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CALCIO ESTERO

Il regalo più bello arriva sempre in ritardo

Come mai la Premier League prevede un’intera giornata in occasione di Santo Stefano? Scopriamo la tradizione del Boxing Day che, a differenza di quanto si possa credere, non riguarda solo lo sport.

Fine

Siamo giunti alla fine di questo lunghissimo e terribile 2020. Un anno, per la maggior parte di noi, da cancellare completamente. Troppo grande il peso del dolore, dell’ansia e delle privazioni che grava sulle nostre teste e sui nostri cuori da ormai troppo tempo. Ci siamo dovuti adattare a questo improvviso cambiamento e la nostra vita precedente è stata ridotta (si spera solo per un po’) a un lumicino. Neanche il mondo del calcio si è salvato: andato in letargo per alcuni mesi, ha rinviato Europei e Copa America al prossimo anno, ha visto la resurrezione del suo Dio e ha salutato uno dei suoi sorrisi più belli. Ma, soprattutto, continua a vivere l’era più buia della sua storia, a causa dell’assenza del pubblico. Una componente essenziale, senza la quale lo sport non può sopravvivere.

Per fortuna, a ridosso di queste festività, che per la prima volta (e incrociamo le dita affinché sia l’ultima) viviamo in un modo così inusuale, arrivano dei deboli segnali di speranza. Un fioco raggio di luce, proveniente dalla fine del tunnel, che dona un po’ di fiducia in vista dell’imminente 2021. Uno sprazzo di normalità; una buona notizia, che ci distrae dall’angoscia quotidiana.

No, non stiamo parlando solo dei vaccini. Oggi, a distoglierci dalla noia del lockdown, ci penserà anche una tradizione antichissima della Premier League, il Boxing Day. Sicuramente snaturata, vista l’assenza delle grandi masse di tifosi accalcati sugli spalti per seguire la propria squadra del cuore. Ma pur sempre uno degli eventi più attesi dell’intera stagione calcistica, per via dello spettacolo che riesce a regalare ogni anno. Anche nel 2020, ne siamo sicuri.

Il giorno della scatola

La tradizione del Boxing Day, letteralmente “giorno della scatola”, affonda le proprie radici in un’epoca lontana, ben prima che qualcuno avesse la geniale idea di trasformare in uno sport il dare calci ad un pallone. Secondo alcuni, potrebbe risalire al Medioevo; altri si spingono addirittura fino all’epoca tardoromana. Un riferimento alle sue origini può essere trovato nella canzone “Good King Wenceslas”.

Secondo il canto natalizio, Venceslao – duca di Boemia all’inizio del X secolo – stava esaminando la sua terra il giorno di Santo Stefano, il 26 dicembre, quando vide un povero che raccoglieva legna nel mezzo di una tempesta di neve. Commosso, il re raccolse cibo e vino in eccedenza e li portò, attraverso la tormenta, fino alla porta del contadino.

Sulla sua origine, quindi, ci sono pareri discordanti e pochissima chiarezza, ma sembra che, in questo giorno di festa, l’obiettivo sia sempre stato dedicare un pensiero e fare un regalo ai più poveri e bisognosi. Il 26 dicembre, ad esempio, venivano aperte le cassette dell’offertorio poste nel nartece delle chiese, distribuendo le elemosine raccolte nelle celebrazioni precedenti. Anche i grandi proprietari terrieri iniziarono a donare, ai propri contadini e lavoratori, una scatola con regali vari, stipendi bonus o cibo (spesso avanzi del giorno di Natale) per ringraziarli e ricambiare il servizio prestato nel corso dell’anno. Da questo, il riferimento alla “scatola” presente nella denominazione della ricorrenza.

Boxing Day
Un’antica raffigurazione da cui si evince la frenesia con cui il popolo britannico viveva la ricorrenza del Boxing Day (Fonte: Pinterest)

Come si passò al calcio

Per i lavoratori, il Boxing Day rappresentava anche un giorno “di ferie” da poter trascorrere a casa, insieme alla propria famiglia. Infatti, divenne consuetudine, tra i latifondisti, concedere il riposo ai propri dipendenti, dopo gli ingenti servigi richiesti in preparazione e in occasione del Natale. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento, si iniziò a dedicare questo giorno di libertà anche allo sport. Soprattutto al calcio, che proprio in quegli anni stava acquisendo una sempre maggiore popolarità. Si cominciò ad organizzare, ogni 26 dicembre, partite amatoriali di ogni genere: scapoli contro ammogliati, lavoratori contro disoccupati, cognomi A-M contro N-Z. L’importante era divertirsi e dimenticare temporaneamente la dura vita quotidiana.

La prima partita “ufficiosa” del Boxing Day risale al 1860: si affrontarono lo Sheffield FC, la squadra di calcio più antica di sempre, e l’Hallam FC. I padroni di casa vinsero 2-0, nonostante giocassero con qualche uomo in meno (non esistevano ancora regole intransigenti a riguardo). Da allora, quella di giocare il 26 dicembre divenne una tradizione imprescindibile, che proseguì e si sviluppò con l’istituzione del campionato inglese, la First Division.

Boxing Day
Il Boxing Day, nel corso degli anni, ha regalato spettacolo non solo in campo, ma anche sugli spalti
(Foto: Laurence Griffiths/Getty Images – OneFootball)

Alla festività del Boxing Day venne dedicata un’intera giornata calcistica, facendo molta attenzione ad abbinare club molto vicini geograficamente (spesso e volentieri, si preferivano derbyper permettere a tutti i tifosi, anche quelli in trasferta, di seguire la propria squadra del cuore. Nei primi decenni, si giocava persino nel giorno di Natale e, sempre per tradizione, ad affrontarsi erano le stesse squadre. In questo modo, si aveva un doppio confronto andata/ritorno molto ravvicinato, che generava affluenze inaudite negli impianti cittadini. Nel 1958, però, la Football Association decise di eliminare Natale dal calendario, sia per permettere a tutti di festeggiare assieme alle proprie famiglie, sia perché era diventato improponibile giocare per due giorni consecutivi.

Le perle più preziose del Boxing Day

Nel corso degli anni, le partite giocate nel Boxing Day hanno regalato spettacolo a tutti gli appassionati del calcio inglese. Sfide decisive per la corsa al titolo, ma anche risultati apparentemente scontati, che si son rivelati invece delle vere e proprie trappole per i top club. Storie di rimonte incredibili e di valanghe di gol: emblematico, a riguardo, il Boxing Day del 1963. Sessantasei reti in una sola giornata, con una media per incontro prossima a sette. I due risultati più folli furono il 10-1 del Fulham ai danni dell’Ipswich Town e l’8-2 del Blackburn in casa del West Ham. Roba da matti.

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Le partite del 26 dicembre 1963 non sono però le uniche ad aver impressionato tutti. Ripercorriamo insieme cinque incontri memorabili, vissuti più recentemente, che hanno cambiato per sempre la storia del Boxing Day.

Sheffield Wednesday-Manchester United 3-3 (1992)

La zampata vincente di Eric Cantona che valse il definitivo 3-3 contro lo Sheffield Wednesday (Fonte: Pinterest)

Quando, nella finale di Champions League 98/99, il Manchester United rimontò il Bayern Monaco nei minuti di recupero, con i gol di Sheringham e Solskjær, il mondo intero conobbe la sua straordinaria capacità di risolvere le partite nel cosiddetto “Fergie Time”. Il primo miracolo della banda di Ferguson, però, risale proprio ad un Boxing Day; in particolare quello del 1992. Era la prima stagione della neonata Premier League e all’Hillsborough Stadium andava in scena l’incontro con i padroni di casa dello Sheffield Wednesday. Il back pass al portiere era stato appena abolito, con enormi conseguenze nell’intensità del ritmo di gioco. Il match del 26 dicembre 1992 ne è proprio la dimostrazione: i padroni di casa in poco più di un’ora si portano sul 3-0 grazie alle reti di Hirst e Bright in apertura, seguiti da Sheridan.

I Red Devils sembrano spacciati, ma proprio qui avviene l’incredibile. Al 67′ e all’80’ due cross di Lee Sharpe (prima da destra, poi dalla fascia opposta) trovano per due volte la testa di Brian McClair al centro dell’area. Il Manchester e i suoi tifosi iniziano a credere nell’impresa, anche quando lo Sheffield va ad un passo dal gol del 4-2, sventato da una formidabile parata di Schmeichel.

E fanno bene, perché Sharpe completa la sua opera, servendo in area il nuovo numero 7 dello United, Eric Cantona. Il francese prima colpisce male, poi recupera anticipando portiere e difensore, fiondandosi con una zampata vincente sul pallone. 3-3 e un punto preziosissimo, guadagnato contro una squadra rognosa come lo Sheffield, che darà ancora più filo da torcere al ritorno (vittoria dei Red Devils per 2-1, con rimonta completata dalla doppietta di Steve Bruce tra 86′ e 90′). Due risultati che si riveleranno decisivi per la conquista, a fine stagione, della prima Premier League della storia.

Coventry City-Arsenal 3-2 (1999)

Robbie Keane esulta dopo aver segnato il terzo gol per il Coventry City nel match contro l’Arsenal del Boxing Day 1999, finito poi 3-2 (Foto: Mark Thompson/Allsport – OneFootball)

Nel Boxing Day del 1999 l’Arsenal incontra l’umile Coventry City, in una partita dal risultato apparentemente scontato. La banda di Wenger, infatti, si era ormai trasformata in un’autentica macchina da guerra e poteva sicuramente rivendicare un posto tra le candidate al titolo. La difesa, composta dal portiere David Seaman e dai difensori Lee Dixon, Martin Keown, Tony Adams e Nigel Winterburn, era considerata tra le migliori al mondo. Grimandi, Ljungberg, Petit e Overmars andavano a completare un centrocampo al tempo stesso equilibrato e ricco di creatività e imprevedibilità. In attacco, accanto a Kanu, il nuovo acquisto Thierry Henry, reduce dalla fallimentare esperienza alla Juventus. Senz’altro non un nome qualunque. Dalla sua, il Coventry City, non avendo nulla da perdere, desiderava mantenere l’etichetta, meritatamente conquistata, di “ammazza grandi“.

The Sky Blues, guidati dal giovane Gordon Strachan, si portano in vantaggio al sesto minuto, con un tiro dalla distanza dello scozzese McAllister che, grazie alla deviazione decisiva di Keown, beffa l’incolpevole Seaman. Lo stesso McAllister, al 40′, serve il marocchino Mustapha Hadji, libero sulla trequarti, che spedisce il pallone – stavolta – dritto in porta, per il raddoppio dei padroni di casa. Le cose sembrano tornare al loro posto quando Ljungberg, con una zampata molto simile a quella di Cantona del 1992, accorcia le distanze al 67′. Ma la speranza dura soltanto quattro minuti. Un diciannovenne, e ancora sconosciuto, Robbie Keane, servito in area da un colpo di testa di Cedric Roussel, segna un gol incredibile. Il terzo per il Coventry: un vantaggio pesantissimo, che l’Arsenal si limiterà ancora una volta ad accorciare (con un gol stupendo, quanto inutile, di Davor Šuker), ma non a colmare.

Una curiosità: nel Boxing Day del 1999, il Chelsea, allenato da Gianluca Vialli, diventa la prima squadra nella storia della Premier a scendere in campo con 11/11 dei titolari provenienti dall’estero.

Charlton-Chelsea 4-2 (2003)

L’attaccante del Charlton Jason Euell esulta dopo aver segnato al Chelsea il gol del 4-1 (la partita finirà 4-2). Insieme a lui l’italiano Paolo Di Canio, autore di un’ottima prestazione, condita da due assist (Foto: Joshua Roberts/AFP via Getty Images – OneFootball)

Ed è proprio il Chelsea ad essere protagonista del terzo incontro memorabile: la sfida contro il Charlton nel Boxing Day del 2003. I Blues avevano vissuto in quegli anni profonde trasformazioni societarie, che avevano portato il club nelle mani del magnate russo Roman Abramovič. La panchina, nel frattempo, era passata ad un altro allenatore italiano, Claudio Ranieri, ancora a secco di trofei. I nuovi e consistenti investimenti nel calciomercato richiedevano però una svolta e la Premier League 2003/2004 poteva essere l’occasione giusta.

Il 26 dicembre, il Chelsea era chiamato, quindi, ad offrire una prestazione vincente (e convincente) contro una delle sorprese del campionato: il Charlton del veterano Alan Curbishley. Ma basta meno di un minuto per capire che non sarebbe affatto andata così. La vulnerabilità difensiva dei Blues emerge tutta dopo soli 45 secondi, quando sul secondo calcio d’angolo consecutivo battuto da Paolo Di Canio Hermann Hreidarsson colpisce di testa e insacca alle spalle di Cudicini. Un vantaggio temporaneamente neutralizzato da un altro colpo di testa, arrivato al 10′: quello di John Terry su una deliziosa punizione di Adrian Mutu.

La partita sembra accendersi, con Joe Cole che fallisce una clamorosa occasione di ribaltare il risultato. Ma presto, il Charlton torna ad avere la meglio, grazie anche alla prestazione sontuosa del suo giocatore di punta, il nostro Paolo Di Canio. Al 34′, infatti, smarca Johansson, il quale, dopo una corsa sulla fascia, serve con un cross perfetto la testa di Matt Holland. Ad inizio secondo tempo è ancora una volta decisivo, quando, beffando con un dribbling John Terry, mette al centro una palla rasoterra che Johansson deve soltanto spingere in rete.

Un disastro per il Chelsea, che si chiude con il 4-1 di Jason Euell. La squadra, letteralmente allo sbaraglio fino a quel momento, sembra dimostrare piccoli segnali di ripresa, sufficienti a recuperare un solo gol con Gudjohnsen. Di Canio esce tra gli applausi e con la standing ovation dell’intero The Valley. La faccia di Abramovič, invece, più volte inquadrata sugli spalti, dice tutto della prestazione del Chelsea: a fine stagione Ranieri sarebbe stato esonerato, per dare spazio al campione d’Europa José Mourinho. Lo stesso magnate russo, in estate, avrebbe spinto per l’acquisto di Scott Brown, centrocampista del Charlton, che l’aveva impressionato durante quel Boxing Day. Un trasferimento che si rivelerà inutile quanto deludente: per Roman, una giornata completamente da dimenticare.

Chelsea-Aston Villa 4-4 (2007)

La gioia di Gareth Barry e la frustrazione di Petr Čech dopo il clamoroso pareggio (4-4), riacciuffato su rigore in pieno recupero (Foto: Ian Walton/Getty Images – OneFootball)

Nella stagione 2007/2008, iniziata negativamente e con l’addio dello stesso José Mourinho, il Chelsea regala un’altra folle partita in occasione del Boxing Day, degna erede di quelle del 1963. In un campionato che vede Tottenham-Aston Villa e Tottenham-Chelsea terminare con il punteggio comune di 4-4, il cerchio non può che chiudersi con l’incontro tra Blues e Villans. A Stamford Bridge, quel pomeriggio, succede veramente di tutto: otto gol, tre espulsioni e un punto a testa vanno a completare un quadretto che rende felici solamente i tifosi neutrali.

Il Chelsea si presenta al match con una statistica ineccepibile: nessuna squadra era riuscita, infatti, ad espugnare la sua tana negli ultimi quattro anni, dai tempi dell’Arsenal degli Invincibili. Una striscia di imbattibilità lunga 71 partite. L’Aston Villa veniva invece da una serie di risultati negativi che l’avevano portata a sprofondare a metà classifica, dopo un avvio promettente. Per questo, quando al 44′ l’attaccante Shaun Maloney segna – complice una papera assurda di Čech – il suo secondo gol, che vale il doppio vantaggio dei Villans, nessuno può credere ai suoi occhi. Il Chelsea aveva anche perso per infortunio Frank Lampard, sostituito da Ballack, fermo da aprile per un’operazione alla caviglia. Da quel momento, però, Stamford Bridge si trasforma in una polveriera.

Nel lunghissimo recupero del primo tempo, Zat Knight viene espulso per un fallo da ultimo uomo e da dietro in area di rigore, con conseguente penalty trasformato da Andrij Shevchenko. Il Chelsea, avvantaggiato dalla superiorità numerica, non si ferma più: agli albori del secondo tempo lo stesso attaccante ucraino firma la doppietta personale e acciuffa il pareggio. Poi, una progressione e un inserimento da prima punta del difensore brasiliano Alex regalano addirittura il vantaggio alla squadra di casa. Siamo sul 3-2, ma l’Aston Villa non ci sta: Martin Laursen ritrova il pareggio con un tiro al volo, sulla punizione battuta da Ashley Young.

All’80’, il difensore del Chelsea Ricardo Carvalho viene espulso per una bruttissima entrata, ma la squadra non demorde e si porta sul 4-3 con una magistrale punizione del ritrovato Ballack all’88’. Lo Stamford Bridge esplode: sembra tutto chiuso. Se non fosse per Ashley Cole che, al 91′, si riscopre portiere, toccando con la mano sulla linea di porta il pallone colpito dalla testa di Agbonlahor. Terza espulsione dell’arbitro Phil Dowd e rigore trasformato, tra le polemiche, da un freddissimo Gareth Barry. A qualcuno sarà sicuramente andato di traverso il pranzo di Natale.

Manchester City-Liverpool 2-1 (2013)

Il difensore del Manchester City Vincent Kompany, dopo aver pareggiato il vantaggio iniziale del Liverpool, viene festeggiato dal compagno Álvaro Negredo, che di lì a pochi minuti completerà la rimonta (Foto: Paul Ellis/AFP via Getty Images – OneFootball)

Chiudiamo il nostro viaggio temporale con un match sicuramente più tranquillo dei precedenti, ma molto più decisivo: Manchester City-Liverpool del Boxing Day 2013. Quella sarebbe stata una delle stagioni di Premier League più combattute degli ultimi anni, proprio per l’estenuante lotta tra le squadre di Pellegrini e Brendan Rodgers, decisa solo all’ultima giornata.

I Reds si presentano alle festività natalizie con un meritato primo posto, a pari merito con l’Arsenal (36 punti). A seguire proprio Citizens (35), Chelsea ed Everton (entrambi a 34). Grandi assenti del match sono Steven Gerrard e Sergio Agüero, forse i più decisivi delle relative squadre. Nonostante questo, la partita si rivela, sin da subito, spettacolare ed equilibrata. A partire meglio è il City che trova un palo con Jesús Navas, tra i più in forma dei suoi. Ma a sbloccarla è il Liverpool: Luis Suárez serve con un tacco Sterling che, in area, salta il portiere Joe Hart, ma si allunga troppo il pallone. Poco male, visto che su di esso si fionda Philippe Coutinho, calciandolo in rete di sinistro.

Il pareggio viene riacciuffato al 31′ con un asso nella manica del City, le palle inattive. Su corner di David Silva, Kompany vince il duello con Škrtel e colpisce di testa, battendo Mignolet, nonostante il tentativo di salvataggio sulla linea di Allen. La partita si accende, crescono i ritmi. Joe Hart nega la doppietta a un indemoniato Coutinho, che proprio in quel periodo inizia a farsi conoscere, dopo la deludente avventura all’Inter. Nell’ultimo minuto del primo tempo, però, il Manchester City trova il vantaggio. Su una ripartenza veloce e perfetta, la palla arriva allo spagnolo Álvaro Negredo che, a tu per tu con Mignolet, calcia un tiro abbastanza debole. Il portiere belga, però, si rende protagonista di una papera, lasciandosi sfuggire e superare dal pallone già intercettato. Un errore maldestro quanto decisivo.

Così come sarà decisiva la mancanza di Sterling, che, nel secondo tempo, si divora un gol praticamente già fatto. Sarà l’unica grande occasione concessa dalla solida difesa del City. La partita si chiude con la vittoria del City per 2-1, che risulterà fondamentale per la vittoria del titolo a fine anno. Nonostante la conquista, da parte dei Reds, del match di ritorno, il campionato si sarebbe chiuso, infatti, con i Citizens avanti di due soli punti. E con il Liverpool costretto ad attendere ancora a lungo (fino a quest’anno) per rimettere le mani sulla Premier.

La storia continua

Ora non ci resta che tornare al presente, sperando che la tradizione e lo spettacolo continuino. Da un po’ di tempo si tende infatti a spalmare le partite tra il 26 e il 27; alcune volte ci si spinge addirittura fino al 28. Come ogni anno, però, anche questo 2020 promette scintille: Leicester City-Manchester United in programma alle 13:30 e il derby Arsenal-Chelsea delle 18:30 potrebbero regalare gol ed emozioni.

Il nostro auspicio è che questa fantastica iniziativa possa essere riprodotta anche in Serie A, come fatto nel campionato 2018/2019. Le conseguenze erano state solo positive: la concomitanza con le festività aveva permesso una maggiore partecipazione del pubblico sia da casa, ma anche e soprattutto negli stadi, con affluenze record. Per questo, il passo indietro fatto subito dopo ha lasciato molti tifosi perplessi. Continuando a sperare in un ripensamento, non possiamo fare altro che invitarvi a fare un salto oltremanica ed augurarvi un buon Boxing Day.

Autore

Salentino classe 2001, fantasioso più che fantasista e non particolarmente dotato tecnicamente. Da qui la scelta di godersi il calcio dalla prospettiva del commento. Oggi studia Lettere Moderne presso Unibo, ma ciò che lo farebbe sentire veramente realizzato sarebbe vivere della sua passione.

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