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CALCIO ITALIANO

Ribery: un diamante in mano a Castori

La prima volta che ho sentito in radio dell’interessamento della Salernitana per Franck Ribery ero in macchina con l’aria condizionata sparata in faccia e la noia del post ferie addosso. Ho pensato subito ad una delle classiche voci di calciomercato random che caratterizzano gli ultimi giorni di agosto o peggio, come in questo caso, i giorni post-chiusura del mercato, quelli dove si possono ingaggiare solo calciatori svincolati. Pensavo: perché mai uno come Ribery, che già negli ultimi due anni aveva bazzicato poco sopra la zona retrocessione in Serie A, dovrebbe imbarcarsi in un’impresa disperata come la salvezza della Salernitana? La squadra di Fabrizio Castori ha la rosa “meno preziosa” della Lega, è in mano ad un trust e manca in Serie A da più di vent’anni. Eppure giorno dopo giorno le voci si facevano più insistenti fino a diventare credibili; fino a diventare ufficiale il giorno 6 settembre 2021. 

Questo bizzarro – e inaspettato – colpo di mercato mi ha riportato a qualche mese fa. La notte tra il 5 e il 6 giugno a Parigi, Roger Federer giocava un ottavo di finale del Roland Garros contro Koepfer, ventisettenne tedesco, a stento nella top 50. La partita è lunghissima (3 ore e 36 minuti) e il fuoriclasse svizzero riesce ad aver ragione solo al quarto set, giocando addirittura tre tie-break. In tanti ci siamo domandati, sui social e non, cosa spingesse uno come Roger Federer a 39 anni a giocare partite simili.

E nei vari discorsi che hanno seguito quello su Federer, personalmente non ho potuto fare a meno di citare Valentino Rossi. Il 46 non vince un Motomondiale da 12 edizioni, da almeno cinque neanche se lo gioca. Ma sta lì. Lì a dimostrare che la sua passione, il suo divertirsi va ben oltre le retoriche del “così rovina la sua immagine”. Ecco, quando ho letto di Ribery alla Salernitana ho pensato proprio che lui – non un G.O.A.T. come i due citati ma sicuramente un (ex) top player – vuole continuare a giocare perché, prima di tutto lo sport, il suo sport, lo diverte più della sua immagine di vincente.

Tralasciando la questione meramente del “chi glielo fa fare?” permangono le domande, i dubbi e le perplessità di carattere tecnico su come il francese possa dare una mano alla causa dei campani.

Franck Ribery il giorno della presentazione
Franck Ribery il giorno della presentazione. (Foto: Giuseppe Maffia/Imago – OneFootball)

Prima di Ribery

La Salernitana è riuscita nell’impresa di tornare nella massima serie chiudendo al secondo posto quel folle torneo che va sotto il nome di Serie B. Lo ha fatto con una proposta di calcio estremamente reattiva. Per esplicare in numeri questo concetto basta citare il dato del possesso palla: solo il 38,2%, ultima in tutto il campionato. Castori ha ribadito più volte di come a lui non interessi minimamente tenere il pallone o, peggio, costruire dal basso. Alla Salernitana (e a lui) interessa arrivare il più velocemente possibile dalle parti degli attaccanti. Infatti nel suo 3-5-2 basso e compatto, le due vere colonne portanti erano Gyömber e Đurić. Il primo con il suo calcio potente e preciso, doveva cercare la testa del secondo, che grazie ai suoi 199 cm di altezza spizzava, dava la sponda o semplicemente bloccava un centrale avversario per permettere a Tutino di fare qualcosa di utile col pallone. Un calcio semplice, che qualcuno definirebbe “Pane&Salame”Ma che nella scorsa stagione, in Serie B almeno, si è dimostrato molto efficace.

Per adeguarsi alla Serie A sarebbe occorso un mercato dispendioso. Ma data la situazione societaria traballante non è stato possibile rinforzare la squadra quanto necessario. E’ cambiata la coppia offensiva: Simy e Bonazzoli hanno preso il posto di Đurić (rimasto ma in panchina) e Tutino (andato a Parma a dimostrare ancora la sua legacy in Serie B). Se il nigeriano assicura un’altra prolificità rispetto a Đurić i dubbi sul suo impiego riguardano più ché altro l’abilità di gestire e pulire lanci lunghi e alti dalla difesa; piuttosto lascia passare il pallone per cercare di rubare metri utili all’avversario e puntare la porta. Per Bonazzoli trovare palloni giocabili affidandosi solo all’aiuto di Simy sarebbe stato abbastanza complesso. L’ex doriano è una seconda punta con un raffinato senso del gioco e dell’assist, ma, specie in sistemi così diretti come quello di Castori, per niente autosufficiente.

A questa discreta (come valori) ma bizzarra (poiché male assortita) coppia di attaccanti va aggiunto – per analizzare i leit motiv offensivi della società granata – un centrocampo davvero poco dotato qualitativamente. Se lo scorso anno, ai lati di capitan Di Tacchio, agivano Capezzi e Mamadou Coulibaly, per migliorare il reparto sarebbe bastato relativamente poco. La Salernitana – probabilmente per sposare appieno la filosofia di Castori – ha scelto di aggiungere più ché altro muscoli ed esperienza alla sua linea mediana con gli innesti di Lassana Coulibaly e Obi. Togliendo quasi ogni dubbio su come la manovra sarà ben poco elaborata.

Gyomber, dai suoi piedi dipende buona parte della qualità offensiva della Salernitana
Norbert Gyömber è il maggior responsabile della gestione del possesso della squadra di Castori. Sempre che l’arrivo di Ribery non cambi le cose… (Foto: Alessandro Garofalo/LaPresse via Imago – OneFootball)

I primi 23′ di Franck

In questo contesto immaginare come e dove si potrebbe calare un calciatore come Ribery era (e ancora è) piuttosto difficile. Infatti il francese trova difficile collocazione nel 3-5-2 alla Castori. Non tanto per una questione di posizione, quanto di compiti. Nella Fiorentina di Montella, che in una torrida giornata di settembre fece impazzire la prima Juve di Sarri, nonostante un modulo nominalmente (e numericamente) simile, i compiti dei due attaccanti era completamente diversi. Si cercava un calcio fraseggiato, una manovra elaborata e che ricercava spazio tenendo il pallone e facendo abbassare il francese, vero fuoco creativo per scompigliare il posizionamento avversario. Creava malintesi tra i difensori avversari, saltava l’uomo, dava a Chiesa (con cui giocava in tandem) passaggi golosi per attaccare la profondità. 

La punta di appoggio alla torre di Castori ha modi molto diversi di rendersi utile. Non viene incontro, ma anzi orbita spesso vicino al compagno di reparto per cercare palloni giocabili e fare il massimo con dei possessi brevi e spesso non proprio pulitissimi. Immaginare Ribery a suo agio in questo contesto è veramente difficile. Ad oggi il problema non si è ancora posto, poiché l’ex nazionale francese, arrivato da meno di due settimane non è ancora in condizione di partire dall’inizio. Il primo impiego è stato breve e disperato, domenica scorsa, quando, sotto di due reti contro il Torino, mister Castori lo ha fatto subentrare al posto di Gyömber, facendolo giocare contemporaneamente con altre due punte: Đurić (a sua volta subentrato a Simy) e Bonazzoli. 

Il 4-3-3 che veniva a disegnarsi vedeva dopo le due classiche linee di difesa e centrocampo, Ribery a sinistra a galleggiare tra terzino e centrale avversari, Bonazzoli specularmente a destra e Đurić in mezzo. L’immagine più significativa, che prescinde dall’aspetto tattico, è il primo fotogramma successivo al suo ingresso in campo. Dopo soli 14 secondi Bonazzoli subisce un fallo poco prima della trequarti del Torino, sul lato destro. Ribery si avvicina spontaneamente al punto di battuta e Di Tacchio senza neanche alzare la testa gli passa il pallone. Gli consegna incondizionatamente il possesso, in una zona (idealmente) non di sua competenza. Si affida a lui per accendere una luce che fino al 67′ era stata abbastanza flebile, costituita solo da un colpo di testa su un calcio d’angolo.

Passano altri 15 secondi e dopo un batti e ribatti tra le due difese, il lancio rasoterra piuttosto lento e prevedibile da parte di Stranberg mira sempre a cercare il francese, questa volta al centro della trequarti. Dopo qualche altro minuto la situazione posizionale diventa meno caotica e Ribery torna nella sua zona di competenza, ma mano mano che la partita va avanti (almeno fino al terzo gol di Pobega che ha chiuso anche le ultime velleità dei campani) la sensazione, di noi spettatori ma probabilmente anche del francese, è che lì, così avanzato, i palloni giocabili siano pochissimi. Infatti già verso il 70′, si nota come il francese cambi zona d’influenza e vada a fare l’enganche, praticamente la mezz’ala sinistra per ricevere prima. Nonostante questo cambio di posizione, nelle fasi di attacco posizionale, in cui il Torino si è effettivamente abbassato le occasioni per la Salernitana sono state comunque insufficienti.

L’unica grande occasione (di tutta la partita) è nata da un contropiede riuscito male al Torino, che ha facilitato la transizione della Salernitana; Ranieri intercetta il cross basso di Singo, conduce palla fino alla sua trequarti e la affida ai saggi piedi di Ribery. Ad almeno sessanta metri dalla porta, l’ex ala destra del Bayern Monaco guida la transizione palla al piede, resiste benissimo al pressing di Pobega e sceglie perfettamente (il decision making non invecchia) il compagno meglio posizionato. Bonazzoli dopo aver ricevuto, mette un cross basso e teso molto invitante e solo la bravura di Zima evita che la Salernitana riapra l’incontro. L’unica grande occasione in open-play è (ovviamente?) passata dalla sapienza di Franck.

Ribery resiste al pressing di Pobega
Ribery resiste al pressing di Pobega e crea la migliore occasione del secondo tempo della Salernitana. (Foto: Matteo Bottanelli/Imago – OneFootball)

Cosa farà ora Castori?

Ancora è presto per i de profundis. Ma la situazione di classifica della Salernitana, i gol subiti, il modo in cui sono arrivate le ultime due sconfitte sono un campanello d’allarme molto potente per tutto l’ambiente. I campani segnano poco e subiscono troppo. Il loro gioiello, la loro speranza più fulgida è un giocatore di 38 anni che ad essere sinceri non sembra combaciare bene con il piano gara tipo di Castori. 

L’allenatore marchigiano ha davanti a sé qualche via d’uscita, perlomeno per dire di aver provato tutto. Potrebbe passare fisso al 4-3-3 (o perché no, al 3-4-3) con questa situazione ibrida di Bonazzoli seconda punta, alla destra del centravanti e Ribery staccato nel mezzo spazio sinistro a venire incontro in un ruolo un po’ alla Neymar di vero e proprio connettore tra le punte e il resto della squadra. Oppure potrebbe forzare la mano e tentare di far giocare il francese alla Tutino, con l’onore e l’onere di provare a giocare tutti i palloni che Simy o Đurić gli riescano a recapitare. 

Poco probabile (e poco auspicabile, specie per i tifosi della Salernitana) è la possibilità di tenere Ribery come arma in corsa, dalla panchina. Non solo per questioni meramente di campo ma anche per quello che mentalmente riesce a dare alla squadra. Come visto domenica gli unici momenti in cui i campani sono stati in partita sono stati i minuti intercorsi tra l’ingresso del francese e il terzo gol del Torino. Questa dinamica, ovviamente proporzionata, è un po’ quella che si è presentata al Milan a gennaio 2020. Con la sfiducia generale che c’era nell’ambiente, l’ingresso in squadra di un fuoriclasse con una cultura del lavoro come Ibrahimovic è stato un vero toccasana per tutti. Non sfruttare (anche) questo effetto, relegando a Ribery solo il compito di risolvi-problema svaluterebbe una parte dell’investimento fatto. E questa storia potrebbe chiudersi con una mesta retrocessione anticipata.

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