere almeno un argentino. Una connection che parte piuttosto lontano nel tempo, e che nell’ultimo decennio ha assunto connotati ancor più specifici. Negli ultimi dieci anni, sono infatti ben cinque i difensori argentini che si sono avvicendati – giocando insieme o succedendosi – in maglia viola. In un solco da cui ormai pare inevitabile scostarsi, le varie dirigenze sportive si sono convinte che i profili battenti la bandiera col Sol de Mayo càlzino alla perfezione alle esigenze della Fiorentina.

Dicono che per stimolare l’interesse degli studenti verso una determinata materia – magari fosse solo una -, sia talvolta necessario un escamotage che esuli dalle quattro mura dell’aula in cui seguono annoiati il professore. Riferimenti alla cultura pop ed allo sport non possono che contribuire ad un ascolto produttivo, con rendimenti che ne risentono positivamente. Chissà se lo stesso sarebbe valso con un Socrates sulla cattedra. O meglio, in un ambiente accademico. Anche se non c’è definizione migliore per il Pacaembu, la casa del Corinthians negli anni della Democrazia.

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